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Autore: Layla    13/01/2018    0 recensioni
Nel 1907, il dottor Duncan MacDougall di Haverhill in Massachussets, misurò il peso corporeo di sei persone durante il loro trapasso. I dati registrati gli fecero concludere che, subito dopo la morte, ogni corpo umano perde 21 grammi. Questo peso, secondo lo scienziato statunitense, sarebbe da attribuire all’anima. Karima è nata senz'anima, non sa provare emozioni e, secondo la predizione di una vecchia zingara tornerà a provarle solo quando la sua anima gemella le restituirà la sua. Jack Barakat potrebbe essere quella persona, sebbene non creda a queste dicerie, perché quando incontra Karima si rende subito conto che è legato a lei in modo speciale quanto inspiegabile.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Barakat, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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1)La  vita della senz'anima.

 
Karima p.o.v.

 
Sono passati tre mesi dalla morte dei miei genitori e i mie occhi sono asciutti, secchi.
Allah non permette che nemmeno una lacrima scenda o forse dovrei dire Dio, ma ogni volta che pronuncio il nome del dio dei musulmani mi sento più vicina alla mamma.
Mi manca e mi manca papà, ma non riesco a esprimere questo sentimento come non sono mai riuscita a esprimere altri sentimenti in precedenza.
Sento che il mio cuore è da sempre avvolto in uno strato di ghiaccio, una zingara disse una volta alla mamma che ero nata senza anima e che solo la mia anima gemella mi avrebbe restituito la mia mancante.
Non so se sia vero, forse è stata solo una frottola per avere un po’ di soldi, ma forse è vero.
Perché io non sento emozioni?
O se le sento, le sento così lontane?
Mi hanno portato da psichiatri e psicologi e nessuno è mai riuscito a venire a capo del problema, la cosa mi fa stare un po’ male. Male quanto può stare una senza sentimenti.
Con un sospiro prendo il mio basso verde e inizio a muovere delicatamente le mani sulle corde, lasciando che una melodia triste parli per me. Tutte le mie melodie sono tristi, ma quelle che compongo ora sono più tristi del solito. Parlano di perdita e disperazione al mio posto e provocano leggeri movimenti al mio interno, come topi che corrono in una vecchia casa.
Vorrei riuscire a dirli a voce alta e con le lacrime agli occhi questi sentimenti, vorrei essere normale.
Qualcuno bussa alla porta della mia camera e io appoggio delicatamente lo strumento al suo posto, in un angolo della stanza. Adam entra e si siede sul mio letto, sul suo volto c’è un’espressione seria.
Da dopo il funerale è venuto praticamente a vivere da me per controllare che non mi lasciassi morire di fame o facessi qualche stupidagine.
“Karima, andrai per un po’ da zio Tom e zia Jen.”
“Perché?”
“Sono preoccupato per te, sorellina. Non mangi, parli meno del solito, indossi sempre questo hijab. Io mi sento tagliato fuori, non so cosa fare per farti stare meglio, forse lo zio e la zia ci riusciranno. E poi ho un lavoro da fare che mi terrà lontano un mese da San Diego.”
Io abbasso gli occhi.
“Mi dispiace di essere un peso per te e di farti soffrire ancora di più, vorrei poterti aiutare, so che anche tu eri affezionato ai miei genitori…. Ma non ci riesco. Aspetto che i sentimenti arrivino sempre, ma non sento nulla.”
Lui mi abbraccia.
“Io ti voglio bene anche se non riesci a esprimere i tuoi sentimenti o sei nata senza anima, vorrei che tu stessi meglio.”
“Allora andrò dagli zii.”
Lui annuisce.
“Inizia a fare le valigie.”
“Va bene.”
Lui esce e io inizio a infilare cose a caso in una grande valigia: vestiti, intimo, salviette, altre cose.
Alla fine riempio due valigie e io e Adam partiamo alla volta della grande villa dei DeLonge, appena fuori San Diego, per far sì che io abbia pace e tranquillità. Il cancello si apre e lo zio mostra ad Adam dove parcheggiare la mia macchina, poi ci stringe in un abbraccio caloroso.
“Sei diventata magra, piccolina. Devi mangiare.”
“Lo so, zio.”
Lui e Adam portano dentro i bagagli, i miei zii mi hanno riservato una camera grande e molto confortevole e – cosa più importante – con un bagno personale.
Quando finisco di mettere via le mie cose e scendo nel salone i miei cugini mi saltano in braccio, prima Ava e poi Jonas.
“Sei diventato ancora più bello.”
“E tu magra, Karima! Ma la mamma ti metterà a posto.”
