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Autore: Imperfectworld01    13/01/2018    0 recensioni
Amore [a-mò-re] s.m.
1. Forma di amnesia che colpisce una persona facendole dimenticare che al mondo ci sono altri 7 miliardi di individui.
"I hate you, I love you. I hate that I love you. Don't want to but I can't put nobody else above you"
Tratto dalla storia:
«Puoi avere tutte le ragazze che vuoi»
«Me ne frego di tutte. È te che voglio»
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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«Questo è quello giusto, me lo sento!» esclama mia madre guardandosi allo specchio.

«Sì, mamma. È perfetto» dico un po' meno entusiasta di lei.

«L'hai detto anche degli ultimi cinque vestiti»

«Perché tu l'hai detto degli ultimi dieci!»

«Ti stai annoiando?»

«No, no, non è questo... io... sì» ammetto sincera.

È da almeno tre ore che siamo bloccate nello stesso negozio di vestiti da sposa.

«Mi dispiace, mamma. Ma siamo qui da ore ed ore e il matrimonio sarà fra un mese, c'è ancora tempo»

«Non c'è ancora tempo! Forse ho sbagliato ad accettare la proposta di Giorgio»

Giorgio è il fidanzato di mia mamma. Stanno insieme da circa sei anni, e lui due mesi fa le ha chiesto di sposarla.

«Non credo di essere pronta per ricominciare. Mi ricordo ancora quanto ho faticato per organizzare l'altro matrimonio... E se dovesse andare male come l'altra volta?»

«Mamma, mamma» dico portandola a sedere su una poltrona.
«Calmati, vedrai che andrà tutto bene. E poi te lo meriti. Di farti un'altra vita, intendo»

«E di te, che mi dici? Sei sicura che per te non c'è nessun problema? Se a te non va bene qualcosa, sono ancora in tempo ancora a disdire...»

«Stai tranquilla, mamma. Non devi preoccuparti per me. Se tu sei felice, allora sono felice anch'io» dico con voce ferma.

«Oh, la mia bambina com'è diventata grande» dice abbracciandomi.
«Non posso credere che tu abbia già tredici anni...»

«Ehm, quattordici» preciso.

«Come, di già?»

«Già, compiuti tre mesi fa»

«Caspita, come vola il tempo. Sembra ieri quando te ne andavi a gattoni in giro per casa... Invece hai già quattordici anni. Manca poco e sarai anche maggiorenne, troverai un ragazzo e un lavoro e andrai a vivere da sola. Ti sposerai anche tu e avrai dei figli e...»

«Frena, frena! Io non sono ancora pronta per tutte queste cose! E poi, non penso proprio che avrò dei figli»

«Perché?»

«Perché non avrò mai un ragazzo»

«Vuoi farti suora? Tesoro, parliamone. È una scelta molto importante, e sai che io ti appoggio in ogni cosa, ma devi rifletterci e...»

«No, non è per questo... È perché nessun ragazzo si è mai interessato a me» dico con un velo di tristezza nella voce.

«Che ne sai? Solo perché non te lo dicono, non significa che non ti vadano dietro»

«Sì, certo» faccio sarcastica.

«E a te, invece? Non interessa nessun ragazzo? Non mi parli mai di ragazzi...»

«A me? No»

«Sicura? Non ce n'è uno, in particolare, che preferisci agli altri?»

Improvvisamente mi viene in mente Stefano. È davvero carino. Ma lui neanche mi nota, nemmeno mi considera. 
Ma in fondo non ci sto neanche male. So che con lui non ho possibilità. E di solito questa consapevolezza dovrebbe fare male, ma io sto bene. Forse non mi piace nemmeno. Penso di essere più innamorata dell'idea che mi sono fatta di lui, che di lui.

«Allora?» chiede mia mamma.

«Eh? Ah... no, non mi piace nessuno»

«Ok...» dice, anche se non mi sembra molto convinta.

