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Autore: Gojyina    09/01/2018    0 recensioni
Questa è la mia versione della stagione 4. Stanno registrando ora il telefilm ma è quasi certo che non sarà presente il personaggio di Zero. Ho "rimediato" scrivendo questa fanfiction.
Genere: Angst, Commedia, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jude Kinkade, Un po' tutti, Zero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hit the Floor 4

Capitolo 12

Gojyina

 

– Qualcosa l’ho lasciata. Te. – Disse Oscar, con un brandy in mano.

La luce artificiale illuminava lo studio di colori ocra. Una luce troppo calda per quella stanza. Troppo confortevole. Aveva sempre odiato lo studio di suo padre.

– Per quanto ti sforzi di essere diverso, ora sei costretto ad avere a che fare con i problemi che ho dovuto affrontare per quasi venticinque anni.

Jude fece un passo indietro. Non era vero, non era come lui. Stava gestendo la squadra diversamente.

– Ci sarà sempre una parte di te che si ricorderà di me. L’istinto è difficile da controllare. – Oscar sembrava infintamente soddisfatto. – Sei un Kinkade. La cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Rise, una luce malvagia attraversò i suoi occhi sottili. – Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA… Sempre.

La sagoma di Oscar si accavallò con la propria.

Con orrore, vide se stesso allungare una mano e spingere Matthew giù per le scale.

Il piccolo rotolò sino a raggiungere il pavimento, dove si accasciò con un tonfo che, nelle orecchie di Jude, risuonò come uno sparo.

 

– No! – Urlò, mettendosi a sedere di scatto.

– Jude?

Si guardò attorno stordito. In un primo momento non riuscì a riconoscere la sua camera da letto.

– Matty. Ho spinto Matty. – Balbettò graffiandosi il braccio sinistro.

– No, stupido! – Zero gli prese il viso tra le mani. – Non faresti mai del male a nessuno di noi. Capito?

Jude batté lentamente le palpebre, cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti. – Gideon?

– Sì, stupido! Hai la febbre alta e stavi delirando. Stiamo bene, non ci faresti mai del male. Stenditi, ci sono io qui con te.

Jude chiuse gli occhi arrossati e tornò sotto le coperte. Zero gli mise una pezza imbevuta di acqua sulla fronte e gli accarezzò i capelli, pettinandoli all’indietro sino a quando non fu certo che si fosse addormentato.

Digrignò i denti.

Persino dalla tomba Oscar continuava a infastidirli.

Come potesse suo marito anche solo pensare di somigliare a quel mostro, era qualcosa di cui non riusciva a capacitarsi.

Alcune ferite non smettevano mai di sanguinare del tutto. Quando sembravano cicatrizzate, eccole che si riaprivano a tradimento.

Gli accarezzò il viso arrossato. – Guarisci e torna presto da noi, stupido.

 

– Daddy?

La voce preoccupata di Matthew attirò la sua attenzione. Posato il giornale su divano, si voltò per guardarlo.

A sei anni da poco compiuti, era il figlio più serio e giudizioso dei quattro.

– Che succede?

– Kim sta piangendo. –  Pigolò, spostando il peso da una gamba all’altra. – Pensa che Papa la odi. Le ho detto che è una stupidaggine, ma non mi crede.

– Hai fatto bene a chiamarmi. – Gli scompigliò i capelli scuri e salirono insieme in camera.

I gemelli erano ai lati del letto rosso a forma di macchinina e tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro.

– Daddy!

– Dateci un minuto, va bene? – Chiese loro, prima di avvicinarsi alla piccola, nascosta sotto le coperte. – Ehi, piccola ninja? Il tuo Papa non ti odierebbe mai e poi mai!

– Ha la febbre per colpa mia. – Bofonchiò, la voce attutita dalle coperte.

– Si sono ammalati prima i tuoi fratelli e adesso tu e Papa. A volte i virus volano in aria, non possiamo farci nulla.

Kim spostò il piumone per poterlo guardare con i suoi occhioni lucidi di pianto e di febbre. – Papa non sta mai male, però.

