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Autore: Son of Jericho    13/01/2018    2 recensioni
Sequel di "How can I know you, if I don't know myself?"
Sono trascorsi due anni da quando il sipario è calato sullo spettacolo alla Hollywood Arts. La vita per i ragazzi sta andando avanti, tante cose sono cambiate, e sta arrivando per tutti il momento di affrontare responsabilità, problemi e sorprese.
E mentre impareranno cosa significa crescere, si troveranno faccia a faccia con il tormento più profondo: i sentimenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andre Harris, Beck Oliver, Cat Valentine, Jade West, Tori Vega
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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XVI - iTruth

 

 

Era di nuovo davanti alla porta dell’ufficio di Sam. Indugiò parecchi secondi, prima di decidersi ad afferrare la maniglia.

Stavolta non aveva a che fare direttamente con lei, ma sapere di doverla rivedere, dopo ciò che si erano detti la mattina prima, gli provocava uno strano effetto.

Cercò di scacciare quel pensiero e di concentrarsi piuttosto sul compito che aveva da svolgere.

Dal reparto marketing avevano chiamato per un problema alla scheda video di uno dei terminali, e dopo una conta molto professionale, il CED aveva mandato Freddie a intervenire.

“O la risolvo all’istante, o torno su a sostituirla”, rifletté fiducioso mentre si spingeva oltre la soglia.

Ad accoglierlo per prima, come la volta precedente, fu la responsabile, Evelyn Windsor. – Finalmente è arrivato qualcuno! Quanto deve stare fermo un operatore? – ancora con quell’irriducibile e fastidiosissimo sarcasmo da superiore.

Freddie rispose al saluto. – Mi scusi, sono sceso appena ho potuto. Allora, qual è il computer? –

La signora si alzò e lo guidò verso la zona sinistra della stanza, dove una ragazza, di fronte allo schermo nero, stava riordinando dei fogli.

- Lui è il paziente. –

Il giovane Benson raggiunse quella postazione, si sedette al posto dell’impiegata e iniziò riavviando il sistema.

Aggrottò la fronte. Attraversando l’ufficio, aveva notato che la scrivania di Sam era insolitamente ordinata e vuota. Si voltò verso la responsabile. – Oggi Sam non c’è? –

- Ha chiamato stamattina, non si sentiva bene e così è rimasta a casa. –

Freddie tornò a lavorare, perplesso, sul pc.

Una beffarda coincidenza? E se invece fosse stato vero? Cos’era successo?

Mentre fissava il video, sentì richiamare il suo nome. Si girò nuovamente.

- Non so se lo hai già sentito da qualcuno. – disse la Windsor. – Ma venerdì prossimo è stata organizzata una cena aziendale, prima delle feste natalizie. Un bel ristorantino con specialità di carne. Ovviamente, sono tutti invitati. Quando torni su, puoi farmi il piacere di riferirlo anche agli altri informatici? –

Freddie annuì. – Grazie. –

Poi gli venne da sorridere. Di solito, lui e tutti i suoi amici della categoria “nerd” non venivano mai invitati da nessuna parte…

 

*****

 

- Amico, ho bisogno di parlarti. –

- E’ una cosa seria? –

- Abbastanza. Ieri notte non sono riuscito a dormire. –

- Vuoi che passi da te quando stacco? –

- No, è meglio se mi raggiungi a casa di Cat. –

- Andiamo, fratello, proprio da Cat? Lo sai che lì sarei costretto ad incontrare anche… lei. –

- Esatto. Mi serve il parere di due universi all’opposto. –

 

*****

 

C’era una pratica che Cat aveva ereditato dalla sua precedente convivenza con Sam, ovvero contare minuziosamente il guadagno di ogni pomeriggio in cui lavorava come babysitter.

Sam le aveva insegnato a farlo in seguito ad una fregatura che avevano subito molto tempo prima. In quell’occasione, il padre di un ragazzino aveva fatto il furbo e, distraendole con un’abile parlantina, aveva dato loro poco più della metà di ciò che gli spettava. Cat aveva preso i soldi senza controllare e, inutile dirlo, l’amica si era arrabbiata molto quando lo aveva scoperto.