«Va be', vado a cambiarmi. Cercheremo l'abito un'altra volta» dice entrando in camerino.
«Che ore sono?» chiede poi, dopo essersi cambiata.

«Le otto meno un quarto» dico guardando l'ora sul display del cellulare.

«Ah sì? Che strano, Giorgio dovrebbe già essere qui. Aveva detto che mi avrebbe raggiunto alle sette e mezzo»

«Forse ha avuto un contrattempo...»

«Erica?» sentiamo una voce maschile e ci voltiamo entrambe verso l'entrata del negozio.

«Oh, eccolo!» dice mia mamma correndo fuori dal negozio e andando ad abbracciare Giorgio.

«Ciao, Elisa» dice salutandomi con la mano.

«Ciao» rispondo con un sorriso.

«Andiamo, vi porto a mangiare ad un ristorante fantastico qui vicino»

Poco più tardi, arriviamo al ristorante.

«Buonasera. Avete prenotato?» domanda la cameriera non appena ci vede entrare.

«Sì, Zibido per tre» risponde Giorgio.

«Ok» dice la cameriera, conducendoci al nostro tavolo.

Qualche secondo dopo, ci porta i menù.

«Avete deciso?» ci chiede circa cinque minuti dopo.

«Sì. Due margherite per noi e un'americana per la signorina» risponde Giorgio.

«E da bere?»

«Del vino rosso, per favore»

«Anche per la signorina?» chiede rivolta a me.

«Sì, grazie» rispondo.

«No, grazie» dice mia madre.

«Ma hai detto che sono diventata grande» protesto.

«Non abbastanza per del vino»

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo.

«Quindi... che cosa ti porto?»

«Dell'acqua naturale»

«Ok» dice la cameriera andandosene.

«Allora, come va a scuola?» mi domanda Giorgio.

«Il solito... nulla di nuovo»

«E con i ragazzi? Ce l'hai un fidanzatino?»

«No»

«Davvero?»

«Sì, davvero»

«Ma come? Una ragazza così carina non può...»

«Ma che avete tutti oggi? Non ce l'ho il ragazzo! Ho detto che non ce l'ho e non ce l'ho!» dico infuriandomi, alzandomi in piedi e andando altrove.

«Ma che ha?» sento in lontananza Giorgio sconcertato.

«Quattordici anni» risponde mia madre con un sospiro.

Vado in bagno per qualche minuto e poi torno al tavolo, scusandomi per il mio atteggiamento.
Il fatto è che non capisco perché continuino a rompermi con questa storia del fidanzato.

Probabilmente Giorgio voleva farmi un complimento, invece non ha fatto che farmi stare più male.
Diamine, ho quattordici anni. Perché non ho un ragazzo? Tutte hanno un ragazzo a quest'età. Tutte tranne me.

Finirà che morirò a ottant'anni triste e sola, senza aver mai dato nemmeno il mio primo bacio.

È così imbarazzante.
In quattordici anni di vita non ho ancora baciato nessuno.

Tornando al discorso di prima, non capisco perché fossero così insistenti. Dovrebbero essere più contenti del fatto che sia single. E più tranquilli. Alla mia età ci sono bambine che hanno bambini. 
Non che io abbia intenzione di... però i genitori si fanno molte paranoie inutili quando le loro figlie hanno dei ragazzi... mia mamma no.

Perché non si fa delle paranoie come tutti i genitori? 
Forse si fida di me... be', questa cosa non mi piace.

«Mamma... penso dovresti farmi visitare da una ginecologa...» potrei dirle.

No, meglio di no. Poi inizierebbe veramente a preoccuparsi e non mi lascerebbe più andare da nessuna parte, né far venire nessuno a casa.

Dopo cena, torno a casa, dove mi raggiungono anche Vanessa e Francesca, che restano a dormire da me. Andiamo a dormire alle quattro di mattina, il che non è una grande idea, considerando che poco più di due ore dopo dovremo svegliarci per prepararci e andare a scuola.

