Un picolo pezzo di Eclipse raccontanto dal punto di vista di Alice. Sono tutti tornati a casa dopo lo scontro con i neaonati e Jacob è a La Push con Carlisle ed Edward, perché un vampiro gli ha rotto le ossa.
In questa piccola storiella Alice ha un segreto, ossia che si è invaghita di una persona molto vicina ai Cullen ma altrettanto lontana. Sono i suoi pensieri mentre questa persona sta male.
È la mia prima ff quindi siate buoni... ovviamente però sarei contenta se mi daste dei consigli, e va bene anche qualche piccola critica... ora non voglio annoiarvi ulteriormente ^_^ Quindi vi lascio a questa storia...
Bacini....
_ki_
Io e Bella eravamo nel mio
bagno, il mio enorme bagno invaso da migliaia di prodotti per la pelle
che mi
ero procurata apposta per la mia migliore amica.
La pettinavo con lenti gesti
ritmati, mentre la mia mente vagava in cerca di visioni. Ogni tanto,
mentre mi
concentravo su Bella, facevo caso a quanto fosse agitata. Voleva vedere
Jacob.
«Va bene
così, Alice», mi disse, senza la benché
minima traccia di entusiasmo. «Voglio
tornare a La Push».
Sì, lo
vedevo bene che ci voleva tornare. O meglio, non vedevo. Ma prima
avrebbe
dovuto fare altro.
«Jacob non
ha ancora ripreso conoscenza», incominciai, ferendomi per
quell’attestazione.
«Carlisle o Edward chiameranno non appena si
risveglierà. E comunque, è meglio
che tu raggiunga Charlie». La smorfia che spuntò
sul suo viso mi fece quasi
sorridere. Quasi, appunto. La mia mente era ancora concentrata sulla
prima
frase.
Jacob non
ha ancora ripreso conoscenza... Cercai di continuare, assumendo la mia
maschera
quotidiana. « Era a casa di Billy, sa che Carlisle ed Edward
sono tornati
dall'escursione ed è probabile che si insospettisca, quando
tornerai a casa».
Come al
solito, Bella non mi voleva ascoltare.
«Non
m'interessa. Quando Jacob si sveglierà voglio
esserci». Ecco, me lo potevo
immaginare. Ma perché quella sensazione di vuoto? Non
sarà stata mica...
invidia? No, io non sono invidiosa della mia migliore amica. Ma avrei
tanto
voluto essere al posto suo e andare a trovare il licantropo... Rimasi
qualche
istante in silenzio, cercando di riassumere un po’ di
contegno, e smisi di
spazzolarle i capelli.
«Per ora è
meglio che ti limiti a pensare a Charlie. È stata una
giornata lunga - scusa,
so che come definizione è a dir poco riduttiva - ma
ciò non significa che tu
abbia il diritto di sfuggire alle tue
responsabilità». Cercavo di essere
severa, quasi di rimproverarla. Anche se in effetti al posto suo avrei
fatto la
stessa identica cosa... «Ora più che mai,
è importante che Charlie resti al
sicuro e all'oscuro di tutto. Prima recita la tua parte, Bella, poi
potrai fare
ciò che ti va». E poi affondai il colpo, sicura
che così mi avrebbe ascoltata
«Essere meticoloso e responsabile fa parte dei doveri di ogni
Cullen».
Dalla sua
espressione capii che avevo fatto centro. Mancava solo una piccola
frase e
avrebbe cambiato idea definitivamente.
«Torna a
casa», ordinai, mantenendo un tono autoritario, anche se al
mio
udito fine sembrava più
una
supplica che un ordine vero e proprio. «Parla con Charlie.
Sfodera il tuo
alibi. Tienilo al sicuro».
La vidi
alzarsi, un po’ intorpidita per essere stata seduta nello
stesso modo per
troppo tempo. Avrei dovuto ricordarmi, in futuro, che aveva bisogno di
muoversi, ogni tanto. Presi un respiro che lei non avrebbe potuto
sentire,
quindi sorrisi, cercando di mostrarmi raggiante.
«Quell'abito
è adorabile», cinguettai, cercando di tirarla su
di morale. Vederla con quel
broncio non migliorava certo la mia posizione.
«Cosa?
Ah... sì, grazie ancora per i vestiti»,
mormorò. Ero sicura che non le
interessassero davvero, lo diceva più per cortesia. Ma a me
non importava, ero
abituata a convivere con persone allergiche alla moda.
L’avrei convinta, prima
o poi.
