Crossover
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Autore: Ash Visconti    14/01/2018    2 recensioni
Via Lattea. Un futuro imprecisato. Un Nuovo Ordine è sorto dalle ceneri di un era di lotta e devastazione, pronto a riportare la pace e l'unità nella galassia con ogni mezzo necessario, anche quelli sporchi. Ma quando i fautori di ordine e stabilità negano le libertà altrui è tempo di combattere. Tra i combattenti per la libertà un gruppo di persone forma un team per lottare uniti insieme ad altri eroi.
Crossover tra: Warhammer, Hunger Games, Maze Runner, Divergent, World of Warcraft, Starcraft, Diablo e Thief. Nonché personaggi originali. Se questa premessa vi ha incuriosito, leggete pure!
Nota: potrebbero apparire un paio di personaggi OOC.
Genere: Fantasy, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Libri, Videogiochi
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Sabotaggio


Skitariiranger1
Uno Skitarii
 
"Allied time was running short
"They would race against the bomb
And hours turned to days, time passed on
As the nature Test their strength
They would fight through night and day
To live amongst the wild, stay alive

Called in to serve
And they knew what to do
They were the heroes of the cold

Warrior soul, they signed a book of history
They played a leading role to win the 2nd war"

"Saboteurs"; Sabaton.

“Dobbiamo davvero tirare giù quel bestione?”
“No, Garrett, dobbiamo tirarne giù il più possibile”.
Nascosto dietro delle casse di materiale di scarto, Garrett alzò gli occhi verso la gigantesca macchina, fissando la mastodontica gamba di un corpo di metallo che si alzava fin verso il soffitto, circondato da passerelle d’acciaio per cosentire a tecnici ed operai di operare nel punto desiderato.
Così erano quelli i Titani, le gigantesche macchine da guerra prodotte dall’Adeptus Mechanicus sui Mondi Forgia.
Gli organizzatori della missione, che li avevano mandati lì a fare un bel po’ di danni col sabotaggio, li avevano spiegato che avrebbe fatto un gran bene alla causa della Resistenza, togliendo di mezzo quei bestioni. Garrett non dubitava del vantaggio tattico, quelli della Federazione Koprulu non avevano simili mecha, od almeno non così grandi.
Quelle gigantesche macchine, dotate di potenti cannoni sulle braccia e sulle spalle, sarebbero stati una bella gatta da pelare in campo aperto.
L’unico vantaggio per la Resistenza erano i lunghi tempi di preparazione per fabbricarli.
“Spero che i nostri amici ci abbiano visto giusto su quali sono i punti deboli dove piazzare gli esplosivi” borbottò Garrett ai compagni di squadra parlandogli al comlink.
“Tranquillo, piazziamo le cariche sulle giunture giuste, usciamo dalla fabbrica, facciamo scoppiare i botti, e poi filiamo dal pianeta” gli rispose di nuovo Kyle al comlink.
“Più facile a dirsi che a farsi”.
“Non preoccuparti” gli disse un’altra voce, quella di Anduin al comlink. “Resta concentrato e vedrai che ce la facciamo. Spero solo che nell’esplosione non siano coinvolte troppe persone…”
“Beh, tecnici in meno per il Nuovo Ordine, no?”
“Dai Garrett, quei tecnici fanno solo il loro lavoro”.
“Non dovremmo sbrigarci?” domandò un’altra voce al comlink, stavolta appartenete ad un ragazzo.
“Certo Hugh, piazziamo le cariche. Passo e chiudo” disse Anduin.
Garrett spense il piccolo ricetrasmettitore e girò la testa verso il suo compagno.
“Dai, coso, seguimi”.
Il “coso” emise  trillo sommesso di risposta e gli venne dietro. Non che Garrett avesse detto “coso” con cattiveria, ma Probius, il suo partner, non era un essere biologico, ma un oggetto, anzi una macchina.
Probius era una droide costruito dagli alieni di Aiur, i Protoss, e tecnicamente era uno dei tanti droidi di tipo “sonda”: serviva a raccogliere risorse ed aiutare ad edificare gli edifici.
Quel droide sferico e dorato, dotato di un grande occhio azzurro sul davanti, non era una macchina da guerra come quelle prodotte lì e non aveva men che meno un aspetto minaccioso.
Eppure sin da quando si aggregato al loro team si era dimostrato utile e fedele.
Venendo sul pianeta si era chiesto se Probius avesse una coscienza, ma si era detto di no: era una macchina non un essere umano, doveva seguire precise indicazioni, forse qualcosa di simile ad un uomo lo aveva, era fedele ai suoi superiori, ma era pur sempre una macchina costruita da esseri biologici.
Inoltre la sonda non aveva nome, “Probius” era un nome che Hugh, membro della squadra, gli aveva dato.
Alcuni suoi compagni si erano chiesti se quelli dell’Adeptus Mechanicus non avrebbero optato per smontare e studiare Probius qualora lo avessero preso, ma il pilota del loro mezzo aveva spiegato che tale probabilità era nulla: il commercio dei prodotti e della tecnologia degli “alieni” era severamente vietato. Il Nuovo Ordine non voleva che gli uomini fossero “contaminati” da influenze non-umane.
