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Autore: Eevaa    10/01/2018    10 recensioni
...perché Kaarot, del resto, era l'unico che avrebbe potuto capirlo veramente, era l'unico il quale, per altri motivi, stava subendo il suo stesso identico destino. E, proprio come lui, aveva un'altra vita intera da vivere, da scrivere. Per un attimo, per qualche breve secondo, provò compassione per quell'uomo così come l'aveva per se stesso.
Erano entrambi sulla stessa barca e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto cominciare a remare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 2 - INCONTRO


 


 

Fiammelle dorate nel buio. Profumo di fiori.
«Lo sapevo che eri qui» sibilò Vegeta.
Dopo un tempo che parve eterno incrociò gli occhi scuri di un uomo con la casacca celeste e i pantaloni giallo girasole. Egli non rispose, si limitò a fissarlo con espressione vacua e un ciuffo di capelli d'ebano che gli ricadeva sulla fronte dai lineamenti morbidi. Kaarot.
Vegeta si avvicinò ulteriormente, prendendo il coraggio di salire dalle scale bianche di quel gazebo infelice. L'uomo accigliato a lato della bara indietreggiò, come se si sentisse minacciato, come se la vicinanza del Principe creasse in lui una sensazione di disagio.
«Quindici anni» continuò, presupponendo con un certo disappunto che il suo eterno rivale avesse perso l'uso della parola. «Ci hai messo quindici anni per tornare».
«Non potevo non salutarla...» ammise Goku. Fece un cenno disperato verso la moglie, la quale riposava serena all'interno della bara di cristallo, circondata da lumini che ballavano al ritmo di un vento caldo.
«Ah, certo!» soffiò Vegeta, con un ghigno sprezzante in viso e il naso arricciato in completo disgusto. «Ma ti sei ben tenuto alla larga dal salutare tutti gli altri!»
«Hai ragione ad essere infastidito, ma ti giuro che io sono sempre stato con voi».
«E DOV'ERI!?» esplose il Principe in un urlo di rancore, paonazzo in viso. «Dov'eri quando lei si è ammalata, eh? Dov'eri quando pregava il cielo che tu tornassi a salutarla? Dov'eri quando è morta!?»
«Vegeta...» sussurrò Goku per poi avvicinargli una mano alla spalla, ma questi la scansò con uno schiaffo.
«Non - mi - toccare» scandì Vegeta, con pericolosa pacatezza. «O giuro che ti uccido».
«Ti prego, Vegeta. Lo so, lo so che hai sofferto, lo so che avete sofferto in tanti per la morte di Bulma».
«Non dire il suo nome».
«Era la mia migliore amica, non hai idea di quanto mi sia dispiaciuto» ammise Goku, nel tentativo di trattenere a stento il tremore al labbro inferiore.
«Lei era MIA MOGLIE!» abbaiò di nuovo Vegeta, sull'orlo di una crisi di nervi, poi continuò a parlare con voce più bassa ma con tono furibondo. «E Crilin? Dov'eri quando quella testa pelata è passato a miglior vita? E quel buono a nulla di Yamcha? Non ti nascondo di aver provato un senso di euforia quando ha tirato le cuoia, ma tu dov'eri? Non lo definivi tuo "amico"? LO SAI CHE SI È AMMAZZATO?!»
Goku chiuse gli occhi e deglutì sonoramente di fronte al suo rivale; sentire quelle parole lo ferivano più dei micidiali pugni e calci che gli aveva inferto in passato.
«Io... sì. Lo sapevo» balbettò, prima di venire incalzato per l'ennesima volta da quell'uomo che mai avrebbe giurato potesse attaccarlo in quel modo, non per questioni deliziosamente terrestri, almeno.
«Tua nipote Pan e mio figlio si sono sposati, diavolo, siamo pure parenti adesso! Mi viene l'orticaria solo a pronunciarlo. Pensa a quanto sono caduto in basso...»
Goku si lasciò sfuggire un sorriso.
«Cos'hai da ridere, razza di idiota?!» domandò retorico Vegeta. Tentò il più possibile di mantenere l'aura a livelli bassi per non farsi scoprire dai figli di quel mentecatto - i quali abitavano a pochi passi dal gazebo - ma ciò che il perfetto imbecille a pochi metri da lui rispose rese ancor più arduo il perseguire di quel compito.
«Un po' mi sono mancati i tuoi insulti, sai?» commentò, ingenuo, stando ben attento a non dare modo al suo rivale di potergli cavare gli occhi con un attacco inaspettato.