– Lo so tesoro, ma è umano anche lui. A volte succede. Ehi, perché non andiamo a trovarlo? Si sentirà solo in quel letto così grande.

– Davvero possiamo? – Chiese piena di speranza.

– Certo che sì! Andiamo piccola! – La prese in braccio e uscì, trovando i tre figli nel corridoio.

– Possiamo venire anche noi? – Matthew sembrava spaventato.

All’inizio Zero non capì il perché, ma poi un pensiero lo colpì allo stomaco.

Di tutti i suoi figli, lui era l’unico che conservava alcuni, seppur vaghi, ricordi della sua famiglia naturale. Era quindi probabile che fosse terrorizzato all’idea di perdere un altro genitore.

– Ehi, campioni. Papa non voleva che entraste in camera per paura di contagiarvi, ma sapete cosa? Non importa. Andiamo da lui, ma facciamo piano!

Aperta la porta, trovarono Jude sotto le coperte, il viso arrossato e madido di sudore.

Aprì lentamente gli occhi quando sentì i bambini salire sul letto. – Che succede? Gideon?!

– Hanno paura per te e gli mancavi. – Spiegò, sorridendo quando Kim si lanciò sul petto del marito, seguita da Sean e da Sky, che usò la sua spalla come cuscino.

Matt si andò a sdraiare dall’altro lato, nascondendo il viso contro il suo braccio. Poteva vederlo tremare anche sotto le coperte. Devil e Logan li raggiunsero e si accucciarono sulle coperte, lei accanto a Sky e lui ai piedi del letto.

– Direi che ci siamo tutti! – Scherzò il giocatore, stendendosi accanto a Matthew, così che sentisse la presenza di entrambi i genitori.

– Ora mi sento molto meglio. – Sorrise Jude, quando suo marito allungò una mano per abbracciarli.

– Non sei arrabbiato con me, Papa? – Chiese Kimberly, sfregando il naso contro il suo petto.

– Impossibile! – Rispose subito, tranquillizzandola.

– Che ti avevo detto? – Le sorrise Zero. – Ora facciamo riposare i due ammalati, così guariranno velocemente.

– Sapete una cosa? – Sussurrò Jude, nel dormiveglia. – Anche la febbre può essere divertente, se siete qui non me!

– Ma Papa! – Rise Kim.

– Giuro! Sto già meglio! – Mentì, sorridendo loro.

– Hai la faccia tutta rossa, – notò Sean, – se fai il pisolino poi passa!

– Hai ragione, facciamo il pisolino, così la febbre scomparirà. Può capitare di ammalarsi, non è colpa di nessuno. Ma se siete con me, guarirò prima. Ora riposatevi anche voi, o non riuscirete a giocare più tardi.

Avrebbe voluto dire di più, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.

Zero posò una mano sulla sua fronte e subito si preoccupò, sentendola ancora molto, molto calda.

Era la prima volta che i bambini lo vedevano malato. Dannazione, era la prima volta che lui stesso lo vedeva malato. Poteva capire il loro timore. Jude era sempre stato colui che si prendeva cura di tutti. Una specie di supereroe da cui andare per farsi abbracciare. Persino lui si sentiva destabilizzato adesso che lo vedeva fiaccato dalla febbre.

– Papa guarirà? – La vocina spaventata di Matt lo intenerì.

Gli baciò la cima della testa. – Certo, piccolo ninja. Serve solo un po’ di tempo.

– Non mi piace vederlo malato.

– Neanche a me, ma succede. Non dobbiamo farlo sentire in colpa, vero?

– No. – Scosse la testa.

– Allora dobbiamo avere pazienza e trattarlo come fa sempre lui, quando siamo noi quelli malati.

– Allora lo abbraccio. – Disse il piccolo, sfregando la fronte contro il braccio di Jude. – Però non so cucinare.

