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Autore: Blue Flash    12/01/2018    0 recensioni
«Parlami di loro Zetsu.»
L'essere, o meglio, la pianta si voltò celermente verso la ragazza, incuriosito da quella sorta di domanda.
«Di loro?» domandò sibilino lo Zetsu Nero continuando a camminare al suo fianco.
«Vuoi che te ne parli io?» chiese, invece, il bianco speranzoso.
«No, Zetsu nero.» e Reyko lanciò uno sguardo indagatore al suo compagno.
«Sei più furba di quel che sembri a differenza di qualcuno li in mezzo. Dunque, di chi vuoi che ti parli mentre andiamo?»
«Di tutti loro. Voglio sapere con chi sto avendo a che fare.»
Quell'affermazione fece scaturire una sorta di risata sommessa da parte di entrambi gli Zetsu, quasi entusiasti di poter parlare.
«Allora ti dirò quello che vuoi sapere dei membri dell'Akatsuki ad una sola condizione che dovrai rispettare condizione.»
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Eccomi qui con la mia FF. Protagonista è l'Akatsuki, in particolare dopo l'abbandono di Orochimaru si unirà a loro un nuovo elemento (Oc) per completare lo schieramento vincente. Sarà ambientata inizialmente durante Naruto e poi durante Shippuden, con variazioni nell'arco degli eventi e tratterà di quello che successe nell'Akatsuki per ottenere la sua attuale fama ed anche quello che succederà durante la guerra.
Genere: Angst, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Truth

Se solo avesse potuto congelare il tempo lo avrebbe fatto volentieri, perché non aveva alcuna intenzione di distruggere quei momenti di pura pace e perfezione. Si lasciò andare, stringendosi e lasciandosi stringere a sua volta, e probabilmente rimasero fermi senza dirsi altro, perché non c’era bisogno,  fino a quando una presenza, accompagnata da un colpo di tosse costrinse entrambi i ragazzi ad allontanarsi. Sulla soglia della porta aperta vi era Kenzo, in tutta la sua massa di pelo scuro, ma non stava fissando in direzione dei ragazzi, come se non volesse immischiarsi in una cosa simile. E di questo Reyko gliene fu assolutamente grata, ma nonostante quella sua discrezione le proprie gote si tinsero di un rosso indelebile e tenne lo sguardo basso, come forse fece anche Itachi. 
Si allontanarono di poco l’un dall’altra, mentre le dita delle mani si sfioravano ancora e quindi, per evitare ulteriore imbarazzo, cercò di dire qualcosa di intelligente. 
«Avevi ragione, Kenzo—… era sveglio. »
Decisamente una cosa stupida, infatti si pentì all’istante della risposta data. 
«Adesso è decisamente più sveglio di poco fa.
» bofonchiò lui prima di muovere un paio di passi nella stanza, ed allora, solamente allora, si voltò verso entrambi. «Mi sembrava di averti detto di stare a riposo, vai subito a metterti a letto, non sei in grado di fare niente per ora. »
Quasi con dispiacere lei ed Itachi si scambiarono un rapido sguardo ed allora lo lasciò dirigersi verso il letto, proprio come Kenzo gli aveva ordinato. Non era il tipo con cui scherzare e per quanto ben disposto sembrasse Reyko non voleva testare ulteriormente la sua pazienza. 
«E’ stata colpa mia, Kenzo, non c’entra niente lui. »  s’affrettò a dire l’eremita prima di aiutare Itachi a rimettersi a letto, in modo tale che potesse nuovamente distendersi e riposarsi. 
«No, sono stato io ad alzarmi per venire a cercarti. » commentò in un sussurro lui, mentre una smorfia di dolore si fece largo sul suo viso metre si rimetteva a sedere. 