Era vero: quel burbero Principe dei Saiyan dall'aria arrogante e dai modi poco pacati gli era mancato sul serio, così come gli erano mancati tutti gli altri. Erano passati quindici lunghissimi anni da quando aveva intrapreso una via non del tutto condivisibile dalla sua famiglia e i suoi amici, e gli Dei solo sapevano quanti sacrifici gli erano occorsi per non mollare il colpo.
Goku era convinto che tutti i problemi sulla Terra derivassero proprio dalla sua presenza, ed effettivamente così era stato: tutti i grandi nemici del passato avevano minacciato l'esistenza dell'universo soprattutto a causa sua. Da quando egli aveva deciso di andarsene via per sempre, la Terra aveva vissuto il periodo di pace più lungo della storia dai tempi della sua nascita; nessun mostro dal colore improbabile e dal sadismo pungente aveva cercato di attaccare il loro pianeta. In quei quindici anni gli unici problemi ai quali la sua famiglia e i suoi amici avevano dovuto far fronte erano stati quelli delle persone normali, quelli enunciati nelle promesse nuziali: salute, malattia, ricchezza, povertà, nascita, morte. Problemi grandi, ma componenti e passaggi fondamentali da cui tutti prima o poi passano. Gli effetti collaterali della vita, insomma.
Avrebbe davvero voluto tornare prima per non perdersi tutti quegli eventi, avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare la forza e il coraggio di farlo, ma per il bene di tutti aveva deciso di non mettere a repentaglio ancora una volta il buon andamento della pace sulla Terra. Alla notizia della morte di Chichi, però, non aveva saputo resistere: era tornato, ma ancora forse non sapeva per quanto tempo. Non riusciva a capire come avrebbe potuto fare a svelare tutta la sua verità, non sapeva se e soprattutto come salutare i suoi figli, ma era grato che Vegeta l'avesse colto sul fatto: così facendo gli aveva risparmiato uno dei suoi tanti dubbi su come rivelarsi a lui.

«Sei esattamente come ti ricordavo, Vegeta» ammise infine, osservando gli occhi del suo rivale vivi e pieni di energie, proprio come quelli di un tempo. Quell'uomo era stato capace di compiere un'evoluzione incredibile durante tutto il corso della sua vita, era la persona che più aveva saputo sorprenderlo, su questo non c'erano dubbi. Ma, anche se nell'anima era ancor più cresciuto da come lo ricordava, fisicamente non era per nulla invecchiato e, anzi, era tornato con le stesse sembianze e prestanze fisiche di quando avevano combattuto contro Majin-Bu. Persino i suoi capelli erano tornati ad essere della forma originale, la fiamma che l'aveva sempre contraddistinto.
«E saprai anche il perché, immagino» ipotizzò Vegeta, II desideroso di sorvolare su quel fatidico argomento che ancora gli arrecava un dolore immenso, come una ferita aperta e mai guarita.
«Già, ho saputo cosa avete combinato tu e Bulma» ammise Goku con un amaro sorriso. Solo pronunciare quel nome gli fece provare un gran senso di nostalgia, ma non poteva neanche lontanamente immaginare cosa scatenasse nel cuore del suo interlocutore.
«Come vedi per lei non ha funzionato, Kaarot» tagliò corto Vegeta, deciso più che mai di concludere quel drammatico discorso. «Invece tu sei cresciuto, finalmente».
«Eh già! Come vedi ora ho ventotto anni» dichiarò Goku, ridacchiando con una mano dietro la nuca. Quando era partito con il drago Shenron alla volta di un nuovo mondo era ancora un bambino a causa del desiderio espresso da Pilaf, ma oramai era passato così tanto tempo che quel ragazzino era cresciuto di nuovo. «Non diciamolo a nessuno che in realtà siamo due arzilli ultra-settantenni!»
Gli occhi del Principe dei Saiyan si incatenarono a quelli del rivale, non lasciandogli la forza di evadere da quello sguardo gelido e indagatore. Vegeta si maledisse perché, nonostante tutto, non avrebbe mai avuto la forza di odiarlo come in passato aveva fatto. Non ci riusciva più, oramai il tempo dello spietato assassino era bello che finito. Ne avevano passate così tante da poterlo considerare veramente un amico, e questa cosa lo faceva sentire così stupido e così debole da volersi percuotere da solo.
In un solo sguardo si poteva percepire l'alta tensione delle mille battaglie affrontate, sia l'uno contro l'altro che insieme contro il nemico. Ogni colpo inferto, ogni batosta ricevuta, ogni vittoria festeggiata.
Cielo, Vegeta avrebbe dovuto attaccarlo seduta stante, avrebbe dovuto girare i tacchi e volare via di lì, ma chissà come non ci riuscì. Non riuscì a fingersi distaccato e disinteressato nei suoi confronti. Non riuscì a mantenere alto il livello di tensione con il quale l'aveva accolto: in fondo quell'idiota era pur sempre un idiota e ciò rendeva difficile il compito di prendersela troppo. Chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, ben intenzionato a mangiarsi la lingua per ciò che stava per chiedergli.