Così, da allora, Cat non si faceva sfuggire più un centesimo.

Era quasi mezzogiorno, e la bambina a cui badava era stata appena ripresa dalla madre. Facendo scorrere le banconote tra le dita, la rossa notò con piacere che ce n’era una da cinque dollari in più. Sorrise e le ripose soddisfatta nel borsellino.

Non sentiva un grande appetito, ed era ancora presto per mettersi a cucinare qualcosa per Jade, perciò le venne in mente di chiamare Robbie. Di solito rispondeva, intorno a quell’ora.

Prese lo smartphone dalla borsetta, cercò il ragazzo tra gli ultimi contatti e fece partire la telefonata.

Al primo squillo, ne seguì un altro a vuoto. Il terzo a vuoto. Il quarto a vuoto. Poi scattò la segreteria.

Riprovò, ma con il medesimo risultato.

Confusa, posò il cellulare sulla scrivania, accese il computer e aprì Skype. Robbie Shapiro risultava assente anche lì.

Poco dopo Jade, al portatile in sala da pranzo, osservò Cat uscire dalla propria camera a piccoli passi, incrociare le braccia al petto e appoggiarsi con la spalla allo stipite. Il volto era genuinamente imbronciato.

- Cat? – fece l’amica. – Qualcosa non va? –

- Robbie. Sono tre giorni che non mi risponde. –

A quelle parole, pronunciate con innocenza, lo sguardo di Jade si accese di una particolare luce. Una sensazione. Un campanello d’allarme.

Ci penso io.”

 

*****

 

Il pomeriggio, Jade decise di prendere in mano la situazione e scoprire cosa stava accadendo.

Non lo aveva dato a vedere, ma si era insospettita molto, quando Cat le aveva rivelato di non riuscire a contattare Robbie da tre giorni. Adesso ci avrebbe provato lei.

Anche se si fosse sbagliata, voleva vederci chiaro.

Cat e il ragazzino a cui stava badando erano in soggiorno, e per non essere disturbata, accostò la porta della camera.

Per prima cosa, controllò Skype. Robbie risultava assente, ma non era niente di strano. Dopotutto, se fosse stato fuori, difficilmente avrebbe utilizzato Skype.

Passò allora all’altra piattaforma, WhatsApp. Non avevano mai intavolato grandi conversazioni lì, ma in questo caso, era l’ultima frontiera contro la privacy. Jade distolse lo sguardo per un istante, assorta. Robbie aveva effettuato l’ultimo accesso quasi mezz’ora prima, perciò almeno la ricezione doveva essere pressoché perfetta.

Gli inviò un messaggio con un breve saluto. Ma dopo alcuni minuti di attesa, notò che, sebbene fosse giunto a destinazione, non era stato nemmeno letto.

Alla fine, scelse di passare all’approccio diretto.

Piuttosto irritata, assistette a diversi squilli a vuoto, finché non fu la segreteria a risponderle. Riagganciò e fece un altro tentativo, inutile.

Ormai spazientita, Jade lanciò lo smartphone sul letto. Incrociò le mani dietro la nuca e si spinse indietro contro lo schienale della sedia.

Il telefono di Robbie era acceso e libero, ma se… no, non voleva crederci.

Che stesse cercando di evitarle?

Un’idea le balenò per la mente.

Uscì rapidamente dalla stanza e raggiunse il soggiorno. Il ragazzino se ne stava sul divano a guardare i cartoni animati, mentre Cat era in cucina a bere una spremuta.

Jade si avvicinò al piccolo. – Ciao! Ti va di fare un gioco? –

Lui si voltò di scatto, con aria sognante. – Certo! Di che si tratta? –

La ragazza gli sorrise. – Funziona così: tu mi presti il tuo smartphone per cinque minuti, e in cambio Cat ti preparerà la miglior merenda che tu abbia mai fatto. –

Il ragazzino balzò sul divano. – Davvero? –

Jade annuì, poi si rivolse da lontano all’amica. – Ehi, Cat! Tratta bene il nostro ospite, mi raccomando! Mi sta molto simpatico questo giovanotto, sai? –

- Ok! – rispose la rossa dalla cucina.