«Bene, adesso che vi siete incontrati di nuovo state un po’ calmi perché dobbiamo discutere sulla situazione attuale e dobbiamo farlo usando la testa . » 
Era incredibile il solo fatto che il lupo del branco, uno dei più antichi e potenti, si stesse interessando ai loro problemi. E dire che era sempre così burbero e molto poco propenso ad aprirsi con gli altri, ma stranamente doveva aver visto qualcosa di buono in loro. 
«Vuoi aiutarci? » domandò Itachi poggiando entrambe le mani sul materasso morbido, sorreggendo così il busto, mentre i suoi occhi scuri osservarono con attenzione Kenzo. 
«Sì, ma ne parliamo appena arriva anche il vostro amico spadaccino. L’ho mandato a chiamare subito dopo di te, quindi immagino che a momenti tornerà. » 
Sicuramente Hina lo avrà già messo sulla strada del ritorno, anche peché era lo stesso Kisame a non veder l’ora di parlare con Itachi, specialmente dopo quello che era successo. Istintivamente Reyko s’andò a sedere a terra, poggiando la schiena contro il letto di Itachi, senza però allontanarsi da lui, e Kenzo, invece, s’accucciò poco lontano da dove si trovavano entrambi. 
«Un legame. Pft—… i giovani d’oggi. » mormorò abbassando il muso mentre nella stanza, dopo qualche secondo, fece il suo ingresso Sen, che nel vedere Itachi vivo corse letteralmente incontro ad entrambi. 
Fu una gioia per Reyko vedere il proprio lupo, il suo migliore amico, tanto contento per una cosa simile. Era stato in sua compagnia per l’intera giornata, facevano sempre così quando entrambi non erano nel migliore umore di sempre, ma adesso il lupo aveva pienamente compreso la felicità di Reyko e per questo motivo non esitò a balzare sul letto di Itachi ed a leccargli il viso. 
L’eremita si voltò nella loro direzione, sorridendo divertita dal modo in cui il ragazzo si lasciava leccare ed allo stesso tempo carezzava il muso del lupo, quasi come se anche loro fossero migliori amici. 
«Vacci piano, Sen, o rischio di diventare gelosa. » mormorò Reyko limitandosi a scostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre stringeva le gambe all’altezza del petto, rannicchiandosi. 
Kenzo le lanciò un lungo sguardo paragonabile ad una sola e comprensibile frase “Gelosa del lupo o del ragazzo?”, quindi distolse immediatamente le iridi scure dagli occhi penetranti di Kenzo. 
Ovviamente fu come se Sen non avesse sentito, perché continuò ancora per un po’, fino a quando non decise di scendere ed andare a farsi fare le carezze dalla propria padrona, poggiando il muso contro la sua spalla. Si guardarono entrambi con dolcezza e finalmente con un po’ più di tranquillità. Passò meno di un minuto dal terzo ed ultimo arrivo della giornata, e la faccia di Kisame, forse anche affaticato dalla corsa fin li, fu indimenticabile. Gli occhi sgranati, la bocca spalancata, e sembrò passare dalla sorpresa al fastidio imminente, il tutto nel giro di qualche secondo. 
Con un movimento repentino afferrò il manico di Samehada e la sfoderò puntandola dritta in direzione di Itachi. 
«Io e te dobbiamo parlare. » 
«Spadaccino, metti giù quella Katana maledetta. Non le accetto nel mio tempio. » ringhiò Kenzo in direzione di Pelle di Squalo. 
Ma Reyko non si mosse, perché quella reazione era del tutto accettabile visto e considerato che Itachi non aveva detto niente di quel che aveva in mente. 
Kisame inspirò profondamente e poi, su ordine del lupo nero, posò davvero la spada, poggiandola contro un muro e s’avvicinò lentamente in direzione di Itachi. 
«Hai ragione, dobbiamo parlare. Anzi, devo parlare con tutti voi di—… vi devo delle spiegazioni. » 
Il che non era del tutto sbagliato, perché in fondo c’erano ancora delle cose non molto chiare sul passato di Itachi, e questo aveva a che fare con la sua famiglia. Per questo motivo Kisame annuì in maniera impercettibile e s’andò a sedere poggiando la schiena contro la parete dinnanzi al letto, come se ancora avesse qualche dubbio sull’avvicinarsi o meno, e lei questo poteva ben capirlo. 
