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Autore: eliseCS    15/01/2018    2 recensioni
[Questa ff resta fedele alla serie tv fino alla prima stagione, già sul finale ci sono cambiamenti]
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Eleven vince contro il Demogorgon e viene successivamente trovata da Hopper ma i due sono poi costretti a lasciare Hawkins.
Nessuno sa che lei è ancora viva e per undici anni la vita di tutti va avanti normalmente finchè dopo un brusco risveglio l'incubo sembra cominciare di nuovo.
Perchè a quanto pare anche l'Upside Down stava solo dormendo, recuperando le sue forze per l'attacco successivo.
E poi... beh, per sapere cosa succede dopo dovrete leggere, no?
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[Primo tentativo di scrittura in questo fandom - nel quale non mi sarei mai immaginata di scirvere.
I capitoli saranno pubblicati ogni due settimane, probabilmente il lunedì.
Auguro buona lettura sperando che a qualcuno possa piacere questa "cosa".
E.]
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Hopper, Mike Wheeler, Un po' tutti, Undici/Jane, Will Byers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 3
 
 
 
La Hopper&Co. era ormai da anni uno degli studi privati più in vista di Chicago.
Specializzato nel ritrovamento di persone scomparse – sia si trattasse di persone care o criminali con una taglia sulla loro testa – da quando aveva aperto i battenti non aveva fallito in nessuno dei casi che gli era stato affidato.
Non era stato facile all’inizio, soprattutto quando era venuto fuori che quel Co. non comprendeva un qualche socio prestigioso o un altro affermato detective ma bensì la figlia del titolare Jim Hopper, allora quindicenne, Jane.
Guadagnare credibilità nell’ambito degli investigatori privati era stato più che arduo, soprattutto partendo dalla reputazione del padre single con figlia a carico, ma alla fine, caso dopo caso, chiunque si fosse rivolto a quella strana coppia aveva dovuto ammettere che entrambi – sì, compresa l’adolescente – sapevano quello che facevano.
 
Quello di diventare un investigatore privato era stato un sogno nel cassetto che l’ex sceriffo Hopper aveva sempre reputato troppo audace e fantasioso per essere attuato, a maggior ragione in una cittadina come Hawkins.
Eleven, ribattezzata con il suo vero nome Jane con l’aggiunta del cognome Hopper grazie ad un certificato di nascita talmente falso da apparire vero, si era adeguata come al solito.
Aveva accolto la decisione di Hopper di mandarla a scuola – dopo tutta una serie di lezioni private – con più entusiasmo di quanto l’uomo stesso avesse mai osato sperare.
Aveva già capito che se non voleva rimanere per sempre la ragazzina anormale con cui tutti la identificavano avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche e lavorare sodo, forse persino di più di quanto faceva con papà...
 
In quegli undici anni la ragazzina con la testa rasata, l’espressione smarrita e il vocabolario di un bambino dell’asilo era cresciuta trasformandosi in una giovane donna dai boccoli color cioccolato che incorniciavano un’espressione risoluta e decisa del volto con una parlantina niente male.
Se si guardava indietro non passava giorno senza che lei non ringraziasse quello che ormai considerava davvero suo padre per tutto quello che aveva fatto per lei, anche se il loro rapporto in realtà non era esattamente cominciato nel migliore dei modi.
 
 
 
Flashback
La bambina riprese conoscenza ansimando.
In bocca poteva sentire il sapore ferroso del sangue che gli era colato dal naso quando aveva usato al massimo i suoi poteri per uccidere il Demogorgon.
Si alzò praticamente di scatto e guardandosi intorno capì che sì, era ancora nella scuola, ma era quella dell’Upside Down.
A passo malfermo lasciò l’aula in cui si era svegliata cominciando a percorrere il corridoio per cercare una via d’uscita, qualcuno che potesse aiutarla, un amico...
Arrivata al punto di svolta già non ce la faceva più e si trovò ad appoggiarsi al muro.
 
“M-Mike?” chiamò con la voce tremante e spezzata.
Le era venuto istintivo.
Da qualche parte nella sua testa poteva sentire le voce dei tre ragazzini che chiamavano il suo nome, ma quella di Mike...
Riprese il suo cammino cominciando a respirare affannosamente mentre l’aria attorno a lei sembrava quasi farsi più fredda.
“Mike?” chiamò di nuovo cercando di trattenere le lacrime.
“Miiike!” ormai le sue urla erano diventate disperate, strazianti per chiunque l’avesse ascoltata.
Ma lì non c’era nessuno, solo lei.
 