Jade tornò alla sua personale trattativa. – Allora? –

- Affare fatto. –

Ottenuto ciò che voleva, Jade rientrò in camera e si chiuse la porta alle spalle. Non voleva che Cat sentisse, nel caso il piano fosse andato come doveva.

Digitò il numero di Robbie e rimase in ascolto. Stavolta, l’esito fu quello desiderato.

Dopo appena un paio di squilli, la voce del ragazzo uscì dall’altoparlante. – Pronto? –

Aveva ragione, purtroppo. – Robbie. –

Il silenzio calò dall’altra parte per degli interminabili secondi. Doveva aver riconosciuto il tono amaro e gelido. – Jade? –

- Proprio io, bravo. Cat mi ha detto che non riesce a rintracciarti da tre giorni… Stai per caso ignorando le sue chiamate? –

- Ma che dici? – balbettava, e stava chiaramente prendendo tempo. – No, ecco, io… sono stato impegnato… -

Jade grugnì indispettita. – Shapiro, c’è qualcosa che dovremmo sapere? –

Altri istanti di silenzio.

- Robbie, lo so che sei lì. Mi dici perché la stai evitando? –

L’insicurezza stava inquinando la voce del ragazzo. – Io non… -

- Stai nascondendo qualcosa? –

La domanda lo costrinse a trarre un lungo sospiro. – Mi dispiace. – mormorò.

Adesso era perplessa. - Per cosa? –

Stava esitando ancora. Era spaventato, e consapevole che non sarebbe potuto tornare indietro.

- Robbie, per cosa? – gli ripeté più forte.

Qualcos’altro adesso stava macchiando le parole del ragazzo, qualcosa che assomigliava molto al rimorso.

- Mi sono fatto prendere dal panico. Non sapevo che fare, e non sapevo come l’avrebbe presa se l’avesse scoperto… -

- Di che diavolo stai parlando? – Sentiva, dentro di lei, che le preoccupazioni che aveva avuto fin dall’inizio si stavano rivelando reali.

- Sabato scorso sono andato a una festa… - il senso di colpa gli aveva sempre impedito di mentire. Iniziò la confessione deglutendo a fatica. – Una festa dell’università. E c’era questa ragazza, Kendra… un’amica che ho conosciuto qui in Germania. La musica era assordante, abbiamo bevuto parecchio, abbiamo ballato… una cosa tira l’altra e… -

- E? –

– Ci siamo baciati. –

Sbarrò gli occhi incredula ma si trattenne dal gridare. - Ci hai fatto sesso? –

- No, è stato solo un bacio. –

Jade scosse il capo. Allontanò il cellulare dall’orecchio e digrignò i denti. – Io non ci posso credere. –

- Jade, ascolta… - sembrava senza fiato.

- Stai zitto, per favore, almeno quello. – era infuriata. – Sai, tu non sei mai stato un tipo a posto, e mi sta bene. Ma non pensavo che fossi così idiota da buttare all’aria la cosa più bella che avevi. –

- Ero ubriaco fradicio. Ti prego, fammi provare a spiegare… –

- Tu non mi devi spiegare proprio niente. Hai fatto quello che hai fatto, e non puoi cambiarlo. – si prese una pausa. – Ricordi cosa ti ho detto l’altra volta? –

Non ci fu replica.

- Robbie, te lo ricordi? –

- Sì… - era poco più di un flebile sussurro spezzato. – E’ che sono terrorizzato. Non so che fare, non so se dovrei dirlo a Cat… -

C’era una profonda delusione, sotto la dura scorza di Jade. In fondo, Robbie era uno dei suoi più vecchi amici, e quel tipo di conversazione era un punto a cui sperava di non dover mai arrivare.

Non era una decisione semplice, ma per quelle poche persone a cui teneva veramente, doveva scegliere il male minore.

