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Autore: _miky_    11/01/2018    5 recensioni
Sequel di “Ci sei stata sempre e solo tu”.
Sana e Akito dopo non poche difficoltà sono finalmente riusciti a dichiararsi e a trovare il loro giusto equilibrio.
Ma come in tutte le relazioni dovranno affrontare nuove sfide, nuove gelosie e nuovi problemi.
Riusciranno a rimanere uniti e a superare gli ostacoli che il futuro gli riserverà?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Nuovo Personaggio, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 47 ● TI SORPRENDERAI COME TUTTO CAMBIA IN UN ATTIMO
 
“Tanti auguri!” esclamarono in coro tre ragazze sulla soglia di casa Kurata.
La grinta e la felicità che dimostrarono però non fu abbastanza a risvegliare la festeggiata dal sonno profondo di cui era prigioniera, infatti ricambiò con uno sguardo assai assonnato e confuso.
Passarono cinque lunghissimi secondi prima che Fuka, con voce rassegnata affermò “Ecco, ci avrei scommesso. La solita dormigliona!”.
“Ragazze… Che… Che diavolo ci fate qui a quest’ora?” domandò Sana sbadigliando e grattandosi il capo.
“Ti rapiamo!” spiegò Hisae con un ghigno prendendola sotto braccio imitata poi da Aya “Avanti andiamo!”.
“Cosa?! Dai seriamente ragazze… È uno scherzo vero… Vero?” si allarmò immediatamente Sana alzando di un ottava il suo tono di voce “Sono ancora in pigiama, ho l’alito che puzza e soprattutto è notte fonda! Siete sicure di non essere ubriache?”.
“Non mi sembra ti sia mai importato molto del tuo abbigliamento… Insomma… Alle volte hai indossato costumi che solo tu potevi avere il coraggio di portare” sottolineò Fuka con la massima calma voltandosi “Comunque… Tieni questa mentina! E ora che abbiamo risolto questi elementi irrilevanti possiamo partire, abbiamo un aereo da prendere!”.
“Partire?! Ma che stai dicendo Fuka? Non posso andare da nessuna parte! Non ho avvisato al lavoro, poi c’è il discorso università e senza tralasciare Akito ovviamente!”.
“Sana non preoccuparti abbiamo già risolto tutto noi… Anche le valige!” aggiunse Hisae notando la sua espressione pensierosa.
“Buon compleanno Sana!”
“Grazie ragazze!” urlò dalla felicità dopo alcuni istanti di silenzio “Che bello! Un viaggio a sorpresa! Ma dove andiamo? E quanto staremo via? Sono troppo emozionata!”.
“Uffa… Quanto rompi! Zitta e sali sul taxi avanti!”

Le prime luci del mattino erano meravigliose, per non dire magiche.
Quelle sfumature così calde e vive, nonostante le basse temperature di marzo, si amalgamavano con estrema dolcezza nel blu della notte. Ed era strano pensare come certi luoghi comuni ad ogni essere umano, potevano sembrare terrificanti senza il dono della luce. Inoltre il silenzio dell’alba così intimo e personale accompagnava i raggi del sole oltrepassando le enormi vetrate dell’aeroporto.
Sana, con in mano la sua tazza di caffè, si sentì serena.
Respirò profondamente il senso di leggerezza che provava in quell’istante. Era come se si fosse appena liberata di un enorme peso che portava dentro di sé. Era un pensiero orribile, ma la presenza continua di Akito e Marco non riusciva più a sopportarla perché ogni sua azione avrebbe ferito l’altro incondizionatamente e, la colpa, era unicamente sua.
Perciò le sue amiche non potevano farle un regalo migliore di questo, perché solo una partenza improvvisa aveva il potere di farti sentire così.
“È il nostro!” disse Aya improvvisamente.
“Francoforte?” chiese Sana leggendo il suo biglietto aereo “Andiamo in Francia?! A Parigi! Che meraviglia!”.
Le tre amiche guardarono Sana tra lo stupore e l’imbarazzato. Speravano vivamente che fosse uno scherzo ma ovviamente non poteva esserlo visto e considerato che quell’esclamazione era uscita dalla bocca di Sana.
“Somara che non sei altro!” si irritò Fuka stringendo un pugno “È in Germania Francoforte!”.

