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Autore: _ki_    26/06/2009    9 recensioni
Si è sempre pensato ad un Jacob che inseguiva il sogno di stare insieme ad una ragazza... ma se non fosse stato così? Se al posto della piccola Renesmee ci fosse stato qualcun altro a far breccia nel suo cuore da lupacchiotto infetto da imprinting? Spero davvero di avervi incuriosito.. alla prossima!! ^_^
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Un piccolo momento tratto da BD dove Jacob ha un momento di stress e va in cerca della sua dolce metà. Nella vera storia non la trova... ma qua perché non potrebbe andare diversamente? 

Ovviamente sono ben accetti consigli e critiche, quindi una piccola recensione non farà male... ^_^ 

Bacini... _ki_

 

 

Presi una lunga boccata d’aria e mi feci coraggio con la mente. Infondo, un giro per la città non avrebbe fatto male, no? E poi, avevo un bisogno disperato di trovare quella maledetta ragazza che avrebbe costituito il mio punto fermo, il mio universo, il mio imprinting. Ora più che mai desideravo quel maledetto colpo di fulmine. Insomma, perché per una volta quel bastando che se ne stava comodamente in cielo non mi poteva accontentare? Perché non poteva -per una volta sola dico, non sempre- farmi avere questo dannatissimo imprinting? Era tanto difficile accontentarmi, almeno una misera e dannatissima volta? Maledetto...

Vicino ad un parco mi fermai. Guardai le ragazze che passeggiavano, chi con il cane, chi con delle amiche, altre ancora con dei bambini e chi da sole. Ma, anche se le guardai tutte da cima a fondo, non riuscii a trovare nessuna che suscitasse in me almeno una parte di quello che Bella riusciva a farmi provare. Ed incominciai a lanciare mentalmente un’infinità strabiliante di insulti verso il Signore che comodo comodo se ne stava sdraiato su una nuvola e mi fissava, magari ridendo.

Guardai anche verso il cielo, quel giorno assurdamente limpido. Incredibile, di solito quando uno si sente triste piove, invece mi ritrovavo contro anche il cielo. La mia vita era proprio una disgrazia.

Sbuffai talmente tante volte che credetti di rimanere a corto di fiato. La gola secca, vegliai ancora con lo sguardo tutto il parco. E la mia coscienza mi diede dello stupido. Come pensavo che avrei trovato l’imprinting così, facilmente, facendomi una passeggiata in un parco di Seattle? Cercandola, per di più, quella maledetta calamita. No, non potevo essere così demente. Avevo davvero creduto che se l’avessi cercata la ragazza sarebbe venuta da me? Magari si sarebbe avvicinata e mi avrebbe chiesto se avevo

bisogno d’aiuto, se mi ero perso, o se mi andava di fare un giro con lei. Sì, era chiaro, ero pazzo. Da manicomio. Da Cullen.

Esasperato, roteai gli occhi in aria. Ci mancava solo che diventassi pazzo almeno un po’ come quei deficienti dei succhiasangue. Non mi serviva certo legarmi ancor più a quella famiglia di squilibrati. Non mi serviva affatto. Dovevo stare il più lontano possibile da quelle persone -beh, se

persone si possono definire, sanguisughe del cazzo.

Decisi che, troppo stressato per voler ritornare di corsa a casa con quegli esseri immondi, mi sarei rilassato un po’ all’ombra di quel grosso albero, in quella panchina piena delle scritte che i giovani teppisti amavano fare. Beati gli umani, non avevano certo questi problemi del cazzo. A loro bastava vedere una persona e subito ci sbavavano dietro. Bastava trovarne una carina e subito si presentavano e le chiedevano di uscire. Perché non potevo essere anch’io così? Perché non potevo innamorarmi normalmente di una persona, come uno stramaledetto umano? Perché ero un cazzo di licantropo di merda?

