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Autore: Anya_tara    14/01/2018    1 recensioni
" Lyfia ... anche se questo corpo scomparirà, la mia anima continuerà a vegliare su di te ". Le ultime parole di Aiolia, e il suo medaglione sono tutto ciò che resta a Lyfia dell'uomo che ha amato come mai nulla, e nessuno prima di lui in questa vita.
E non ha potuto nemmeno dirglielo.
Ma la vita continua, e Lyfia si ritrova suo malgrado costretta a prendervi parte. Tuttavia quella promessa è ancora viva nell'anima della ragazza. Forse più di quanto gli altri possano immaginare.
Questa storia vorrebbe porsi - siamo in zona esperimento - l'intento di riempire quel vuoto. A modo nostro, come sempre!
P.S: il titolo proviene dal brano ononimo dei The Rasmus. Avrei voluto intitolarla "Midnight sun" ma per ovvi motivi l'ho scartato.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Leo Aiolia, Lyfia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Altro tempo è trascorso. Un’altra estate, e un altro lungo inverno gelido. E ancora primavera, coi suoi boccioli tardivi e il lieve disgelo superficiale. E ancora, la breve estate polare.
Il secondo autunno sta per finire. E tra pochissimo il sole sarà un ricordo sbiadito e lontano. La notte artica planerà scura e fredda, portando con sé la scia delle stelle fisse nel cielo buio ventiquattr’ore al giorno.
Per la prima volta la piccola Sunneva prenderà parte ai riti del solstizio d’inverno. Lady Hilda, che l’adora come fosse sua, ha disposto che sia lei a portare la candela cerimoniale. Freya sta lavorando come una matta per confezionarle il più bel vestitino che mai sia uscito dalle sue candide mani fatate.
<< Per la più bella bimba di Asgard >>, ha detto. << Non merita nulla di meno. E se sarà men che splendido, getterò l’ago nel camino >>. Sunneva era scoppiata a ridere, battendo le manine e tirandole la manica. “ Zia Freya”, la chiama. E’ la sua vittima preferita e la tormenta in continuazione, facendola correre per i corridoi del Palazzo, su e giù per le scale e dandole un batticuore dopo l’altro, dall’attrazione pericolosa per le torce e i caminetti a quella per gli animali di ogni specie, soprattutto quelli non troppo amichevoli. Sigurd, uno dei suoi giovani allievi ha un rapporto speciale con i lupi: Sunneva passa ore e ore a guardarli, incantata, e sia Freya che Lyfia devono ogni volta riprenderla per un soffio prima che si getti nella mischia.
<< Non è bene che un agnellino stia in mezzo ai lupi! >>, la sgrida la bionda sorella di Lady Hilda, riferendosi al suo segno di nascita, l’Ariete. Continua imperterrita i suoi studi di astronomia e mitologia sia greca che orientale, e ad aspettare Hyoga; non l’hanno mai visto tornare ma lei aspetta ancora, e non demorde. La sorella maggiore ormai non perde più nemmeno tempo a cercarle pretendenti: anche lei aspetta che quell’amore impossibile passi da sé, come una febbre, una malattia, e Freya inizi a guardarsi intorno da sola.
In effetti è la cosa migliore. Nulla rafforza un amore contrastato quanto l’opposizione. Bisogna lasciarlo andare, e quand’è pronto cade sotto il suo stesso peso, come un frutto troppo maturo che ha perso profumo e sapore.
Ma Freya ha soltanto diciassette anni. C’è ancora tempo per lei.
Un rumore di qualcosa di rotto trae Lyfia dall’impasto che sta stendendo sulla tavola e dai suoi pensieri leggeri, domestici e quotidiani. Sospira e alza le spalle: ci ha fatto l’abitudine. Veramente se qualche volta per disgrazia quella piccola peste sfuggisse al controllo di Freya e si buttasse tra i lupi sarebbero loro, e il loro guardiano, a doversi preoccupare. Sunneva è tutto tranne che un agnellino; non è nemmeno lupo, perché questi è un animale schivo per natura, e trova più sicuro fuggire piuttosto che attaccare. Lei invece no, va avanti a muso duro e testa alta, non teme pericoli né rimproveri, salvo piangere calde lacrime quando si rende conto di aver ferito o spaventato qualcuno con la sua avventatezza. E sono le uniche occasioni in cui piange.