 
***

Con il viso teso e il passo decisamente spedito, Hisae si stava dirigendo al parcheggio con un diavolo per capello. Salì sbattendo violentemente la portiera della sua automobile per poi metterla in moto con un gesto fulmineo.
In un attimo si ritrovò immersa nel traffico quotidiano senza una meta precisa.
Fremeva dalla rabbia, dalla confusione dovuta a quella situazione e dalla paura di provare un sentimento che inaspettatamente la rendeva felice.
Non aveva voglia di tornare a casa né di presentarsi al lavoro con il più falso dei sorrisi. Era strano, ma non se la sentiva nemmeno di scambiare quattro chiacchiere con le sue più care amiche. Si sentiva letteralmente a terra e, la cosa più assurda, era che la causa di ciò era completamente sua.
Prima di spegnere il cellulare scrisse rapidamente un corto messaggio a sua madre: Non aspettarmi sveglia. Ti voglio bene.
Non voleva farla preoccupare in alcun modo anche se molte volte involontariamente l’aveva fatto. Da quando suo padre era morto, aveva dato tutta sé stessa per mandare avanti la propria attività e dare il meglio all’unica figlia di 4 anni. Sorrise nel pensare alla fortuna che aveva avuto sua madre nell’incontrare dopo alcuni anni una persona che l’amasse sinceramente. Si meritava di avere accanto un compagno che la sostenesse in ogni occasione, bella o brutta che era.
Il suono forte e continuo di un clacson la riscosse dai suoi pensieri, notando così immediatamente il semaforo verde di fronte a lei.
Si asciugò il viso con il dorso della mano e ripartì, verso l’autostrada.
Sentiva il necessario bisogno di sentirsi felice e spensierata proprio come lo era stata pochi mesi prima e, senza accorgersi, si diresse in quell’unico posto magico.
La mattina seguente si svegliò sola in quell’ampia camera d’albergo. Voltandosi leggermente, alzò lo sguardo per osservare il bianco soffitto pulito. L’ansia inaspettatamente iniziò ad insidiasi in lei mentre mille pensieri sul suo spaventoso comportamento cominciava a riaffiorare nella sua mente.  Immagini nitide e parole urlate si ripetevano nella sua testa come un registratore bloccato tra i tasti rewind e play.

Non verrò più in questo posto di merda!
Ergo: non cercarmi, tra noi è finita.
Con il suo atteggiamento psicopatico, perché altri aggettivi in quel momento più opportuni non le venivano in mente, era riuscita ad ottenere l’unica cosa che non avrebbe mai voluto. Allontanare Gomi.
Per distrarsi da quei pensieri insidiosi accese il suo cellulare con ulteriore ansia.
Andando per ordine… Gomi sicuramente non si sarebbe fatto più sentire e lei era troppo orgogliosa per andare a scusarsi e spiegare il reale motivo della sua pazzia. Sua madre, altrettanto cosa ovvia, le aveva sicuramente inviato un sacco di messaggi preoccupati visto che l’unica voce che aveva sentito nel chiamarla era quella della segreteria. Infine ci sarebbero state le sue amiche, forse di loro non avrebbe dovuto preoccuparsi al momento. L’avrebbero immaginata sicuramente in compagnia di Gomi o addormentata in camera. Questa ipotesi ovviamente risultava corretta sempre che ognuna di loro non avesse combinato qualche casino, come la sottoscritta che ora si ritrovava rifugiata in una camera d’albergo.
Non appena il telefono caricò le varie applicazioni, il suo cellulare cominciò a suonare per svariate volte. Il panico e la curiosità completarono il suo stato d’animo. Lesse rapidamente i messaggi di sua madre e delle sue amiche rispondendo che stava bene e che avrebbe richiamato lei in un secondo momento.
Come aveva previsto, non ricevette nessun messaggio da parte di lui,  l’unica persona che avrebbe voluto sentire davvero.
Abbandonò il cellulare sul comodino e dopo essersi preparata alla bell’e meglio uscì dall’albergo.
Aveva bisogno di camminare e di distrarsi da quel filo ingarbugliato di pensieri presenti nella sua testa così, si era ritrovata a trascorrere la sua giornata su un’isoletta lì vicino.
Quel giorno era passato assai lentamente e la notte se si poteva era stata anche peggio.
Rigirandosi nervosamente nel letto, continuò a ripensare all’anziana signora incontrata sul traghetto, impegnata a giocherellare con un vecchio ciondolo appeso al collo. Da quello che maleducatamente aveva ascoltato, l’anziana stava raccontando ai suoi due nipotini, il primo incontro avvenuto tempo addietro nel piccolo porto dell’isoletta con il nonno ormai deceduto.
Hisae non avrebbe mai dimenticato il viso della vedova. Era come se gli occhi di lei riuscissero a rivivere quel ricordo custodito nel suo cuore e fossero trascorse solo poche ore.
Frustata si alzò dal letto, quelle quattro mura la stavano facendo impazzire. Aveva l’assoluto bisogno di aria fresca.
Si sciacquò il viso stanco e di corsa scese le scale, una tisana calda e rilassante sicuramente le avrebbe fatto bene.
Quando alzò lo sguardo però quasi inciampò sui suoi passi.
“Gomi?” sussurrò Hisae senza parole.
Le ci volle un momento prima di riprendersi dalla sorpresa.
“Come hai fatto a trovarmi?”
Il ragazzo con passo sicuro lentamente le si avvicinò “Era l’unico posto in cui sapevi che ti avrei trovato. Ora per piacere spiegami cosa ti ha preso l’altro giorno, perché quella non eri tu”.
Non poteva crederci…
Gomi, il suo Gomi era lì ad un passo da lei.
Non pareva arrabbiato ma assai confuso.
Delle lacrime traditrici iniziarono a rigarle il viso mentre un caldo sentimento nasceva nel suo cuore. Insieme a lui riusciva a sentirsi completa e fu proprio in quell’istante che capì realmente quanto desiderasse stare con lui. Quanto Gomi ci tenesse a Hisae nonostante le mille imperfezioni che potevano esserci nel suo carattere tenace.
In un attimo si ritrovò fra le sue braccia. Come si sentiva divinamente bene…
“Scusami…” sussurrò rabbrividendo mentre Gomi le baciava dolcemente la fronte.
Rimasero uniti in quell’abbraccio assaporando profondamente il profumo dell’altro mentre i battiti dei loro cuori battevano forti e veloci.
“Giurami che non saremo come quelle coppie…”
“Saremo tutto ciò che vorremo essere” affermò staccandosi da lei per guardarla negli occhi.
Hisae con un timido sorriso si avvicinò a quelle labbra che conosceva alla perfezione. Fu un bacio dolce, sincero e desiderato.
“Ti amo…” sussurrò sulla bocca di lui guardandolo con quegli occhi da sognatrice che Gomi amava vedere.
La strinse se si poteva ancora più forte a sé fino a farla ridere dalla felicità.
“Ti amo anche io!”
E riprese a baciarle ogni piccolo dettaglio del suo viso che sapeva a memoria.