Una volta lasciati i ragazzi abbraccio la zia.
“Somigli tanto a Daniel, ma vorrei che i tuoi occhi non fossero così spenti.”
“Lo vorrei anche io, zia.”
“Aida mi aveva detto del tuo problema, ma non pensavo fosse così grave.
È pronta la cena in ogni caso.”
Andiamo tutti nella grande sala da pranzo e zia ci serve una generosa porzione di lasagne, all’improvviso mi sento gli occhi di tutti addosso.
Con lentezza esasperante taglio un pezzo con il coltello e lo infilzo con la forchetta e poi lo porto alla bocca, mastico e lo inghiotto.
“Molto buone.”
Lei mi sorride radiosa.
“Allora mangiale.”
Io cerco di atteggiare la mia bocca a un sorriso e mangio un altro boccone.
Ogni volta che li inghiotto è una fatica, ma sento di non poterli deludere, che stanno facendo tutto questo per me e per aiutarmi. Forse lo sanno meglio di me che se fossi rimasta da sola mi lascerei morire di fame per raggiungere la mia famiglia.
Mamma mi manca soprattutto, lei è quella che si è sentita più colpevole per il mio problema, diceva che forse era una punizione di Allah per essersi sposata contro il volere dei suoi con un infedele. Le dispiaceva che pagassi per quella che riteneva fosse una sua colpa.
Finito di mangiare la lasagne della zia, mangio anche il dolce e poi mi ritiro per fare una doccia, ne ho bisogno.
Sto in bagno per quella che mi sembra un’eternità e quando esco pulita, profumata e con i capelli asciutti trovo mio zio in camera.
“Ehi, scricciolo. Come va con il basso?”
“Bene, zio. Vuoi sentire qualcosa di mio?”
“Sì, mi piacerebbe.”
Io inizio a suonare quello che stavo suonando prima che Adam mi interrompesse, lui mi guarda ammirato.
“Sai suonare benissimo, perché non entri in una band?”
“Mi piace di più la fotografia, sento che riesco a esprimere meglio i miei sentimenti, anche se per adesso lavoro alla Fueled By Ramen perché nessuno mi chiama.”
Gli rivolgo un sorriso triste.
“Sono sicuro che in futuro andrà meglio, Adam ti aiuterà.”
Io annuisco e suoniamo insieme come quando ero piccola e lui mi insegnava a mettere le dita nel posto giusto.
Suoniamo fino a mezzanotte, non pensavo che mi avrebbe portato via così tanto tempo!
“Zio, io domani devo andare al lavoro.”
“Alla Fueled By Ramen?”
Io annuisco.
“Allora ti lascio dormire.”
Lui esce ed entra mia zia con un bicchiere in mano, io la guardo curiosa.
“È valeriana, ti aiuterà a dormire.”
Io annuisco e la bevo senza fiatare.
“Buonanotte, zia.”
“Buonanotte, Karima.”
Mi metto a letto e dieci minuto dopo sono già addormentata.

 
La mattina dopo mi sveglio e mi vesto con la solita cura: un paio di skinny strappati neri, una camicia dello stesso colore con due uccellini azzurri sulle tasche. L’unica nota di colore è la mia giacca rossa lunga e un po’pelosa.
Scendo e trovo la cucina affollata, Adam mi passa un piatto di uova e bacon.
“Ma…”
“Mangiale, Karima. Hai bisogno di energia.”
Mi dice lui paziente, io inizio lentamente a mangiarle.
Poi ingurgito del succo di arancia e un paio di pancakes, poi io e lui lasciamo la cucina, in salotto noto le valigie.
“Io devo andare, vedi di sopravvivere, voglio ritrovarti viva al mio ritorno, anche perché ho qualcosa che potrebbe interessarti.”
“Cosa?”
“Sorpresa!”
Ci abbracciamo e poi lui se ne va con le valigie e la sua macchina fotografica al collo.
Io sospiro e mi dirigo al lavoro, io lavoro in un ufficio della casa discografica.
Parcheggio la macchina al solito posto e poi salgo in ufficio, ho una marea di pratiche da sbrigare, devo anche parlare con i tecnici per vedere cosa fare con le band che ogni giorno da noi registrano qualcosa. Alcuni sono bravi e probabilmente firmeranno un contratto, altri no, non sono semplicemente ancora pronti.
Alle dieci un tecnico sale con un sorrisone stampato in faccia.
“Cosa succede, Ismael?”
“Ci servi per sentire una band. Non riusciamo a decidere se valga la pena .”
“Va bene. Amelie, puoi finire tu la mia pratica?”
“Sì, certo. Vai.”
