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Autore: BlackClover    12/01/2018    1 recensioni
" Ambientato dopo il finale della seconda stagione, siamo alle prese con l'eternità che vincola i demoni Ciel e Sebastian in una atmosfera ambigua e confusa. E a una convivenza forzata passata a fianco l'uno dell'altro, dovranno ritrovare un nuovo equilibro, ma per due demoni legati assieme da un vincolo senza tempo il concetto di equilibrio non sempre esiste.
Ma se esistesse avrebbe un confine veramente molto sottile in continuo procinto di rompersi. "
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Risveglio.



 

 
In questo mondo le opere lasciate incompiute non si potevano contare. Giacevano dimenticate, in attesa che fosse il capriccio dell’uomo o della prima intemperia a decidere cosa farsene di loro. E al momento, non versavo in una situazione molto differente. Come una costruzione fatiscente ero pronto ad attendere che l'eternità con la sua patina grigia m’inghiottisse al suo interno.  D’altro canto esistevano finali  che consideravo ben peggiori di questo. Con i miei secoli sulle spalle avevo appreso che si trattava di una selezione naturale. Perché ‘la vita’ così come ti veniva data ti veniva anche tolta. Tutto si riduceva a questo circolo vizioso a cui  nessuna creatura vivente pareva sottrarsi. Eccetto il diavolo, che non era esattamente un essere vivente, o almeno era questo che avevo sempre pensato prima di ritrovarmi palesemente ‘morto’. Sembrava proprio che un destino avverso mi volesse in uno stato di morte apparentemente. Questa scomoda situazione di ‘immobilità cosciente’ mi portò a partorire numerosi e sinistri interrogativi che mi affollarono la mente tra cui: Da quanto tempo ormai stavo marcendo lì? La mia pelle stava già mostrando le prime crepe?  Le labbra si erano già inaridite e ritirate? Quando le mie vestigia umane avrebbero iniziato a sgretolarsi? Da un po’, non avrei saputo dire da quanto in effetti, avevo iniziato questa desolante discesa  dalla quale non trovavo una via di uscita. Uno dopo l’altro anche i miei sensi avevano seguito la stessa desolante inclinazione finendo per spegnersi, limitando tutto quello che potevo sentire, vedere e percepire del mondo che mi circondava. Le prime a lasciarmi erano state le forze, poi la vista, l’olfatto e così via… Ma il fatto più straordinario era che non aveva più la minima rilevanza, perché era proprio quello a cui aspiravo. L’idea della morte in quel momento non era mai stata così seducente. Questo perché dopo avervi assistito migliaia di volte  da semplice spettatore, rappresentava ora un mistero su cui potevo finalmente sollevare il velo. Mi lusingava l’idea dell’oblio, il lasciarmi andare completamente senza curarmi di che cosa ne sarebbe stato di me.  Il corpo se ne stava in una sorta di dormiente rassegnazione quando di punto in bianco iniziai ad avvertire la netta sensazione che qualcosa stesse strisciando dentro di me. La rassegnazione lascio il posto ad un cupo e sinistro terrore che mi pervadeva da capo a piedi… Presto divenne chiaro che  la morte che tanto bramavo aveva cambiato le carte in tavola giocando un'altra mano col mio destino. Dovetti assistere quindi a quest’orrore che si faceva largo al mio interno senza capire con cosa stessi avendo a che fare. In preda all’orrore e al caos, sapevo, in una paura che si concretizzava, che qualunque cosa fosse non avrei comunque potuto evitarlo. Ormai faceva parte di me. Non avevo modo di scacciarlo, espellerlo, eliminarlo. Pensare di riuscire a fuggirgli muovendo uno qualsiasi dei miei arti o delle mie membra sopite era una pura utopia. Non avevo alcun potere o volontà su quello che poteva farmi o meglio ‘fare’ su quel poco che ormai era rimasto di me. Lo avvertii scorrere mentre andava ramificarsi con orrore lungo i miei arti passando attraverso ogni vena fino al cuore. Con cosa diavolo potevo avere a che fare? Ero lì imprigionato in quel relitto che a stento potevo definire ‘corpo’ a provare solo pena e terrore. Non potevo nemmeno difendermi o rifiutarmi poiché il tempo trascorso lì mi aveva reso debole e fragile, in poche parole, ero alla sua mercé. Quella mostruosità senza nome iniziò ad avvolgermi e ad intensificarsi nella sua carezza vischiosa, arrivando ad essere un’assoluta certezza contro la mia gola. Se avessi potuto urlare, l’avrei fatto, ma né la bocca, né le mie membra mi rispondevano più in alcun modo. Per l’assurdo, sentendomi ormai completamente ‘vinto’ da questo intruso, forse per il delirio, cominciai a trovare inconcepibilmente rincuorante il suo lento e scandaloso passaggio attraverso lo stato glaciale in cui riversava il mio corpo… Era… caldo. Sembrava quasi che volesse riscrivere la prima impressione che avevo avuto di lui. Un sentore rugginoso e famigliare mi colpì come una frustata senza aspettare che i miei sensi si destassero del tutto. Una volta assimilata l’origine di quella misteriosa infezione: il mio olfatto e il mio palato si risvegliarono in un unico colpo. L’avevo riconosciuta. Non c’erano più dubbi. Quella era la maledizione del sangue.
Ahh… Questo almeno era qualcosa che conoscevo…