Avvolto nella sua tenuta, un comodo abito di panno scuro dotato di cappuccio e benda per coprire la parte inferiore del viso che non ostacolava i movimenti, Garrett si avventurò sulla piattaforma che circondava il Titano, dritto verso il luogo ideale per piazzare la carica.
Avevano spiegato a lui ed al team che il luogo migliore per piazzare la carica era dietro il carapace principale, proprio nel punto della “schiena” oltre la cui parete d’acciaio si trovava il grande reattore al plasma che alimentava e permetteva di muovere il Titano.
L’esplosione avrebbe danneggiato seriamente il reattore innescando una devastante reazione a catena.
Arrivati sul pianeta il team si era diviso in tre gruppi da due persone, infiltrandosi nelle grandi fabbriche con l’intenzione di piazzare la carica apposita e demolire tre di quei bestioni.
Sempre seguito dalla sonda, l’uomo scalò velocemente le piattaforme. In giro non c’era attività, ma d’altronde era notte e l’orario lavorativo era terminato, tuttavia si aspettava qualche controllore.
Infatti poco vicino al punto dove poteva piazzare l’esplosivo, camminava un individuo che indossava una lunga casacca rossa con il cappuccio alzato.
Dalla schiena spuntavano due bracci robotici dotati di strumenti per le riparazioni meccaniche.
Nascosto dietro l’angolo, Garrett lo riconobbe dall’aspetto come uno dei tecno-preti dell’Adeptus Mechanicus di cui avevano parlato al team. Realizzò che il suo manganello non sarebbe bastato per tramortirlo, sicché fece un cenno a Probius.
“Stendilo!” sussurrò.
La sonda emise un borbottio d’assenso e filò verso il tecno prete, in quel momento girato di spalle, e arrivatogli di soppiatto vicino fece partire una scarica elettrica che lo prese in pieno.
Il tecno prete cadde a terra in avanti fuori combattimento, stordito.
“Ben fatto” commentò l’uomo uscendo da dietro l’angolo e ricevendo un trillo di apprezzamento. Avvicinatosi al tecno-prete stordito lo osservò più attentamente e la vista gli fece provocare una smorfia.
A parte gli occhi, ed una maschera metallica che copriva la parte inferiore del viso, non pareva esserci niente di biologico in quello che un tempo era un uomo: protesi robotiche rivestivano tutto il suo corpo, sostituendo i normali arti.
A Garrett quella vista non piacque: un motivo in più per considerare gli altri mondi della Galassia assurdi e pericolosi.
Mondi Forgia, così li chiamavano i pianeti votati all’industria e sotto il controllo dell’organizzazione nota come Adeptus Mechanicus, formata dai migliori ingegneri e tecnici umani della Galassia.
Un organizzazione il cui unico Dio era la Macchina. Folle, semplicemente folle.
Sul suo pianeta d’origine vi era l’Ordine del Martello, fanatici religiosi tecnocratici che credevano nel progresso tecnologico e veneravano un dio-architetto, il Grande Costruttore.
Ma quello che vedeva in quel Mondo Forgia era… peggio. Sì, quello ai suoi occhi era decisamente disgustoso.
Scuotendo la testa andò a piazzare l’esplosivo.
“Qui Garrett, carica piazzata”.
“Bene!” giunse la voce di Anduin al comlink. “Inconvenienti?”
“Solo uno di quei tecno-preti. Sono brutti come dicevano”.
“Beh, buono a sapersi?” fece Hugh al comlink.
“Questo pianeta fa schifo!”
Un piccolo sfogo al comlink che non era riuscito a trattenere. Ed era sicuro che i suoi compagni di squadra la pensavano allo stesso modo.
“Non dirlo a me” grugnì una voce profonda ed ugualmente schifata all’intercom, e Garrett riconobbe il partner di Hugh. “Un mondo soffocato da quelle loro strutture di metallo e fumo… E cosa trovano costoro di bello nel sostituire la carne e le ossa col metallo?”
“Perché sono pazzi, Thorvald, te lo dico io”.
Hugh si fece di nuovo udire al ricetrasmettitore.
“La loro convinzione nella scienza è… Non saprei con che termine definirla…”
“Conturbante?” suggerì Anduin.
“Mh, sì, direi che sia il termine giusto. Ho qui davanti un loro manifesto, volete sapere cosa c’è scritto per avere un’idea?”
“Grazie, ma l’ho già letto” rispose Garrett.
Aveva trovato un manifesto poco dopo essersi separato dal gruppo: una lastra di metallo lucido su cui spiccava in lettere rosse il “credo” dei Tecno-Preti. Ricordava che il testo recitava pressappoco così:
“Non c’è verità nella carne, solo tradimento.”
“Non c’è forza nella carne, solo debolezza.”
“Non c’è durevolezza nella carne, solo decadimento.”
“Non c’è certezza nella carne, ma morte.”
Era per questo che quei pazzi dell’Adeptus Mechanicus trovavano bello diventare dei grotteschi ibridi in parte uomo ed in parte macchina? Era per questo che trovavano naturale, se non addirittura giusto sostituire la loro carne e le loro ossa con il metallo?
Poco importava: avevano un compito da portare a termine, ed alla svelta.
“Io me ne vado, voi piazzate le cariche e poi filate”.
“Certo. Anduin, passo e chiudo”.
 