«Ti servono
delle prove», dissi allora, cercando di assumere il mio
sguardo innocente che
metteva a tappeto le persone. «Cos'è un giro di
shopping senza neanche un
completo nuovo? Ti dona proprio, lo dico sul serio».
Sì, non era una menzogna,
anche se in quel momento ero più concentrata su una persona
alta e muscolosa
che era chiusa in casa con le ossa rotte più che
all’aspetto di Bella.
Sbattendo
gli occhi, Bella mi sembrò smarrita. Stava ancora pensando a
Jacob, lo capivo.
Cercai allora di rassicurarla.
«Jacob sta
bene, Bella». A dir la verità lo dicevo
più a me stessa che a lei. Avevo
bisogno di sentirlo dire ad alta voce, e non c’era pretesto
migliore di questo.
«Non avere fretta. Se sapessi quanta morfina extra Carlisle
ha dovuto dargli -
la febbre alta la bruciava in fretta - capiresti che ne avrà
per un po', prima
di riprendersi». Cercai di andare sull’ironico, ma
Bella sembrava troppo
preoccupata per fare anche solo un sorriso. Si vedeva che non era brava
a
fingere, perfino io -che, lo ammetto, stavo davvero peggio della mia
amica-
riuscivo a sorridere, almeno apparendo vagamente tranquilla. Era
comunque
difficile accettare quella situazione. Almeno, pensai, non soffriva.
Non
ancora.
«C'è
qualcos'altro di cui vorresti parlare, prima di andartene?»,
chiesi allora,
cercando di apparire comprensiva. I pensieri mi scivolavano in
continuazione
verso un solo punto, dove in quel momento mio fratello e mio padre
cercavano di
guarire una persone messa molto, molto male. «Sarai
traumatizzata, e non poco,
immagino». Alludevo a quello che aveva dovuto vedere meno di
un’ora prima.
Doveva essere stato davvero duro vedere il suo amato mentre ammazzava
una
vampira. Io, almeno, non sarei stata proprio in ottima forma. Mi
aspettavo
qualche domanda del tipo: come fate ad uccidere così a
sangue freddo? O sarò
abbastanza forte e coordinata quando sarò così?
Ma le uscì di bocca tutt’altro.
«Sarò
anch'io così?», chiese, con un tono semplice e
monocorde che non le si
addiceva. «Come quella ragazza, Bree, nella
radura?».
Le si
leggeva negli occhi tutte le cose che avrebbe voluto sapere. Forse,
però,
quella era ciò che premeva di più. Cercai di
tranquillizzarla, accarezzandole
lentamente un braccio.
«Ognuno
reagisce in maniera diversa. Comunque, sì, sarà
qualcosa del genere».
Dalla sua
espressione capii che non ne era molto contenta.
«Passa
presto, vedrai», dissi allora, ancora intenta a rassicurarla.
«Quanto
presto?». Mi strinsi nelle spalle. «Qualche anno,
forse meno. Per te potrebbe
essere diverso. Non ho mai assistito a una trasformazione volontaria.
Probabilmente
sarà interessante vedere come ti comporterai». Non
ero a dir la verità così
elettrizzata di sapere come si sarebbe comportata da vampira, ma
qualche tempo
prima ci avevo fatto un pensiero e avevo considerato che sarebbe stato
per lo
meno costruttivo vedere. Certo che, in quel momento, i miei pensieri
erano
ancora fissi in un punto non molto distante da lì.
«Interessante»,
ripeté. La vedevo preoccupata, ma non sapevo dire se per
Jacob o per la sua
imminente trasformazione.
«Ti terremo
al riparo dai guai». Dissi allora, sincera più che
mai.
«Lo so. Mi
fido di voi». Il tono tradiva le parole. Ma era solo un
momento, sapevo che era
sincera.
La mia
fronte s’increspò. Non capivo perché
tutta quell’agitazione, in fondo. «Se sei
preoccupata per Carlisle ed Edward, ti assicuro che andrà
tutto bene. Sono
convinta che Sam stia iniziando a fidarsi di noi... be', almeno a
fidarsi di
Carlisle. Tra l'altro, è una buona notizia. Immagino che
l'atmosfera si sia
fatta un po' tesa quando Carlisle ha dovuto spezzare di nuovo le
fratture...».
In realtà non avevo la minima voglia di ricordare, quindi la
ringraziai
mentalmente quando mi interruppe.
«Alice, per
favore».
«Scusa».
