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Autore: itachiforever    15/01/2018    3 recensioni
[[Dead by Daylight] (http://deadbydaylight.gamepedia.com/Dead_by_Daylight_Wiki)]
Questa è una raccolta di one shot ispirate dal videogioco Dead by Daylight. Alcune partecipano ad iniziative e potrebbero un giorno diventare delle long. Sono tutte slegate le une dalle altre. Saranno presenti OOC, AU e What if?
Genere: Dark, Generale, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Questa storia partecipa all’iniziativa “Calendario dell’Avvento (Ripopoliamo i Fandom!)” indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
8 dicembre - Obbligo: scrivi una soulmates!AU! ambientata in inverno.


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Solstizio d'Inverno
 
 
Si dice che tutti abbiano un’anima gemella, indipendentemente da qualunque cosa. Tutti hanno il compagno, o la compagna, della vita.
Alcuni la incontrano sin dalla più tenera età, altri quando ormai è troppo tardi. A volte la si incontra senza rendersene conto: ci si scambia uno sguardo casuale mente si cammina per la strada e poi si continua come se niente fosse successo, eppure quel singolo sguardo migliora la giornata e fa spuntare un sorriso sui volti dei due ignari.
C’è chi si sposa e mette su famiglia con la persona giusta e chi invece se la lascia sfuggire per qualche motivo.
Poi ci sono le anime più sfortunate di tutte, quelle che sono destinate a non incontrarsi mai. Non perché siano troppo lontane in senso di spazio, per quelle una minima possibilità anche solo di intravedersi c’è. Ma perché sono lontane nel tempo.
Quelle anime sole che sono destinate a rimanere tali, anche se dovessero fidanzarsi e avere figli, poiché non avranno condiviso neanche un istante del loro limitato tempo con il loro unico vero partner.
Ma se mai, in un luogo senza spazio e senza tempo, due anime gemelle di due epoche diverse dovessero incontrarsi, il legame tra di loro sarà il più forte di tutti. Nulla potrà sopraffarlo o distruggerlo.
Ma il destino può essere estremamente crudele e mettere queste due anime l’una contro l’altra.
Questo è quello che successe – e succede ancora - in un luogo senza tempo e senza spazio, governato da una crudele Entità senza nome e senza forma.
Evan MacMillan, nato intorno al 1875, una tra le anime più nere che si possano incontrare, responsabile della morte di centinaia di persone. Quasi non lo si potrebbe più definire un essere umano. Lui è il Trapper, il Cacciatore, il Killer, il Mostro. Chi mai vorrebbe avere a che fare con un essere del genere, che gode della sofferenza altrui e si diletta nel sacrificare le sue vittime alla terribile Entità? Eppure anche lui aveva un’anima gemella.
E se non fosse stato per la stessa Entità che lo aveva torturato e reso il suo giocattolo preferito, la stessa Entità che lui tanto detesta e apprezza nello stesso tempo, non avrebbe mai incontrato la sua dolce Meg.
Meg Thomas, l’incarnazione di quella che lui aveva sempre considerato la ragazza perfetta, ma che non aveva mai incontrato, e non avrebbe mai dovuto incontrarla, fino a quel fatidico giorno. Carina e intelligente, forte nel corpo e nella mente. Agile e veloce come una lepre e, proprio come una lepre, una creatura fragile e indifesa, catapultata in un mondo senza fine  di morte e terrore.
Meg non era la ragazza più bella che Evan avesse mai visto, eppure l’aveva subito colpito con il suo modo di fare. Di sicuro però aveva un corpo niente male. Per quanto tragica e senza via d’uscita potesse essere la situazione, lei non si arrendeva mai, si sacrificava per gli altri e non abbandonava nessuno. Aveva imparato presto, e a caro prezzo, le regole di quel maledetto gioco e ad ogni partita dava il meglio di sé. Evan la rispettava per questo: essere sicuri di sé e non perdere mai la speranza sono le uniche cose che possono tenerti in vita in quel postaccio dimenticato da una qualsivoglia forma di divinità benevola.
