Hit
the
Floor 4
Capitolo
12
Gojyina
–
Qualcosa
l’ho lasciata. Te. – Disse Oscar, con un brandy in mano.
La
luce artificiale illuminava lo studio di colori ocra. Una luce troppo
calda per
quella stanza. Troppo confortevole. Aveva sempre odiato lo studio di
suo padre.
–
Per quanto ti sforzi di essere diverso, ora sei costretto ad avere a
che fare
con i problemi che ho dovuto affrontare per quasi venticinque anni.
Jude
fece un passo indietro. Non era vero, non era come lui. Stava gestendo
la
squadra diversamente.
– Ci
sarà sempre una parte di te che si ricorderà di me. L’istinto è
difficile da
controllare. – Oscar sembrava infintamente soddisfatto. – Sei un
Kinkade. La
cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Rise, una luce malvagia
attraversò i suoi
occhi sottili. –
Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA…
Sempre.
La
sagoma di Oscar si accavallò con la propria.
Con
orrore, vide se stesso allungare una mano e spingere Matthew giù per le
scale.
Il
piccolo rotolò sino a raggiungere il pavimento, dove si accasciò con un
tonfo
che, nelle orecchie di Jude, risuonò come uno sparo.
– No! –
Urlò, mettendosi a sedere di
scatto.
– Jude?
Si
guardò attorno stordito. In un primo
momento non riuscì a riconoscere la sua camera da letto.
–
Matty. Ho spinto Matty. – Balbettò
graffiandosi il braccio sinistro.
– No,
stupido! – Zero gli prese il viso
tra le mani. – Non faresti mai del male a nessuno di noi. Capito?
Jude
batté lentamente le palpebre,
cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti. – Gideon?
– Sì,
stupido! Hai la febbre alta e stavi
delirando. Stiamo bene, non ci faresti mai del male. Stenditi, ci sono
io qui
con te.
Jude
chiuse gli occhi arrossati e tornò
sotto le coperte. Zero gli mise una pezza imbevuta di acqua sulla
fronte e gli
accarezzò i capelli, pettinandoli all’indietro sino a quando non fu
certo che
si fosse addormentato.
Digrignò
i denti.
Persino
dalla tomba Oscar continuava a
infastidirli.
Come
potesse suo marito anche solo pensare
di somigliare a quel mostro, era qualcosa di cui non riusciva a
capacitarsi.
Alcune
ferite non smettevano mai di
sanguinare del tutto. Quando sembravano cicatrizzate, eccole che si
riaprivano
a tradimento.
Gli
accarezzò il viso arrossato. –
Guarisci e torna presto da noi, stupido.
– Daddy?
La voce
preoccupata di Matthew attirò la
sua attenzione. Posato il giornale su divano, si voltò per guardarlo.
A sei
anni da poco compiuti, era il figlio
più serio e giudizioso dei quattro.
– Che
succede?
– Kim
sta piangendo. – Pigolò, spostando il peso
da una gamba
all’altra. – Pensa che Papa la odi. Le ho detto che è una stupidaggine,
ma non
mi crede.
– Hai
fatto bene a chiamarmi. – Gli
scompigliò i capelli scuri e salirono insieme in camera.
I
gemelli erano ai lati del letto rosso a
forma di macchinina e tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro.
– Daddy!
–
Dateci un minuto, va bene? – Chiese
loro, prima di avvicinarsi alla piccola, nascosta sotto le coperte. –
Ehi,
piccola ninja? Il tuo Papa non ti odierebbe mai e poi mai!
– Ha la
febbre per colpa mia. – Bofonchiò,
la voce attutita dalle coperte.
– Si
sono ammalati prima i tuoi fratelli e
adesso tu e Papa. A volte i virus volano in aria, non possiamo farci
nulla.
Kim
spostò il piumone per poterlo guardare
con i suoi occhioni lucidi di pianto e di febbre. – Papa non sta mai
male,
però.
– Lo so
tesoro, ma è umano anche lui. A
volte succede. Ehi, perché non andiamo a trovarlo? Si sentirà solo in
quel
letto così grande.
–
Davvero possiamo? – Chiese piena di
speranza.
