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Autore: TheDarkiti    15/01/2018    1 recensioni
Il galateo del fidanzato perfetto, un numero ancora indefinito di regole d'oro che Soul nemmeno proverà mai a rispettare.
Ecco perché farci una raccolta sopra, di certo alcune ragazze si romperebbero le scatole del principe azzurro e non c'è coppia piú imperfettamente perfetta di Soul e Maka a provarlo.
《 Regola numero dieci: Il ragazzo perfetto è umile, non se la tira e non si sente migliore degli altri, tantomeno di te. 》
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: Questa one-shot è liberamente ispirata alla storia “Bunny Boy and the alliance of the apartments” di Mattie Leland sul forum di EFP (storia che vi consiglio anche di leggere se siete fan di South Park e della Kyman in particolare, e se non siete fan di questa serie di correre a farvi una cultura satirica, che serve a tutti).

Galateo del fidanzato perfetto
(E di come Soul esca magnificamente da ogni canone)

Regola numero tre: il ragazzo perfetto accetta anche di fare sacrifici per te, se è per la giusta causa.

“Soul...” Maka si affacciò dalla cucina sbadigliando con la bocca spalancata e i capelli ancora scompigliati, senza alcun ritegno verso il proprio ragazzo seduto su una sedia con gli occhi assonnati ancora semichiusi. Non che lui fosse messo meglio, in realtà, di fatto più che “seduto”, sarebbe stato più consono il termine “stravaccato in una posizione talmente scomoda, con la schiena tutta storta e un braccio a tenergli su la testa che sembrava pesare tre quintali, da sfidare beffardamente ogni legge fisica”. Per di più, tutto ciò che conservava celata la sua nudità erano un paio di boxer indecenti, di un verde acceso con stampate sopra delle imbarazzanti carotine arancioni, ma il tutto non sembrava pesare all’albino: quel giorno era domenica, e ciò comportava assoluto relax e nessun noioso lavoro malpagato come segretaria d’ufficio da fare alla Shibusen.

Da quando avevano definitivamente sconfitto il Kishin Ashura, la quantità e pericolosità di follia presente nel mondo era precipitosamente calata, così come le persone, un po’ per paura, un po’ per sano buon senso, cedevano ad essa sempre meno. E per quanto tutto questo fosse ovviamente positivo, ciò comportava sempre meno lavoro e quindi sempre meno pagamenti per le missioni quasi inesistenti. E loro erano ancora troppo giovani per trovarsi un lavoro seriamente: due diciassettenni di certo non avrebbero scovato un impiego decente, nemmeno se eroi e salvatori di circa tutto il mondo. Quindi avevano acconsentito ad aiutare il loro amico alle prese con il suo nuovo, stressante lavoro da Sommo Shinigami. Ma Soul sapeva che, più che dividere fogli e sistemare la biblioteca praticamente ogni giorno -e, Dio, avrebbe trovato un giorno il bastardo che la sera passava a metterla a soqquadro-, il loro compito era di sopportare le crisi isteriche del moro, novizio capo di tutto ciò a cui non era ancora stato istruito a comandare, rendendolo una rumorosa madre casalinga col ciclo ininterrotto e i nervi a fior di pelle.

In pratica, Soul amava la Domenica con tutto se stesso, e non ricordava un solo episodio in combattimento in cui era tornata a casa stanco più di come faceva da qualche mese con quella donna di Kid.

Però, come sopracitato, quel lavoro non pagava bene come avrebbe fatto compiere due missioni al mese, e la cosa si ritorceva sempre contro di lui.

“Siamo in ritardo sul pagamento dell’appartamento” mugugnò Maka, ancora troppo assonnata per parlare normalmente. Solo a quel punto il ragazzo si accorse della lettera che la giovane stringeva tra le dita e la riconobbe subito. Ciò bastò a risvegliarlo completamente, e boccheggiò terrorizzato verso la piccola letterina color pesca, colore che il proprietario del palazzo riservava solamente ai loro di avvisi riguardanti i pagamenti, e sapevano perfettamente entrambi il motivo di questo.

“No.” affermò secco, ingoiando saliva a vuoto per cercare di risultare ancora più deciso e perentorio di quanto non fosse. E lo era tantissimo, eccome se lo era!

“Soul...ti preego...” provò ancora la bionda, avvicinandosi ancheggiando lentamente e facendo strisciare in modo leggero le ciabatte per terra. “No! Non intendo-” Gli si sedette sulle ginocchia, accavallando elegantemente le gambe e allacciandosi con le braccia sottili al suo collo, cominciando a sfiorarlo anche con le dita. “Non intendo fare...” Lo sentì tremare leggermente e sentì distintamente la presa delle sue mani rafforzarsi all’altezza dei suoi fianchi e sorrise divertita nel costatare quanto fosse facile abbindolarlo: aveva fatto bene a farsi insegnare da Kim questo trucchetto, funzionava ogni volta.