- Non so se dovresti avere più paura di me o di Cat. Dire la verità è fuori discussione. Sai che non ti perdonerebbe mai, ti vuole troppo bene. Te lo dico io cosa farai. Io terrò la bocca chiusa. Ma tu sparirai, e non ti farai più sentire. –

 

*****

 

Non aveva raccontato una bugia a Beck, in fin dei conti. Sebbene fossero passate poco più di ventiquattro ore, per lui erano sembrate settimane.

Aveva pensato molto a quello che era successo, alle parole che erano volate, alle accuse reciproche e a tutto ciò che avevano trovato il coraggio di rinfacciarsi. Aveva provato a cercare scuse per se stesso e per lei, ma nessuna spiegazione era stata abbastanza plausibile da farlo stare meglio.

La notte prima, Tori non era tornata a casa.

Doveva averla trascorsa con Thomas, ne era certo. E forse era stato anche questo, l’idea che in qualche modo lui l’avesse spinta di nuovo tra le braccia di quel bugiardo, a tenerlo sveglio fino all’alba.

Per il resto della giornata, Andre si era chiuso in casa, avvolto tra le note dello stereo e il brusio nella sua testa. Si era promesso di non toccare il telefono.

Aveva ceduto solo un paio di volte. La prima, per mandare a Tori un breve messaggio, rimasto poi senza risposta. L’altra, per chiamare il suo migliore amico.

Aveva bisogno di aiuto, perché stavolta la questione era seria. Non si era mai trovato così in difficoltà nei confronti di una persona, qualcuno a cui voleva bene con tutta l’anima.

E per capirne di più, non c’era niente di meglio dell’opinione di due poli opposti.

Andre arrivò a casa di Cat e Jade alle sei in punto. Aveva l’aria stanca.

Suonò il campanello, e fu proprio la ragazza dai capelli corvini ad aprirgli la porta. Invece di farlo entrare subito, però, lo accolse incrociando le braccia al petto, ferma sulla soglia.

- Alleluia, finalmente ci sei anche tu. – il solito tono acido. – Dentro stavamo facendo la muffa. –

- Tu e Cat? –

- Cat è fuori. –

- Allora chi? – Andre aggrottò la fronte. – Beck? E’ già qui? –

Lei sollevò un sopracciglio. – Già. –

- Ero convinto che staccasse dalla biblioteca alle sei e trenta. –

- Evidentemente nessuno di voi due sa come organizzarsi. Dopo avergli offerto il primo caffè, hai idea di quanto sia difficile restare in silenzio con lui? –

Andre fece un cenno di comprensione col capo. - Da quanto mi state aspettando? Potevate provare a chiamarmi. –

- Lo abbiamo fatto. –

- Impossibile, avrei sentito il telefono. –

- Dagli un’occhiata. –

Andre estrasse convinto lo smartphone dalla tasca. Ma appena ebbe acceso lo schermo, dovette arrendersi alla verità. – Quattro chiamate perse. –

- Bravo. Due mie e due di Beck. –

- Forse stavo guidando… - farfugliò in piena ammissione di colpa.

- Dai, falla finita e entra. –

Jade si spostò e fece per tornare verso la cucina. Dietro di lei, Beck stava aspettando, seduto comodamente in poltrona a sorseggiare una bottiglietta di Coca Cola.

Lei se ne accorse e gli puntò il dito contro. – E quella dove l’hai presa? –

Il canadese sollevò il palmo della mano libera. – Dal frigo. Ovvio, no? –

- Non mi pareva di avertela offerta. –

- Probabilmente avevo la gola secca per i venti minuti di silenzio assoluto. E poi, Cat mi lascia sempre prendere qualcosa dal vostro frigo. –

Jade annuì in maniera quantomeno allarmante. – Vorrà dire che farò un bel discorsetto alla mia cara coinquilina, appena tornerà. –

Andre, sistemando il giubbotto all’attaccapanni, non poté fare a meno di ridere. A volte si chiedeva se quei due si odiassero davvero, o si divertissero semplicemente a giocare a “gatto e topo”.

Si accomodò sul divano e lanciò un’occhiata d’intesa all’amico.