«Ti ascoltiamo, perché ci devi davvero tante spiegazioni. Tante. » replicò lo squalo, assottigliando lo sguardo nella direzione del ragazzo, senza provare alcuna pietà.
«Come Reyko ti ha detto sicuramente, per convincerti ad aiutarmi, ci sono Zetsu e Tobi che mi vogliono morto. » ed Itachi abbassò lo sguardo, stringendo le dita a pugno, come se la cosa facesse male.
«Tobi? Quel fesso? » replicò il suo compagno inarcando un sopracciglio. 
«E’ Madara Uchiha, non un fesso, Kisame! » 
Questa volta a rispondere fu Reyko, che scrollò le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma anche lei non sapeva effettivamente chi fosse fino a quando Itachi non le spiegò la cosa. 
Lo squalo continuò a mostrarsi stupito, al punto che non capiva bene il nesso in tutta quella situazione, quindi si massaggiò le tempie, cercando di pensare.
«Tobi è—… Madara Uchiha? Lo sapete, vero, che è lui ad aver controllato il Terzo Mizukage, Yagura, uccidendolo e dando inizio all’Akatsuki? Io l’ho conosciuto come Madara, ma non ho collegato che lui e Tobi fossero la stessa persona. » 
Quella risposta non la sorprese neanche un poco, ed anche Itachi non sembrò mostrare segni di eccessiva sorpresa, ma si limitarono ad annuire lentamente.
«Fermatevi un attimo, voi tre—… » l’interruppe ovviamente Kenzo, che stava ascoltando con interesse la discussione.
«Ma state parlando di quel Madara Uchiha o di un suo omonimo? » 
«Dovrebbe essere lui, o almeno così si è presentato tanto tempo fa. » rispose Itachi, che sicuramente era quello che aveva maggiore conoscenza della situazione. 
«Madara Uchiha dovrebbe essere morto a seguito dello scontro con Hasirama Senju, lo so perfino io e non sono del Villaggio della Foglia. »
E su questo Kenzo aveva maledettamente ragione, quindi Reyko si voltò verso di lui guardandolo di sbieco. 
«Dovrebbe—… ma ripeto, non ho mai visto sotto la sua maschera, sono però sicuro che sappia usare lo Sharingan ipnotico perché me ne ha dato dimostrazione. Quel trucco, quando oltrepassa le cose, è opera di uno sharingan di questo calibro. » 
«Come lo hai conosciuto, Itachi? » chiese allora Kenzo rivolgendo l’attenzione verso di lui. 
Ma Itachi sembrò esitare nel parlare, era come se questa cosa fosse un tasto dolente. 
«L’ho—… l’ho conosciuto durante le mie missioni da ANBU, si è presentato come Madara Uchiha e poi è sparito. Sono stato costretto a—… chiedere il suo aiuto per un’altra cosa, in seguito. » 
Quell’ammissione gli costò parecchio, perché non aveva mai ammesso così apertamente di aver chiesto aiuto a Madara per  la questione che Reyko sapeva bene. 
«La questione con la tua famiglia. » concluse l’eremita abbassando lo sguardo verso un Sen preoccupato, che si era accucciato accanto a lei. 
«Esatto—… ma non lo avrei mai fatto se non fossi stato messo alle strette. » continuò Itachi e questa volta tutti e quattro si voltarono verso di lui, incuriositi ed allo stesso tempo stupiti dalla sua ultima affermazione. 
«Che intendi dire con “messo alle strette”? » domandò Kisame dando voce alle domande che aleggiavano nella mente di tutti quanti. 