La gentile voce meccanica della hostess distrasse Hisae dai suoi ricordi.
Erano atterrate a Francoforte in perfetto orario.
Dopo aver afferrato con enorme fatica le valigie, Sana seguì attentamente le sue amiche. Non riusciva a capire perché le ragazze non si dirigessero verso l’uscita che, era riportata a caratteri cubitali.
“Non so se ci avete fatto caso ma l’uscita sarebbe per di là!” indicò ad un certo punto Sana con fare ovvio.
“Sana per favore stammi vicino!” le rispose dolcemente Aya prendendola per mano “Dobbiamo andare a fare il check-in e ti conosco, ti distrai troppo facilmente. Non ho intenzione di cercarti per tutto l’aeroporto!”.
Neanche riuscì a completare la frase che Sana curiosa si voltò verso lo sportello per leggere la loro destinazione.
“Grecia?!?!” urlò attirando l’attenzione degli altri viaggiatori che la guardavano di traverso.
“Sana per favore calmati!” esclamò Hisae rossa in viso vedendo il balletto improvvisato della sua amica che pareva non essersi accorta di nulla.
“Vuoi farti riconoscere da qualche paparazzo per caso?” le chiese con un ghigno Fuka ottenendo così subito l’effetto desiderato.
“Grecia, andiamo in Grecia!” canticchiò Sana a bassa voce con un enorme sorriso.

 
***

Seduta al solito bar, Aya stava aspettando da una buona mezzora l’arrivo di Naozumi.
Si erano accordati di ritrovarsi lì per un tranquillo aperitivo così da essere lontani da sguardi indiscreti.
Con gesto ansioso tirò su la manica del suo caldo maglioncino per verificare nuovamente l’orario che si era fatto. Le lancette scorrevano ritmicamente senza sosta. Alzò lo sguardo verso l’ingresso mentre cercava in rubrica il numero del suo fidanzato che, ovviamente come ormai era solito accadere, non rispose. Spazientita lasciò sul tavolino il conto e se ne andò.
Non appena arrivò a casa, si diresse a tutta velocità in camera sua. Prese il portatile e scrisse sinuosamente tutto ciò che il suo cuore provava ormai da troppo tempo e che non poteva più tacere.