- Se devi proprio levargli la bottiglia di mano, Jade, posso averla io? Sto morendo di sete. –

Mentre lei lo ignorava, Beck si sporse in avanti. – Non è divertente, amico. La prossima volta, alza il volume della suoneria. –

Andre abbozzò un sorriso beffardo. Beck gli lanciò la bibita. Jade li raggiunse sul divano. Sembrava la serata giusta per fare due chiacchiere.

Andre iniziò ad esporre la sua versione dei fatti con trasporto e in maniera più trasparente possibile. Parlò senza filtri e senza omettere alcun particolare, consapevole che quelle che aveva di fronte erano le uniche persone al mondo a cui poter rivelare i dettagli privati e personali della storia.

Dettagli che forse neanche la stessa Tori avrebbe voluto raccontare, eppure al momento non gli interessava.

Come aveva detto Tori? “Non mi scuserò per essermi innamorata di lui”.

Bene, e lui non si sarebbe scusato per provare ad essere un buon amico.

Perché tutto quello che adesso percepiva in lei, era una visione alterata delle cose, abbagliata dagli occhi, dal sorriso e dagli addominali del ragazzo che le aveva rubato il cuore.

Rubato”, ecco il termine giusto per quel maledetto bugiardo. E niente di ciò che avrebbe mai potuto dire o fare gli avrebbe fatto cambiare idea.

Ma c’era una possibilità che anche Tori tornasse con i piedi per terra?

Era giunto alla litigata del giorno prima, conclusa con l’allontanamento l’uno dall’altro.

Poi fece una pausa, e allora fu Beck a prendere la parola.

- Io probabilmente avrei fatto lo stesso. – ammise sospirando.

Andre si voltò speranzoso verso di lui.

- Voglio dire, è innegabile che Tori abbia agito di impulso e basta. E’ una ragazza passionale, si è sempre lasciata trascinare dalle emozioni, sul palco e fuori. Non è la prima volta che accade, tra l’altro. Ricordate a scuola, quando dovevamo mettere su quella “colletta”, o come cavolo l’aveva chiamata Robbie? Anche in quel caso dette buca alle prove per inseguire il mio amico. – ammiccò in direzione di Jade. – Come tutte voi, ragazze. Alla fine, ecco, pensavo che un episodio del genere avesse insegnato qualcosa. Su questo devo darti ragione, Andre. Non avrebbe dovuto trascurare il progetto. –

L’amico si era galvanizzato dalle parole del canadese. – Per inseguire quel bastardo, soprattutto. Non riesco a credere che, dopo tutto il male che le ha fatto, Tori alla prima occasione sia caduta di nuovo tra le sue braccia. Insomma, sbaglio a pensare che Tori meriti di meglio? –

- Io penso che abbiate sbagliato entrambi il tono. Sei sempre il suo miglior amico, dopotutto. Forse non immaginava che avrebbe ricevuto quelle critiche proprio da te. – cercò di conciliare. Beck si alzò per andare a prendere dell’acqua dal frigo, si riempì il bicchiere e tornò al suo posto.

- Diciamoci la verità, Tori non è mai stata molto fortunata in amore. Tornate di nuovo alla Hollywood Arts. Quanti, tra tutti i ragazzi che Tori ha frequentato, erano veramente tipi a posto? Per contarli, le dita di una mano avanzerebbero. – si soffermò per buttar giù un sorso e guardare Andre. - E questo Thomas, se è davvero come lo hai descritto, se ha davvero tutti quegli scheletri nell’armadio, temo non faccia eccezione. Magari anch’io mi sarei comportato come te, semplicemente per proteggerla. Nemmeno io avrei voluto vederla andare incontro a una delusione che, da quanto stai raccontando, è più una questione di “quando” che di “se”. Io non conosco Thomas, non credo di averlo mai incontrato. –

- Infatti, no. – confermò l’amico.

- Appunto. Però neanch’io, a istinto, mi fiderei di lui. Voglio dire, hai una moglie e dei figli, che cosa stai cercando? Non ti basta quello che hai? Stiamo parlando di una famiglia. Che razza di ragazzo è quello che abbandona ciò che ha di bello per correre dietro a… che cosa, una sbandata? Non meriterebbe né l’una né l’altra. Mi dispiace per Tori, le voglio bene, ma innamorata o no… -

Ad un tratto si bloccò, notando lo sguardo truce che Jade gli stava scagliando. Conosceva quell’espressione.