 

«Quindi cosa farai, adesso?» domandò Sua Maestà. Discostò lo sguardo in direzione delle stelle, nascondendo i suoi occhi da quell'imbarazzo che mai aveva imparato a provare.
«Non lo so, Vegeta. Non ne ho la minima idea» dichiarò Goku. Cercò quindi di riflettere, cosa che gli risultò alquanto difficile. Il suo amico aveva colto nel segno: non c'era modo, per lui, di trovare una soluzione a quello che rappresentava il suo cruccio più grande.
«Potresti iniziare levandoti di torno e bussare a quella porta» suggerì Vegeta, acido, indicando con il mento la casa di Gohan a pochi passi di distanza da loro.
Una luce calda e fievole illuminava la finestra della cucina di quella casa rotonda, la stessa casa in cui Goku aveva vissuto per anni, la casa in cui aveva costruito una famiglia. Una famiglia che, purtroppo, non era mai stato in grado di amare in modo convenzionale. Li aveva abbandonati più e più volte a favore del mero allenamento, del combattimento. Chichi gliel'aveva rimproverato sempre e non era mai stato in grado di comprenderla, di capirla. Ma forse, ora che lei non c'era più, si stava rendendo conto di quanto in realtà l'avesse trattata ingiustamente. Lei come i loro figli.
Come avrebbe fatto Goku a presentarsi a quella porta dopo così tanti anni? Cosa avrebbe detto a Gohan? Come avrebbe giustificato la sua ennesima e abnorme assenza? No, non era affatto pronto e forse non lo sarebbe mai stato. Non era mai stato un genio nel trovare le parole giuste, nel formulare grandi discorsi, nel parlare di sentimenti; non era sicuro che quella volta avrebbero saputo accoglierlo a braccia aperte. Se persino quel menefreghista di Vegeta si era adirato non poco per la sua mancanza - cielo, come l'avevano stupito le sue parole! - non sapeva proprio cosa aspettarsi da Gohan e Goten.
«Non oggi. Ho bisogno di pensarci su». Goku lasciò cadere entrambe le braccia lungo i fianchi in un gesto di rassegnazione.
«Tsk... da quando in qua usi la tua testa per pensare, Kaarot?» commentò sarcastico il Principe, aspettandosi le usuali ingenue proteste che però non arrivarono. Con la coda dell'occhio lo guardò chinare la testa, rattristito. Vegeta si impietrì, cosa diamine poteva essergli successo? Cosa era accaduto a quel tonto, idiota, allegro moccioso che ricordava di aver lasciato andare quindici anni prima? Davvero quell'affermazione poco cordiale l'aveva colpito così tanto nel personale?
Vegeta deglutì e si maledisse per essere diventato tanto rammollito da interessarsene, poi alzò gli occhi al cielo in uno sbuffo.
«Ad ogni modo, hai veramente intenzione di startene qui a zonzo in mezzo al bosco come un perfetto idiota?» domandò scocciato, rompendo quel silenzio angosciante.
«Ehm...» mugugnò Goku portandosi il pollice e l'indice sotto al mento come per pensare. In effetti non aveva la benché minima idea di dove andare né di cosa fare. Forse avrebbe dovuto volare dall'altra parte della Terra e riflettere meglio sul da farsi, ma sarebbe stato identico a scappare di nuovo.
Tutto d'un tratto ebbe un'idea, un'idea malsana che il Principe non avrebbe accettato di buon grado ma, date le circostanze, sarebbe stata l'unica cosa sensata da fare. Ingenuamente sorrise, ridacchiando a bassa voce e sperando con tutto il suo cuore che la sua richiesta non facesse perdere le staffe a Sua Maestà. Ma cosa aveva da temere, in fondo? Era andato tutto bene sino a quell'istante.
«Beh?!» lo rimbeccò Vegeta, sull'orlo di perdere di nuovo la pazienza. Non era mai stata una delle sue grandi virtù, soprattutto con Kaarot, e in quel momento l'inetto stava mettendo alla dura prova i suoi nervi già sin troppo tesi.
«Non è che avresti un posto libero a casa?» domandò tutto di un fiato Goku, con tanto di sorriso a trentadue denti e mani in preghiera.
Vegeta trasalì. Spalancò gli occhi e sperò di non aver capito bene.
Non solo quell'imbecille si era presentato come se niente fosse al suo cospetto dopo quindici anni, ma aveva avuto addirittura il coraggio di invitarsi a invadere casa sua.
«Dimmi, Kaarot, ti è per caso dato di volta il cervello?» asserì con estrema convinzione.
«E dai, Vegeta. Non posso mica starmene qua a zonzo per i boschi come un perfetto idiota, giusto?»
«Vai a dormire in un hotel se vuoi stare comodo!»
«Ma non ho un soldo! Ti prego!»