Caro Naozumi,
Scusami se non sono riuscita ad aspettare.
Avrei tanto voluto parlarti di persona ma non riesco più a tenermi dentro questi pensieri che ti giuro, mi stanno divorando.
Potrei incolparti dicendoti che è a causa del tuo lavoro se siamo finiti in questa spiacevole situazione ma sarei falsa ed egoista. Tu ami ciò che fai e vederti inseguire il tuo sogno è meraviglioso, sei un attore eccezionale oltre che una persona meravigliosa.
Insieme a te ho trascorso dei bellissimi momenti che non dimenticherò, mi hai fatto sentire speciale e spero che anche io sia riuscita a trasmetterti qualcosa di bello.
Ti meriti accanto una persona buona che riesca a darti tutto ciò di cui hai bisogno per essere felice.
Ti prego non odiarmi…
Spero che un giorno potremmo vederci ancora come due buoni amici.
Grazie per essermi rimasto accanto nonostante sapessi da sempre la verità.
Ti auguro il meglio.
Un abbraccio,

Aya   


Rilesse un paio di volte prima di decidersi ad inviare l’e-mail.
Non sapeva di preciso cosa volesse realmente, ma finalmente piano piano stava iniziando a capire di cosa non avesse bisogno. E in quel momento Naozumi Kamura per quanto fosse speciale non era il ragazzo per lei.
Respirò profondamente e premette il tasto invio.
Era decisamente una sensazione strana oltre che completamente controsenso, ma si sentì libera. Come se un grosso macigno si fosse disintegrato e finalmente potesse respirare a pieni polmoni l’aria fresca intorno a lei.


Lentamente Aya riaprì gli occhi, aveva sempre odiato i decolli. Le davano una sgradevole sensazione di nausea. Si voltò verso le sue amiche che parlavano e scherzavano con disinvoltura. Le fissò a lungo con un sorriso mentre la sua mente viaggiava a qualche settimana precedente.
Ci aveva pensato parecchio, analizzando la sua scelta da ogni punto di vista non considerando però un elemento fondamentale: la vita non si ferma mai, va avanti nonostante tutto.
Non avrebbe mai immaginato di vedere Tsuyoshi sereno e teneramente imbarazzato in compagnia di un’altra persona che non fosse lei. Era arrivata troppo tardi, aveva perso quell’amore che in passato aveva coltivato con gioia e dedizione. Quante lacrime aveva versato in quei giorni… Solo in quel preciso momento in cui aveva visto quello sguardo che mai avrebbe dimenticato del suo ex fidanzato capì i suoi errori, ma soprattutto vide la realtà che aveva sempre saputo nel profondo del suo cuore.
Nonostante stesse provando un dolore indescrivibile in cui solo il tempo conosceva quanti mesi ci sarebbero voluti nel ricordare quel suo amore adolescenziale con un sorriso, non se la sentiva di andare a scombussolare nuovamente la vita di Tsuyoshi. Ora capiva come si era sentito in passato e si meritava il meglio. Sicuramente questo viaggio poteva significare solo una cosa: un nuovo inizio.
“Aya ci sei ancora?” esclamò Sana muovendole una mano davanti agli occhi “A cosa stai pensando?”.
“Co-come? Ah, no. Non pensavo a nulla credimi!” si chiuse a riccio la ragazza.
Non aveva raccontato nulla alle sue amiche, aveva semplicemente affermato che voleva del tempo per pensare a sé stessa. D’altro canto le ragazze avevano assecondato la sua richiesta senza farle troppe domande inopportune poiché comprendevano perfettamente lo stato d’animo di Aya.
 
***
 
“Buon compleanno Kurata!”
“Grazie Hayama!” sorrise timidamente Sana.
Era strano non essere lì in sua compagnia in un giorno così importante per lei.
“Contenta per la sorpresa?”
“Si, molto! Non me lo sarei mai aspettata”
“Lo sai come sono fatte… Anche se sarebbe stato molto più consono un trattamento anti età!” scherzò il ragazzo “Ho notato che cominciano a formarsi alcune brutte rughe!”.
“Giuro che vengo li e ti prendo a calci!” urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in gola “Oh chiedo scusa… Non dicevo a lei…” voltandosi dall’altra parte continuò “Guarda che figure mi fai fare!”.
“Sana…”
“Si…” sussurrò.
Il tono di Akito si fece improvvisamente serio. Non riusciva a capire il reale motivo, ma percepiva l’imbarazzo di lui o forse… Non era timidezza ma un sentimento più profondo e difficile da esprimere.
“Quando tornerai la casa sarà ormai pronta. Lo sai vero?”
“Si…” ripeté Sana “Ormai manca poco… Siamo agli sgoccioli…”.
“Divertiti allora e… Fai buon viaggio!”
“Gra-grazie. Ti scrivo quando arrivo allora…”
“Ti amo”
Non appena udì quelle parole non riuscì a respirare, era come se tutto l’ossigeno presente in quell’ampia sala stesse per esaurire. Non riusciva a spiegarsi il perché ma le pareva un ti amo diverso dalle altre volte, come se in quelle uniche due parole le avesse comunicato molto di più. Aveva percepito paura, confusione, speranza… Quasi come se quel momento fosse stato un addio.
“Anche io Aki… Ci sentiamo…”
No, forse se lo era solo immaginata… Loro erano Sana e Akito.
Erano riusciti a ritrovarsi dopo parecchi anni ricostruendo un solido rapporto. Presto sarebbero andati a convivere. Erano felici e innamorati.
Si ripeté Sana fissando il display del suo telefonino in cui vi era la foto di loro due.
Stavano troppo bene insieme e nulla avrebbe potuto dividerli.
Si, ne era sicura! Eppure…


