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Autore: The Happy Drug Salesman    11/01/2018    0 recensioni
Tutti conoscono il triste destino a cui Radiant Garden è andata incontro, ma nessuno ha mai raccontato com'era la vita prima della caduta del regno di Ansem il Saggio. Questa è la storia che non è stata mai raccontata, la storia di Aura e dei suoi amici, che tra drammi adolescenziali e problemi di poco conto, dovranno affrontare la tempesta che si abbatterà sulle loro vite apparentemente tranquille.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Isa, Lea, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep
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Sweet n' Salty




Questa mattina mi sono svegliata con il piede giusto, non troppo stordita dal sonno e particolarmente eccitata, con la voglia di fare qualcosa che sia degna di nota, per chiudere in bellezza il mio periodo lavorativo. Sarà perché – appunto – è il mio ultimo giorno di lavoro, o forse perché il cielo è nuvoloso e il caldo non è insopportabile come al solito, ma la giornata promette bene!
Cerco di alzarmi dal letto senza disturbare il sonno del mio gatto, che si è addormentato raggomitolato in mezzo alle mie gambe e vado in bagno a darmi una rinfrescata.
Per colazione ho deciso di viziarmi un po’ preparando dei waffle al cacao. Dato che l’ordine del giorno del capo è “prendersela comoda”, stamattina ho provveduto a programmare la sveglia/uovo per le 8, perciò ho tutto il tempo di creare il mio pasto. Prendo dal frigo gli ingredienti e mi metto all’opera, iniziando a separare i tuorli dagli albumi. La cucina è l’unico luogo dove posso dimostrare il mio talento e mettere in pratica la mia creatività senza insicurezze, d’altronde credo che anche il cibo sia una forma d’arte, basti pensare alla giusta combinazione di sapori, colori e composizione che i grandi cuochi riescono a mettere assieme per creare i loro piatti; mentre penso a quanto sarebbe bello diventare uno chef rinomato, tolgo dallo stampo il primo waffle, e un paio di minuti dopo anche il secondo, dopodiché impiatto il tutto con della salsa al cioccolato e dei lamponi.
Finisco di mangiare e guardando l’ora mi rendo conto di avere il tempo di mettermi a posto senza dover correre dopo per strada. Ritorno in bagno e mi sistemo i capelli, cercando di togliere i nodi senza strappare troppi capelli, poi mi vesto indossando la mia salopette preferita.

Prendo la borsa ed esco di casa con una calma a me estranea e soprattutto senza venir accolta da quel vento caldo e umido che fa boccheggiare alla prima folata. Ripercorro a piedi la strada che ormai ho imparato a memoria, con i suoi mitologici uomini in carriera a popolarla.

Quando arrivo sul posto di lavoro il capo in persona sta facendo il turno raccattando, con gli occhi che luccicano, alcuni munny accumulati da un gruppo di bambini che stanno gioendo di fronte alle loro super coppe con banana, vaniglia, panna e cioccolato. Incassa i soldi salutandoli e le quattro piccole pesti per poco non mi vengono addosso per la troppa foga. «State attenti!» starnazza «Non vorrete mica uccidere la mia miglior dipendente!»
“Ancora per poco, vecchio.”
«Eh, sono bambini… che ci vuoi fare!» sbuffo con un sorriso tiratissimo mentre vado ad appoggiare le mie cose in magazzino.
«Bene, sono le nove e mezza, il mio lavoro qui è finito.» dice, togliendosi il grembiule «Ti lascio le chiavi della cassa e della saracinesca. Mi raccomando comportati bene e ricordati di chiudere tutto quando finisci!» Paperon de Paperoni mi consegna il mazzo di chiavi, poi mi saluta con un cenno e se ne va per la sua strada con passo ondeggiante e il tintinnio del borsello pieno di monete a fargli da sottofondo. Quel vecchio furbo non si fida neanche della sua ombra e quando esce dal lavoro porta sempre dietro l’incasso, lasciandomi sempre senza resto!

La scorta di gelato gusto sale marino naturalmente sta quasi per finire, così approfitto del cambio turno per andare in cucina a prenderne dell’altro, dopodiché prendo un’altra vaschetta, una che ho ben nascosto da sguardi indiscreti, contenente degli avanzi di gelato al sale marino risalenti a circa due settimane fa. Infilo guanti, grembiule e la retina per capelli giusto per non sporcare in giro. 

“Devo comportarmi bene, no?” ghigno, grattando il fondo della vaschetta.. “Per una persona speciale!”
 