Finchè non la vide: una breccia.
Rosso e pulsante, un varco per tornare nell’altro mondo.
Si appiattì contro il muro in un riflesso involontario quando si accorse della presenza di alcuni poliziotti dall’altra parte.
Non poteva rischiare.
Quando finalmente quelli se ne andarono cominciò ad agire.
Infilò un braccio attraverso il varco rompendo la membrana viscida che separava le due realtà constatando che quella fosse effettivamente una via d’uscita.
Però non era abbastanza grande per far passare tutto il suo corpo.
Nonostante fosse ancora allo stremo delle sue forze quella era l’unica cosa da fare: si asciugò la mano sulla gonna del vestitino ormai irriconoscibile per poi distenderla di fronte a sé verso il passaggio.
Poteva percepire la resistenza che quello opponeva mentre lei cercava di allargarlo, ma alla fine ebbe lei la meglio.
 
Prima di quanto avesse osato sperare si ritrovò a carponi dall’altra parte, ricoperta della sostanza appiccicosa da capo a piedi, col fiatone e il naso che sanguinava di nuovo, ma viva.
 
I suoi piedi la guidarono verso quel posto che aveva chiamato casa nell’ultimo periodo: l’abitazione di Mike.
Forse era stata lei ingenua, non aveva minimamente considerato la possibilità di trovare poliziotti anche lì, ma tutte quelle macchine con i lampeggianti accesi erano difficili da ignorare.
Non vista riuscì ad avvicinarsi ad una delle finestre, e Mike era lì, in compagnia della madre e di un agente.
Non ci voleva molta fantasia per immaginare quello che gli stavano dicendo: che lei era pericolosa e per la sicurezza di tutti avrebbe dovuto rivelare loro la sua posizione.
Almeno sembrava che il ragazzino non avesse la minima intenzione di ascoltarli visto che continuava a tenere la testa bassa senza rispondere.
Eleven cercò di cacciare indietro le lacrime e dopo averlo salutato con un Addio Mike pronunciato solo nella sua testa corse via prima che qualcuno potesse accorgersi della sua presenza.
 
Ritornò nel bosco: quale posto migliore per nascondersi?
Trovò rifugio sotto il tronco di un albero caduto contro il fianco di una collinetta, lì non l’avrebbero trovata.
Sola e impaurita si concesse finalmente di piangere, mentre cercava di stringersi su se stessa per ripararsi dal freddo come poteva.
Aveva fame, sete e si sentiva stanchissima: aveva usato troppo i suoi poteri senza darsi tempo di recuperare e adesso ne stava pagando le conseguenze.
Come se non bastasse poi nella sua testa continuava a risuonare come un eco uno strano richiamo che sembrava volerla spingere a tornare ai Laboratori.
Un richiamo pulsante che la faceva sentire come se qualcosa la stesse opprimendo causandole un feroce mal di testa.
Chiuse gli occhi con forza cercando di scacciare tutti i suoi pensieri.
 
Svenne.
 
Non sapeva che anche qualcun altro, oltre ai poliziotti, la stava cercando.
 
 
 
Quando Hopper aveva sentito i ragazzi dire che Eleven era sparita non aveva lasciato la scuola: piuttosto si era appostato nella sua auto e aveva aspettato.
La sua pazienza fu premiata.
Non passò molto prima che qualcuno uscisse infatti dall’edificio scolastico.
Sembrava allo stremo delle forze, e probabilmente lo era davvero, ma l’uomo sapeva che non poteva farsi vedere adesso o non avrebbe fatto altro che spaventarla di più e peggiorare la situazione.
 
Sbuffò scendendo dal veicolo perché non aveva voglia di camminare, ma non poteva mettersi a seguirla in macchina o l’avrebbe scoperto subito.
Non uscì allo scoperto finchè non raggiunsero il bosco.
 
Hopper individuò il nascondiglio della bambina ma rimase a sua volta nascosto per aspettare la sua prossima mossa.
Quando però dopo minuti interi Eleven ancora non aveva dato segno di essersi spostata decise che non avrebbe più aspettato.
E meno male.
La bambina era rannicchiata su se stessa, tremante: la pelle di una sinistra sfumatura bluastra e le labbra viola. Al tatto pareva proprio ghiacciata.
Lo sceriffo non si fermò a cercare di capire come solo pochi minuti avessero potuto ridurla in quello stato e senza troppi complimenti la prese in braccio e la portò via.
Fine Flashback
 
 
 
Quando Eleven si era finalmente ripresa Hopper aveva dovuto metterci dell’impegno per spiegare alla bambina e agli oggetti volanti al seguito – diretti tutti contro di lui ovviamente – come mai non si trovavano più a Hawkins ma a miglia di distanza.
Cercare di farle capire che lui inizialmente era rimasto in città, solo che lei non dava segno di volersi riprendere dallo stato comatoso in cui era caduta.
Di chiedere aiuto all’ospedale non se ne parlava, allora aveva deciso di provare a portarla in quello della città più vicina.
E lì era successo.
Una volta lasciata Hawkins, mano a mano che si allontanavano sempre di più, Eleven aveva pian piano cominciato a dare segni di miglioramento: aveva cominciato a riprendere colore e a muoversi nel sonno.
E così Hopper aveva lasciato perdere l’ospedale e aveva continuato a guidare, fermandosi solo quando la sua passeggera si era finalmente risvegliata del tutto, confusa, affamata e subito dopo anche arrabbiata con lui.
Erano arrivati fino a Chicago.
 