Ripensare a Jacob che
soffriva, quando l’avevo visto alla radura, mi aveva fatto
davvero male. Poi le
ossa avevano incominciato a saldarsi troppo in fretta e alcune nella
posizione
sbagliata, quindi si era dovuto romperle di nuovo. Lui era rimasto per
tutto il
tempo senza sensi, ma non era stato certo un bello spettacolo. Almeno,
così
immaginavo. Io ero a casa, in quel
momento. A pensare. Almeno,
per quanto la presenza di Jasper mi consentisse.
Respirò a
fondo, per calmarsi.
«Alice,
posso farti una domanda? A proposito del futuro...».
Non mi
piacque quella frase. «Sai che non riesco a vedere
tutto», dissi allora, per
avvertirla.
«Non è
questo, non esattamente. Però, ogni tanto vedi il mio
futuro. Secondo te,
perché nessun altro dei vostri poteri funziona, con me?
Né quelli di Jane, né
quelli di Edward e Aro...», la frase si spezzò
lì. Non capii, forse aveva paura
di continuare l’elenco.
Trovai la
domanda davvero interessante. «Dimentichi Jasper,
Bella:» pronunciare quel nome
faceva stranamente male «il suo talento agisce sul tuo corpo
come su quello di
chiunque altro. Questa è la differenza, capisci? Le
capacità di Jasper
influenzano la sfera fisica. È in grado di calmare o
eccitare l'organismo. Non
è un'illusione. Io vedo le conseguenze delle decisioni, non
i pensieri e le
motivazioni che le scatenano; la realtà concreta, o
perlomeno una versione di
essa. Jane, Edward, Aro e Demetri, invece, agiscono all'interno
della
mente. Jane crea un'illusione di dolore. Non danneggia il corpo,
provoca
soltanto una sensazione. Capisci, Bella? La tua mente è un
rifugio sicuro.
Nessuno ci si può intrufolare. C'è poco da
meravigliarsi che Aro fosse tanto
curioso delle tue abilità future» e questa sua
curiosità non prometteva davvero
nulla di buono.
La
guardavo, attenta, cercando di assicurarmi che seguisse il mio
ragionamento.
Vedevo che annuiva e sembrava comprendere, ma sapevo che era solo una
finzione.
Il suo sguardo era perso in un altro luogo, un po’ come il
mio.
Le
accarezzai una guancia. «Andrà tutto bene, Bella.
Non ho bisogno di vedere il
futuro per saperlo. Pronta per andare?», e con questo cercai
di calmare anche
me.
Mi guardò,
ancora curiosa su non so che cosa. La incoraggiai con lo sguardo,
così prese un
respiro e disse: «Solo una cosa. Posso farti un'altra domanda
a proposito del
futuro? Non voglio dettagli, soltanto una panoramica».
Ero
dubbiosa, me lo si doveva leggere in faccia.
«Farò del
mio meglio»
«Mi vedi
ancora trasformata in vampira?». Oh, ma questa era
semplicissima! Le sorrisi,
senza neanche provare a guardare realmente il futuro. Sapevo
già la risposta.
«Oh, questa
è facile. Sì, certo che sì».
Annuì,
lentamente e ritmicamente. Aveva qualcosa di strano...
perché quella domanda? E
mi sorse il dubbio: e se non era sicura? Se in realtà voleva
Jacob, anche se
ancora non era pronta ad ammetterlo neanche a se stessa? No, non volevo
pensare
a quello. Jacob era... sì, era cosa? Mio? No, non sarebbe
mai stato mio. Non
avevo speranze. Il mio sguardo si fece improvvisamente triste, ma
cercai di
sfoderare ancora la mia maschera infallibile. La scrutai, cercando di
afferrare
qualche risposta alle innumerevoli domande che mi ronzavano in testa.
«Non sei
sicura delle tue decisioni, Bella?».
Di’ di sì,
di’ di sì, mi ritrovai a pensare. Poi però mi
diedi della sciocca. Se era ciò
che lei voleva non gliel’avrei impedito.
«Sì. Volevo
soltanto una conferma».
Il suo
sguardo non mi piaceva. «Io posso essere sicura solo quanto
lo sei tu, Bella.
Lo sai. Se cambiassi idea, ciò che vedo cambierebbe... o,
nel tuo caso,
scomparirebbe», ed io speravo vivamente che questo non
accadesse mai. Ma, in
quel momento, non avevo la forza di volontà adatta per
controllare.
Sospirò,
così lentamente che credetti avesse cambiato idea. La sua
risposta quasi mi
stupì. «Però non
accadrà».