I clienti arrivano in massa nell’ora di punta, quando l’afa e l’umido stanno soffocando nuovamente la città; e più ne servo più il mio umore si abbassa, facendo scemare l’entusiasmo di questa mattina. Sono davvero stanca della monotonia delle persone, non è possibile che tra tutti questi gusti dall’aspetto invitante presenti in vetrina, il più richiesto sia il gelato al sale marino. Mi fa piacere che il capo stia guadagnando un sacco con la sua creazione, ma ogni cliente vuole quasi sempre quello! I tempi della stracciatella e del cioccomenta sono passati di moda e se qualcuno ordina un gusto diverso mi sembra un miracolo, mi commuovo! Anche se avessi voluto assaggiarlo ormai mi è passata la voglia, dato che solo a sentirlo nominare mi viene la nausea.

Nel pomeriggio la tappa da Rolud è indispensabile per carburare almeno altre quattro ore senza sosta, i suoi sandwich sono meglio del caffè. Chissà cosa ci mette in quelle salse…

 
Abituata come sono alla frase “vorrei un gelato al sale marino” quando qualcuno me lo chiede non bado nemmeno alla persona da cui parte la richiesta, ormai sono una macchina a comando vocale, non distinguo le voci maschili da quelle femminili, eseguo e basta.
Non appena mi giro per fare ciò per cui sono pagata, rivedo quelle iridi verdi trapassarmi il cuore come una freccia farebbe con una mela. I suoi capelli incorniciano perfettamente il viso pallido, la bocca si incurva in un sorriso gentile e…

«Ci si rivede, gelataia! Dacci il solito.»

Il ragazzo/petardo mi gracchia in faccia con tono arrogante, distraendomi dalla bellezza irreale del suo amico. Guardandoli mi chiedo come possano essere amici, anche solo in minima parte: un essere perfetto plasmato da un’entità superiore come lui non dovrebbe nemmeno avvicinarsi a un tale rozzo! Che valga sul serio il detto “gli opposti si attraggono”?

«Come potrei sapere qual è il gusto “solito” se è la seconda volta che vi vedo qui?» rispondo seccata tenendo fisso lo sguardo sul rosso, per evitare imbarazzanti balbettii nel caso in cui il ragazzo dai capelli blu mi avesse guardata.

«Va beh, gelato al sale marino, quello lì, insomma, hai capito?»
«Sì, ho capito.» Con un ghigno malevolo mi avvio verso la cucina dove, nella cella frigorifera riservata alle scorte, prendo due gelati dagli stampini. Due gelati preparati apposta per loro, o meglio, per il ragazzo/petardo. Uno è leggermente più schiacciato, l’ho fatto a posta per non scambiarli tra loro nel consegnarglieli, poiché quello è stato  preparato mischiando il gelato avariato al gelato appena tirato fuori, ed è proprio quello che spetterà allo stronzetto che indossa la kefiah più brutta che io abbia mai visto!

Chiunque abbia detto che la vendetta è un piatto che va servito freddo ha più che ragione!
Ritorno dai due ragazzi, sorridente, nonostante il rosso faccia la solita battuta sulla mia velocità, ma non ci penso: la mia attenzione è tutta sul ragazzo dai capelli color ciano. È dannatamente carino, chissà se potrei mai avere qualche chance con lui, o forse è troppo anche per me.
Prima di dar loro i gelati controllo di nuovo se siano quelli giusti. Tra me e me pregusto già la rivincita!
Pagano e se ne vanno salutando, ignari di quello che succederà al rosso.
 

La giornata lavorativa scorre tranquillamente fino all’imbrunire, nel pomeriggio ho guadagnato molti munny, tanti da permettermi di chiudere prima dell’orario stabilito, e lo faccio con un bel sorriso sulle labbra. Sono soddisfatta!

«Hey, pulce. Oggi sbaracchi in fretta?» Rolud arriva da dietro, facendomi prendere un colpo. «Sì, è il mio ultimo giorno qui e non vedo l’ora di svignarmela.»
«Scappa finché sei in tempo, questo posto è una gabbia di matti!»
«E tu sei il primo!»
Ridiamo entrambi. Poi si fa serio. «Dai vieni a cena, ti offro un panino di quelli schifosi che piacciono a te!»
Rolud sa come trattare una signora, e come trattare me, che non è facile! Sarebbe il mio tipo ideale se solo non fosse ossigenato, più grande di me di un paio d’anni e affetto da lieve ludopatia!