– Certo
che sì! Andiamo piccola! – La
prese in braccio e uscì, trovando i tre figli nel corridoio.
–
Possiamo venire anche noi? – Matthew
sembrava spaventato.
All’inizio
Zero non capì il perché, ma poi
un pensiero lo colpì allo stomaco.
Di
tutti i suoi figli, lui era l’unico che
conservava alcuni, seppur vaghi, ricordi della sua famiglia naturale.
Era
quindi probabile che fosse terrorizzato all’idea di perdere un altro
genitore.
– Ehi,
campioni. Papa non voleva che
entraste in camera per paura di contagiarvi, ma sapete cosa? Non
importa.
Andiamo da lui, ma facciamo piano!
Aperta
la porta, trovarono Jude sotto le
coperte, il viso arrossato e madido di sudore.
Aprì
lentamente gli occhi quando sentì i
bambini salire sul letto. – Che succede? Gideon?!
– Hanno
paura per te e gli mancavi. – Spiegò,
sorridendo quando Kim si lanciò sul petto del marito, seguita da Sean e
da Sky,
che usò la sua spalla come cuscino.
Matt si
andò a sdraiare dall’altro lato,
nascondendo il viso contro il suo braccio. Poteva vederlo tremare anche
sotto
le coperte. Devil e Logan li raggiunsero e si accucciarono sulle
coperte, lei
accanto a Sky e lui ai piedi del letto.
– Direi
che ci siamo tutti! – Scherzò il
giocatore, stendendosi accanto a Matthew, così che sentisse la presenza
di
entrambi i genitori.
– Ora
mi sento molto meglio. – Sorrise
Jude, quando suo marito allungò una mano per abbracciarli.
– Non
sei arrabbiato con me, Papa? –
Chiese Kimberly, sfregando il naso contro il suo petto.
–
Impossibile! – Rispose subito,
tranquillizzandola.
– Che
ti avevo detto? – Le sorrise Zero. –
Ora facciamo riposare i due ammalati, così guariranno velocemente.
–
Sapete una cosa? – Sussurrò Jude, nel
dormiveglia. – Anche la febbre può essere divertente, se siete qui non
me!
– Ma
Papa! – Rise Kim.
–
Giuro! Sto già meglio! – Mentì,
sorridendo loro.
– Hai
la faccia tutta rossa, – notò Sean,
– se fai il pisolino poi passa!
– Hai
ragione, facciamo il pisolino, così
la febbre scomparirà. Può capitare di ammalarsi, non è colpa di
nessuno. Ma se
siete con me, guarirò prima. Ora riposatevi anche voi, o non riuscirete
a
giocare più tardi.
Avrebbe
voluto dire di più, ma la
stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.
Zero
posò una mano sulla sua fronte e
subito si preoccupò, sentendola ancora molto, molto calda.
Era la
prima volta che i bambini lo
vedevano malato. Dannazione, era la prima volta che lui stesso lo
vedeva
malato. Poteva capire il loro timore. Jude era sempre stato colui che
si
prendeva cura di tutti. Una specie di supereroe da cui andare per farsi
abbracciare. Persino lui si sentiva destabilizzato adesso che lo vedeva
fiaccato dalla febbre.
– Papa
guarirà? – La vocina spaventata di
Matt lo intenerì.
Gli
baciò la cima della testa. – Certo,
piccolo ninja. Serve solo un po’ di tempo.
– Non
mi piace vederlo malato.
–
Neanche a me, ma succede. Non dobbiamo
farlo sentire in colpa, vero?
– No. –
Scosse la testa.
–
Allora dobbiamo avere pazienza e
trattarlo come fa sempre lui, quando siamo noi quelli malati.
–
Allora lo abbraccio. – Disse il piccolo,
sfregando la fronte contro il braccio di Jude. – Però non so cucinare.
–
Quello lo farò io, – promise il
giocatore, – non devi preoccuparti. Non resterai mai da solo. Ci siamo
io e
Papa, Kim e i gemelli, Miguel, zia Jelena e zia Lionel, poi c’è nonno
Michael
che farebbe di tutto per voi.
– E
Devil e Logan.