«Io—… ormai non credo di aver più motivo di mentire, almeno non con voi, specialmente dopo tutto quello che avete fatto per me. » la voce del ragazzo degli Uchiha tremolò e questo Reyko lo percepì chiaramente, tanto da portare una mano sulla sua e stringergliela con delicatezza. «Uccidere la mia famiglia ed il mio intero clan non è stata una scelta personale. Sono stato costretto a farlo per—… proteggere il mio villaggio. »
Il silenzio, dopo le parole di Itachi, calò su di loro ed allora il cuore della ragazza prese a battere più velocemente. Se quella risposta aveva chiarito qualcosa era anche stata in grado di aprire altri mille dubbi nella sua mente. 
Si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi e vi lesse chiaramente la tristezza. 
«Che intendi dire? Proteggere il tuo villaggio? »
«Te l’avevo detto che la situazione era più complicata del previsto—… sono da sempre stato un ANBU, come  Shisui. Entrambi siamo stati disposti a perdere tutto pur di proteggere il Villaggio della Foglia. E’ sempre stato così. Non volevo che in giro vi fossero altre morti, altre guerre. Dovevano essere tutti al sicuro. Desideravo tanto solamente questo. Poi però i miei doveri di Uchiha si sono scontrati con i miei doveri da ANBU perché—… purtroppo mio padre e tutti i suoi uomini stavano programmando una rivolta interna per ribellarsi all’Hokage e riacquistare il potere perduto. »
Ogni singola parola era carica di dolore e questo lo percepirono tutti quanti, perfino Reyko che aveva provato a non spaventarsi, sentendo quel racconto non ebbe neanche la forza di stringergli più la mano. Rischiò di lasciarlo andare, ma lui l’afferrò, impedendoglielo.
Come se quella stretta gli desse la forza per continuare a parlare.
«Fammi capire bene, ragazzo, ti hanno messo davanti ad una scelta simile? Fra il tuo villaggio e la tua famiglia? Uomini maledetti. »
L’unico che riuscì a parlare chiaramente fu Kenzo, che sembrava molto preso dal racconto, mentre Kisame e Reyko fissavano il loro compagno sconvolti. 
«Non proprio, il mio Hokage avrebbe volentieri evitato, ma la Radice non mi ha dato altra scelta. Quindi il mio dubbio è stato sempre: proteggere il villaggio o schierarmi con la mia famiglia e scatenare così una guerra civile? » 
Lentamente gli occhi scuri d’Itachi vagarono nella stanza a cercare gli altri, perché ammettere tutte quelle cose era decisamente più doloroso per lui che per loro. 
«Quindi hai—… hai scelto di proteggere il Villaggio piuttosto che la tua famiglia. »
Reyko, quasi spontaneammente, sentì i propri occhi riempirsi di lacrime, nonostante non fosse lei la diretta interessanta. Ma questo perché percepì perfettamente la drammaticità della sua scelta. 
«Hai risparmiato solo Sasuke per—… perché era il tuo fratellino e non per i suoi occhi. Così hai deciso di morire per lui. » continuò Kisame, sconvolto tanto quanto lei. 
«Madara mi ha aiutato ad eliminare la polizia della Foglia, composta solamente da Uchiha, e poi io ho fatto il resto. Mi ha anche proposto di unirmi all’Akatsuki, per il mio bene ed ho accettato—… in questo modo avrei potuto continuare a proteggere il mio villaggio, infiltrandomi in questa nuova organizzazione criminale. »
Ecco dove stava il problema. Ecco che tutto diventava chiaro. Ecco perché Zetsu e Madara lo volevano morto: Itachi non era una cattiva persona, era semplicemente il protettore di un villaggio che gli aveva voltato le spalle inesorabilmente. Aveva accettato di diventare un ricercato pur continuando a proteggere quelle persone. 
Improvvisamente Reyko tirò la testa indietro e trasse un profondo sospiro, coprendosi il viso con gli occhi.
«Li in mezzo all’Akatsuki, tu ti sei sempre preoccupato per il tuo villaggio, non è vero? » domandò con un filo di voce la ragazza, senza neanche riuscire a guardarlo negli occhi. 