– Quello lo farò io, – promise il giocatore, – non devi preoccuparti. Non resterai mai da solo. Ci siamo io e Papa, Kim e i gemelli, Miguel, zia Jelena e zia Lionel, poi c’è nonno Michael che farebbe di tutto per voi.

– E Devil e Logan.

– Certo, anche Devil e Logan. – Confermò, accarezzandogli i capelli. – Non aver paura, siamo tutti qui con te.

Matt sorrise, abbandonandosi finalmente al sonno.

Zero vegliò sulla sua famiglia sino a quando i gemelli non iniziarono a sbadigliare e a strofinare i visi su Jude.

– Fanno ancora il riposino? – Bofonchiò Sky.

– Lasciamoli dormire, così guariranno prima. – Sussurrò Gideon.

– Papa guarisce perché lo abbracciamo. – Disse Sean, stropicciandosi un occhio.

L’uomo gli accarezzò la testolina scura.

Avevano dei bambini davvero eccezionali. Intelligenti, generosi e gentili.

Era certo che il merito maggiore lo avesse Jude, che aveva fatto di tutto per proteggerli dai gossip e dai giornalisti, permettendo loro di avere un’infanzia il più normale possibile. Non solo. Li stava crescendo con pazienza e attenzione. Mai lo aveva visto adirato, mai aveva alzato la voce con loro. I loro figli si sentivano al sicuro con lui, lo consideravano una certezza.

Sapevano che il lavoro di Zero lo portava ogni tanto via per qualche giorno, ma Jude era sempre con loro.

Per questo trovava assurdo che suo marito ancora temesse di diventare come Oscar. I loro figli erano la prova vivente dell’abisso che c’era tra i due.

– Daddy, andiamo a prende il succo per Papa e Kim? – Domandò Sky. – Papa ce lo dà sempre quando siamo ammalati, dice che dobbiamo rimanere diratati. Ah, no, iradati.

Idarati! – Lo corresse Sean, roteando gli occhi.

– Idratati. – Rise il giocatore, spostando la coperta. – Avete ragione. Prendiamo tutti i bicchieri e i succhi di frutta.

Scesero senza fare rumore, i gemelli presero una bottiglia ciascuno e il padre si occupò delle tazze colorate.

Tornati al piano superiore posarono tutto sui due comodini, per poi tornare sotto le coperte.

Kim tossì nel sonno e Jude si svegliò controllando subito la sua fronte.

– Papa? – Sussurrò Sky. – Stai meglio?

– Sì, grazie ai vostri abbracci! – Lo rassicurò sorridendo. – Devo solo misurare la febbre a tua sorella e…

Zero lo fermò prima che si alzasse. – Rimani steso. Sean prendi il termometro, per favore, è sul comodino. Sky, controlla che anche Papa si misuri la febbre.

– Gideon, sto molto meglio. – Provò a protestare.

– Jude, sei bollente e non nel modo in cui piace a me, e hai gli occhi lucidi. I bambini sono preoccupatissimi. Resta sotto le coperte con Kim, ci prenderemo cura di voi.

Suo marito annuì con un sospiro sconfitto. – Vorrà dire che riposerò ancora un po’, così la febbre passerà più in fretta. – Si morse il labbro inferiore. – Non dovreste stare nel letto con noi, potreste ammalarvi di nuovo.

– Non importa. Non ti lasciamo. – Disse il giocatore, accarezzandogli i capelli fino a quando non si fu riaddormentato.

Cercò di contenere la preoccupazione quando lesse la loro temperatura, non volendo allarmare i gemelli.

– Stanno meglio, Daddy? – Chiese Sky.

– Dobbiamo abbracciarli ancora un po’.

– Va bene! – Accettarono subito i due e si accoccolarono meglio sul loro Papa.

 

– Jude? Stai avendo una reazione eccessiva.

Zero sistemò la coperta sui due malati e accese loro la televisione.

Aveva anche cosparso di cuscini l’angolo del divano così che i due fossero più comodi. Era il primo giorno che riuscivano ad alzarsi dal letto e voleva che si sentissero confortevoli.