–
Certo, anche Devil e Logan. – Confermò,
accarezzandogli i capelli. – Non aver paura, siamo tutti qui con te.
Matt
sorrise, abbandonandosi finalmente al
sonno.
Zero
vegliò sulla sua famiglia sino a
quando i gemelli non iniziarono a sbadigliare e a strofinare i visi su
Jude.
– Fanno
ancora il riposino? – Bofonchiò
Sky.
–
Lasciamoli dormire, così guariranno
prima. – Sussurrò Gideon.
– Papa
guarisce perché lo abbracciamo. –
Disse Sean, stropicciandosi un occhio.
L’uomo
gli accarezzò la testolina scura.
Avevano
dei bambini davvero eccezionali.
Intelligenti, generosi e gentili.
Era
certo che il merito maggiore lo avesse
Jude, che aveva fatto di tutto per proteggerli dai gossip e dai
giornalisti,
permettendo loro di avere un’infanzia il più normale possibile. Non
solo. Li
stava crescendo con pazienza e attenzione. Mai lo aveva visto adirato,
mai
aveva alzato la voce con loro. I loro figli si sentivano al sicuro con
lui, lo
consideravano una certezza.
Sapevano
che il lavoro di Zero lo portava
ogni tanto via per qualche giorno, ma Jude era sempre con loro.
Per
questo trovava assurdo che suo marito ancora
temesse di diventare come Oscar. I loro figli erano la prova vivente
dell’abisso che c’era tra i due.
–
Daddy, andiamo a prende il succo per
Papa e Kim? – Domandò Sky. – Papa ce lo dà sempre quando siamo
ammalati, dice
che dobbiamo rimanere diratati. Ah,
no, iradati.
– Idarati!
– Lo corresse Sean, roteando gli occhi.
–
Idratati. – Rise il giocatore, spostando
la coperta. – Avete ragione. Prendiamo tutti i bicchieri e i succhi di
frutta.
Scesero
senza fare rumore, i gemelli presero
una bottiglia ciascuno e il padre si occupò delle tazze colorate.
Tornati al piano superiore posarono tutto sui due comodini, per poi tornare sotto le coperte.
Kim
tossì nel sonno e Jude si svegliò
controllando subito la sua fronte.
– Papa?
– Sussurrò Sky. – Stai meglio?
– Sì,
grazie ai vostri abbracci! – Lo
rassicurò sorridendo. – Devo solo misurare la febbre a tua sorella e…
Zero lo
fermò prima che si alzasse. – Rimani
steso. Sean prendi il termometro, per favore, è sul comodino. Sky,
controlla
che anche Papa si misuri la febbre.
–
Gideon, sto molto meglio. – Provò a
protestare.
– Jude,
sei bollente e non nel modo in cui
piace a me, e hai gli occhi lucidi. I bambini sono preoccupatissimi.
Resta
sotto le coperte con Kim, ci prenderemo cura di voi.
Suo
marito annuì con un sospiro sconfitto.
– Vorrà dire che riposerò ancora un po’, così la febbre passerà più in
fretta.
– Si morse il labbro inferiore. – Non dovreste stare nel letto con noi,
potreste ammalarvi di nuovo.
– Non
importa. Non ti lasciamo. – Disse il
giocatore, accarezzandogli i capelli fino a quando non si fu
riaddormentato.
Cercò
di contenere la preoccupazione
quando lesse la loro temperatura, non volendo allarmare i gemelli.
–
Stanno meglio, Daddy? – Chiese Sky.
–
Dobbiamo abbracciarli ancora un po’.
– Va
bene! – Accettarono subito i due e si
accoccolarono meglio sul loro Papa.
– Jude?
Stai avendo una reazione
eccessiva.
Zero
sistemò la coperta sui due malati e
accese loro la televisione.
Aveva
anche cosparso di cuscini l’angolo
del divano così che i due fossero più comodi. Era il primo giorno che
riuscivano ad alzarsi dal letto e voleva che si sentissero confortevoli.
– Non
diciamo sciocchezze! – Borbottò, per
poi ricominciare a respirare nel sacchetto di carta. – Sono i nostri
figli.
– Lo so.
–
Gideon! Dove ho sbagliato con loro?
– Vedi?