Solo suo padre, per cui ha un’adorazione particolare, riesce a farsi ascoltare anche senza dir nulla, con un semplice sguardo. Stravede per lui e Lyfia non riesce a non esserne un po’ gelosa; sa che ama tantissimo anche lei, come ogni bimbo ama la mamma; ma quella per Frodi è quasi una venerazione, e spesso scappa per andare a spiarlo mentre si allena, o dà lezione alle giovani reclute. Lo guarda per ore con occhi splendenti, straboccanti ammirazione. E incredibile a credersi non salta mai nel mezzo come uno si aspetterebbe: attende con pazienza sapiente, da adulta responsabile che abbia finito prima di correre a gettargli le braccia al collo, e non senza dirgli quant’è bravo, forte e coraggioso.
Basti dire che la prima parola che ha pronunciato è stata “papà”.
E’ speciale, Sunneva. Oltre che bellissima: forse davvero la più bella bambina di Asgard. Dicono somigli alla nonna di Frodi che passava per essere figlia della Dea Frigg in persona. Ha lunghi capelli ondulati, di un biondo dorato tendente al rosso; grandi occhi di un colore indefinibile, a metà tra verde e azzurro, e la carnagione di porcellana, rosata, non pallida. Non possiede l’aspetto etereo delle fanciulle asgardiane, la sua bellezza in mezzo ai toni evanescenti delle sue amichette del Palazzo ricorda l’energia impetuosa di un lampo. 
A volte guardandola un brivido scuote Lyfia. E’ solo un istante che passa in fretta, ma la domanda che fa affiorare in superficie rimane a lungo ad echeggiarle dentro.  
Può un’anima … prendere possesso di una persona, per continuare a restarci accanto?
Un altro rumore la distrae prima che se la porga nuovamente.
Eccola che torna. Ha l’aria stranamente colpevole, deve aver combinato qualche pasticcio. Basta che non abbia rotto quel prezioso vaso di cristallo di rocca che Frodi ha ereditato appunto da quella nonna.
Ora non abitano più a Palazzo Vahlalla, ma in una piccola residenza separata nel parco. E’ graziosa, e soprattutto più sicura. Troppe stanze, scalinate, finestre e seminterrati. Qui invece è più facile tenerla sotto controllo, o quanto meno dovrebbe esserlo. << Cosa c’è, Sunneva? >>, le domanda, quando la bambina si avvicina e le tira la manica, come fa con Freya.
<< Vieni >>.
<< Non posso, tesoro, sto preparando la cena. Dai, che papà torna tra poco … >>.
Ma la piccina si fa insistente. L’espressione colpevole ha ceduto il posto ad una determinata, ostinata quasi. Il piccolo Ariete che non cede.
Lyfia leva gli occhi al soffitto e si pulisce le mani in uno strofinaccio. << D’accordo, fammi vedere cosa c’è … ti prego, basta che non sia qualche strana bestiola pelosa. O tuo padre dovrà organizzare la caccia al topo stanotte … >>. Di colpo le parole le si spezzano in gola. Bruciano, salate e taglienti, come le lacrime negli occhi.
<< Ma … mamma? >>. La bambina la guarda, i suoi grandi occhi si spalancano. Verdi, immensi, come il mare che non ha mai visto e conosce solo nero, o grigio.
Non può respirare, l’aria le sfugge dai polmoni. Non vuole credere a quel che vede.
Il medaglione che aveva nascosto con tanta cura … come poteva una bambina di nemmeno tre anni averlo trovato?
La risposta la sa già, quello che segue è solo la conferma. Quando la bimba si avvicina al monile sul pavimento e quello brilla, da sé. Emette luce, come l’ha già visto fare in passato. Lo raccoglie e glielo porta, senza chiedere cosa sia, perché reagisca così alla sua presenza.
Ecco, il perché di tante piccole cose. Che non aveva voluto … vedere. Che non aveva voluto comprendere, avendo bandito quel pensiero dal suo cuore. Perché quegli occhi, quei capelli. Perché quella bellezza prepotente, sfrontata, quel suo sprezzo del pericolo. E quell’anima ardente, generosa, quella natura ingenua e insieme affamata.
Quella voce che si sforza d’ignorare. Di azzittire. Quel fremito che le scuote il cuore.
Quell’anima, può? << Lyfia? Sunneva? Non c’è nessuno, in casa? >>. La voce di Frodi le giunge sfocata, attraverso il ronzio nelle orecchie. Non riesce neppure a muoversi, dovrebbe alzarsi, andargli incontro, non mostrargli le guance bagnate di pianto.