Mi rilassai nel momento esatto in cui me ne resi conto. Nella sua semplicità il sangue era unico nel suo  modo di dispensare la vita. Era l’elisir indispensabile alla sopravvivenza che si mostrava al mondo nelle sue forme più disparate donandosi a tutti: ricchi, poveri, nobili, prostitute, malati e disgraziati. Non faceva alcuna distinzione, neppure fra buono e cattivo. Proprio per questo era amabile e detestabile allo stesso tempo. Poteva prendere le sembianze di una donna sinuosa che in una notte impervia e fredda apriva le gambe per te. E sempre attraverso quella, poteva far nascere una nuova bizzarra e miracolosa vita. Una mia convinzione era che portasse nella sua concretezza un'intrinseca volontà di vivere e una minuscola briciola di divinità. I segreti che custodiva mi avevano sempre preso e conturbato. Fossi stato un vampiro, sebbene fossi lontano dall’esserlo, avrebbe costituito il mio bene più prezioso...  Invece, al contrario, la mia fame demoniaca non si sarebbe mai semplicemente accontentata di crogiolarsi nel sangue. Non poteva bastarmi. Anche immergendomi da testa a piedi in una vasca piena di sangue, non sarebbe mai stato sufficiente. Non placava la fame, ma si limitava ad accendere la mia sete. Forse non è elegante, ma era come un aperitivo in vista di un più sontuoso banchetto che mi attendeva dietro l’angolo. Da un altro punto di vista, ritrovarmi all'improvviso a berlo contribuiva a rendermi ancora più famelico. Il caso vuole che quello che mi era toccato fosse particolarmente prelibato… Insoddisfatto non riuscivo a sondare pienamente quanto raffinata potesse essere la qualità dell’anima che quel sangue portava con sé. Superato lo shock, stava ancora danzando lungo la mia gola andando a stuzzicare parti di me ancora sopite. Sembrava che quel dolce nettare fosse mirato a riempirmi in modo totalmente incontrollato e immorale. Mi si donava in un modo che definirei quasi disperato, spillando delizioso sulla mia lingua in maniera continua. Sembrava non dover finire mai. Mi attraversava come un brivido caldo lungo il corpo, desideroso di colmarmi come una brocca. E io grato me ne dissetavo, senza più chiedermi il motivo per cui mi fosse donato. Nonostante non fosse quello di cui avevo un disperato bisogno, del sangue così delizioso non l'avrei mai rifiutato;  anche volendo non avrei comunque potuto farlo. Ogni muscolo si stava svegliando dal suo torpore, rimpolpato e dolorante, veniva risanato da questo incantesimo insanguinato. I miei stessi organi sembrano rifiorire al suo passaggio. Ovunque arrivava a regalarmi fitte di dolore e di indescrivibile piacere. Sentii le mie dita flettersi, muoversi quasi impercettibilmente con il desiderio di stringersi intorno a quel piacere. Non avevo mai provato nulla di simile, era come essere testimoni ‘consapevoli’ di una seconda rinascita. Stavo sbocciando, baciato ed avvolto da qualche stupido e inopportuno miracolo. Perso in questa estasi, mi posi una domanda precisa… Chi mai avrebbe potuto portare avanti una impresa così insensata? La lingua ora completamente risanata in risposta a quel pensiero, ghiotta, andò curiosa a pulire dei residui di sangue dai denti indagando sul suo particolare sapore.
C'era qualcosa di assurdamente singolare nel modo imperioso in cui insisteva a colmarmi, imponendomi la sua presenza in ogni mio più oscuro e sciagurato anfratto. Però, più si andava avanti e più dovevo ammettere che non si trattava solo di un’impressione… Qualcuno stava veramente cercando di impormi la vita. Ne fui certo, quando riuscii ad udire un suono che abbatté il muro del silenzio in cui ero rinchiuso(riformula). Non si trattava solo di un suono ma di una richiesta precisa, o come in questo caso, di un ordine:
- BEVI…
 