È una reazione eccessiva!
– Mi
hanno detto che non gli piace il basket!
Come posso non avere una reazione eccessiva! –
Esclamò, con tutta la voce che il
suo mal di gola gli concedeva. – Il baseball e il tennis! Tsk! Gli
piace
guardare quella roba, neanche giocare! Guardare!
Zero
sedé accanto al suo drammatico
marito. – L’importante è che siano bambini sani ed educati, no? –
Abbracciò i
suoi due ammalti, baciando le loro teste. – Crescendo magari
cambieranno idea.
– Ho
fatto realizzare la linea Devils per
bambini proprio per loro. – Si lamentò, posando la fronte calda sulla
sua
spalla, in cerca di conforto.
– Ma
noi li amiamo indipendentemente dalle
loro scelte di vita. – Gli ricordò.
– È
vero. – Ammise sconsolato, rivolgendosi
poi alla piccola Kim. – A te piace il basket, vero? – Chiese con la
voce colma
di speranza.
–
Preferisco Barbie! – Zero e Jude
scoppiarono a ridere, abbracciandola. – Papa?
–
Dimmi, cucciolo.
– Per
Natale mi regali una sorellina? – Chiese,
stropicciandosi un occhio.
I due
la guardarono sorpresi, poi Jude le
rivolse un sorriso triste. – Ti senti sola?
– Non
proprio. Non lo so. Matt ha Sean e
Sky con cui giocare ai ninja. Ma io non ho nessuno. Amanda e Alyssa non
sono
proprio come avere in casa delle sorelle.
Gideon
le baciò la testa. – Ci proveremo,
tesoro. – Promise, mentre Jude le accarezzò la schiena sino a quando
non si fu
addormentata. – Ehi, stupido? Ti stai di nuovo perdendo nella tua testa.
– Non
pensavo che si sentisse sola.
Il
giocatore gli accarezzò la fronte. –
Nemmeno io, ma ce lo ha detto adesso. Forse non lo sapeva neanche lei.
– Gli
sorrise, sfregando la punta del naso contro la sua tempia. – Cosa ne
pensi?
– Non
lo so. Non era mia intenzione avere
altri bambini, ma se lei vuole una sorella, penso che potremmo
accontentarla.
–
Stavolta mi permetterai di aiutarti di
più?
–
Assolutamente no! – Fu la sua categorica
risposta. – Fino a quando sarai un giocatore dei Devils, niente notti
in bianco
per te.
– Ti
amo, stupido. Anche se sei testardo!
– Ti
amo anch’io, per lo stesso identico
motivo.
– Ora
riposa anche tu o l’influenza non ti
passerà mai.
Jude
annuì e si stese sui cuscini,
sistemando la coperta sulle spalle di Kim. Zero gli fece posare la
testa sulla
sua spalla e strinse a sé i due malati.
Jelena
e Miguel andarono a trovarli il
sabato successivo.
– Zia
Lena! – Trillò Kim, felice di
vederla.
– Ehi,
piccola guerriera. Come stai? – Le
chiese, sedendosi sul divano vicino a lei.
–
Meglio. Tra poco mi passerà la febbre e
per Natale avrò una sorellina! – Annunciò eccitata.
Jelena
sollevò un sopracciglio, guardando
Jude, accanto alla figlia.
– Si
sente sola, insomma, è l’unica
ragazza della famiglia. – Balbettò arrossendo.
Matthew
e i gemelli scesero le scale e
saltarono addosso a Miguel.
– Mi
insegni i numeri? – Chiese subito
Matthew.
– Prima
i dinosauri! Li conosce tutti! –
Esclamò Sky ammirato, aggrappato alla sua gamba destra, mentre il
gemello
s’impossessava della sinistra.
– Ehi,
piccoli ninja, – li chiamò Zero,
uscendo dalla cucina, – liberate il prigioniero e venite a sedervi qui.
Mi
spiace, amico! – Rise, dando una pacca sulla spalla del ragazzo. –
Adesso vi
porto del succo di frutta.
I
bambini presero posto ai tavoli bassi che
usavano per mangiare, trascinando Miguel
con loro.
Jelena,
elegantissima nel suo completo
bianco giacca pantalone, continuava a guardare Jude.