La bambina corre, raggiunge l’uomo nell’altra stanza. Quando la porta si apre, Lyfia si volta, il medaglione ancora tra le mani. Non brilla più ma non occorre. Ha già capito anche lui.
 
La sua ultima ora.
Frodi la sente scoccare appena incrocia lo sguardo di Lyfia, infuocato di lacrime. E il monile di Leo stretto tra le dita.
Non l’hai mai cercato. Sapeva che doveva averlo nascosto da qualche parte, ma lui non ha mai provato a trovarlo.
Non sa di preciso cosa sia successo, ma i cocci per terra parlano abbastanza chiaramente. Sunneva. La bimba doveva aver sentito il richiamo del medaglione, e fatto di tutto per prenderlo.
E sicuro come la morte era avvenuto qualcosa che aveva aperto gli occhi a Lyfia riguardo sua figlia.
<< Lyfia … >>.
Lei rabbrividisce, sotto l’effetto di un’emozione che non può essere espressa a parole. Non lo guarda con rancore, come dovrebbe essere giusto: anzi, pare quasi … che si senta in difetto, e attenda un rimprovero, una parola dura.
<< Lyfia, cos’hai? >>. Le si avvicina con cautela, cercando di guardarla meglio in viso, capire cosa stia passando nella sua mente. << Cosa c’è? >>.
<< Io … perdonami, Frodi. Scusa >>. Si alza in piedi e fugge, abbandonando anche il medaglione che cade a terra con un tintinnio sordo. Vorrebbe correrle dietro ma il primo istinto è quello di pensare alla bambina; non vuole che resti traumatizzata. Qualunque cosa accada, lei va protetta, sempre.
Non avrebbe mai pensato di poterla amare come fosse sua. Quando ha dato la sua parola era sincero: si sarebbe occupato di lei, badato alle sue necessità, alla sua salute, alla sua educazione. Ma quel piccolo seme rimasto nell’ombra alla sua nascita era attecchito e fiorito, e si era ritrovato un affetto fortissimo nel cuore senza nemmeno rendersene conto.
Affetto completamente ricambiato. Nonostante fosse ancora così piccolo quel cuore aveva già così tanto spazio per farci entrare amore per tante persone: sua madre, Lady Hilda, Freya, persino Sigmund che all’inizio, quand’era ancora una lattante che gattonava, si era sempre sforzato di tenerla a distanza ma nulla aveva potuto contro la caparbietà di quella piccola fiera decisa a prendersi il posto che le spettava. E alla fine le aveva ceduto, permettendo alla tenerezza di entrare nella sua anima dove da troppo tempo latitava. Tutti la adorano, tutti sono pronti a fare della sua volontà legge, a inchinarsi ai suoi capricci, e lei lo sa e si aspetta di venire obbedita, quasi all’istante; ma con lui no. Sembra essere l’unico ad avere potere su di lei, persino laddove Lyfia restava inascoltata lui era certo di trovare obbedienza e rispetto. Senza mai alzare la voce. E ricevendone in sovrappiù tenerezza e quei sorrisi luminosi che rivolgeva a lui soltanto.
Se fosse stata davvero sangue del suo sangue non avrebbe potuto amarla di più.
E’ stato fortunato e lo sa. Caso vuole che sua nonna avesse i capelli rosso dorati e gli occhi verdi, e tutti hanno attribuito a lei l’aspetto della piccola. Lui è l’unico a sapere la verità; e spesso si è stupito del fatto che Lyfia non si rendesse conto di quella somiglianza inequivocabile. Di come … la sua anima non vibrasse sensibilmente dinanzi al miracolo ch’era Sunneva: così simile a suo padre anche nei gesti, negli sguardi, in quel suo essere orgogliosa, combattiva, leale, a volte prepotente. Lui non poteva giudicare con certezza ma chi avesse conosciuto Aiolia da bambino avrebbe rivisto nella piccola la sua copia sputata. Adesso che la guarda nella luce fioca della candela trema. Ha il suo stesso profilo, la stessa forma delle labbra. E più crescerà più sarà difficile proseguire in quell’inganno. Il pallido sole di Asgard non colorerà mai la sua pelle, scurendola; ma già adesso è completamente differente dal candore di cigno delle altre ragazze.
Deve affrontare la realtà. E la realtà è una bimba triste dalla boccuccia tesa in avanti e gli occhioni lucidi.
<< Ho fatto piangere la mamma … >>, mormora a capo chino.
