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Autore: SurpriseMdF    13/01/2018    0 recensioni
Sull'unica terra di un universo dimenticato, abitavano tre razze: serpenti, giganti e draghi.
I serpenti avevano l'obbligo di mantenere la pace e la neutralità che in quell'epoca regnava. I giganti rinchiusi nel sottosuolo, ormai vuoti, cercano di sopravvivere stando uniti e lavorando. Infine i draghi, razza dominante in superficie. La trasgressione e la voglia di cambiamento causerà un disastro ciclico che spezzerà l'ordine e la pace che ormai regnava da molto tempo.
Una storia infinitivamente triste che richiama la nostra vita quotidiana anch'essa piena di amori, tradimenti e la voglia continua di cambiamento.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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Sol
 
 
 
Sol si svegliò dal suo letto in paglia con la schiena a pezzi per il duro lavoro del giorno prima, ma ormai abituato a quel lavoro, sapeva che doveva andare come ogni giorno in officina a battere il ferro. Su quell’incudine affilava il più possibile le vecchie spade. Nell’ aprire la porta vide il suo martello appoggiato sul banco, un caro regalo donatogli da Gwyn come segno della sua amicizia. Pensò all’ amico, stringendo la collana nella mano, anch’essa un grande regalo e simbolo di un’amicizia eterna, anche lui ne aveva una uguale e cominciò a pensare di come era preso l’amico in quest’ultimo periodo.
- Gwyn ultimamente sta cercando qualcosa, lo vedo soffrire, lo devo aiutare se no ne risentirà tutta la sua famiglia. Ma cosa posso fare? Come posso aiutarlo? Meglio se lo vado a chiamare. -
La capanna di Gwyn era immensa, una delle più grandi del villaggio date le enormi misure della sua famiglia. Tutta interamente in ferro era una delle capanne più belle e simbolo della bravura dei maestri fabbrili della sua famiglia. Dopo aver bussato la porta si guardò le nocche delle mani per vedere se c’era un livido lasciato dalle pacche nel ferro. La porta si aprì:
- Salve milady, dove posso trovare tuo padre? -
- Oh salve Sol, molto felice di vederti, mio padre è già in officina. -
- Ha cominciato presto, non è da lui. -
- È da ieri che si trova in officina senza mai riposarsi, voleva recuperare il lavoro perso e far riposare il nonno un po’. -
- Capisco Gwynevere, grazie lo vado a salutare. -
- Di niente Sol, arrivederci. -
Gwynevere, una fanciulla graziosa con dei lunghi capelli mossi biondi e un bel seno prosperoso, era la figlia di Gwyn, anche lei enorme, alta più di quattro metri, praticamente il doppio di Sol. 
Si sentiva sempre un po’ a disagio in quella casa, tutto era cosi grande e lui era il più piccolo del villaggio.
Gwyn era chino sull’incudine a battere quel pezzo di ferro tutto nero unto di polvere. Vedeva la stanchezza in lui sia fisicamente che moralmente, derivata forse perché aveva trattato male il padre.
- Hei Gwyn! Come va? Ti va una pausa? -
- Hei Sol! Non avevi paura di venire a casa mia? -
- Spiritoso… Dai andiamo a fare un giro molla giù quel martello. -
- Ecco voglio aiutare mio padre, non mi piace come l’ho trattato l’altro giorno, mi dispiace ma resto. -
Sol cominciò a pensare grattandosi il mento, a come poteva convincere l’amico a seguirlo per farlo uscire da quella stanza:
- Andiamo al cimitero. -
- No dai, non insistere. -
- Andiamo dentro al cimitero. -
- Cosa? Sei impazzito? Tu che me lo chiedi a me? -
- E tu che rifiuti? Pensaci bene perché mi pentirò presto di avertelo domandato. -
- Cazzo si andiamo! -
Una risata rispose all’esclamazione di Gwyn che magicamente pareva fosse rigenerato.
- Ma come mai vuoi andare? -
- Ho pensato bene cosa volevi trasmettermi l’altro giorno e sono sempre più convinto che la nostra esistenza non deve finire qua sotto Gwyn. Perché esistiamo? Dobbiamo avere un obbiettivo nella vita, non possiamo starcene qua aspettando una profezia che mai e poi mai si avvererà se qualcuno non farà il primo passo. -
- Quel qualcuno siamo noi Sol? -
- Puoi dirlo forte amico. -