Ovviamente dopo un certo periodo dalla completa riabilitazione di Eleven avevano provato a fare ritorno a Hawkins, ma le cose non erano andate come si erano aspettati: più o meno a metà strada la bambina aveva cominciato a lamentarsi di uno strano mal di testa per poi svenire pochi minuti dopo scossa da brividi di freddo nonostante fosse piena estate.
L’uomo aveva fatto inversione di marcia seduta stante.
 
C’erano state diverse discussioni, tentativi e altrettanti svenimenti e tante lacrime prima che Eleven si rassegnasse allo stato delle cose: non le era permesso tornare a Hawkins.
Non restando cosciente, almeno.
 
E così era iniziata la loro vita lì a Chicago, e se non fosse stato che la ormai cresciuta bambina pensava ancora ad un certo Mike ogni giorno le cose sarebbero davvero state perfette.
 
 
Eleven aveva ben presto dimostrato di essere all’altezza di tutte le aspettative che Hopper avrebbe potuto avere su di lei – l’uomo non poteva esserne più fiero – e le aveva forse anche superate, quelle aspettative, quando la ragazzina gli aveva chiesto di poter lavorare con lui, senza abbandonare la scuola ovviamente, e poi dargli una mano a risolvere un caso per provare che poteva davvero aiutare.
 
Dal trasferimento aveva sempre cercato di usare i suoi poteri il meno possibile, e quella fu la prima volta che li riusò seriamente dopo un anno e mezzo.
Si trattava di un caso di un bambino scomparso e Hopper sembrava proprio non riuscire a venirne a capo.
Ovviamente non gli aveva chiesto il permesso visto che sapeva bene che non glielo avrebbe mai dato, e di nascosto aveva preso in prestito una delle foto del bambino dal fascicolo.
Aveva aspettato che l’uomo uscisse di casa e si era chiusa in camera, si era legata un foulard attorno agli occhi e stretto la foto al petto.
 
Le immagini erano arrivate tutte insieme come tanti flash che l’avevano quasi accecata e lasciata confusa per qualche minuto.
Non era mai stata così veloce, e quando si tolse la benda per guardarsi allo specchio aveva notato che il naso non le aveva neanche sanguinato.
Non si sentiva nemmeno stanca!
Hopper, come si aspettava, non era stato affatto contento della sua presa d’iniziativa – che infatti le era costata una settimana di punizione senza Eggos a colazione – ma alla fine erano riusciti a ritrovare il bambino e a riportarlo a casa sano e salvo: contava quello.
 
Dopo un lungo e serioso discorso sulla responsabilità di usare i suoi poteri e domande non tanto velate su come si fosse sentita e se avesse fatto altri strani incontri quando con la sua mente era andata dall’altra parte, Hopper aveva alla fine ceduto alle richieste di Eleven permettendole di tornare ad usare di nuovo i suoi poteri, ma senza esagerare, e di aiutarlo con i suoi casi solo quando rimaneva in un vicolo cieco.
Non aveva problemi se la ragazza usava la telecinesi, ma voleva evitare il più possibile che El entrasse di nuovo in contatto con l’Upside Down – e tutto quello che aveva a che fare con esso – anche se andandoci solo con la sua testa.
Se quando aveva solo dodici anni era stata capace di attirare un mostro come il Demogorgon non osava pensare a cosa sarebbe potuto capitare adesso che era più grande e – sì, se n’era accorto subito anche lui – più potente.
 
 
 
‡‡‡
 
 
 
Alla fine anche quel caso era stato risolto e Hopper e Jane stavano festeggiando a casa mangiando cibo d’asporto e guarnendo gli Eggos che avrebbero mangiato come dessert.
Stava andando tutto come accadeva di solito quando risolvevano un caso con successo quando il telefono squillò.
Entrambi lo guardarono straniti: l’uomo non riceveva mai telefonate all’infuori di quelle dei clienti che comunque chiamavano in orario d’ufficio – e in ogni caso quasi mai al numero di casa.
 