– Non diciamo sciocchezze! – Borbottò, per poi ricominciare a respirare nel sacchetto di carta. – Sono i nostri figli.

– Lo so.

– Gideon! Dove ho sbagliato con loro?

– Vedi? È una reazione eccessiva!

– Mi hanno detto che non gli piace il basket! Come posso non avere una reazione eccessiva! – Esclamò, con tutta la voce che il suo mal di gola gli concedeva. – Il baseball e il tennis! Tsk! Gli piace guardare quella roba, neanche giocare! Guardare!

Zero sedé accanto al suo drammatico marito. – L’importante è che siano bambini sani ed educati, no? – Abbracciò i suoi due ammalti, baciando le loro teste. – Crescendo magari cambieranno idea.

– Ho fatto realizzare la linea Devils per bambini proprio per loro. – Si lamentò, posando la fronte calda sulla sua spalla, in cerca di conforto.

– Ma noi li amiamo indipendentemente dalle loro scelte di vita. – Gli ricordò.

– È vero. – Ammise sconsolato, rivolgendosi poi alla piccola Kim. – A te piace il basket, vero? – Chiese con la voce colma di speranza.

– Preferisco Barbie! – Zero e Jude scoppiarono a ridere, abbracciandola. – Papa?

– Dimmi, cucciolo.

– Per Natale mi regali una sorellina? – Chiese, stropicciandosi un occhio.

I due la guardarono sorpresi, poi Jude le rivolse un sorriso triste. – Ti senti sola?

– Non proprio. Non lo so. Matt ha Sean e Sky con cui giocare ai ninja. Ma io non ho nessuno. Amanda e Alyssa non sono proprio come avere in casa delle sorelle.

Gideon le baciò la testa. – Ci proveremo, tesoro. – Promise, mentre Jude le accarezzò la schiena sino a quando non si fu addormentata. – Ehi, stupido? Ti stai di nuovo perdendo nella tua testa.

– Non pensavo che si sentisse sola.

Il giocatore gli accarezzò la fronte. – Nemmeno io, ma ce lo ha detto adesso. Forse non lo sapeva neanche lei. – Gli sorrise, sfregando la punta del naso contro la sua tempia. – Cosa ne pensi?

– Non lo so. Non era mia intenzione avere altri bambini, ma se lei vuole una sorella, penso che potremmo accontentarla.

– Stavolta mi permetterai di aiutarti di più?

– Assolutamente no! – Fu la sua categorica risposta. – Fino a quando sarai un giocatore dei Devils, niente notti in bianco per te.

– Ti amo, stupido. Anche se sei testardo!

– Ti amo anch’io, per lo stesso identico motivo.

– Ora riposa anche tu o l’influenza non ti passerà mai.

Jude annuì e si stese sui cuscini, sistemando la coperta sulle spalle di Kim. Zero gli fece posare la testa sulla sua spalla e strinse a sé i due malati.

 

Jelena e Miguel andarono a trovarli il sabato successivo.

– Zia Lena! – Trillò Kim, felice di vederla.

– Ehi, piccola guerriera. Come stai? – Le chiese, sedendosi sul divano vicino a lei.

– Meglio. Tra poco mi passerà la febbre e per Natale avrò una sorellina! – Annunciò eccitata.

Jelena sollevò un sopracciglio, guardando Jude, accanto alla figlia.

– Si sente sola, insomma, è l’unica ragazza della famiglia. – Balbettò arrossendo.

Matthew e i gemelli scesero le scale e saltarono addosso a Miguel.

– Mi insegni i numeri? – Chiese subito Matthew.

– Prima i dinosauri! Li conosce tutti! – Esclamò Sky ammirato, aggrappato alla sua gamba destra, mentre il gemello s’impossessava della sinistra.

– Ehi, piccoli ninja, – li chiamò Zero, uscendo dalla cucina, – liberate il prigioniero e venite a sedervi qui. Mi spiace, amico! – Rise, dando una pacca sulla spalla del ragazzo. – Adesso vi porto del succo di frutta.