 
“A posto, carica piazzata. Possiamo andarcene Anduin” disse Kyle scostandosi una ciocca di capelli neri dalla fronte.
“Bene, Kyle” rispose il suo partner fissando il tecno-prete steso a terra sulla pedana d’acciaio che passava dietro al Titano.
“M-maledetti…” borbottò quello con voce metallizzata, cercando di rialzarsi. “Pagherete p-per questa… offesa… al Dio Macchina”.
Senza replicare, Anduin lo stordì con un altro incantesimo luminoso per poi rivolgersi al suo compare dai capelli neri.
“Portiamolo via, prima che sia coinvolto nell’esplosione”.
“Possiamo anche lasciarla qui la zavorra”.
“Kyle, è un civile che non c’entra niente con questo”.
“A parte costruire armi per i nostri nemici”.
“Non ha invaso i nostri mondi, e comunque per principio non possiamo abbandonarlo”.
Kyle sospirò.
“Anduin dobbiamo filare, non abbiamo tempo per trasportarlo via, e con quei bracci meccanici dietro la schiena peserà parecchio e non sarà facile caricarlo in spalla”.
Anduin passò lo sguardo prima dal suo partner, poi al tecno-prete e sospirò. Tuttavia creò attorno all’uomo un barriera luminosa.
“Si dissolverà dopo l’esplosione e lo proteggerà. Andiamo!”
Mentre scendevano dalle passerelle, chiamò i suoi compagni al ricetrasmettitore.
“Qui Anduin. Carica piazzata. Hugh com’è la situazione?”
Si irrigidì quando udì quelli che sembravano spari.
“Hugh?”
“Merda! Anduin, ragazzi, le guardie ci hanno beccato! Dobbiamo fuggire!”
 