«Sì—… ma ho cercato di nasconderlo. » rispose lui, tenendo lo sguardo basso.
«E ci sei riuscito maledettamente bene per tutti questi anni. Siamo stati compagni per così tanto tempo e tu—… tu non hai mai fatto capire niente. Ero semplicemente convinto che sotto quella tua corazza da duro ci fosse semplicemente un ragazzo pacato che sapeva perfettamente cosa voleva dalla vita, se non il potere, ed invece erano tutte menzogne. »  
Kisame, con un movimento fluido, si rimise in piedi e lo additò quasi con fare accusatorio. 
«Ti consideravo mio amico. Mi sono quasi fatto ammazzare per te, anche svariate volte. »
«Non ho mai mentito sul resto, Kisame, eccezione fatta per i miei scopi. »
«Non è una buona scusa, Itachi. »
«Fate silenzio tutti e due perché entrambi avete torto ed entrambi avete ragione. » ringhiò Kenzo mettendosi a sua volta sulle zampe e fulminando con lo sguardo tutti e due i ragazzi. 
Stranamente Reyko non seppe cosa dire in una situazione simile, quindi si limitò a stringersi a Sen.
«Come fai a dire questo, Kenzo? Ha—… mentito per tutto questo tempo. » domandò Kisame palesemente infastidito. 
«E tu non avresti fatto lo stesso dopo aver sacrificato la tua famiglia? Non saresti andato fino in fondo con il compito che ti eri predisposto? Lui ha avuto le sue buone ragioni per non parlare e tu non puoi farci niente. Adesso però che sapete come stanno le cose non lasciatevi prendere dalla rabbia, giusto Reyko? » 
Istintivamente, dopo le parole di Kenzo, l’eremita sollevò lo sguardo e lo alternò fra i propri compagni prima di annuire lentamente. 
«Kisame, capisco benissimo quello che stai provando in questo momento, ma mettiti nei suoi panni! Che altro avrebbe potuto fare? »
Lo spadaccino si avvicinò alla ragazza e s’inginocchiò piegando leggermente le gambe, in modo tale da studiarla in viso. Sen non si mosse di un millimetro ed Itachi non reagì, ma li lasciò fare, come se fra entrambi stesse avvenendo una silenziosa discussione. Probabilmente Kisame si stava domandando perché lei stesse continuando a difenderlo, ma ormai doveva aver capito la risposta. Ciò che Reyko aveva sempre pensato, ovvero che Itachi Uchiha nascondeva un animo immensamente buono, era vero. Eppure era stato l’onore a condurlo ad un passo dalla morte.
Chi altri avrebbe fatto tutto questo? E Kisame, essendo uno spadaccino, conosceva bene l’onore, doveva provare anche solo ad immedesimarsi. Ma forse per lui era troppo. 
«Bene. » tagliò corto lui, dopo aver abbassato gli occhi ed allora si sedette a sua volta sul pavimento traendo un profondo sospiro. «Ormai sono in questa situazione quindi non posso fare altrimenti se non lasciar correre tutta questa storia. » 
Era chiaramente delusione quella provata da Kisame, forse per non esser stato in grado di scoprire una cosa tanto importante sul proprio compagno d’avventure. 
«Ne discuterete voi tre su questa faccenda, adesso però che abbiamo un quadro più chiaro della situazione cosa intendete fare? »
Kenzo interruppe il gioco di sguardi che tutti e tre si lanciavano a vicenda: chi chiedeva scusa, chi non voleva sentire ragioni e chi implorava una tregua. 
Lentamente Reyko scrollò di nuovo le spalle e si voltò a guardare il lupo, passandosi una mano fra i capelli. 
«Penso che a questo punto dobbiamo continuare a stare al loro gioco, almeno fino a quando non comprenderemo i veri piani dell’Akatsuki. »
«Fammi capire bene, adesso ti vuoi mettere contro l’Akatsuki? » chiese Kisame sorpreso. 