La cinsi
con un braccio, per confortarla, quasi volessi farle capire che per me
qualsiasi decisione sarebbe andata bene. «Scusa. Non puoi
avere la mia
comprensione. Il primo ricordo che ho è l'apparizione del
viso di Jasper nel
mio futuro: sapevo da sempre che lui sarebbe stato la mia
metà. Però hai tutta
la mia compassione. Mi dispiace tanto che tu sia costretta a scegliere
tra due
cose tanto belle».
Sì, davvero
belle. Soprattutto la seconda...
«Non
dispiacerti per me», disse, liberandosi del mio abbraccio.
Stupida, che
pensieri che facevo. Dovevo controllarmi, non avrei mai voluto farmi
sentire da
Edward, o sarebbe stata la fine. Già una volta avevo
rischiato grosso, non
poteva succedere di nuovo.
La smorfia
che le comparve in viso mi fece capire che non voleva la mia
compassione. Tanto
meglio, non avrei retto ancora a lungo quella farsa. Avevo bisogno di
restare
sola a pensare, mentre lei doveva andare da Charlie.
«Vado ad affrontare
Charlie», disse d’un tratto. Sì, era la
cosa migliore. Io avevo un bisogno
irrefrenabile di pensare in santa pace, lontana da tutto e da tutti.
Lontana
perfino dalle mie visioni. Persino del mio amore.
Dopo
essermi assicurata che Bella era partita alla volta di casa, evitai
accuratamente di incrociare Jasper per casa e dissi ad Esme che sarei
uscita un
attimo per compiere delle faccende in sospeso. Be’, in
effetti non era proprio
una menzogna. Dovevo, in effetti, sistemare qualcosa di sospeso. Dovevo
pensare.
Mi
addentrai nella foresta, veloce come un fulmine. Avevo già
visto che Edward e
Carlisle stavano tornando e non avevo la minima intenzione di
incrociare Edward
e metterlo a corrente di tutti i pensieri che mi frullavano nella
testa. In
più, stare vicino a Jasper non aiutava -la sua
capacità di sondare le emozioni
altrui a volte era abbastanza ingombrante.
Perciò, la
foresta mi sembrava un bel luogo in cui pensare in pace. Certo, avrei
dovuto
stare attenta ad allontanarmi abbastanza in modo che mio fratello non
mi
sentisse, ma per il resto ero apposto.
Dopo aver
controllato accuratamente di essere in un posto abbastanza lontano da
casa, mi
sedetti -non che ne avessi bisogno, stare in piedi o seduti, per noi
vampiri,
non faceva la benché minima differenza- sul prato verde,
bagnato ancora
dall’umidità tipica di quel luogo, quindi sospirai
-altro gesto inutile che
però ero ormai abituata a compiere.
Così,
immersa nel verde di quella piccola radura, lasciai briglia sciolta
all’infinità di pensieri che il mio piccolo
cervello ospitava a malapena.
Rividi il
volto perfetto di Jasper, la mia unica ragione di vita. Poi la prima
volta che
lo vidi, nella mia prima visione da vampira. La prima volta che lo
incontrai,
il sottile filo che mi univa a lui per l’eternità.
Gli anni passati insieme, la
mia nuova famiglia, il mio potere.
Poi, lui.
Una persona nuova, in grado di stupirmi. La persone più
bella che abbia mai
visto. Il suo portamento elegante, il suo sorriso da infarto -anche se
io non
sono in grado di fare un infarto, ma è un modo di dire-, le
sue iridi scure in
grado di farmi provare sensazioni mai provate. Il suo tocco bollente,
in grado
di farmi sentire ancora viva. La sua puzza che pian piano stava
assumendo un
certo fascino; i suoi insulti a cui rispondevo a tono. Il nostro primo
incontro. La grossa litigata che abbiamo fatto la prima volta che ci
siamo scontrati.
La sua espressione infuriata a disgustata, che a me sembrava comunque
la più
bella del mondo.
Non mi
avrebbe mai amata come io amavo lui. Non mi avrebbe mai accettata. Ed
io avrei
accumulato solo delusioni.
E poi,
avrei ferito irrimediabilmente lui.
Jasper, la mia ancora di salvezza. Il sole per ogni mio momento grigio.
Il
fuoco che accende il mio cuore morto. No, io non sarei mai riuscita a
ferire il
mio amore. Il mio
Jasper. Non per lui.
Sì,
Alice, ne sei proprio così sicura?
No, il
fatto è che non ne ero affatto sicura. Non sapevo se avrei
preferito rinunciare
a Jasper o a Jacob. Il vampiro dolce e sensibile che mi seguiva da una
vita, o
il licantropo scorbutico ed irritabile che avevo appena conosciuto?
Certezza o
ignoto?