Eppure erano trascorsi un paio di giorni dal loro arrivo a Mykonos e nonostante si trovasse lontano da casa, in compagnia delle sue ragazze a sorseggiare un ottimo cocktail al tramonto, non era riuscita ancora a scollegare il cervello. Continuava a rimuginare sugli eventi trascorsi.
Era stata una breve ma intensa telefonata. Ok, stava parlando di Akito Hayama, si ripeteva fra sé e sé. Ragazzo attraente, misterioso ma poco loquace. Fiero di sé e protettivo, alle volte arrogante ma onesto.
Akito osservandola con attenzione era riuscito sempre a comprenderla dandole coraggio e sicurezza. Attributi che a lei mancavano ma che pochi erano riusciti a cogliere. Era in grado di leggerla come un libro aperto e, in quel preciso momento, ebbe il timore che lui conoscesse già tutte le risposte alle mille domande che le frullavano in testa.
Perché allora, nonostante il suo orribile comportamento Akito le rimaneva accanto?
L’amore era cieco a tal punto o non riusciva ad immaginare una vita senza di lei?
Erano talmente abituati a rincorrersi che forse avevano perso la loro spensieratezza?
Più rimuginava su ogni piccolo dettaglio e più i dubbi aumentavano. Da lì a poco avrebbe avuto un esaurimento nervoso, ne era certa.
Ma come caspita facevano le sue amiche a divertirsi così?!
Avvicinandosi al tavolino appoggiò la testa fra le mani spostando il suo sguardo dalla festa all’orizzonte.
Ma chi voleva prendere in giro?
Era lei il problema. Cazzo!
Akito sicuramente aveva dato tutto sé stesso per far funzionare la loro storia, tanto da svelare gesti che nemmeno lei si sarebbe mai aspettata di ricevere da lui. Lo aveva desiderato da sempre, dal primo giorno in cui i suoi occhi vispi avevano incontrato quelli spenti di lui.  
Come aveva fatto Marco a far vacillare le sue convinzioni.
Bastava davvero così poco per dividerli?
Possibile che ogni volta non riuscivano a comportarsi come due normali persone?
Parlare, confrontarsi, discutere per poi chiarire. La prassi insomma!
Ma la domanda principale a cui non riusciva proprio a rispondersi era una. Perché si trovava in quella situazione? Il legame instaurato giorno dopo giorno con Marco era riuscita a farla innamorare? Oppure era solamente un altro ostacolo che lei e Akito avrebbero dovuto affrontare per raggiungere il loro felici e contenti?
“Avanti signorine!” esclamò un ragazzo trascinando con sé una spaventata e distratta Sana in compagnia di un’allegra Hisae.
Al centro del locale si stava tenendo infatti una danza popolare di origine greca e nonostante le due ragazze cercassero di imitare i movimenti fluidi e rapidi degli altri partecipanti, non riuscivano ad azzeccare nemmeno un passo. Si limitavano a camminare saltellando ogni tanto sotto lo sguardo divertito di Fuka e Aya che battevano le mani a ritmo di musica.
“Piede destro, no sinistro! Uffa Hisae ma come si balla? È troppo complicato!”
“Non lo so Sana! Limitati a saltellare e divertiti!” le rispose l’amica sorridendo.
“Mi sto divertendo!” sottolineò Sana inciampando sui suoi stessi passi.
“Davvero? Allora sentiti libera… Non pensare a nulla. Né ad Akito né a Marco o a qualunque altra preoccupazione. Goditi semplicemente questi giorni e ritrova te stessa… Devi riprendere in mano la tua vita Sana!”