Chiudo la saracinesca e passo dall’interno del locale, dove vengo accolta da un’invitante profumo di hamburger che mi fa letteralmente ululare lo stomaco dalla fame. Non mangio da ore!
Mi siedo al solito posto, di fronte al bancone, e ordino al mio amico biondo un bel panino con carne, cipolle, bacon, peperoni arrostiti e salsa “speciale”.

«Oggi esageri!» mi risponde lui, per poi urlare l’ordinazione in cucina. «Ovvio.»

Solitamente non ordino mai qualcosa di così pesante, ma è gratis e un po’ di cibo spazzatura una volta ogni tanto ci vuole, anche per i palati più raffinati.
 

«Dimmi, Rol: ti sei mai preso una sbandata per una tua cliente? »

Tra un morso e l’altro, a cena, distrattamente mi sfugge questa domanda. Ormai siamo andati a corto di discorsi.

«Beh, certamente. Ci sono tante belle ragazze qui a Radiant Garden, purtroppo non sono mai andato oltre dall’offrire un caffè.» sembra pensoso, quasi malinconico. «Perché me lo chiedi?»
Arrossisco abbassando lo sguardo sul mio pasto, non so se voglio rispondere, mi sento patetica soltanto a pensare di essermi presa una cotta per qualcuno che ho visto due volte, ma lui sembra insistere nel volerlo sapere. «E dai, dimmi almeno chi è il fortunato!»
Mi sarebbe piaciuto molto potergli dire il suo nome, peccato che non abbia idea di come si chiami.
«Non so il suo nome, non lo conosco. L’ho visto solo due volte, oggi la seconda. Ha gli occhi verdi e i capelli color ciano, gli arrivano al collo e sono scalati a culo di papera. È stupendo, Rol, non puoi capire!»
«Diamine, sembri già cotta! Dobbiamo farlo cadere ai tuoi piedi.»
«E come?» chiedo io, con un filo di tristezza nella voce. «Non ne ho idea. Di solito sono sempre io a fare la prima mossa se mi interessa una ragazza. Insomma, voi ragazze spesso aspettate questo.
Ma non so come tu possa fare la prima mossa.» conclude.
«Ecco, appunto. E poi non ho mai avuto un ragazzo. È già un miracolo che sia riuscita a fare amicizia con te…» mugugno, mentre mastico l’ultimo pezzo di panino rimasto.
«Non mi starai mica dando del facile.. vero?» dice, rivolgendomi un occhiataccia.
«Forse.»

Cambiamo argomento e parliamo del più e del meno, fino a quando entrambi non finiamo di cenare.
Successivamente arriva il momento di mettere in ordine per chiudere il locale e prendo l’occasione per aiutarlo.

«È stato un vero piacere poter lavorare con te questa estate. È stato divertente avere qualcuno con cui scherzare, qualcuno che non abbia costantemente la faccia di chi è schifato dalla vita, tipo Cloud.»
«Ma che carino che sei, Rol!»
«Divertiti in vacanza» dice, chiudendo la saracinesca del locale «esigo una cartolina!»
«Contaci, e ci scriverò dietro la dedica più brutta che potrai mai leggere.»

Con un abbraccio ci salutiamo, di certo non è un addio, ma mi mancherà questa grandissima testa bionda.

Con la luna appena sorta nel cielo, ritorno a casa felice e contenta.
 
 

A un’ora dalla partenza Emmeline impreca per il mio ritardo ma decido di fare comunque un ultimo salto al bar per salutare il mio amico e tornargli tutti i soldi che gli devo per i sandwich che ho scroccato per l’intera estate. Lui sembra apprezzare la mia onestà e la mia visita improvvisa seppur veloce, ma prima di andarmene mi ferma all’improvviso, dicendo che si è dimenticato di dirmi qualcosa di molto importante:

«Sai, stamane è arrivato un ragazzo qui in bar: capelli blu, occhi verdi, proprio come il tipo che ti piace. Ho scoperto che si chiama Isa e ha chiesto di te!»

Il mio cuore manca un battito per l’emozione, non posso crederci!

«Ah davvero?! E cosa ha detto?»
«Semplicemente mi ha chiesto di riferirti che ti “ringrazia” per l’attacco di diarrea che gli hai causato per avergli dato un gelato fatto con ingredienti scaduti.»
«Oh, merda!»
«Sì, tantissima merda presumo.»
 
  
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