– Cosa?
– Hai
intenzione di formare una seconda
squadra di basket? Non ti basta la nostra?
– Ce la
posso fare. – Sussurrò per non
svegliare Kim, assopitasi abbracciata alla sua ninja rosa.
–
Almeno prendi un tata, qualcuno per…
– No.
Non cresceranno con degli estranei.
– Decise perentorio. – Faremo come sempre, se dovessimo adottare una
bambina
molto piccola, allora lavorerò da casa.
Incrociò
le braccia al petto e scosse la
testa, facendo risuonare i pendenti in oro bianco che le adornavano i
lobi. –
So che faresti di tutto per i tuoi figli, ma…
– Tra
quattro e cinque non c’è molta
differenza. – Le fece notare.
– Ma
non saranno cinque. Lo sai tu come lo
so io. Sceglierete due sorelle o un fratello e una sorella, così che
non
vengano adottati separatamente.
– È
possibile. – Ammise, massaggiandosi le
tempie.
–
Potrei scommettere la mia poltrona e sai
quanto ci sia attaccata!
Zero li
raggiunse porgendole una tazza di
caffè. – Tutta questa preoccupazione per Jude è inquietante. – La prese
in
giro, sedendosi accanto la marito. Subito posò una mano sulla sua
fronte, lieto
di sentirla molto meno calda rispetto ai giorni precedenti.
– Resta
il presidente e il maggior
azionista. Controllo che non si ammazzi.
–
Melodrammatica. – Borbottò, posando la
testa sulla spalla di Zero. – Posso gestire lavoro e famiglia. L’ho
sempre
fatto.
–
Questo prima di adottare altri due
bambini!
– Due?!
– Le fece eco il giocatore. –
Perché due, Jude?
Jelena
roteò gli occhi. – Siete
insopportabili!
– Per
quanto riguarda la squadra? Pete ha
rinnovato il contratto? – Le domandò, posando la testa sulla spalla di
Zero.
– Sì,
ha voluto un aumento del premio
obiettivo alla fine dell’anno, ma nulla che non possiamo permetterci. I
ragazzi
si fidano di lui, sostituirlo sarebbe stato difficile.
– Prima
o poi se ne andrà. Resta solo per
Ahsha, che è la coreografa delle ragazze, ma anche lei un giorno andrà
via.
– Pensi
che Derek vorrà fare l’allenatore
quando avrà lasciato l’agonismo? – Domandò la donna, sorseggiando il
caffè.
– Mi
aveva accennato qualcosa tempo fa.
Jelena
indicò Zero con la testa. – E il
“principe consorte”?
– Ho
scelto altro. – La sua risposta
attirò la loro curiosità. Non aveva ancora avuto il tempo di parlarne
con Jude.
– Farò l’opinionista sportivo. Gli studi non sono lontani e potrei
anche
collegarmi da qui. Così potrò essere più presente quando i
bambini
saranno adolescenti.
Suo
marito gli strinse una mano. – Sei
sicuro?
– Sì.
Poi sarà divertente commentare il
lavoro altrui stando comodamente seduto! – Scherzò, facendolo sorridere.
– Bene,
vorrà dire che Jude avrà più tempo
per i Devils. – Commentò lei, guardando l’orologio. – Miguel, andiamo o
faremo
tardi.
Il
ragazzo sorrise ai bambini, promettendo
loro che sarebbe tornato a giocare ancora con loro.
– Matt
è portato per la matematica. –
Commentò salutando i due adulti.
– Così
sembra, anche se non ama il basket.
– Sussurrò Jude. – Nessuno di loro è appassionato di sport.
– Ahia.
– Già.
Zero
sbuffò una mezza risata. – Non
ricominciare, melodrammatico. – Lo ammonì, rivolgendosi poi al
ragazzino. – Ehi,
campione! Dove devi andare di sabato pomeriggio?
Miguel
deviò il suo sguardo indagatore. –
Festa. Un compleanno. Niente.
– Oh!
Chi è lei?
– La
mia compagna di classe de… No! Non
fare quella faccia! – Sbottò, guardando Zero sorridere allusivo. –
Vado, ciao!