Una stretta di mano concluse il patto dei due che diventò ferreo e infrangibile, alimentato dall’ incredibile voglia di fare.
Abbandonarono la casa e passarono tutto il villaggio che, come sempre, era spento e cupo. Fabbri che battevano sulle incudini, accompagnavano gli abitanti che dormivano per terra o bisticciavano tra di loro senza motivo. Le donne che si occupavano del cibo quasi inesistente e dell’acqua recuperabile solo nel grande pozzo. Un villaggio che stava per morire. Dovevano dare una svolta. Si erano stancati della tristezza e della monotonia che infettavano sempre più la razza dei giganti.
Passando vicino l’abitazione di Ornstein, Gwyn urlò con tutta la voce che aveva in corpo, assordando Sol che gli stava affianco:
- Ma sei impazzito! - Disse Ornstein facendo capolino dalla finestra.
- Molla tutti i tuoi piani, si va a cambiare il mondo! - Gwyn lo disse con il petto in fuori accentuando l’imponenza del suo corpo massiccio.
- Si ok, mi butto sul letto e lo sogno, magari ci incontriamo. - Appena svegliato dall’urlo che lo fece sobbalzare dal letto, lui voleva ritornare a dormire.
- Andiamo dentro al cimitero. - Con mezzo sorriso stampato sul volto Sol fece illuminare Ornstein che lo fece rimanere di stucco, mai e poi mai pensava che dalla bocca di Sol potevano fuori uscire quelle parole.
- Cazzo si andiamo! - L’ esclamazione ripetuta di Ornstein fece sorridere Sol.
- Hai fatto lo stesso motto di Gwyn, mi stupisco che voi non siate fratelli. - Disse ridendo Sol.
- Un classico, mi ruba sempre le battute. - Pronto per l’avventura aveva già raggiunto il gruppo.
- Facciamo tappa da Smought, ultimamente è un po’ irrequieto, devo sostenerlo e poi dai, siamo un bel gruppo. -
- Ornstein, lo sai che non lo sopporto, non voglio portarmi dietro un peso con il muso impiantato tutti il giorno. - Rispose Gwyn alterato dall’idea di Ornstein.
- Dai dai, guarda il lato positivo, non aprirà bocca con nessuno di questa scampagnata. - Con l’occhiolino andò a chiamare il grasso gigante che era poco distante dall’abitazione di Ornstein.
- Ma proprio ora doveva chiamarlo? Penso sia la cosa più interessante che faccio dà io non so quanti anni e va a chiamare Smought? - Disse Sol. Lui non odiava Smought, ma per lui quella missione era veramente importante poiché lo faceva solo per l’amico Gwyn.
- Pronti? Dai saluta Smought. - Già di ritorno Ornstein era felicissimo di fare qualcosa insieme a tutti i suoi più cari amici.
- Urghh. - Già quella smorfia era sforzata per riuscire a interagire. Il gruppo salutò per forza Smought, ma non tutti erano felici di questo team.
Con meno entusiasmo i quattro cominciarono a camminare dando molti sospetti alla gente del villaggio, poi la compagnia di Smought non aiutava la situazione.
Giunti al cancello studiarono il modo di entrare e Sol toccò per l’ultima volta quella scritta rovinata che doveva essere la leggenda dei giganti e a bassa voce si disse: “Stiamo compiendo il primo passo come tu hai scritto la prima lettera.”  Il tocco lieve del gigante accarezzò la scritta in rilievo piena di ruggine e muschio:
- Bene. Come entriamo? - Disse Sol.
Neanche il tempo a dirlo e Smought con una manata spalancò il grosso cancello come niente fosse.
- Ma sei impazzito? Smought, è un reperto storico, qua riposano i tuoi avi che hanno combattuto nell’era precedente. Perché hai fatto questo? - Ornstein non credeva a cosa aveva visto e tutti rimasero a bocca aperta per il gesto poco gentile del grasso gigante.
- Perché era ora. - Ed entrò non curandosi di cosa aveva fatto.
Non avevano tempo di sgridarlo, il cimitero. Si trovavano conficcate nel terreno spade di ogni misura, lance bidenti, alabarde fatte di ferro, frecce conficcate ovunque e grandi scudi enormi, senza stemmi poiché bruciati dal potere immenso dei draghi. Un cimitero di armi era in prima vista e non di giganti. Sentirono un brivido salire sulla schiena e una paura matta vedendo tanta desolazione e potenza.