Un’altra parola e sei morto.

Jade era rimasta impassibile per tutto il tempo. Aveva ascoltato, aveva rimuginato, aveva lasciato che Andre si sfogasse.

Ma non aveva ignorato ciò che stava succedendo, decisamente no. Era tutto troppo vicino a lei per potersene tirare fuori. Non lo stava dando a vedere, ma la vicenda di Robbie e Cat le era rimasta impressa in mente, e adesso andava a intrecciarsi con l’avventura di Tori con Thomas.

Aveva deciso di rimanere in silenzio il più possibile, e lo aveva fatto, almeno fino a quando le parole di Beck non avevano assunto una nota stranamente familiare.

- Come al solito voi uomini non capite un accidente. – esordì piccata, facendo voltare stupefatti i due amici. – Non avete fatto altro che giudicare, ve ne siete resi conto? E non sarebbe neppure il vostro compito. L’amore non c’entra un bel niente. Mettetevelo bene in testa: l’amore non esiste. Tori ha soltanto ceduto, come qualsiasi essere umano. –

Andre aggrottò la fronte, confuso. Non si aspettava certo una consulenza matrimoniale, ma quell’uscita superava anche le sue aspettative.

Beck, invece, non ne fu sorpreso più di tanto. Conosceva Jade meglio di chiunque altro, e poteva immaginare cosa le stesse passando per la testa.

- E posso essere sincera, Andre? –

Annuì.

- Per me c’è dell’altro, che nessuno ha ancora detto. –

Le perplessità aumentarono.

- Di che stai parlando? –

Jade non batté ciglio. – Sei sicuro di preoccuparti per la cosa giusta? –

Andre si appiattì contro lo schienale del divano. – Non capisco. -

- Voglio dire… - inarcò leggermente l’angolo delle labbra. – E se non fossero le prove perse o le bugie di Thomas a disturbarti, in realtà? –

- Sul serio, non riesco a seguirti. –

- Sono piuttosto convinta di non sbagliare. Penso che tu ti sia arrabbiato non perché Tori ha saltato le prove, o perché non ha dato importanza al tuo progetto, o perché si ostina a correre dietro ad un uomo che non ti va a genio. Conosciamo Tori da, quanto, quasi dieci anni? Su una cosa Beck ha ragione: sei senza dubbio il suo migliore amico. Le sei stato vicino durante ogni storia che ha avuto. L’hai vista passare dalla gioia del primo incontro alla furia di una litigata, attraverso rotture e delusioni più o meno dolorose. Tanti ragazzi sono andati e venuti, nella sua vita. Ma in ogni caso, tu sei sempre rimasto al suo fianco. Stavolta però è diverso. Sei proprio tu, che la stai prendendo in modo diversa. –

Andre allargò le braccia. – E come? –

- Te lo devo spiegare io? E va bene. – scosse il capo. – Stai vedendo Thomas come una minaccia più per te che per Tori. –

Beck strinse il bicchiere tra le mani e intervenne. – Dove vuoi arrivare, Jade? –

L’amico tuttavia gli fece cenno di lasciar perdere. – Non scherziamo! – esclamò. – Una minaccia per cosa? –

La ragazza assottigliò gli occhi di ghiaccio e mitigò il tono. – Tori. - prese fiato. - La senti allontanarsi da te. Temi che lui te la stia portando via. Hai paura. Adesso, per la prima volta, hai paura di perderla veramente. -

Andre esitò un istante prima di rispondere. – Secondo te io sarei… - la guardava stralunato. - … geloso? -

Jade, alla fine, annuì in maniera impercettibile. Era francamente stupita che nessuno, tantomeno Andre, se lo fosse domandato fino ad ora.

– Dimmi una cosa: sei sicuro di non aver mai desiderato qualcosa di più, dalla tua amicizia con Tori? -

 
   
 
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