«Bella faccia...» dice Rovati ridendo sotto i baffi quando mi siedo accanto a lui la mattina seguente.

«Già. Stanotte non ho dormito per niente e ora ho due borse enormi...»

«Che? Cosa è cambiato dagli altri giorni?» dice scrutandomi meglio in viso.

«Sei uno stronzo, lo sai?» dico incrociando le braccia e guardando davanti a me.

«Ah sì? Perché io penso di piacerti»

A quelle parole mi irrigidisco e mi volto verso di lui con gli occhi spalancati.
A caso se ne viene fuori con una frase del genere.

«Che? No!» esclamo.

«Allora perché sei così agitata?» dice appoggiando il suo braccio sullo schienale della mia sedia.

«Io non sono agitata»

«Sì che lo sei» dice avvicinandosi a me.

«No. E anche se fosse, perché dovrebbe significare che mi piaci?»

«Perché la mia presenza ti innervosisce»

«Oh, no. La tua presenza mi infastidisce. Se non l'hai ancora capito, io non ti sopporto»

«Che credi, che tu invece mi stai simpatica?»

«Perché non dovrei? Io non ho niente che non vada»

«Stai scherzando?» dice scoppiando a ridere.

Poi prende un foglio dalla cartella.

«Sai, durante il weekend ho aggiunto degli aggettivi all'elenco» dice mostrandomelo.

«Gallina? Ehi!»

«Già. Forse tu non te ne rendi conto, ma quando ti arrabbi, tendi ad alzare la voce e sembri una gallina»

«Non è vero. Be', cos'altro hai scritto?» dico strappandogli il foglio di mano.

«Sotuttoio, castana... che c'entra, questo?»

«È un aggettivo che ti riguarda...»

«Pensavo che scrivessi solo cose negative su di me... se mi fai notare che ho i capelli castani mi stai insultando?» chiedo un po' disorientata.

«Ehm, no... anzi, a me piacciono i tuoi capelli» dice grattandosi la testa.

Io non ci trovo nulla di speciale, ma se lo dice lui.

«Non sapevo più cosa scrivere per insultarti e allora ho scritto come sei fatta... Ora mi dai il foglio, per piacere?»

«Aspetta, vi sono altri aggettivi. Stronzetta, rompicoglioni... ehi!»

«Oh, ma sta' zitta! Tu puoi pensare queste cose di me, ma io no?»

«Direi che non fa una piega»

Continuo a leggere.

«Carina... carina? Mi trovi carina?» chiedo colpita e curiosa.

«Eh? No! Era per dire che... carina, come insulto... nel senso che sei sempre così carina con tutti che sembri falsa»

«Non è affatto così!»

«È solo la mia impressione» dice con un'alzata di spalle.

«E ora smettila di parlare, la tua voce mi da così tanto fastidio che mi verrebbe voglia di chiudermi in una camera insonorizzata per non poterti sentire» dice con tono sprezzante.

Ovviamente, non sa cosa dire quando si trova in difficoltà, e passa agli insulti.

Che ragazzo strano.

Chi scrive su un foglio ciò che pensa della ragazza che ha come vicina di banco?

«Be', penso sia originale» commenta Francesca ridacchiando, quando le racconto tutto durante il cambio d'ora.

«Originale? È scemo. E infantile»

«Su, la prendi troppo sul serio... sei una guastafeste»

«Cosa? Guastafeste? Anche tu lo pensi?»

«Perché, chi te l'ha detto prima di me?»

«Rovati» dico pronunciando quel nome con disprezzo.

«Be', però è vero. Eli, tu sei troppo... troppo... segui troppo le regole!»

«Non è vero. Uso anche il cellulare in classe!" urlo.

«Come?» mi chiede la professoressa di italiano, che sta passando di fianco a me per uscire dall'aula.