«Che altro possiamo fare? »
«Ma voi due siete stati, almeno per una volta nella vita, dalla parte dell’organizzazione o erano tutte cavolate? » quasi con fare esasperato allargò le braccia e si buttò sul pavimento, perché quella storia lo stava davvero sfinendo. 
«Io non lo so, non ho mai avuto scelta—… ma non ho mai apprezzato quello che facevamo. Abbiamo ucciso delle persone innocenti per uno scopo che non ci è ancora chiaro, Kisame. »
Itachi tossì leggermente, coprendosi le labbra con una mano, e poi abbassò lo sguardo verso il suo compagno. 
«Non ti ho mai mentito, se è questo che vuoi sapere. Ho sempre espresso i miei dubbi laddove li avevo, ho solo nascosto il mio reale scopo—… quindi lo sai bene come la penso. » 
«Almeno su questo non mentivi—… » borbottò lo squalo senza neanche degnarlo di un’occhiata. 
«Kisame—… »
Itachi pronunciò il suo nome con assoluta tranquillità e poi a sua volta si distese sul letto, limitandosi a fissare il soffitto. 
«D’accordo, Kisame è offeso, però forse è con noi. » cercò di riassumere Reyko provando anche a sembrare convincente su tutta quella storia. 
Kenzo ovviamente non lo era e continuò a studiare il gruppetto dell’Akatsuki. 
«Bene. » commentò il lupo con schiettezza. 
«Aspettiamo la chiamata, ho chiesto a Zetsu di darmi del tempo perché dovevo riprendermi dalla notizia della morte di Itachi, spero che rispetti il mio volere. »
A differenza degli altri Reyko si rimise in piedi in un lento e fluido movimento, in modo tale da poterli guardare dall’alto, ed allora incrociò le braccia all’altezza del petto, con fare deciso. 
«Dimentichiamoci il passato e consideriamo solamente il nostro presente. Affrontiamo una cosa per volta e soprattutto facciamo attenzione, credo che queste siano le cose migliori da fare. »
Itachi, che aveva sollevato il busto per poterla guardare meglio si limitò ad annuire, scuotendo i capelli corvini, mentre Kisame sollevò un pollice in segno affermativo. 
«Come vuoi, mammina. » 
In quell’istante l’eremita ebbe la voglia di prendere a schiaffi lo spadaccino, ma inspirò profondamente e cercò di calmarsi. Kenzo, effettivamente, le aveva detto che era migliorata e che era diventata un vero eremita, se in quel momento avesse realizzato i propri desideri probabilmente l’avrebbero di nuovo retrocessa.
Quindi era decisamente meglio evitare qualsiasi cosa. 
«Non chiamarmi così. »
«D’accordo, eremita. »
Dopo quel rapido scambio di battute fra entrambi Reyko decise di lasciare cadere la conversazione, così riprese posto a terra, accanto al letto di Itachi, socchiudendo appena gli occhi scuri, come se volesse rilassarsi. Per quanto l’ammissione dell’Uchiha fosse terribile tutto ciò l’aveva scossa nel profondo. Lui aveva sempre agito per il bene del proprio villaggio, era un bravo ragazzo, come lei aveva immaginato, quindi ad essere davvero pessima era lei, con il proprio attentato e la storia della vendetta. Poteva anche essere una questione passata, ma rimaneva pur sempre la scelta che l’aveva condotta sui sentieri oscuri di cui aveva parlato Kenzo. 
Tutti quanti rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, quando improvvisamente l’anello che aveva al dito iniziò a brillare, e lo stesso fece quello di Kisame. Entrambi emanavano una luce colorata e quella non era la prima volta che qualcuno li richiamava in quel modo, anche se era abbastanza strano. Di solito era Pain a richiamarli, usando metodi decisamente più vistosi, quindi in maniera automatica Reyko e Kisame si scambiarono uno sguardo confuso. 