Meg dal canto suo si era ormai abituata da un pezzo ad Evan.  Aveva imparato a conoscerlo e perfino a capirlo. Aveva fatto cose orribili, ma adesso si trovava con lei – contro di lei – sulla stessa barca, entrambi erano costretti a stare lì. Prima di diventare uno strumento Evan era stato torturato. E alla fine la sua mente e il suo corpo avevano ceduto, la sua umanità era andata perduta. Ma la sua anima, anche se corrotta e a pezzi, c’era ancora, Meg ne era convinta.
Ma da quando avevano deciso di fare coppia fissa, nonostante la controversa situazione, i veri problemi erano cominciati.
Evan spesso e volentieri la lasciava fuggire di proposito o la portava alla botola, così Meg aveva iniziato a non impegnarsi più come un tempo nelle fughe, limitandosi ad aiutare i suoi compagni nell’aggiustare i generatori e a curare e liberare i feriti.
L’Entità non era affatto contenta di come stavano andando le cose. Se i sopravvissuti avevano la certezza di fuggire, non avevano bisogno della speranza. E l’Entità si nutre della speranza.
Decise dunque di non far più incontrare l’atleta e il cacciatore durante i giochi: rovinavano il pasto e il divertimento.
Gli innamorati riuscivano comunque a vedersi al di fuori delle arene e la cosa non dispiaceva affatto ai due. Evan non era costretto a dover tentare di uccidere, anche solo per finta, Meg che a sua volta non si sentiva in dovere di ostacolarlo per il bene dei suoi compagni di sventura.
Le partite erano tornate quelle di sempre, i killer si fermavano solo quando tutti i sopravvissuti erano stati appesi ai ganci ed Evan era di nuovo lo spietato e temutissimo Trapper che otteneva praticamente sempre uno stupendo quattro su quattro. Anche i sopravvissuti erano tornati a dare sempre il tutto per tutto, ma a Meg mancavano un po’ gli inseguimenti fra lei e il suo pericoloso fidanzato. Finchè nessuno si faceva del male erano divertenti, e in quel posto non c’era poi molto da fare per passare il tempo.
Così a Meg venne un’idea ed andò subito a proporla ad Evan.
Era la sera del solstizio d’inverno secondo il calendario di quell’oscuro reame e all’alba aveva iniziato a nevicare. Non esisteva davvero lo scorrere del tempo lì, era solo un’illusione creata dall’Entità che lo governava. C’era l’alternarsi del giorno e della notte ed il cambio delle stagioni; L’Entità trovava le condizioni atmosferiche una variabile molto interessante dei giochi: potevano rendere tutto più facile per una parte e più difficile per l’altra.
La foresta era stata ricoperta da un soffice manto bianco e dato l’avvicinarsi del Natale l’Entità aveva fatto spuntare in giro pupazzi di neve e lucine festose. Non che essere appesi ad un gancio decorato fosse meno doloroso del solito, ma almeno non si poteva dire che l’Entità non avesse senso dell’umorismo, per quanto cupo e grottesco potesse essere.
Meg camminava a passo svelto in mezzo alla fitta boscaglia, con la neve che le arrivava alle caviglie e tremando per il freddo: alquanto realistica come illusione. Le sue caratteristiche trecce rosse le ricadevano sul cappuccio della giacca nera, troppo leggera per proteggerla dalle intemperie. La sua destinazione era la casa dei killer.
“A loro una casa, a noi poveracci a stento una tenda da campeggio malandata.” Borbottava tra sé e sé.
Eccetto lei nessuno andava lì, i suoi compagni non avevano voglia di vedere i propri aguzzini più del minimo indispensabile ed in ogni caso non erano bene accetti. Di norma i killer tolleravano Meg, in fondo era una brava ragazza, per il rispetto e il timore reverenziale che emanava il Trapper più che altro.
Arrivata alla radura dove la dimora sorgeva, fu sorpresa di notare che anche quella era stata decorata a festa. Luci, ghirlande e delle decorazioni bianche erano appese in giro, rendendo molto più vivace quel posto generalmente inquietante. Avvicinandosi alla porta, superando il falò davanti la casa, non riuscì però trattenere una smorfia di disgusto. Quelle che da lontano le erano sembrate innocue decorazioni bianche, da vicino si erano rivelate essere niente meno che ossa e teschi.