I bambini presero posto ai tavoli bassi  che usavano per mangiare, trascinando Miguel con loro.

Jelena, elegantissima nel suo completo bianco giacca pantalone, continuava a guardare Jude.

– Cosa?

– Hai intenzione di formare una seconda squadra di basket? Non ti basta la nostra?

– Ce la posso fare. – Sussurrò per non svegliare Kim, assopitasi abbracciata alla sua ninja rosa.

– Almeno prendi un tata, qualcuno per…

– No. Non cresceranno con degli estranei. – Decise perentorio. – Faremo come sempre, se dovessimo adottare una bambina molto piccola, allora lavorerò da casa.

Incrociò le braccia al petto e scosse la testa, facendo risuonare i pendenti in oro bianco che le adornavano i lobi. – So che faresti di tutto per i tuoi figli, ma…

– Tra quattro e cinque non c’è molta differenza. – Le fece notare.

– Ma non saranno cinque. Lo sai tu come lo so io. Sceglierete due sorelle o un fratello e una sorella, così che non vengano adottati separatamente.

– È possibile. – Ammise, massaggiandosi le tempie.

– Potrei scommettere la mia poltrona e sai quanto ci sia attaccata!

Zero li raggiunse porgendole una tazza di caffè. – Tutta questa preoccupazione per Jude è inquietante. – La prese in giro, sedendosi accanto la marito. Subito posò una mano sulla sua fronte, lieto di sentirla molto meno calda rispetto ai giorni precedenti.

– Resta il presidente e il maggior azionista. Controllo che non si ammazzi.

– Melodrammatica. – Borbottò, posando la testa sulla spalla di Zero. – Posso gestire lavoro e famiglia. L’ho sempre fatto.

– Questo prima di adottare altri due bambini!

– Due?! – Le fece eco il giocatore. – Perché due, Jude?

Jelena roteò gli occhi. – Siete insopportabili!

– Per quanto riguarda la squadra? Pete ha rinnovato il contratto? – Le domandò, posando la testa sulla spalla di Zero.

– Sì, ha voluto un aumento del premio obiettivo alla fine dell’anno, ma nulla che non possiamo permetterci. I ragazzi si fidano di lui, sostituirlo sarebbe stato difficile.

– Prima o poi se ne andrà. Resta solo per Ahsha, che è la coreografa delle ragazze, ma anche lei un giorno andrà via.

– Pensi che Derek vorrà fare l’allenatore quando avrà lasciato l’agonismo? – Domandò la donna, sorseggiando il caffè.

– Mi aveva accennato qualcosa tempo fa.

Jelena indicò Zero con la testa. – E il “principe consorte”?

– Ho scelto altro. – La sua risposta attirò la loro curiosità. Non aveva ancora avuto il tempo di parlarne con Jude. – Farò l’opinionista sportivo. Gli studi non sono lontani e potrei anche collegarmi da qui. Così potrò essere più presente quando i bambini saranno adolescenti.

Suo marito gli strinse una mano. – Sei sicuro?

– Sì. Poi sarà divertente commentare il lavoro altrui stando comodamente seduto! – Scherzò, facendolo sorridere.

– Bene, vorrà dire che Jude avrà più tempo per i Devils. – Commentò lei, guardando l’orologio. – Miguel, andiamo o faremo tardi.

Il ragazzo sorrise ai bambini, promettendo loro che sarebbe tornato a giocare ancora con loro.

– Matt è portato per la matematica. – Commentò salutando i due adulti.

– Così sembra, anche se non ama il basket. – Sussurrò Jude. – Nessuno di loro è appassionato di sport.

– Ahia.

– Già.

Zero sbuffò una mezza risata. – Non ricominciare, melodrammatico. – Lo ammonì, rivolgendosi poi al ragazzino. – Ehi, campione! Dove devi andare di sabato pomeriggio?

Miguel deviò il suo sguardo indagatore. – Festa. Un compleanno. Niente.

– Oh! Chi è lei?