Hopper rispose alla chiamata guardingo e incuriosito al tempo stesso, sbarrando gli occhi in un’espressione di puro stupore quando riconobbe la voce dall’altra parte della cornetta.
“Come hai fatto ad avere questo numero?”
“Me lo hai dato tu l’ultima volta, te ne sei già dimenticato? Hai detto che era per le emergenze”
“Infatti...”
“Questa è un’emergenza Hopper”
Se si sforzava Jane poteva quasi riuscire a sentire la voce disperata della donna dall’altra parte della cornetta.
Suo padre se ne accorse e chiese alla sua interlocutrice di aspettarlo un attimo.
 
“Jane...”
“Che c’è? Di solito mi fai ascoltare tutte le chiamate!”
“Non questa”
“Chi è?”
“Per favore vai in camera tua e non ascoltare. Prometto che quando finisco ti riferirò quello che posso”
La ragazza sbuffò ma fece quello che le era stato detto, non prima di aver preso con sé il piatto con gli Eggos e aver fatto una linguaccia all’uomo.
 
Un quarto d’ora dopo Hopper andò a bussare alla camera dicendo che aveva finito e insieme potevano ritornare a tavola.
“Allora?” domandò Jane spingendo verso di lui il piatto dove aveva lasciato l’ultimo Eggo – per pura bontà d’animo, sia chiaro.
“Devo tornare a Hawkins”
“Mmm. Questo lo so, ci torni sempre ogni anno – senza di me” annuì la ragazza imbronciata.
“Ci devo tornare adesso” chiarì lui.
“Perché?” Jane si sporse in avanti scrutandolo con gli occhi assottigliati.
“Perché... al telefono era Joyce: ha detto che Jonathan si è trovato in un brutto giro e ha paura per lui”
“Non si era trasferito anche lui...?”
“Questo è il motivo per cui è tornato”
“Ma c’è il mio compleanno tra poco! Non riuscirai mai a tornare in tempo!”
“Mi dispiace, ok? Prometto che cercherò di fare il più in fretta possibile, e quando tornerò festeggeremo ancora di più degli anni scorsi, che ne dici?”
 
Jane incrociò le braccia al petto contrariata.
“E poi... non dirmi che tu non aiuteresti Joyce e suo figlio se ti chiedessero aiuto...”
Quello era un colpo basso, ovvio che li avrebbe aiutati, senza pensarci due volte.
“Portami con te, voglio venire anche io”
“Jane...”
“Per favore! Sono passati anni, sono stata brava, ho obbedito a tutte le regole – beh, quasi tutte – e non mi sono mai lamentata, non ho mai chiesto niente”
“Jane devi capire che non posso permettermi di ritardare perché devo riportarti indietro nel caso tu dovessi stare male. Da quello che ha detto Joyce la situazione di Jonathan è piuttosto... grave”
 
Ci fu un attimo di pesante silenzio in cui Eleven guardò Hopper negli occhi come a volergli leggere dentro.
“E va bene. Vai” concesse alla fine. “Però fai presto, va bene? Non mi piace stare sola il giorno del mio compleanno”
Hopper annuì mentre osservava la figlia andarsene verso la camera sospirando.
 
Gli era costato un sacco doverle mentire, ma se le avesse riferito il vero contenuto della telefonata sapeva che non sarebbe mai riuscita a fermarla dal seguirlo.
 
Sospirò a sua volta dirigendosi verso la sua stanza per preparare la valigia.













Buona sera a tutti!
Per chi voleva finalmente rivedere Eleven eccovi accontentati!
Ormai possiamo dire che tutti i personaggi principali sono stati coinvolti nella storia.
Prima delle note volevo ringraziare 
MiMiMiki, ​Elgul1 e ​HarukaTenoh27: mi sono connessa e trovare le vostre recensioni è stata una piacevolissima e graditissima sorpresa! - Appena finisco qui vado a rispondere :)
Tre recensioni per un capitolo solo è davvero un record (almeno per me...) e vi sono davvero riconoscente per farmi sapere cosa ne pensate anche con poche righe. Apprezzo infinitamente.
Ora, tornando al capitolo...
La scena del flashback l'ho ricostruita dalla serie, ovviamente, anche se il finale l'ho cambiato per adattarlo alla mia storia. Spero se non altro di aver riportato abbastanza fedelmente almeno le parti che dovrebbero essere rimaste uguali  - e spero altresì che non sia stato troppo noioiso da leggere non essendo nulla di "nuovo".
Ho scelto come città Chicago come riferimento alla seconda stagione: qui non ci sarà nessuna "lost sister", ve lo posso dire subito, ma ho voluto in qualche modo riprendere la serie.
Ringrazio di nuovo per le letture e le recensioni, prossimo appuntamento lunedì 29 gennaio - salvo anticipazioni ;)
E.

 
   
 
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