Mi fa l’occhiolino e io alzo gli occhi al cielo, crede che Ismael mi corteggi.
Esco dalla stanza insieme e non appena siamo fuori dalla stanza mi domanda perché la mia amica mi ha fatto l’occhiolino.
Imbarazzante.
“Non lo sa che ho una ragazza?”
“No, pensa che saremmo una bella coppia, ha un po’ la mania di fare da cupido.”
“Capisco. Beh, forse dovremmo trovarle un ragazzo.”
“Sono d’accordo.”
“Ma adesso pensiamo alla band.”
Scendiamo nella zona dove ci sono gli studi di registrazione e trovo un gruppo di  quattro ragazzi sui vent’anni, uno ha i capelli di un azzurro fosforescente.
“Lei è Karima, lavora in ufficio e deciderà se vale la pena mettervi sotto contratto. Noi non abbiamo ancora preso una decisione.”
“Non presentarmi come il giudice supremo! Lo odio.”
Come vi chiamate?”
“Blue Tomatoes.”
“Allora, Blue Tomatoes. Dateci dentro!”
Dico con il mio solito sorriso falso che uso quando sono al lavoro per incoraggiare qualcuno e poi mi siedo su una sedia tra i tecnici.
I ragazzi prendono posto nella sala di registrazione e dopo aver sistemato gli strumenti iniziano a suonare un pop-punk veloce e anche un po’ grezzo, pieno di energia, anche se il cantante ogni tanto stecca e nemmeno gli altri musicisti sono perfetti.
Quando hanno finito Ismael mi guarda.
“Che ne dici, Karima?”
“Sono come un diamante grezzo. Hanno energia da vendere e un sound che ti fa venire voglia di saltare, se correggiamo gli errori tecnici ne verrà fuori qualcosa di buono.”
“Dici di proporli al grande capo?”
“Sì, ma prima fammi parlare con loro per spiegargli il tutto. Sono sicura che se darò loro una mano ce la potrebbero fare.”
I ragazzi escono dalla cabina e mi guardano speranzosi.
“Allora, partiamo dai punti positivi: avete una grande energia e un suono grezzo molto buono.
Il problema è il cantante a volte stecca e il chitarrista ha sbagliato un paio di entrate, ci sarebbe anche un riff da sistemare.
Ho deciso di darvi una mano, procuratemi una chitarra.”
“Puoi prendere la mia.”
Si offre il chitarrista, io annuisco e suono il suo riff.
“Questo risulta poco incisivo in alcune parti.”
Suono un altro riff simile a quello precedente, ma più energetico.
“Questo suona meglio.”
“Hai ragione.”
“Allora inseriscilo nella canzone e togli una ripetizione del ritornello. Mi raccomando, capelli blu, non steccare e ricordati del riff.”
“Mi chiamo Darren.”
“Scusami.”
“È tutto a posto.”
“Andate a provare.”
Ritornano nella cabina e questa volta sono decisamente migliori della volta precidente, i tecnici mi guardano soddisfatti.
“Karima, fai miracoli.”
“Non esageriamo, erano solo due cose da sistemare.”
“Ottimo, ragazzi!”
Urlo nel microfono.
“La prossima la registriamo, dateci dentro.”
Annuiscono tutti e ci riprovano, questa volta dando il meglio di sé e – Cristo – non sembrano nemmeno la stessa band di prima.
“Te lo ripeto, Jenkins, hai fatto un miracolo.”
Mi dice uno degli altri tecnici, Steve mi pare che si chiami.
“Non sembrano nemmeno la stessa band di prima, hanno molte possibilità di essere presi.”
“Allora saluto la band e me ne vado.”
I ragazzi escono dallo studio di registrazione e io vado loro incontro sorridendo.
“Bella prova, ragazzi.
Penso che ci sia una buona possibilità che siate presi, ma io non sono una dei capi non prendete le mie parole per oro colato.
Se andasse male continuate a provarci, mi raccomando.”
“Grazie mille da parte dei Blue Tomatoes, Karima.”
“Di nulla.”
Saluto i ragazzi e i tecnici e torno in ufficio, Amelie mi aspetta con un sorrisone.
“Quando ti deciderai ad ammettere che ti piace Ismael?”
“Ha già una ragazza, Amelie.”
“Ah, peccato. Sareste stati una bella coppia.”
“Amelie, hai bisogno di trovarti un ragazzo almeno smetteresti di fare il cupido.”
Lei sbuffa.
“Smettila di prendermi in giro.”
“Sono seria.”
Lei sbuffa di nuovo.
“Non dirmi che ti sei offesa?”
“A volte sei troppo diretta e non te ne accorgi nemmeno.”