– La mia compagna di classe de… No! Non fare quella faccia! – Sbottò, guardando Zero sorridere allusivo. – Vado, ciao!

Jelena sollevò un sopracciglio scuro. – Fossi in voi, non prenderei in giro la vita sentimentale altrui. Presto avrete decine di ragazze e ragazzi, qui fuori, alla ricerca dei vostri figli!

– Sul mio cadavere. – Promise Zero, accompagnandola alla porta.

– Ehi, malato! Il mese prossimo dobbiamo organizzare la raccolta fondi per Mary e Paula. Vedi di rimetterti per allora! – Lo salutò, raggiungendo Miguel che la aspettava vicino all’auto.

– Tsk! Ragazzi alla porta. – Brontolò il giocatore, tornando dal marito. – Ce n’è di tempo per quello!

– Non ti starai già preoccupando, vero? – Lo prese in giro, lasciandosi abbracciare. – Melodrammatico.

– Ho ancora tempo per farmi il porto d’armi.

– Gideon!

 

Jude e Zero sorrisero a Mary, che corse ad abbracciarli.

– Grazie per il vostro prezioso aiuto! – Disse loro.

– Non scherzare, è il minimo che possiamo fare! – La tranquillizzò Zero. – La raccolta di beneficienza sarà un successo. Hanno aderito diversi programmi televisivi e il nostro ufficio stampa si sta occupando sei social.

Passeggiarono per l’edificio, notando preoccupati alcune crepe e i segni di muffa sui soffitti.

– Se non facciamo qualcosa, l’ufficio d’igiene ci farà chiudere e non saprei come fare con i bambini.

Passarono per la nursery e sorrisero a una doppia culla, con due bambine, addormentate una di fronte all’altra, in una posizione che ricordò loro Sean e Sky durante i loro primi anni di vita.

D’improvviso spuntò una bimba di circa due anni, che si frappose tra loro e la culla.

– Wow! Principessa guerriera! – Sorrise Gideon, inginocchiandosi di fronte a lei. – Non vogliamo farti del male. Sono le tue sorelline?

Lei lo guardò un lungo istante, prima di annuire.

Jude fece un passo indietro. – Mary?

– Sono tre sorelle. – Iniziò a spiegare. – Orfane, sono state affidate alla nonna materna, che è deceduta la settimana scorsa. Amethyst, la sorella maggiore, è molto protettiva, come puoi vedere. Ha solo due anni, ma non permette a nessuno di avvicinarsi a lei o alle sorelle. Io ho impiegato un pomeriggio per farmi accettare, spiegandole che volevo solo cambiarle e dar loro da mangiare.

– Forse ha trovato qualcuno di cui potersi fidare. – Sussurrò con un caldo sorriso, quando vide suo marito con la bambina.

Li guardò insieme e una sensazione di calore gli invase il petto.

Forse era il sorriso di Zero o i capelli biondi di lei, ma sembravano davvero padre e figlia.

Era una follia. Una di quelle che non era solito fare. Eppure nulla gli era sembrato più sensato di quello.

– Mary, puoi farmi una cortesia?

– Tutto ciò che posso! – Rispose subito la donna.

– Potresti preparare i documenti per l’adozione?

– Jude? – Domandarono in coro sia lei che il giocatore. Mary scioccata, lui pieno di speranza.

– Kimberly si sente sola e noi non vogliamo che queste tre piccole vengano separate, vero? Anche le guerriere devono avere un posto in cui riposare. – Amethyst lo guardò con attenzione. – A casa abbiamo tre ninja, due cani guardiani e una principessa solitaria che avrebbe tanto bisogno di sorelline con cui condividere i suoi giochi.

Gideon cercò le foto sul cellulare e gliele mostrò. – Loro sono Logan e Devil. Questi piccoli diavoli sono Matt, Sean e Sky. Lei è Kimberly.

Amethyst posò una manina sulla sua, attratta dal ninja rosa che aveva la bambina della foto.