“Solo per questa volta” gli bisbigliò, avvicinando le labbra al suo orecchio e sentendo la presa farsi più salda e muoversi lentamente verso il basso “Vai giù da Finn, lo saluti...magari gli sorridi...gli chiedi di lasciarci ancora una settimana di tempo per pagare e poi te ne torni di sopra...da me”

Lo sentì gongolare leggermente e aspettò pazientemente, piccola e furba leonessa, che cadesse nella sua trappola innocente. Non attese molto, in realtà: pochi secondi dopo Soul le aveva girato sgarbatamente il viso e aveva poggiato le proprie labbra sulle sue, non riuscendo più a trattenere la voglia che sentiva lo stava percuotendo senza pietà. Piccolo stupido…

Si allontanò da lui, alzandosi in piedi e sottraendosi in un solo attimo alla sua presa, troppo veloce perché lui riuscisse a riacchiapparla, sorridendogli trionfale e guardando invece il volto dell’altro che mutava in un’espressione di supplica, come se stesse obbligando un bambino a gettare via ogni suo giocattolo.

“E non fare quella faccia...Se non ce ne fosse veramente bisogno credi che te lo farei fare?”

Sì, glielo avrebbe sicuramente fatto fare comunque, ma era vero che quella era un’emergenza. Lui le ringhiò contro, incrociando le braccia al petto con fare seccato e risentito “Perchè non ci vai tu a prostituirti al quello, per una volta?”

Domanda stupida e inutile, eppure Maka si sentì in dovere di rispondere, da una parte perché ormai sapeva di aver vinto, dall’altra perché la faccenda la divertiva particolarmente, sopratutto perché metteva a disagio la sua arma.

“Beh, perché è il tuo bel culetto che vuole, non il mio” affermò, godendo sadicamente nel vederlo rabbrividire, terrorizzato a morte “Non me lo ricordare...”

Ed infatti era così: il giovane proprietario del loro palazzo, Finn, aveva incrociato i due ragazzi nella hall qualche anno prima, e si era preso una cotta pazzesca per il giovane dai capelli bianchi, nonostante avesse circa sette anni in più di lui. Da quello volta il maniaco, come aveva cominciato a chiamarlo Soul, si era stabilito a fare la muffa al bancone dell’entrata, cogliendo così ogni occasione che gli capitava per rivedere lui e il suo bel fondoschiena, a cui aveva puntato, come il maniaco che era, già da subito. Così, ogni volta che i due uscivano di casa, lui si precipitava da loro salutandolo mielosamente con un “Buongiorno, signorino Evans!” o “Che bella giacca che ha stamattina, le sta proprio bene addosso, sa?” e altri complimenti da galantuomino che facevano terrorizzare il ragazzo, il quale ogni volta lo salutava sgarbatamente ed allungava il passo, seguito dalla propria fidanzata che lo guardava cercando di nascondere la risata che sentiva crescerle nel petto ogni volta. Maka non ricordava neanche una volta in cui Finn l’avesse salutata decentemente; anche quando era in assenza della propria Buki, lui o non la guardava, o, al contrario, la scrutava senza dire una parola, lo sguardo palesemente astioso, perché l’intero palazzo sapeva della loro relazione, eppure lo stesso proprietario non si voleva dar pervinto.

“Io non ci voglio andare, Maka!” ormai le sue sembravano delle suppliche, e lei non si sarebbe sorpresa se, da un momento all’altro, lui si fosse buttato in ginocchio a pregarla di cambiare casa. Ma Maka era irremovibile su certe cose, così Soul dovette andare a malincuore a mettersi qualcosa addosso -i vestiti più brutti che riuscì a trovare, fra l’altro- e si incamminò verso la porta come se stesse raggiungendo il patibolo, assolutamente non pronto a sorridere al viscido uomo che, lo sapeva, stava aspettando speranzoso il suo arrivo anche quel giorno.

“Ma tu non dovresti sentirti in qualche modo gelosa del fatto che ci debba provare con quello almeno una volta la mese? Sei la mia ragazza o cosa?” ritentò, squadrando la bionda dalla testa ai piedi.

“Mah...” cominciò lei, alzando gli occhi al cielo e poggiando entrambe le mani sui fianchi “Sono piuttosto convinta che tu invece di sedere preferisca il mio”

“E puoi dirci giuro” mugugnò infine l’altro, chiudendosi la porta alle spalle. 

   
 
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