 
Garrett imprecò quando udì al comlink la notizia di Hugh. Poco dopo gli allarmi della fabbrica suonarono all’impazzata e ovunque lampeggiò la luce arancione d’allarme.
“Uscite dalla fabbrica e raggiungete la navetta SUBITO!” urlò Anduin al comlink.
Garrett lo spense, e cominciò a correre per raggiungere l’esterno.
“Corri coso!” gridò a Probius.
 I due corsero per i corridoi della fabbrica (Proboius levitando a mezz’aria), diretti verso il punto da cui erano entrati, cercando di non perdere l’orientamento.
L’uomo si bloccò quando davanti a lui passarono, correndo verso la sua destra, degli uomini dai corpi metallici, dotati di casacche rosse con cappuccio ed armati di lunghi fucili.
Ricordandosi le descrizioni fornite, Garrett intuì che dovevano essere Skitarii, i soldati dell’Adeptus Mechaincus.
Fortunatamente non lo videro, dato che correvano in tutta fretta in una direzione diversa, e tirò un sospiro di sollievo.
Ma subito dopo, il trillo di allarme di Probius lo fece voltare e vide due skitarii coi fucili spianati verso il suo petto.
Il loro volto era coperto da una maschera di ferro con lentia azzurre sugli occhi.
“Mani sulla testa!” ordinarono con voce metallica.
Con un urlo belluino qualcosa cadde sul cyborg incappucciato rosso più vicino sbattendolo a terra e poi con un colpo fece retrocedere l’altro soldato, facendogli sprizzare scintille dalla gola.
Garrett sussultò lievemente quando quello girò il volto verso di lui e vide un volto stravolto dalla furia della battaglia.
“Thorvald!”
“Garett!” gridò una voce sopra di lui.
Alzato il capo, vide che dalla piattaforma soprastante saltò giù anche Hugh, i capelli castani arruffati e gli occhiali storti per la corsa.
“Ci hanno beccato prima che potessimo piazzare la carica” balbettò il ragazzo.
“Dopo, ora pensiamo a scappare” affermò Garrett. “Seguitemi!”
Corsero per i corridoi, evitando per un pelo altri sodati cibernetici, fino a giungere davanti ad una parete che presentava un’apertura in basso.
“Passiamo per questo condotto d’areazione. Faccio strada io” dichiarò Garrett ranicchiandosi e  infilandosi per primo. Lo seguì Hugh, poi Thorvald, che rinfoderò l’ascia, ed infine Probius.
“E’ stretto, cazzo!” imprecò Thorvald.
“Trattieni il fiato!”
Strisciando per quell’angusto tubo, giunsero infine all’esterno dove strisciarono fuori.
“E gli altri?” domandò Hugh.
“Prima corriamo alla navetta” replicò Garrett.
Anche all’esterno vi era il caos, correndo e cercando riparo dietro i container, i quattro giunsero in vista della al pista di atterraggio.
Di Anduin e Kyle nessuna traccia.
“Là!” gridò Thorvald indicando due giovani, uno biondo e l’altro moro, che correvano verso la pista, inseguiti dai soldati rossi.
“Ehi, di qua!” gridò Hugh agitando le braccia.
“Via, via!”
Nella fuga, attraverso il frastuono delle sirene, udirono alcune grida umane e il rumore degli spari.
Un raggio laser passò poco sopra la testa di Thorvald, che imprecò nel dialetto del suo pianeta.
“Si sono accorti che siamo usciti comunque!” gridò Kyle, che reggeva nella mano destra un lungo bastone in legno.
“Non fermatevi!”
Spronati da Anduin accelerarono la corsa attraverso la piattaforma d’atterraggio per navi giunte dallo spazio.
Trovarono la loro navetta: aveva i motori accesi, il portello abbassato ed era pronta al decollo. All’apparenza sembrava una qualunque navetta di scalo commerciale che spesso approdava sui Mondi Forgia, quella ed i codici d’accesso giusti recuperati dalle spie della Resistenza, erano bastati per ingannare i posti di blocco.
Il gruppo sentì scoppi vicino ai loro piedi e i raggi laser passare sopra le loro teste, cosa che li spinse ad accelerare al corsa.
Anduin si voltò per lanciare un incantesimo luminoso che gli altri non videro bene ma dagli scoppi capirono che doveva aver colpito gli assalitori.
Di sicuro in modo non letale, conoscendo al sua indole.
Ormai ansanti per la corsa, i sei si fiondarono dentro il portellone aperto della navetta. Kyle si fermò un attimo e premette il pulsante rosso d’un telecomando.