Jelena
sollevò un sopracciglio scuro. –
Fossi in voi, non prenderei in giro la vita sentimentale altrui. Presto
avrete
decine di ragazze e ragazzi, qui fuori, alla ricerca dei vostri figli!
– Sul
mio cadavere. – Promise Zero,
accompagnandola alla porta.
– Ehi,
malato! Il mese prossimo dobbiamo
organizzare la raccolta fondi per Mary e Paula. Vedi di rimetterti per
allora! –
Lo salutò, raggiungendo Miguel che la aspettava vicino all’auto.
– Tsk!
Ragazzi alla porta. – Brontolò il
giocatore, tornando dal marito. – Ce n’è di tempo per quello!
– Non
ti starai già preoccupando, vero? –
Lo prese in giro, lasciandosi abbracciare. – Melodrammatico.
– Ho
ancora tempo per farmi il porto
d’armi.
–
Gideon!
Jude e
Zero sorrisero a Mary, che corse ad
abbracciarli.
–
Grazie per il vostro prezioso aiuto! –
Disse loro.
– Non
scherzare, è il minimo che possiamo
fare! – La tranquillizzò Zero. – La raccolta di beneficienza sarà un
successo.
Hanno aderito diversi programmi televisivi e il nostro ufficio stampa
si sta
occupando sei social.
Passeggiarono
per l’edificio, notando
preoccupati alcune crepe e i segni di muffa sui soffitti.
– Se
non facciamo qualcosa, l’ufficio
d’igiene ci farà chiudere e non saprei come fare con i bambini.
Passarono
per la nursery e sorrisero a una
doppia culla, con due bambine, addormentate una di fronte all’altra, in
una
posizione che ricordò loro Sean e Sky durante i loro primi anni di vita.
D’improvviso
spuntò una bimba di circa due
anni, che si frappose tra loro e la culla.
– Wow!
Principessa guerriera! – Sorrise
Gideon, inginocchiandosi di fronte a lei. – Non vogliamo farti del
male. Sono
le tue sorelline?
Lei lo
guardò un lungo istante, prima di
annuire.
Jude
fece un passo indietro. – Mary?
– Sono
tre sorelle. – Iniziò a spiegare. –
Orfane, sono state affidate alla nonna materna, che è deceduta la
settimana
scorsa. Amethyst, la sorella maggiore, è molto protettiva, come puoi
vedere. Ha
solo due anni, ma non permette a nessuno di avvicinarsi a lei o alle
sorelle.
Io ho impiegato un pomeriggio per farmi accettare, spiegandole che
volevo solo
cambiarle e dar loro da mangiare.
– Forse
ha trovato qualcuno di cui potersi
fidare. – Sussurrò con un caldo sorriso, quando vide suo marito con la
bambina.
Li
guardò insieme e una sensazione di
calore gli invase il petto.
Forse
era il sorriso di Zero o i capelli
biondi di lei, ma sembravano davvero padre e figlia.
Era una
follia. Una di quelle che non era
solito fare. Eppure nulla gli era sembrato più sensato di quello.
– Mary,
puoi farmi una cortesia?
– Tutto
ciò che posso! – Rispose subito la
donna.
–
Potresti preparare i documenti per
l’adozione?
– Jude?
– Domandarono in coro sia lei che
il giocatore. Mary scioccata, lui pieno di speranza.
–
Kimberly si sente sola e noi non
vogliamo che queste tre piccole vengano separate, vero? Anche le
guerriere
devono avere un posto in cui riposare. – Amethyst lo guardò con
attenzione. – A
casa abbiamo tre ninja, due cani guardiani e una principessa solitaria
che
avrebbe tanto bisogno di sorelline con cui condividere i suoi giochi.
Gideon
cercò le foto sul cellulare e
gliele mostrò. – Loro sono Logan e Devil. Questi piccoli diavoli sono
Matt,
Sean e Sky. Lei è Kimberly.
Amethyst
posò una manina sulla sua,
attratta dal ninja rosa che aveva la bambina della foto.
– Ne
vuoi uno anche tu? – La vide annuire.
– Va bene, allora ne prenderemo uno per te e uno per le tue sorelline,
così
ognuna di voi avrà il suo.