«Scusa... quello a dir la verità sarebbe il nostro posto, sai?» che strano, mi sembrava che quella voce fosse diretta a me. Non ci feci caso, evidentemente era solo una mia impressione. Però, quando un piccolo dito mi picchiettò sulla spalla ed una voce soave disse: «Ehi, guarda che parlo a te, eh?», decisi che parlavano proprio a me. Aprii gli occhi con un po’ di riluttanza e guardai quelli che mi stavano davanti e che avevano osato disturbarmi. Una era una ragazzina di sì e no quindici anni, piccola e minuta, capelli corvini lunghi fino al mento, occhi di un incredibile verde smeraldo e almeno un chilo di trucco sul viso. Aveva anche uno strano piercing a forma di saetta su un sopracciglio. Proprio non mi piaceva.

Il secondo era un ometto di più o meno diciassette anni. Una copia pressoché identica di Mike Newton. Quel bifolco. Mi guardava a metà tra l’impaurito e lo spaccone. Lo sguardo che gli lanciai gli fece perdere l’aria da duro.

Il terzo se ne stava nascosto dietro ai due, cosicché non lo potei vedere bene. Non ci prestai molta attenzione, la ragazzina con il piercing aveva già ripreso a parlare.

«Senti, noi non abbiamo niente contro di te. Ma questo è il nostro posto e solo nostro. Quindi, ti dispiacerebbe alzarti da questa panchina e lasciarcela a noi?». Il mio sguardo doveva averla terrorizzata, perché arretrò di mezzo passo. Ma io non avevo proprio capito. Cosa volevano questi da me? Da quando una panchina è proprietà di tre ragazzi

dall’aspetto più bizzarro che abbia mai visto?

«Scusami, carina. Ma non riesco a capire. Perché dovrei spostarmi? Infondo qui mica c’è scritto il vostro nome!» esclamai, fissandola dritto negli occhi. Il sorriso beffardo che le aleggiò in volto mi lasciò ancora più confuso.

«Beh, carino» e rimarcò per bene la parola. «il punto è proprio questo.

Alzati un po’ che ti faccio vedere i nostri nomi?»

Aggrottai le sopracciglia. Visto che la ragazzina ancora mi guardava sorridente, mi alzai e guardai in mezzo alla massa di scritte di diversi colori che ricoprivano il legno vecchio e mezzo ammuffito.

La piccola, tendendo spavalda il braccio verso di me, indicò un punto in cui tre nomi risaltavano con una scrittura ordinata e spessa, rosso fuoco.

Amber, Jack e Brandon.

Fissai i tre ragazzi, sorpreso. Erano davvero così stupidi da credere che tre semplicissime firme decretassero il possesso di quella panchina? Ma ero stufo e non volevo mettermi a far rissa, anche perché non sarebbe finita bene per quei tre sbruffoni.

Così, con un’alzata di spalle degna di me, spostai il ragazzo-fotocopia-di-Mike-Newton e mi avviai verso un’altra panchina. Quando mi sedetti, i tre ragazzi avevano già preso possesso della loro panchina.

E fu allora, mentre guardavo quei tre che incominciavano a parlottare di chissà che cosa, che i miei occhi si posarono su di lui. Un fremito mi attraversò il corpo come un fulmine a ciel sereno. Ed i miei occhi non poterono fare a meno di chiedere con insistenza la visione di quel giovane che doveva essere o Jack o Brandon.

Aveva i capelli neri come la pece, scompigliati davanti ad un paio di occhi chiari come il cielo d’estate. Il fisico muscoloso, il viso bellissimo. Un sorriso da mozzar il fiato.

Era davvero strano, lo devo ammettere. Ma era possibile? Davvero possibile che avessi avuto l’imprinting con un ragazzo?

Eppure, non riuscivo a togliere gli occhi da lui. Era come una droga, ne volevo sempre di più.

Okay, ormai era deciso. La mia sfiga non aveva davvero limiti.


PS: scusate, ma avevo scritto male i dialoghi e non mi erano venuti fuori. Per quelli che hanno letto e non c’hanno capito una mazza, ora l’ho messa a posto. Scusate ancora, bacini.


   
 
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