Dalla fabbrica si udì un enorme boato che stordì l’udito di tutti rischiando di farli diventare sordi, poi fumo e fiamme si levarono dall’edificio.
Soddisfatto, Kyle si lanciò dentro lo sportello che si chiuse subito, ed un attimo dopo il mezzo diede energia ai motori e decollò a tutti velocità verso il cosmo oltre l’atmosfera del pianeta.
Prima ancora che navette da guerra nemiche si lanciassero all’inseguimento, la loro navetta aveva già eseguito il salto a velocità luce ed era sparita a tutta velocità verso lo spazio ribelle.
“Salto riuscito! Riposatevi finché non saremo alla Base B!” annunciò uno dei due piloti.
Con un sospiro, tutti i membri del Team Rogue si sedettero sui sedili del mezzo onde riprendere fiato, (tranne Probius che si sistemò in un angolo) e riflettendo sull’impresa compiuta.
“Ferite? Qualcuno ha bisogno di cure?” chiese Hugh.
Quando gli altri negarono, il ragazzo sospirò e si sfilò gli occhiali, controllando che non avessero subito danni.
“Il Team Rogue ha vinto ancora!” commentò felice.
“Due colpi su tre previsti. Non una vittoria completa” grugnì Thorvald.
“Beh, l’importante è che ne siamo usciti vivi e vegeti tutti quanti, senza perdite” sottolineò il giovane occhialuto. “Dal mio punto di vista è la cosa più positiva”.
Anduin osservò in silenzio il suo compagno di Team: ricordò come il suo compagno fosse già di per sé un sopravissuto che si era fatto le ossa sul suo pianeta natale, Calderis, in eventi in cui aveva già messo in gioco la sua vita, a dispetto della sua giovane età. Una volta aveva detto, o meglio mormorato a bassa voce che non avrebbe mai dimenticato di essere sempre e comunque un Raduraio. Un Raduraio sopravissuto fino alla fine.
“Sono d’accordo con Hugh” disse Garrett. “Quando qualcosa fallisce ti accontenti di essertela cavata senza ripercussioni, anche se l’insuccesso brucia”.
“Ne sai molto su questo vedo, ma d’altronde non sempre i ladri hanno successo”.
Garrett ignorò quella frecciatina all’unica attività che praticava sul suo pianeta d’origine.
“Dai Kyle, Garrett è uno del gruppo e poi non mi sembra che tu sia quello più indicato per fare la predica” disse Hugh.
“Non nego i miei… problemi” ribatté il moro alzando le mani. “Purché Garrett non mi svuoti le tasche di nascosto, non farò storie per un ladro nella nostra squadra”.
“Sono nel Team Rogue perché voi volevate qualcuno bravo ad infiltrarsi senza farsi notare. Pagatemi bene e farò tutto il possibile”
“Soldi!” grugnì di nuovo Thorvald. “Io sono in questo Team per l’onore, cosa molto più importante di misere ricompense materiali”.
“Calma Thorvald, ognuno ha i suoi motivi per essere entrato nella Resistenza” intervenne con tono pacificatore Anduin. “In particolare per la libertà dal Nuovo Ordine! Ricordate che il vero scopo ultimo del Team Rogue, e della Resistenza in generale, è far trionfare la pace e la giustizia in questo angolo della Galassia liberandola dal Nuovo Ordine.”
“Bella prospettiva, ma non li faremo rinunciare per sempre, temo” disse Kyle. “L’hai sentito Jan, no? Il Nuovo Ordine brama il controllo totale e completo di ogni cosa e persona nella Galassia. Forse possiamo respingerli una volta ma continueranno a tornare, questo io credo”.
“Però se mostrassimo che possiamo organizzare una società tranquilla senza le loro pesanti ingerenza avremmo fatto un grosso passo verso al fine della guerra” replicò Anduin.
“E dopo chi minaccerà di nuovo la pace?” replicò Kyle. “Sul mio pianeta si è combattuta una guerra che ha visto il Difensore arrivare alla ribalta e non era la prima. E poi? E’ arrivato il Nuovo Ordine e la guerra è ricominciata.”.
“Anche sul mio pianeta Azeroth si sono combattute guerre e ben prima di questa tra Resistenza e Nuovo Ordine, ma nessuno brama sempre e solo al conflitto. Un giorno anche questa guerra finirà”.
“E tu credi che tutto questo avrà fine?” domandò Kyle con una leggera punta di scetticismo.
“Ti dico questo Kyle: non credo nella prospettiva di una guerra eterna” gli rispose Anduin. “Ci sarà pace un giorno. Ne sono convinto”.
“Se lo dici tu…”
   
 
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