– Ne vuoi uno anche tu? – La vide annuire. – Va bene, allora ne prenderemo uno per te e uno per le tue sorelline, così ognuna di voi avrà il suo.

– Bambola rosa. – Disse puntando il dito sulla foto.

– Certo, piccola guerriera, è una bambola rosa.

Amethyst gli sorrise, grattandosi il nasino.

Jude s’intenerì di fronte al sorriso di suoi marito e li lasciò nella nursery per fare un paio di telefonate.

Mary attese che finisse prima di avvicinarlo. – Sei sicuro di farcela?

– Sette è numero perfetto, no? – Scherzò, passandosi una mano tra i capelli. – Non lo so, ma ci riuscirò. Ho visto quel sorriso sul viso di Zero solo con i nostri figli e quella bambina è così coraggiosa e protettiva. È davvero una piccola guerriera e merita di avere un’infanzia normale.

– Siete delle persone davvero buone. – Sorrise commossa.

– Ci proviamo! Ma non dirlo a mio marito, ama ancora interpretare la parte del cattivo ragazzo.

Risero insieme, mentre Jude aspettava i rinforzi.

 

– Avete ufficialmente formato una squadra di basket più due riserve. – Esordì Lionel, togliendosi gli occhiali da sole. Il suono dei suoi tacchi riecheggiò nella hall dalle pareti verde chiaro. – I seggiolini sono nella mia auto. Dove sono le nuove Kinkade?

– Grazie per l’aiuto. – Disse Jude. – Zero sta mostrando altre foto alla piccola Amethyst.

– Amethyst? Bel nome.

– Le gemelle si chiamano Amber e Agatha.

– Quanti anni hanno?

– La maggiore due anni e le gemelle nove mesi e mezzo.

– Te la senti di ricominciare con i pannolini e gli omogeneizzati?

Jude si passò una mano tra i capelli. – Appena vedrai il viso di Gideon, saprai la risposta. Oh, eccoli qui.

Zero arrivò con la piccola Amethyst in braccio, aveva il sorriso più luminoso che Lionel gli avesse mai visto. Mary era accanto a lui, con due fagotti uno rosa e uno bianco.

– Gideon è stato l’unico a conquistare subito la fiducia di quella bambina. Ne va molto orgoglioso. – Spiegò all’amica, andando a prendere le due gemelle.

L’attrice inforcò gli occhiali scuri. – Insegna loro a chiamarmi nonna e ci saranno delle ripercussioni!

– I bambini ti chiamano zia. – Le fece notare Jude, sollevando un sopracciglio scuro. Emise un sospiro sconsolato. – Jelena mi prenderà in giro per il resto della mia vita. Oddio! Non lo hai detto a Michael, vero? – Si allarmò immediatamente.

Il sorriso soddisfatto di Lionel gli procurò un brivido di puro terrore.

 

– Credo che abbia superato se stesso. – Decise Gideon, scendendo dalla macchina.

Accanto alla porta di casa c’erano tre orsacchiotti alti quasi due metri, uno rosa, uno lilla e uno verde chiaro e ben dodici scatole piuttosto grandi.

– Non siamo mai riusciti a fermarlo. – Si limitò a dire, slacciando la cintura delle gemelle.

Sorrise vedendo come la piccola Amethyst allacciò le braccia al collo di Zero. Era felice che fosse finalmente il genitore più richiesto.

Non che i loro figli non lo amassero, ma il primo che chiamavano era Jude perché sapevano che il lavoro di Zero lo impegnava anche fuori casa, mentre lui lavorando anche dallo studio, era una certezza.

Era stato questo uno dei motivi che lo avevano spinto a chiedere le tre bambine in adozione.

Si augurò solo di avere l’energia sufficiente per ricominciare con le notti in bianco. Aveva notato che le gemelle avevano giusto un paio di dentini a testa.

Con l’aiuto di Lionel, mise le piccole nella culla portatile ed entrò in casa.

– Papa! Daddy! – Kim cominciò a saltellare per il soggiorno. – Anche io ho le sorelline! Anche io ho le sorelline! Ciao zia Lio! – Trillò, aggrappandosi alla gamba dell’attrice, che le sorrise.