Vegeta non rispose ma voltò le spalle, risoluto a non dargliela vinta - cosa che purtroppo non risultava facile, con una persona insistente come Goku. Soprattutto perché questi lo conosceva sin troppo bene e aveva atteso fino all'ultimo prima di tirare fuori il suo asso nella manica, la carta vincente con la quale avrebbe potuto convincerlo.
«Sai, Vegeta, ho imparato nuove tecniche di combattimento! Domani potremmo svegliarci presto e andare ad allenarci sul pianeta dei Kaiohshin, così nessuno ci scopre!» gli sussurrò nell'orecchio, con le sopracciglia incurvate in un'espressione ammiccante.
Sua Maestà corrugò la fronte, poi sbuffò. In effetti non sarebbe stata una cattiva idea testare la forza di Kaarot dopo così tanti anni. Chissà se era diventato più potente oppure aveva battuto la fiacca, chissà se le sue tecniche si erano diversificate. Cielo, quanto odiava dover ammettere che quell'imbecille sapeva sempre come convincerlo e metterlo in difficoltà!
«Tsk... sei sempre il solito».
«È UN SI?!» gridò Goku, rendendosi poi conto che non avrebbe dovuto urlare se non voleva essere scoperto dai suoi figli. Si aggrappò al braccio di Vegeta, con le ginocchia appoggiate al terreno, colmo fino ai capelli di gratitudine. «Urcaaa! Grazie, grazie, gra-»
«E falla finita!» Vegeta lo scansò con un gesto bruto. «Sarà solo per una notte, poi dovrai sloggiare. Non sono certo un oste, io».
«Una hostess
«Ci rinuncio. Fa' silenzio e seguimi, prima che cambi idea!» gracchiò il Principe dei Saiyan, fingendo di non aver udito il rivale in quella che era la massima esternazione della sua stupidità.




Continua...


 

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti! Finalmente è mercoledì! Wow, credo di non aver mai scritto un testo con così tanto dialogo xD Come avete visto da questo secondo capitolo, si inizia ad intuire un po' del trascorso del valoroso principe. Man mano che la storia andrà avanti farò sempre più chiarezza su cos'è accaduto ad entrambi protagonisti. Prima o poi si scoprirà tutto ma dovrete portare un pochino di pazienza, intanto godetevi le avventure di questi due zitelli :) 
A prestissimo,
Eevaa

  
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