Da quel momento in poi Sana ascoltò il consiglio della sua amica e cercò di scordarsi di tutti i suoi drammi. Insomma le sue amiche le avevano organizzato un viaggio in Grecia per il suo compleanno e lei voleva realmente spendere le sue giornate a pensare a ogni possibile scelta?
Assolutamente no.
Così era giunta ad un’unica soluzione… Forse sarebbe stato proprio il destino a mescolare al meglio le carte così da indirizzarla verso la strada più appropriata.
Le sembrava impossibile ma finalmente era riuscita a scollegare il cervello.
I giorni trascorrevano ad una velocità che nemmeno Sana si sarebbe immaginata. Era meraviglioso vedere dal vivo le antichità della Grecia e poter ascoltare gli appassionati raccontare la storia. Amava osservare quei bellissimi panorami dai mille colori che la facevano sentire viva. E mai avrebbe scordato il colore bianco delle case che venivano risaltate dal bellissimo blu del mare.
Chiuse gli occhi e sollevando lentamente le braccia ascoltò il rumore del vento ispirando il profumo di salsedine. Sorrise, le pareva di volare libera in alto nel cielo.
La vita era diversa lì. Sicuramente non era frenetica e tanto meno caotica come il Giappone anzi… Non sapeva se era dovuto alla bassa stagione di turismo o se fossero altri i motivi però aveva osservato i visi delle persone e aveva notato come il valore della vita fosse ancora importante.
Mancavano ormai pochi giorni al loro rientro e purtroppo il tempo non era dei migliori. Pioveva e sembrava proprio che non volesse migliorare. Così dopo aver trascorso la mattinata nella loro ampia camera decisero che un unico posto avrebbe potuto salvare quella giornata fredda e piovosa. Aya navigando su internet aveva infatti scoperto un edificio non troppo lontano dall’hotel in cui alloggiavano. Si trattava di un’enorme piscina munita di scivoli acquatici e area SPA. Senza perdere troppo tempo si prepararono e chiamarono un taxi che le avrebbe portate verso la salvezza.
Ovviamente Sana non poteva sapere che quella sera avrebbe ricevuto una visita del tutto inaspettata.
 
***
 
La mattina del 7 marzo Marco si era diretto verso l’abitazione di Sana pronto a farle una sorpresa per il suo compleanno, non sapendo però che in realtà stavolta era stata lei ad avergliela fatta. La signora Shimura per la seconda volta di seguito gli aveva comunicato che la ragazza era partita per la Grecia in compagnia delle sue amiche e che sarebbe tornata fra qualche giorno. Possibile che ogni volta che la cercava a casa, lei non era mai presente. Insomma doveva prenotare un appuntamento per riuscire a incontrarla?
“Posso lasciarglieli lo stesso?” domandò Marco indicando il suo regalo.
“Oh certamente! Vado subito a recuperare un vaso. Si accomodi pure, io torno subito!”
“Grazie…” affermò il ragazzo guardandosi attorno curioso.
Si avvicinò ad una mensola in cui vi erano delle fotografie e sorrise nel vedere una buffa bambina  appesa a testa in giù. Si ricordò delle simpatiche puntate di “Evviva l’Allegria” in cui la vedevano protagonista e pensò subito alla naturalezza di Sana nell’interpretare ogni singolo personaggio.
Chissà se le mancava recitare…
Depositò il mazzo di girasoli sul tavolo e se ne andò.
La settimana trascorse ma di Sana ancora nessuna traccia, al contrario venerdì pomeriggio rientrando a casa ricevette una sorpresa. Appoggiata sul suo letto vi era una busta spedita da una delle migliore scuole che Marco tempo addietro aveva selezionato.
Sedendosi sul letto sospirò.
Prese in mano la lettera e iniziò a rigirarsela fra le dita. All’interno vi era la risposta che avrebbe forse esaudito il suo sogno. Ciò lo rendeva assai nervoso, dopotutto era solo grazie a Sana se ora si ritrovava con la speranza di essere entrato in quella scuola.
Con un gesto deciso aprì la busta e molto velocemente lesse fra le righe.
“Bella prova…” sussurrò semplicemente.
Nascose la lettera in un cassetto e scese le scale, si infilò il giubbino per poi dirigersi al solito bar in sella alla sua moto.
“Tutto bene?” domandò Simon notando subito il mal umore dell’amico.
“Si si tutto bene” rispose scocciato “Ascolta Lucas perché non chiedi al tuo amico di passare di qui visto che la sua bella fidanzata è a spasso per l’Europa?!”.
“Credo sia di turno!”
“Andiamo a trovarlo allora!” esclamò Marco alzandosi dal tavolo.
“A che gioco stai giocando?” chiese Simon raggiungendolo “Non per rovinarti i piani ma quasi sicuramente ci sarà il fidanzato di Sana e tu vuoi andare proprio lì?! Ti sei bevuto il cervello per caso!”.
“Non so di cosa tu stia parlando Simon”
“Non prendermi in giro! Non ho intenzione di passare una serata di merda. Chiaro?”
“Cristallino” affermò Marco con un ghigno “Avanti sali!”.
Il locale dove lavorava Gomi si trovava a qualche isolato di distanza.
Appena entrati Marco individuò subito il barista nonostante la quantità di gente presente all’interno di quell’ampia stanza. Doveva riflettere, non poteva assolutamente domandargli in quale struttura Hisae alloggiava. Sarebbe stato troppo rischioso, per fino un tipo come Gomi si sarebbe insospettito.
“Che ci fai tu qui?” domandò scocciato una voce alle sue spalle.
Marco spontaneamente ghignò. Provava una certa soddisfazione nel vedere il fastidio di Akito.
“Quello che ci fai tu…” scrollò le spalle “Vuoi una birra?!”.
“Vedi di non provocarmi!” rispose Akito.
Non lo sopportava. Lo avrebbe volentieri preso a calci in culo. Da quando Sana aveva conosciuto Marco, il suo umore era assai lunatico e ovviamente la loro relazione ne risentiva giorno per giorno.
“Farò del mio meglio…”
Poco dopo Gomi approfittò della sua pausa per salutare Lucas e i suoi amici e ovviamente Marco non perse l’occasione per tessere la sua tela.
“Ti stai godendo questi giorni liberi senza Hisae?” scherzò ironicamente Marco.
“Si anche se sicuramente si staranno divertendo più loro che noi! Insomma… Mykonos è proprio una bella isola nonostante non sia estate!”
“Poco ma sicuro…” affermò Marco riflettendo sul da farsi.
Aveva l’assoluto bisogno di quella informazione.
“Qualche anno fa siamo andati anche noi al Paradise Beach. Cosa hanno scelto di visitare loro?” intervenne Simon lanciando un’eloquente occhiata al suo amico.
Non riusciva a comprendere il motivo per il quale Marco si interessasse tanto a quella vacanza.
“Sono a Ornos… Mi pare alloggino al Mykonos Blanc. Sono riuscite a trovare ottimi prezzi vista la stagione in cui ci troviamo!”
“Quanti anni sono passati?! Quella si che era stata una vacanza!” esclamò Lucas “Avevamo finito le superiori… Ah, mi manca l’estate. Tutte quelle ragazze e i loro…”.
“Lucas non preoccuparti abbiamo afferrato il concetto!” scherzò Will “Non vorremmo che ti sporcassi!”.
“Non sono io quello dei 30 secondi!”
“Ho paura di sapere come abbiate sperimentato la cosa…” disse Simon alzando gli occhi al cielo mentre gli altri ridevano.
Finalmente Marco riuscì a ridere con spensieratezza, il suo sguardo era illuminato e carico tanto che tornò a guardare Akito che lo fissava con serietà dal bancone.
“Lo sai che mi devi un favore!” esclamò Simon approfittando dell’assenza di Lucas e Will.
“Perché mai dovrei essere in debito con te?!” inarcò un sopracciglio.
“Non fare il furbo con me Marco. Ti serviva quell’informazione per combinare qualche tuo solito casino!”
“Così mi offendi…” rispose Marco innocentemente mentre Simon lo fulminava “Ok, devo vedere Sana! Contento?!”.
“Adesso?!”
“Si ora! Devo parlare con lei!”
“Stop! Non voglio assolutamente essere coinvolto nel tuo perfido piano. Basta che mi offri il prossimo giro!”
 