–
Bambola rosa. – Disse puntando il dito
sulla foto.
–
Certo, piccola guerriera, è una bambola
rosa.
Amethyst
gli sorrise, grattandosi il
nasino.
Jude
s’intenerì di fronte al sorriso di
suoi marito e li lasciò nella nursery per fare un paio di telefonate.
Mary
attese che finisse prima di
avvicinarlo. – Sei sicuro di farcela?
– Sette
è numero perfetto, no? – Scherzò,
passandosi una mano tra i capelli. – Non lo so, ma ci riuscirò. Ho
visto quel
sorriso sul viso di Zero solo con i nostri figli e quella bambina è
così
coraggiosa e protettiva. È davvero una piccola guerriera e merita di
avere
un’infanzia normale.
– Siete
delle persone davvero buone. –
Sorrise commossa.
– Ci
proviamo! Ma non dirlo a mio marito,
ama ancora interpretare la parte del cattivo ragazzo.
Risero
insieme, mentre Jude aspettava i
rinforzi.
– Avete
ufficialmente formato una squadra di
basket più due riserve. – Esordì Lionel, togliendosi gli occhiali da
sole. Il suono
dei suoi tacchi riecheggiò nella hall dalle pareti verde chiaro. – I
seggiolini
sono nella mia auto. Dove sono le nuove Kinkade?
–
Grazie per l’aiuto. – Disse Jude. – Zero
sta mostrando altre foto alla piccola Amethyst.
–
Amethyst? Bel nome.
– Le
gemelle si chiamano Amber e Agatha.
–
Quanti anni hanno?
– La
maggiore due anni e le gemelle nove
mesi e mezzo.
– Te la
senti di ricominciare con i
pannolini e gli omogeneizzati?
Jude si
passò una mano tra i capelli. –
Appena vedrai il viso di Gideon, saprai la risposta. Oh, eccoli qui.
Zero
arrivò con la piccola Amethyst in
braccio, aveva il sorriso più luminoso che Lionel gli avesse mai visto.
Mary
era accanto a lui, con due fagotti uno rosa e uno bianco.
–
Gideon è stato l’unico a conquistare
subito la fiducia di quella bambina. Ne va molto orgoglioso. – Spiegò
all’amica, andando a prendere le due gemelle.
L’attrice
inforcò gli occhiali scuri. –
Insegna loro a chiamarmi nonna e ci saranno delle ripercussioni!
– I
bambini ti chiamano zia. – Le fece
notare Jude, sollevando un sopracciglio scuro. Emise un sospiro
sconsolato. –
Jelena mi prenderà in giro per il resto della mia vita. Oddio! Non lo
hai detto
a Michael, vero? – Si allarmò immediatamente.
Il
sorriso soddisfatto di Lionel gli
procurò un brivido di puro terrore.
– Credo
che abbia superato se stesso. –
Decise Gideon, scendendo dalla macchina.
Accanto
alla porta di casa c’erano tre
orsacchiotti alti quasi due metri, uno rosa, uno lilla e uno verde
chiaro e ben
dodici scatole piuttosto grandi.
– Non
siamo mai riusciti a fermarlo. – Si
limitò a dire, slacciando la cintura delle gemelle.
Sorrise
vedendo come la piccola Amethyst
allacciò le braccia al collo di Zero. Era felice che fosse finalmente
il genitore
più richiesto.
Non che
i loro figli non lo amassero, ma
il primo che chiamavano era Jude perché sapevano che il lavoro di Zero
lo
impegnava anche fuori casa, mentre lui lavorando anche dallo studio,
era una
certezza.
Era
stato questo uno dei motivi che lo
avevano spinto a chiedere le tre bambine in adozione.
Si
augurò solo di avere l’energia
sufficiente per ricominciare con le notti in bianco. Aveva notato che
le
gemelle avevano giusto un paio di dentini a testa.
Con
l’aiuto di Lionel, mise le piccole
nella culla portatile ed entrò in casa.
– Papa!
Daddy! – Kim cominciò a saltellare
per il soggiorno. – Anche io ho le sorelline! Anche io ho le sorelline! Ciao
zia Lio! – Trillò, aggrappandosi alla gamba dell’attrice, che le
sorrise.