La bruciante voce di quel sangue mi sferzo strappandomi alle vesti del mio sonno mortale. Gli occhi rimasti sigillati a lungo, adesso si stavano schiudendo ubbidienti sbattendo via quello che sembrava un secolo di polvere. Come dei petali surreali e ipnotici si aprivano come se non potessero fare altrimenti, quasi che il disubbidire a quella volontà equivalesse al costarmi la mia stessa vita immortale. La fame con il suo grido lancinante insorse. Mi aggrappai a quell'ordine e ancor prima di pensarlo, avevo già ghermito la fonte da cui quel liquido denso e corposo fiottava. La mia bocca si chiuse fulminea su di essa aderendovi perfettamente. Ed ecco che quel fiume caldo e meraviglioso entrava in me una seconda volta. Leccai i contorni della ferita, li succhiai piegandomi al volere di colei, o colui, che mi aveva risvegliato e che mi stava restituendo la vita. Tenni la ferita stretta a me curvandomi su di essa ferita che mi veniva, bevendo, deglutendo, quel dolore che come una piaga mi attraversava si stava attenuando. Finalmente stavo tornando in me e quel poco basto a farmi udire le sue urla, o meglio un nome - ... Sebastian! Sebastian!!
Un nome, che significato poteva avere per me? La mia mente svuotata cercava di colmarne il senso andando a scavare nel deserto esteso delle mie memorie per poi sentire: - Ora… basta.
Basta? ...per quale motivo avrei dovuto interrompere quella deliziosa e pulsante danza che mi veniva offerta. Non era forse per sua stessa volontà che si era donata a me? Preso a formulare quell’inopportuno pensiero, un altro brivido di piacere mi percosse e strinsi quel disgraziato calore contro il mio corpo. E poi il flusso con mio sommo dispiacere rallentò, il suo pulsare divenne più calmo, lento e in qualche modo via via più freddo. No, non volevo lasciarmi scappare il suo calore proprio adesso. Lo strinsi più forte nel mio abbraccio. Il suo nostalgico sentore m’invase, bello come poteva essere il calore e il colore delle fiamme. Mi percosse come una scossa elettrica e mi resi conto che possedeva un profumo che conoscevo. Non senza reticenza, scostai le labbra in modo secco, rigido e avvertii una piccola mano pallida scivolare giù dal mio viso. Sbattei le ciglia più volte cercando di schiarirmi la mente man mano che il mondo e le immagini acquisivano colori e contorni più netti. Abbassai il volto lentamente verso la creatura che in quel momento, mi appariva disgraziatamente fragile con il respiro spezzato e gli occhi chiusi mentre sembrava riposare inspiegabilmente fra le mie braccia. Febbrile quella socchiuse gli occhi e mi restituì lo sguardo a fatica e ripeté quasi delirante con un filo di voce nuovamente quel nome che sulle prime non sentito mio:
-S-Sebastian...
Il tempo sembrò arrestare le sue lancette. Ricordi, immagini e pensieri legati a quel nome mi assalirono in massa collocandosi nella giusta linea temporale spiazzandomi. Quel sangue ‘nuovo’ che come un intruso stava scorrendo dentro di me si raggelò, finendo per trasformarsi in pietra nel mio cuore. Quanto grave poteva essere la mia stupidità… Da essere stato così accecato dalla sete da non rendermi conto che quel sangue non poteva altro che essere che il suo? Come avevo fatto a non riconoscere la sua voce dopo aver servito quel formidabile campione di egoismo in ogni suo nauseabondo capriccio? Quest’incubo per il quale  ero divenuto l’ombra di me stesso e da cui avevo cercato invano di sottrarmi a quanto pare mi aveva infine trovato: - ... Mio signore.


Con quelle due parole la realtà mi piombò addosso pesante e innaturale. Erano la prova inconfutabile che ero ancora sotto il gioco di qualcun’altro. Dai suoi soffici capelli che mi sfioravano la pelle al gracile peso del suo corpo cullato dalle mie braccia, tutto sembrava reale. Eppure, anche se i fatti erano quelli, non riuscivo a digerire di dovermi confrontare ancora una volta con la verità che lui era lì al mio fianco nulla che la logica riuscisse a suggerirmi per lo meno. Come mi aveva trovato? A cosa dovevo quella sua angosciante manifestazione? Stavo prendendo parte ad uno dei suoi insondabili e sadici giochetti senza via di uscita? Com’ero tornato dalla morte solo per affacciarmi su un altro inferno? Suonava proprio come uno scherzo di pessimo gusto. Un altro interrogativo tuttavia mi stava tormentando senza contare la fame attanagliante che mi faceva stridere i denti, vale a dire, il vero motivo per cui si era creata quella situazione. I miei sensi non erano più sopiti ormai e tra le mani avevo il pietoso corpo di chi mi aveva crocifisso in quel tugurio. Anche se ogni cosa in quel momento mi risultasse ugualmente assurda, il sangue che si stava rapprendendo sul suo braccio e il sapore rugginoso che avevo ancora in gola di fatto suggerivano che quel piccolo demonio era andando oltre le sue possibilità mettendo in atto qualcosa di veramente folle e impensabile, ovvero, salvare il proprio schiavo personale. Guardando l’intero contesto per come mi si presentava, qualcosa chiaramente non doveva essere andato secondo i piani.