“Scusa.”
Lei sbuffa e riprende a lavorare, ottimo, Karma.
Ottimo.
Hai poche amiche e te le giochi con il tuo non sentire nulla.
“Amelie, mi dispiace davvero.”
“È che da quando Justin mi ha lasciato non riesco a farmene una ragione, non so dove ho sbagliato.”
“Non ti ha tradito?”
Lei annuisce sospirando.
“Allora probabilmente non hai fatto nulla, a volte i ragazzi sono semplicemente stronzi per natura o così dice mio zio.”
“Ma non è sposato con tua zia da una vita?”
“Non c’entra. Lui è Tom DeLonge e prima di stare con lei è stato con parecchie ragazze e poche di loro sono state trattate o lasciate bene.”
“Che?!”
“Che cosa?”
“Tuo zio è Tom DeLonge?!”
“Mh, sì.”
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Non me l’hai mai chiesto.”
“Posso vedere le foto?”
Gliene faccio vedere alcune sul mio cellulare e lei è sinceramente stupita.
“Un attimo. Tu ti chiami Jenkins di cognome, come la moglie di Tom.”
“E infatti lei è mia zia, è la sorella di mio padre.”
“Figo.”
Io annuisco e poi mi incupisco.
“Oh, scusa. Forse non avrei dovuto parlare dei tuoi genitori, è ancora troppo presto.”
Io sospiro.
“Prima o poi ne devo parlare, non posso evitare sempre l’argomento.”
“Hai ragione.”
Lei alza lo sguardo verso il grande orologio circolare con una nota musicale che esce da un piatto di ramen e annuisce.
“È ora di pranzo, andiamo al solito Mac Donald?”
“Va benissimo.”
Ci alziamo e prendiamo le nostre giacche, in corridoio incontriamo i nostri colleghi e nell’atrio i tecnici e i Blue Tomatoes mi salutano.
“Chi sono?”
“La band che mi hanno chiesto di ascoltare, si chiamano Blue Tomatoes.”
“Il ragazzo con i capelli azzurri come si chiama?”
“Darren. Vuoi che te lo presenti?”
“Non mi dispiacerebbe.”
“Aspettami qui.”
Mi dirigo verso la band e i tecnici sorridendo.
“Ciao, ragazzi. Vi piacerebbe uscire con me e con la mia collega?”
Loro guardano verso Amelie e il ragazzo dai capelli azzurri sembra colpito da lei.
“Va bene, andiamo.”
Raggiungiamo Amelie e spero di essermi fatta perdonare la figuraccia di prima con questo invito.
Andiamo tutti e sei al nostro solito Mac Donald, Darren e Amelie parlano tutto il tempo, i suoi compagni di band ridacchiano come scemi.
Ordiniamo e poi ci sediamo.
“Ehi, Dar! Hai fatto conquiste!”
Commenta il batterista, un corpulento ragazzo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda.
“Invidioso?”
“Stronzo.”
“No, perché sembra proprio così.”
“Non si può scherzare qui.”
Si butta sul suo panino e per un po’la conversazione tace.
“Tu hai il ragazzo?”
La domanda è del bassista, un biondino mingherlino.
“No, al momento non ci penso.
I miei genitori sono morti tre mesi fa e ancora ci sto facendo i conti.”
L’atmosfera si raffredda all’improvviso.
“Scusate, non volevo rovinarvi il pranzo.”
Borbotto e riprendo a mangiare il mio  panino, pentendomi di avere aperto bocca, combino sempre casini e non imparo mai a tacere.
Finito il pranzo Amelie e Darren si fumano una sigaretta insieme e lei gli lascia il suo numero, torniamo alla casa discografica con lei che sorride come una scema, il suo pranzo è andato discretamente bene.
“Grazie, Karima.”
“Per cosa?”
“Per avere invitato la band, Darren è così simpatico, forse ci vedremo fuori dalla casa discografica.”
“Ottimo, sono felice per te.”
Rientriamo in ufficio e sono sicura che con questo ho rimediato alla mia figuraccia, missione compiuta, Kari!
Mi siedo alla mia scrivania e ricomincio a lavorare pregando che a routine allontani il dolore fino a renderlo solo una macchia sul passato.
I miei genitori mi mancano ogni giorno e non sono sicura di voler lavorare ancora qui, la fotografia mi manca almeno quanto loro. Il fatto è che non riuscivo a trovare incarichi e alla fine ho gettato la spugna, ma non sono più certa che sia stata una buona idea.
Cosa devo fare?
Non lo so, ma per il momento è meglio che lavori se non voglio essere licenziata.
Maledetta vita.

   
 
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