E poi c’era
Bella. Lui amava Bella almeno quanto io amavo lui. Sarebbe mai stato in
grado
di dimenticarla? Sarebbe stato in grado di amarmi? Mi avrebbe accettata
per
quello che sono, puzzolente e dura come la roccia -e fredda-, o avrebbe
preferito un’umana calda e mortale, il cui cuore batte e la
pelle è soffice
come la lana? Sarei mai riuscita a far breccia in quel cuore da lupo?
Quando
vagliai le possibilità di stare insieme a lui, vidi il mio
futuro scomparire in
un lampo. La cosa che però mi fece rimanere a bocca
asciutta, immobile come
solo una statua riesce a fare, fu la vena di malinconia che traspariva
da
quell’ignoto insuperabile. E mi fece male. Male come niente
aveva fatto prima.
E vidi Jasper disperato, vidi Edward deluso, Rosalie scocciata, Emmett
privato
della sua allegria. Vidi mia madre -mia madre, Esme, la cosa
più vicina ad una
vera madre che abbia- dilaniata dal dolore della mia perdita. Vidi
Bella
delusa, vidi Carlisle sorpreso, ferito.
E un buco
incolmabile nel mio futuro. Un buco triste, disperato. Un buco che
urlava a
gran voce il suo rifiuto.
Non mi
avrebbe mai amata. Non mi avrebbe mai accettata per quello che sono. Mi
avrebbe
respinta. Ed io avrei perso Jasper per sempre. Avrei perso la mia
famiglia, per
sempre. Irrimediabilmente. Senza possibilità di tornare
indietro.
E questo
era l’unica cosa che volevo evitare.
A quel
punto, mi rimase solo una cosa da chiedermi. Cosa avrei preferito fare?
Andare
incontro ad un futuro incerto, che mai avrei potuto stabilire con
certezza, o
proseguire per la mia strada, dimenticando cioè il
licantropo e concentrandomi
solo sull’infinito amore che provo per Jasper?
La cosa più
razionale, mi dissi, sarebbe stata continuare a stare con Jasper.
Dovevo
dimenticare Jacob, dimenticarmi il suo fascino, la sua allegria, il suo
sorriso, il suo calore... tutto. Dimenticarmi che esiste un licantropo
che si
chiama Jacob Black.
Ci sarei
mai riuscita? Avrei mai sopportato tutto il dolore che sarebbe derivato
da
quella scelta?
Quando la visione
arrivò -dieci minuti dopo quell’interrogatorio
snervante- avevo già deciso cosa
fare.
Vidi Bella
che accostava il pick-up al lato dell’autostrada che porta a
La Push e
incominciava a piangere.
Rimasi
qualche attimo interdetta da quell’immagine, poi i miei
pensieri corsero ad
Edward. Quando mi accorsi che ero troppo distante e mia mi avrebbe
sentita
-subito dopo un attimo di smarrimento-, incominciai a correre alla
nostra
velocità e mandai qualche messaggio mentale a mio fratello.
La visione di lui che
la prendeva in braccio e la consolava mi fece capire che aveva
recapitato il
messaggio. Quando giunsi a casa quello che avevo visto si stava
già avverando.
Prima di
entrare nell’enorme casa che mi faceva da dimora, presi un
profondo -ed
inutile- respiro e cercai di calmarmi. Dovevo parlare con Jasper e
spiegargli
il perché del mio allontanamento, poi dovevo convincermi che
ero in grado di
sopportare la separazione -in effetti, però, non
c’era mai stata un’unione- con
Jacob.
Quando,
però, entrai in casa, Jasper era davanti alla porta che mi
aspettava. Forse
aveva già letto le mie emozioni confuse di qualche ora prima
e ora vedeva che
ero tranquilla, forse aveva capito che erano questioni urgenti e che
era meglio
non interferire, fatto sta che l’unica cosa che fece fu
abbracciarmi e
stringermi forte al petto. Lo lasciai fare, ero troppo felice che lui
avesse
capito per fare altro. Inoltre -constatai con molta
felicità- i miei pensieri
avevano già smesso di correre in continuazione a lui.
Così capii
che fu perché ormai ero sicura che lui mai mi avrebbe amata
e che avrei solo
sofferto, quindi il mio cuore era stato più veloce della mia
mente e l’aveva
rimosso. Fui infinitamente grata a quella pietra che alberga nel mio
petto, e
che solo per un istante era riuscita a battere per Lui.
Con questa
convinzione, ritornai alla mia solita allegria e arrivò la
visione del
matrimonio di Bella ed il mio caro fratellino.