«Qualcuno richiede la nostra presenza. » mormorò lei, osservando con attenzione l’anello nel proprio mignolo. 
«E se ci avessero scoperti e tutta questa fosse solo una trappola? » chiese Kisame con tono diffidente.
«Tu oggi sei un pozzo di positività, vero?! » replicò con una punta di sarcasmo la ragazza. 
Anche Itachi si era messo a sedere osservando i loro anelli brillare. 
«Non è Pain a richiamarvi. Se non vi presentate potrebbero insospettirsi. » spiegò il ragazzo osservando entrambi. «Per quanto l’idea non mi piaccia credo che rimanere qui sia peggio, almeno per ora. Bisogna capire che cos’hanno intenzione di fare Madara e Zetsu. »
«Itachi ha pienamente ragione, non possiamo rimanere. » ammise Reyko ed a malincuore si rialzò in piedi. 
Kisame li fissò entrambi di sbieco prima di sbuffare e rimettersi in piedi, fermandosi così al fianco dell’eremita, che superava in altezza di parecchi centimetri. 
«Bene. Tanto ormai siamo in un mare di casini e non possiamo tirarci indietro. » ovviamente parlò con sarcasmo prima di rivolgere un cenno del capo ad Itachi ed uscire dalla stanza. 
Era ancora infastidito, ma per lo meno aveva avuto il buon senso di collaborare, almeno per il momento. Avrebbe cercato di fargli cambiare idea durante il viaggio verso il covo. 
Allora anche Reyko si voltò verso di lui, trattenendo un profondo sospiro fra le labbra, ma Itachi le prese la mano, stringendo delicatamente le dita fra le sue. 
«Starò attenta, non preoccuparti. » lo precedette Reyko mostrandogli un sorrisetto convincente.
«Come se tu dicessi sul serio. » stranamente Itachi ricambiò un sorriso accennato e poi abbassò lo sguardo. «Qualsiasi cosa succeda tieni gli occhi aperti, non sappiamo che cosa succederà da questo momento in avanti e Reyko vorrei chiederti un’ultima cosa—… »
La ragazza scosse la testa e lo fermò immediatamente.
«Chiederò di tuo fratello. »
Itachi risollevò immediatamente lo sguardo, fissandola con intensità ed alla fine si rilassò sussurrando un semplice ma sincero “Grazie!”. 
Se solo avesse avuto la possibilità sarebbe rimasta insieme a lui per il resto della giornata, ma doveva andare, quindi a malincuore lasciò andare la sua mano e poi fece segno a Sen di seguirla. Kenzo, invece, rimase di guardia al ragazzo, forse per assicurarsi che andasse tutto bene e che si riprendesse, cosa di cui gli era immensamente grata.
Uscita dalla stanza, essendo ancora a piedi scalzi, l’eremita si diresse a grandi passi verso il piano inferiore. Altri lupi s’affacciarono per osservare il suo incidere, ma una volta giunta sulla soglia del grande portone d’ingresso del tempio, Hina, dal manto bianco candido, le aveva portato sia le scarpe sia il mantello dell’Akatsuki, che Reyko doveva aver abbandonato da qualche parte la notte precedente. Kisame, con la Samehada sulle spalle, era già fermo sul porticato esterno, intento ad aspettarla anche se sembrava ancora parecchio offeso. Quindi con un fluido movimento la ragazza coprì le spalle con il mantello e poi insieme a Sen si diresse verso il compagno, al quale diede una sonora pacca sulla spalla. 
«Non fare il musone durante il viaggio, Kisame. »
«Non ci provare, eremita, sono ancora arrabbiato. »
«Lo so, ma ti faccio riprendere io. » e con un sorrisetto sghembo lo guardò di sbieco, prima di iniziare a scendere le scale, dirigendosi verso l’uscita del bosco e da li al Covo Nord, dove ad attenderli c’era il resto dell’organizzazione, e forse anche svariati problemi.
   
 
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