– Hai
visto che bella sorpresa? – La prese
in braccio. – Adesso sediamoci o le spaventeremo.
– Tutti
sul divano. – Disse Gideon. – Vi
dobbiamo presentare qualcuno. – Quando i bambini furono ai loro posti,
sedé
accanto a Jude. – Lei si chiama Amethyst Jane, ha due anni. Loro sono
Amber
Lillian e Agatha Lorelai e hanno nove mesi e mezzo. Sono piccole e
dobbiamo
fare attenzione con loro. Avete voglia di presentarvi?
Matt fu
il primo a parlare. – Sono Matthew
Robert Kinkade. Ho sei anni e vado a scuola. Mi piace nuotare e anche
giocare a
tennis.
– Io
sono Sky Lionel Kinkade, ho cinque
anni, mi piace colorare e giocare a baseball.
– Mi
chiamo Sean Michael Kinkade e sono il
gemello di Sky. A me piacciono i dinosauri e basta. Sono più
ragionevole di mio
fratello.
– Non
c’era bisogno di dirglielo! –
Protestò Sky.
– Ma lo
dice sempre Papa che sono più
ragionevole di te!
– Uffa.
Kim si
imbronciò. – Smettetela di
bisticciare, tocca a me presentarmi! Sono Kimberly Serena Kinkade. Ho
quattro
anni. Io vado in ufficio con Papa e ho delle amiche e insieme poi
aspettiamo i
nostri Daddy e mangiamo insieme. I nostri Daddy giocano in mutande. Poi
noi
facciamo il pisolino e poi arriva Papa e mi porta a casa. Però mi piace
avere
delle sorelle, perché le mie amiche hanno una casa loro. Invece voi
starete qui
con me! – Si voltò verso i gemelli. – Adesso potete bisticciare di
nuovo. Tanto
la più ragionevole sono io!
– Ben
detto, principessa! – Esclamò Zero. Amethyst
sbadigliò e posò la testa sulla spalla del giocatore. – Andiamo a fare
il
pisolino?
– Dorme
con noi? – Chiese Sky, incerto. –
Non ci stiamo tutti nella macchinina rossa.
– Per i
primi giorni dormiranno con me e Daddy, –
disse Jude, – quando Amy si sentirà a suo agio con noi, poi decideremo
cosa
fare.
– Vi
lascio al vostro riposino, – disse
Lionel, – passerò a trovarvi domani, però. – Promise a Kim che subito
le
sorrise. – Alle scatole qui fuori pensate voi?
Jude
annuì. – Me ne occupo subito. Grazie
per essere venuta ad aiutarci.
– Non
ti affaticare. – Gli disse con un
lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.
Jude
impiegò mezz’ora a portare in casa
tutti i regali di Michael.
Salito
in camera, sorride guardando la sua
famiglia al gran completo.
Amethyst
si era addormentata sul petto di
Zero incurante del vociare attorno a lei.
Mentre
i bambini stavano tempestando di
domande il loro Daddy.
–
Eravamo piccoli come loro? – Indagò Sky,
guardando le gemelline, la cui culla era stata posizionata al centro
del letto.
– No,
eravate molto più piccoli. – Rispose
Zero.
– Wow!
– Esclamò scioccato. – Ma più
piccoli di così è come la bambola di Kim!
–
Quasi, sì. – Sorrise loro Jude. – Adesso
lasciamole riposare. Più tardi risponderemo alle vostre domande,
promesso.
Abbiamo anche mezzo soggiorno da sgomberare.
–
Ringrazia Lionel! – Lo prese in giro
Zero, guardandolo di traverso. – Jude?
– Mmm?
–
Grazie.
Jude
gli sorrise, regalandogli
quell’espressione di pura dolcezza che ancora sapeva artigliare il suo
stomaco.
Alcuni sentimenti non sarebbero mai cambiati, pensò il biondo,
guardando i suoi
bambini uno ad uno. – Davvero, Jelena ci prenderà in giro per il resto
delle
nostre vite! – Pensò una volta di più, guardando suo marito, prima di
ridacchiare insieme a lui.