<< Shhh … non è colpa tua, Sunneva. Non è colpa tua >>. La prende in braccio, e con lei raccoglie il medaglione. Appena viene a contatto con la sua manina luccica, come investito da un raggio di luce.
<< Fa così. Anche prima >>.
<< E la mamma l’ha visto? >>.
<< Sì >>.
Frodi lo stringe nel palmo. << Vieni. Ti porto da zia Freya >>.
Poche parole sono sufficienti come spiegazione. Lyfia non sta bene. Freya lo ha guardato con occhi compassionevoli, e subito ha preso Sunneva in braccio.
<< Non preoccuparti, ci penso io >>.
Frodi teme solo che Sunneva racconti alla ragazza cos’è accaduto. Freya capirebbe immediatamente … certo, sarebbe affidabile, come Sigmund; ma se non sapesse affatto sarebbe più semplice.
Immaginava di trovarla nella radura dov’era stata quella notte; invece no. E’ scesa alla scogliera dove Lady Hilda era stata attaccata da Poseidone, e quivi aveva ricevuto l’anello maledetto.
Non sa se è buon segno. Se l’ha fatto perché recarsi in quel luogo le fa ancora troppo male, oppure perché mediti qualcosa di spaventoso, come attentare alla propria vita ad esempio.
Fissa l’orizzonte, lo sguardo vacuo. Ha una mano sollevata, fa sfregare il pollice sulle dita unite come stringesse qualcosa.
Un cordoncino, ad esempio. << Credo … tu abbia … dimenticato questo >>, mormora piano, raggiungendola e porgendole il monile.
Lyfia si volta, ma non si sposta. Resta seduta, e a Frodi duole l’anima nel notare la pozza buia che sono divenute le sue iridi.
Scuote piano la testa. Lo scintillio torna ma è fioco. La lunga notte polare non è ancora così scura, quanto quegli occhi. << Perdonami, Frodi. Sunneva? >>.
<< L’ho lasciata con Freya. Sta bene, non preoccuparti. E’ solo dispiaciuta perché pensava di essere stata lei a farti piangere >>.
<< Piccola Sunneva >>. Lyfia si terge gli occhi con la mano, si rialza in piedi.
<< Lyfia, ascoltami … >>.
<< Scusa. So di … aver sbagliato. Io … sto cercando di essere una buona moglie, davvero. Voglio esserlo >>.
<< Lo so. E ti sono grato per questo, Lyfia. Ma … >>.
Lyfia gli arriva davanti, solleva una mano per fermarlo. << Aspetta. Non sto provando a giustificarmi, so che può sembrare una cosa assurda, però l’ho visto coi miei occhi. Non avrebbe mai potuto trovarlo, se non l’avesse chiamata lui, Frodi. Era nascosto dietro uno dei mattoni di pietra, in basso, dietro delle vecchie giare. Nessuno poteva saperlo >>.
Una pugnalata non potrebbe essere più dolorosa. Si sente in colpa, Lyfia … quando l’unico davvero colpevole è lui. << Lyfia … >>.
<< L’ha chiamata, Frodi, ne sono certa. Non … sono pazza. Quando l’ha toccato, ha brillato. Quasi l’avesse riconosciuta >>. Lyfia rialza lo sguardo, i suoi occhi sono fermi, limpidi. E la luce che li anima brilla in tutta la loro forza. << Ammetto di averlo pensato anche se senza volerlo, davvero. In alcuni momenti … il suo sguardo, il suo aspetto … mi hanno portato a riflettere. E ora ne ho la certezza >>.
Frodi serra i pugni. Trattiene il respiro, si fa aghi di ghiaccio nei polmoni. 
<< In lei c’è lo spirito di Aiolia. Lui … si è incarnato in nostra figlia, Frodi >>.
Oh, no … no.
No.
E’ tutto sbagliato. Può davvero essere stato così bravo a mentirle, da non poter mettere in dubbio ciò che lui le ha detto allora?
<< Ha promesso di proteggermi, sempre. E … forse alla fine … è stato tutto … un piano per … indurmi a sposarti perché … avvenisse. Altrimenti lei non sarebbe mai nata. E sarebbe stato un errore, Frodi. Nostra figlia è un miracolo >>. Gli posa una mano su quella di lui, avvolgendola con le dita fredde.
Deve riportarla a casa. Al riparo, al sicuro.
Ma è davvero un riparo, quella casa che regge sotto il peso di una menzogna? Quanto può esserlo? Se l’è chiesto spesso, nelle lunghe notte insonni al fianco di sua moglie.