– Hai visto che bella sorpresa? – La prese in braccio. – Adesso sediamoci o le spaventeremo.

– Tutti sul divano. – Disse Gideon. – Vi dobbiamo presentare qualcuno. – Quando i bambini furono ai loro posti, sedé accanto a Jude. – Lei si chiama Amethyst Jane, ha due anni. Loro sono Amber Lillian e Agatha Lorelai e hanno nove mesi e mezzo. Sono piccole e dobbiamo fare attenzione con loro. Avete voglia di presentarvi?

Matt fu il primo a parlare. – Sono Matthew Robert Kinkade. Ho sei anni e vado a scuola. Mi piace nuotare e anche giocare a tennis.

– Io sono Sky Lionel Kinkade, ho cinque anni, mi piace colorare e giocare a baseball.

– Mi chiamo Sean Michael Kinkade e sono il gemello di Sky. A me piacciono i dinosauri e basta. Sono più ragionevole di mio fratello.

– Non c’era bisogno di dirglielo! – Protestò Sky.

– Ma lo dice sempre Papa che sono più ragionevole di te!

– Uffa.

Kim si imbronciò. – Smettetela di bisticciare, tocca a me presentarmi! Sono Kimberly Serena Kinkade. Ho quattro anni. Io vado in ufficio con Papa e ho delle amiche e insieme poi aspettiamo i nostri Daddy e mangiamo insieme. I nostri Daddy giocano in mutande. Poi noi facciamo il pisolino e poi arriva Papa e mi porta a casa. Però mi piace avere delle sorelle, perché le mie amiche hanno una casa loro. Invece voi starete qui con me! – Si voltò verso i gemelli. – Adesso potete bisticciare di nuovo. Tanto la più ragionevole sono io!

– Ben detto, principessa! – Esclamò Zero. Amethyst sbadigliò e posò la testa sulla spalla del giocatore. – Andiamo a fare il pisolino?

– Dorme con noi? – Chiese Sky, incerto. – Non ci stiamo tutti nella macchinina rossa.

– Per i primi giorni dormiranno con me e Daddy, – disse Jude, – quando Amy si sentirà a suo agio con noi, poi decideremo cosa fare.

– Vi lascio al vostro riposino, – disse Lionel, – passerò a trovarvi domani, però. – Promise a Kim che subito le sorrise. – Alle scatole qui fuori pensate voi?

Jude annuì. – Me ne occupo subito. Grazie per essere venuta ad aiutarci.

– Non ti affaticare. – Gli disse con un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.

Jude impiegò mezz’ora a portare in casa tutti i regali di Michael.

Salito in camera, sorride guardando la sua famiglia al gran completo.

Amethyst si era addormentata sul petto di Zero incurante del vociare attorno a lei.

Mentre i bambini stavano tempestando di domande il loro Daddy.

– Eravamo piccoli come loro? – Indagò Sky, guardando le gemelline, la cui culla era stata posizionata al centro del letto.

– No, eravate molto più piccoli. – Rispose Zero.

– Wow! – Esclamò scioccato. – Ma più piccoli di così è come la bambola di Kim!

– Quasi, sì. – Sorrise loro Jude. – Adesso lasciamole riposare. Più tardi risponderemo alle vostre domande, promesso. Abbiamo anche mezzo soggiorno da sgomberare.

– Ringrazia Lionel! – Lo prese in giro Zero, guardandolo di traverso. – Jude?

– Mmm?

– Grazie.

Jude gli sorrise, regalandogli quell’espressione di pura dolcezza che ancora sapeva artigliare il suo stomaco. Alcuni sentimenti non sarebbero mai cambiati, pensò il biondo, guardando i suoi bambini uno ad uno. – Davvero, Jelena ci prenderà in giro per il resto delle nostre vite! – Pensò una volta di più, guardando suo marito, prima di ridacchiare insieme a lui.


   
 
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