***
 
Io non lo so quanto tempo abbiamo
quanto ne rimane.
Io non lo so che cosa ci può stare.
Io non lo so chi c’è dall’altra parte
non lo so per certo
So che ogni nuvola è diversa
so che nessuna è come te

Marco era atterrato all’aeroporto di Mykonos da poche ore e si stava dirigendo tramite un taxi all’hotel in cui alloggiava Sana.
Osservava distrattamente la strada dal finestrino, sentiva un nodo alla bocca dello stomaco.
Sorrise però nell’osservare le goccioline della pioggia scorrere sul vetro dell’autovettura. Aveva amato da sempre quelle giornate e non poté dimenticarsi di quella lontana conversazione avvenuta con Sana all’uscita dell’università.
Dio doveva proprio essere impazzito!
Si era diretto li solo per lei, non sapendo nemmeno se l’avrebbe realmente incontrata… O forse, si era semplicemente innamorato.
Io non lo so se è così sottile
il filo che ci tiene.
Io non lo so che cosa manca ancora.
Io non lo so se sono dentro o fuori
se mi metto in pari.
So che ogni lacrima è diversa
so che nessuna è come te

“Eccoci arrivati” disse l’autista interrompendo lo scorrere dei suoi pensieri.
Pagò la corsa e scese dal taxi. Sotto la pioggia, rimase dall’altro lato della strada a fissare immobile l’albergo. Poi, facendosi coraggio entrò nella hall.
“Buonasera signore” affermò un giovane ragazzo alla reception “Come posso esserle utile?”.
“Buonasera…” rispose Marco guardandosi intorno “Sono… Sono Marco, il ragazzo di Sana Kurata. So che la ragazza è vostra ospite… Perciò può gentilmente lasciarle un messaggio? Le dica che sono venuto fino a qui perché ho il bisogno urgente di parlarle…”.
“Se risulterà che la signora Kurata abbia prenotato una camera qui da noi, glielo comunicherò immediatamente”
“La ringrazio. Le dica che l’aspetto in questo locale…” affermò consegnandoli un bigliettino da visita “Arrivederci e grazie ancora!”.
“Buona fortuna!”
Sono sempre i sogni a dare forma al mondo.
sono sempre i sogni a fare la realtà.
sono sempre i sogni a dare forma al mondo
e sogna chi ti dice che non è così
e sogna chi non crede che sia tutto qui