«È?»

«Hai detto che usi il cellulare in classe?»

«No. Ha capito male, prof, gliel'assicuro...»

La prof mi fissa dubbiosa per qualche secondo. Poi decide di credermi e se ne va.

«Visto? Ho anche mentito!»

«Uh, caspita, allora sei proprio una ribelle!» dice sarcastica.

«Puoi dirlo forte»

«Sì, certo...» dice una voce alle mie spalle.

Mi volto.

«Ancora tu? Ma che vuoi?» dico scontrosa a Rovati.

«Scusa, ma mi sembri tutto tranne che ribelle»

«Dai Rovati, stai zitto» dico, ma lui mi ignora.

«Ma è sempre stata così?» chiede a Fra.

«Io sono ribelle... posso infrangere le regole se voglio»

Ma sia Francesca che Rovati non mi stanno ascoltando.

«Già... purtroppo non c'è niente da fare con lei» ridacchia Francesca.

«Ehi!»

«Lo vedo...» dice l'altro.

«Io sono qui, vi cedo e vi sento»

Niente da fare.

«Bene, ora vi dimostro che posso essere ribelle» dico quasi urlando, per attirare la loro attenzione.

Inutile, nemmeno mi stanno ascoltando. Se ne sono andati a parlare fra di loro. È davvero fastidioso.

«Mi dispiace, ma è inutile. Non puoi farcela» dice Rovati mentre lo guardo con odio.

«Argh!»

«E dai a me del nevrotico?»

«Sì, perché mo sei»

«A me sembra il contrario...»

«Sta' zitto. E fatti gli affari tuoi, impiccione»

«Nevrotica»

«Ok, dai, smettetela...» tenta di calmarci Francesca.

«Comunque, se davvero vuoi dimostrare di essere ribelle come dici, che ne pensi di venire ad una festa?»

«Una festa?»

«Sì, la festa di Natale dell'istituto»

«Che cosa c'è di ribelle in questo?»

«È alle 23:00. Credi di riuscire a stare sveglia fino a quell'ora per venire alla festa?»

«C-certo! Che credi, che vada a dormire alle 20:30 come i bambini?»

«Be'...» comincia Francesca.

«Non è vero» esclamo.

È dalla prima media che vado a dormire alle 22:00.

«Allora, ci stai?»

«Quand'è la festa?»

«Il 22. Prima dell'inizio delle vacanze»

«E quando finisce?» chiedo.

«Non lo so. Sul gruppo della scuola su Facebook c'è scritto tutto»

«D'accordo»

«Se domani mi porti i soldi poi ti faccio avere le prevendite»

Io annuisco.

«Ah, Francesca, ovviamente sei invitata anche tu»

«Possiamo portare Vanessa?» 
chiede lei.

«Sì. Portate più gente possibile» dice andando a parlare con i suoi amici.

«Finalmente avrò il mio momento. Mi presenterò alla festa e ci resterò fino alle cinque. E lui si ricrederà» esclamo.

«Ehm... sì, a proposito di questo... Elisa, tua madre non ti lascerà mai andare a quella festa»

«Allora vuol dire che ci andrò di nascosto»

E poi dicono che non sono ribelle. Io sono fin troppo ribelle. Sono la più ribelle dei ribelli. Non posso proprio aspettare per vedere la faccia di quel rompiscatole quando mi vedrà alla festa.

Magari conoscerò anche un ragazzo... lui si innamorerà di me e ci metteremo insieme. E forse anche Vanessa e Francesca troveranno un ragazzo... faremo un matrimonio insieme. Ci sposeremo tutte nello stesso giorno con gli uomini della nostra vita. Sarebbe super.

Non vedo l'ora di andare a quella festa!

Ecco il terzo capitolo, che ne pensate? Secondo voi Elisa riuscirà ad andare alla festa?

 
   
 
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