Ero diviso tra l'incredulità, pena e rabbia. Com'era riuscito in un’impresa simile?  E perché darsi tanta pena per qualcuno che preferiva vedere agonizzante ai suoi piedi? Non era forse per suo desiderio che mi ero ridotto in un stato così umiliante che a stento un demone sarebbe andato a raccontarlo altrove senza provare un minimo di vergogna?
Avvelenato, pensai che in quanto ad apparenze non dovessi apparirgli molto di più che il giocattolo rotto del quale forse non si era ancora stancato del tutto. Probabilmente non era disposto a lasciarmi andare e trovandomi aveva deciso che poteva cogliere l’occasione di giocare con me un altro po’. Peccato che non avesse fatto i conti con la mia sete. In un miscuglio d’incredulità e sarcasmo, lo posai a terra sul legno ammuffito, scrutandolo con un misto di derisione e sufficienza. Ebbene, eccoti servito Ciel Phantomhive quello a cui tanto aspiravi: una fine miserevole per un’altra fine miserevole. Gli auguravo di tutto cuore che vivesse le stesse privazioni che nell’ironia erano toccate a me: la morsa di una fame rovinosa, l’essere cosciente quando ogni suo organo avessero preso a morire e a collassando su se stesso fino a liquefarsi dentro di lui. Deliziato che il fato gli avesse giocato quel tiro di pessimo gusto, accarezzai un’ultima volta il suo viso quando sgranai gli occhi: il mio palmo era bagnato. II mio sguardo saetto veloce sui suoi vestiti registrando per la prima volta che era fradicio e a petto nudo. Per quale ragione? Abbassai lo sguardo veloce sul mio corpo trovando l’indizio di un rozzo tentativo di medicazione, il mio torso era fasciato da delle bende? E se avesse…
No, non poteva essere.
Gli sollevai il capo. No…  Tentai di convincere me stesso che doveva per forza esserci un’altra spiegazione. Avevo la certezza che non potesse provare più nulla. Ma i miei occhi volevano una conferma. Alzai di poco il corpo per rivolgerlo alla luce. Ed ecco che invece lì, in bella mostra a smentirmi, su quel piccolo viso qualcosa di umido che rigava le sue belle guance. Lacrime, …lui? Sgranai gli occhi. L’individuo o la creatura che avevo tra le mani ne era ancora capace? Incredibile... Seppellii tutte le mie precedenti considerazioni. Era possibile che infine avesse preso coscienza della follia a cui mi aveva condannato e si fosse sentito in dovere di porvi rimedio ad un prezzo così alto? Sarebbe stato impossibile per il demone che avevo servito fino ad allora… Ma poteva essere fattibile per l’umano che forse esisteva ancora da qualche parte nell’animo perduto di Ciel Phantomhive. Una forza più grande di me, mi costrinse a raccoglierlo da terra. Assicurandomi per bene il suo corpo leggero contro il mio lo tenni coperto con un grosso panno logoro e uscii da quel nido di affanni per avventurarmi sotto il critico e impietoso sguardo della luna.
 
Se qualcuno vi chiedesse se dare un’altra occasione al diavolo fosse davvero una buona idea.
Voi… Che cosa rispondereste? 

Uno di noi… Quella notte, sembrava aver trovato la risposta alla domanda.
E io per qualche oscuro motivo, stavo per ricommettere lo stesso increscioso errore.

 
 
………………………………………………………………
Salve, salve, salve, immagino che qualcuno di voi pensasse erroneamente che ero morto di vecchiaia in qualche soffitta dimenticata dal mondo. Invece non riuscivo a finire in modo che pensavo fosse accettabile questo capitolo. Non vi nascondo che è stato veramente difficile portarlo avanti. Volevo riuscire nel tentativo di comunicare un risveglio dalla morte non proprio tranquillo. Non sò se questo tentativo sia andato a buon fine, le emozioni volevano essere crude e forti. Ma non è semplice cambiando punto di vista di continuo. Infatti non so se sono riuscito a comunicare quello che volevo senza uscire dal personaggio o dalla suspense. Ho dato quello che ho potuto. Se avete consigli su come posso migliorare o una sincera opinione su questo mio sforzo, come sempre, sono vostro. 
   
 
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