- Tutte queste armi, quanti eravamo? Quanti ne sono scomparsi? E non hanno ucciso nemmeno un drago? - Gwyn incredibilmente scioccato e pietrificato, continuò a camminare in questa arena di guerra, calpestando la terra che si sgretolava sotto i suoi piedi, terra ormai distrutta e lacerata per tutti gli squarci ricevuti. Enormi pietre grigie si alzavano dal terreno piene di muschio, con strani simboli e nomi impressi e scavati nella pietra. Tombe maestose, più avanzarono più le tombe diventarono giganti e su ogni tomba si trovava conficcata, molto probabilmente, l’arma previlegiata del combattente deceduto.
- Si riesce a leggere qualcosa “La mia arma, amica di tutte le battaglie resterà con me fino alla fine e poi per sempre.” Erano sicuramente molto onorevoli. - Sol accarezzò la scritta in segno di rispetto e toccò l’arma conficcata: uno spadone quasi fossile con la punta conficcata nella pietra, una lama dalla forma a V e uno fornimento sottile e corto, una spada a una mano. Incredulo da cosa stava vedendo si domandava come potevano maneggiare spade così potenti con una mano. Loro non erano più grandi e nelle loro vene scorreva lo stesso sangue, eppure perché loro erano dieci volte più potenti? Sol non riusciva a capire e tale stupore si rifletteva negli altri, forse Smought era quello più tranquillo visto che stava rovistando in un cumolo di ferro per trovare magari un’arma che gli si addicesse.
- Guardate ragazzi! - Era Gwyn che aveva trovato un ponte che portava ad un'altra zona, non si intravedeva niente poiché l’oscurità nascondeva nel modo più assoluto il tutto. Ornstein era il primo seguito da Gwyn, poi Sol ed infine Smought.
- Un’altra porta ragazzi. Smought prova a muovere un muscolo e ritorni dove ti ho pescato. - Puntandogli contro il dito Ornstein era più serio che mai.
- Guardate una scritta “Il nido della vita va tenuto vivo per sempre, l’eletto sarà in grado di vincolarlo e di tenere viva l’anima.” Viva l’anima? Ma che vuol dire tutto questo? - Gwyn non riusciva a capire quelle parole che per lui non avevano significato, non poteva capire.
- La apro, state indietro. - Con uno sforzo disumano Gwyn fece forza sulle sue possenti braccia e dopo un urlo per accompagnare l’enorme sforzo, la porta si mosse di poco creando un terremoto. Massi si staccarono da sopra, parti di terreno venivano risucchiati dall’oscurità, solo un grido si percepì in mezzo a quel baccano.
- Andiamo via! Ora! -
Tutti cominciarono a correre verso il cimitero, ma una voce li fece fermare. Gwyn si girò per primo, una scena raccapricciante sotto i suoi occhi lo irrigidì: Sol stava per cadere nel dirupo, solo la mano di Smought lo teneva sospeso per aria.
- Sol arrivo! Tieni duro! - Gwyn urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Smought tiralo su! - Dietro Ornstein gridò anche lui con tutta la sua forza.
Gwyn era a un passo dall’amico e quel passo rimase costante anche quando lui arrivò in prossimità del dirupo, Sol stava cadendo. Smought mollò la presa poco dopo l’arrivo di Gwyn.
 
 
 
Senza fiato i tre si stavano riposando, la corsa era stata intensa e le pietre che piovevano dal cielo non avevano aiutato la fuga. Gwyn con passo deciso si avventò contro Smought prendendolo per la gola e alzandolo da terra, urlando scaricò tutta la sua ira:
- Che cazzo hai fatto!? Perché hai mollato la presa? Sol è andato nelle profondità! Lo sai questo che vuol dire pezzo di merda? Lo sai che hai lasciato andare la persona più cara che avevo al mondo grasso idiota? -
Ornstein con enorme fatica riuscì a staccarlo, Smought atterrò tossendo, senza fiato si massaggiò la gola.
- Cazzo Gwyn, non l’ha fatto apposta. Calmati! Ha provato a salvarlo non hai visto? Come poteva tirarlo su con tutti quei massi che piovevano da sopra. Stai calmo ora! -
- Che cazzo stai dicendo Ornstein! Guardalo! È tre volte Sol, se voleva poteva farlo volare via con un solo braccio! -
- E perché allora ha provato a salvarlo? Stiamo tutti calmi! -
- Calmi un cazzo ora è diventato come un suo avo, imprigionato dalle rocce per sempre. -
 
   
 
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