Terrà duro, se giungerà l’onda della verità ad investirla? O la dura roccia si dimostrerà vulnerabile come la sabbia?
Mette l’altra mano su quella che stringe la sua, cercando le parole più adatte, per non ferirla, per proteggere lei e quella casa. La loro famiglia, la loro vita assieme … con Sunneva. << Lyfia, aspetta, ascoltami … non è così. Ti prego … ascoltami, davvero, non è così >>.
Lo sguardo di Lyfia si colora di un’ombra di spavento. << Frodi, non l’amerai di meno per questo, vero? >>. Sottrae la mano al contatto, congiungendola all’altra in gesto di preghiera. << Miei dei, forse non avrei dovuto dirti niente … >>. 
E Frodi non ce la fa più. E’ la sua coscienza ad esplodere in quel grido disperato, le parole gli bruciano le labbra come lava mentre le pronuncia, sentendo il cuore lacerarsi in sottili brandelli sanguinanti. Ogni lettera una pugnalata, che s’impiglia nel muscolo e tira, tira, tira, strappando carne e vita. Non cede, però. Anche se gli sembra di stare per esalare l’ultimo respiro davanti a Lyfia, e gli occhi ciechi per il pianto che li invade hanno impressa l’immagine di quella bimba fatta di sole che gli posa le manine sulle guance e lo chiama “papà” con struggente dolcezza. << Lyfia, Aiolia non si è incarnato in Sunneva! >>, urla. << Lei … è sua figlia >>.
Lo spavento di Lyfia lungi dallo scemare aumenta, e si somma all’incredulità. La situazione paradossalmente si è capovolta: forse teme che sia lui ad essere fuori di sé. << Cosa? Frodi, che stai dicendo … >>.
<< La verità. Sunneva … è sua figlia. Quella notte non hai … perso i sensi nella foresta. Era davvero lui, con te. E’ tornato. Solo per una notte >>. Abbassa lo sguardo, fissa la neve sotto di sé. Spera che lo ingoi, facendolo sparire. << E io ero preoccupato. Quando ho visto che non tornavi, sono venuto a cercarti. Mi ha parlato, Lyfia. Mi ha fatto promettere che ti avrei sposata, che mi sarei preso cura di te. E se da quella notte … avessi concepito un figlio, lo avrei fatto anche con lui >>. La lascia andare, e il braccio di Lyfia plana lentamente. E’ scioccata, il pallore sulle sue guance è livido.
<< No, non è possibile … io non … non … Frodi, non è possibile, lo sai anche tu … >>. Porta le mani alla bocca, trattenendo un verso di sconcerto. Si è arrotolato la manica fino a scoprire la cicatrice, ormai quasi invisibile.
Ma basta, per farle capire cosa è accaduto. Cosa l’ha tratta in inganno. << Ha … usato su di te il suo potere. Così mi ha detto. Perché il tuo corpo non serbasse segni. Per quanto possibile. E il resto … perdonami, Lyfia. Ti ho ingannato, anche se l’ho fatto … a fin di bene >>.
<< No. Non posso … io non posso credere che … tu … che .. lui! Come avete potuto? >>. Gli occhi emanano lampi duri, bagliori d’ametista pronti a colpirlo e trafiggerlo senza pietà. << Come?! >>.
<< Lyfia … tesoro mio … cerca di capire … >>. Prova a posarle una mano sul braccio, trattenerla. Ma lei è impossibile da domare: lo allontana di scatto, inorridita, si porta le mani alle tempie come se avesse paura che la testa possa scoppiarle, abbassa le palpebre per non vedere colui che l’ha tradita tanto crudelmente. << No, è terribile, terribile >>, mormora angosciata.
<< Lyfia >>. Frodi va in pezzi, davanti a quel dolore. Vorrebbe abbracciarla, proteggerla, ma sa che è proprio quel suo desiderio ad averli condotti lì. Ha sbagliato, e il prezzo da pagare lo sanno gli dei quale sarà. Al pensiero che possa andare via, che possa strappargli anche l’amore innocente di quella creatura la cui unica colpa è essere stata mezzo di un imbroglio si sente morire. << Lyfia, ti scongiuro >>. E’ sul punto di mettersi in ginocchio, di supplicarla di perdonargli, quando un grido ben più potente dei loro, terrorizzato li trae a quel momento per rituffarli in una realtà incomprensibile, paurosa.
<< E’ Freya >>, ansima Frodi. << Sunneva >>. 
   
 
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