Io non lo so se è già tutto scritto
come è stato scritto
Io non lo so che cosa viene dopo
Io non lo so se ti tieni stretto
ogni tuo diritto
So che ogni attimo è diverso
so che nessuno è come te
 

***
 
“Uffa!” si lamentò Hisae stendendosi sul letto “Non vuole smettere di piovere!”.
Erano tornate da poco dal loro pomeriggio rilassante e Sana stava approfittando di quel momento per rispondere ad alcune e-mail.
Inaspettatamente il telefono della camera prese a suonare e le ragazze si scambiarono sguardi confusi.
“Chi sarà?” domandò Aya.
“Non so, avete ordinato qualcosa?”
“No…”
“Pronto…” rispose Fuka “Si, un attimo. Sana la reception ha bisogno di parlarti!”.
La ragazza sorrise “Ho capito. È un’altra sorpresa!”
“No… davvero…”
Ma l’amica non l’ascoltò e con allegria rispose al telefono “Si, sono Sana Kurata!”.
Trenta secondi dopo, il viso di lei cambiò radicalmente espressione, tanto che non appena chiuse la telefonata si fiondò in bagno.
“Che è successo?!” urlarono preoccupate in coro le amiche “Apri la porta! Sana!!”.
Il cuore di Sana batteva all’impazzita. Non poteva crederci, Marco era qui. In Grecia. A Mykonos.
La stava aspettando a pochi metri dall’albergo… Perché? Cosa voleva? Come aveva fatto a trovarla? E ora… Ora che faceva?
Doveva incontrarlo o ignorarlo?
Che avrebbe detto Akito? E le sue amiche?
Poteva essere uno scherzo? Aveva fatto tutta quella strada solo per lei…
Dopo più di trenta minuti uscì dal bagno e immediatamente la riempirono di domande. Doveva capirle, erano spaventate per la sua reazione ma in quel momento non poteva fornire spiegazioni.
“Ho bisogno di una boccata d’aria…” sussurrò semplicemente “Torno subito… Davvero…”.
“Sana ma che stai dicendo? Dove vai?”
“Ci stai facendo preoccupare!”
“Non è nulla davvero… Rei non ricordava dove aveva messo le fedi… E stava impazzendo…” improvvisò Sana.
Ok, avrebbe potuto inventarsi una scusa più credibile ma non riusciva a ragionare in quel momento. Le girava la testa.
“Le fedi…” ripeté Fuka per nulla convinta “Rei non trovava le fedi?”.
“Esatto! Lo conosci no?”
“Sei sicura Sana?” si intromise Aya “Perché possiamo aiutarti se vuoi…”.
“Davvero ragazze, torno fra poco!” concluse Sana chiudendo la porta dietro di sé.
Velocemente si diresse verso il locale in cui Marco le aveva dato appuntamento e lo vide seduto ad un tavolo.
Non era uno scherzo. Marco era volato in Grecia solo per vedere lei…
In quel momento non riuscì più a muovere un muscolo, valeva davvero la pena incontrarlo in quelle circostanze?
Che conseguenze ci sarebbero state?
Rimase ad osservarlo con maggior attenzione. Il suo sguardo era diverso dal solito… A cosa stava pensando con così tanta intensità?
Era successo qualcosa di grave da non poter aspettare il suo ritorno?
“Good evening Miss. A table for one?” le domandò un cameriere avvicinandosi e facendola spaventare.
“È?! Come… Dice a me?!”
Marco notando la sua presenza, sorrise nel vederla lì a pochi passi da lui.
Ok, ora non poteva più tirarsi indietro.
Imbarazzata Sana sorrise e lentamente si avvicinò al tavolo.
 


*LIGABUE - SONO SEMPRE I SOGNI A DARE FORMA AL MONDO


Ciao ragazze!
Dopo più di un anno e mezzo finalmente sono riuscita a scrivere!!
Purtroppo ho avuto un enorme blocco sul finale e non sapevo più da che parte muovermi... Lentamente sto arrivando ad una conclusione!
Non so quando riaggiornerò nuovamente ma sicuramente questa storia avrà un finale!
Vi auguro un buon 2018!
Un bacione!!

Miky
  
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