Meg bussò alla porta tre volte, come faceva sempre, e poco dopo arrivò il Wraith ad aprirle.
“Ma guarda, la dolce Meg.” Le disse lui, con la sua strana voce animalesca.
“Ciao Philip.” Lo salutò lei. “C’è Ev-…!” Si fermò quando notò qualcosa di diverso in lui. Era decisamente più alto di lei, quindi la faccia non era stata la prima cosa che gli aveva guardato, ma gli occhi dello Spettro, di norma piccoli e bianchi, emanavano ora una strana luce azzurro ghiaccio che paralizzarono sul posto la ragazza.
“L’ultimo regalo dell’Entità, niente male vero?” L’Entità faceva dei regali ai suoi giocattolini ogni tanto, dei premi più o meno piccoli come se fossero stati tutti dei cani che avevano appena imparato un qualche trucchetto.
“No no affatto, sono…wow! È uno sguardo…glaciale.” Disse lei, rabbrividendo per il freddo e per la visione poco rassicurante. Era comunque un killer di più di due metri che poteva rendersi invisibile.
“Puoi ben dirlo!” Sghignazzò lui, un suono decisamente poco piacevole. “Cercavi Evan giusto?”
“Sì, vorrei parlargli. C’è?”
“Te lo vado a chiamare, entra.” Lo Spettro si fece da parte per farla passare.
“Credo che aspetterò fuori…mi scalderò un po’ accanto al falò.” Non le andava di entrare in una casa piena di serial killer. Fuori dai giochi non poteva essere uccisa, ma poteva essere ferita e il dolore era forse l’unica cosa reale di quel posto.
“Abbiamo una cosa chiamata camino qui dentro, sai? E si da il caso che in questo momento sia acceso.” Il Wraith non era così male una volta preso in confidenza. Non si risparmiava quando si parlava di far fuori qualcuno, ma Meg gli sembrava simpatica, ed ogni tanto era piacevole parlare con qualcuno di normale.
“Ecco io…non vorrei disturbare” Meg voleva trovare una scusa per restare fuori, ma a meno che non si trattasse di Evan, i killer riuscivano ancora a metterla molto a disagio.
“Meg.” Philip cambiò il suo tono di voce, nonostante tutto amichevole fino a quel punto, trasformandolo in qualcosa che sembrava più il ringhio di un grosso predatore.
“Philip?”
“Dentro. Ora.” Le impose, guardandola severo con il suo nuovo sguardo glaciale.
“Subito.” Meg cedette ed entrò il casa, sentendo alle sue spalle la porta che veniva irrimediabilmente chiusa. Si guardò intorno per vedere chi c’era nel salotto, incontrando subito gli sguardi di ghiaccio dell’infermiera e del mandriano.
“Guarda un po’ chi è venuta a trovarci, Billy.” Esordì Sally, con la sua voce roca, rivolgendosi a quel gigantesco omone dal volto sfigurato intento a pulire la sua fidata motosega. “Ciao Meg.”
“C-Ciao…” Almeno non c’erano Krueger e il Dottore.
“Vado a chiamare Evan, tu siediti e mettiti a tuo agio. O almeno provaci.” Sghignazzò Philip, salendo le scale che portavano al piano di sopra.
Nonostante l’invito, Meg rimase ferma al suo posto con lo sguardo basso. Non voleva assolutamente incontrare quello degli altri due presenti, quello dell’Hillbilly in particolare. Continuava a fissarla truce, mettendola sempre più a disagio. Meg era convinta di non piacergli affatto, o comunque meno che agli altri. L’unica persona che sembrava suscitare un po’ più il suo interesse, in senso buono, era Claudette, una delle ragazze del gruppo dei sopravvissuti.
L’Infermiera tese una mano in direzione di Meg, che si rese conto di quello che stava per succedere troppo tardi. Sally si mosse così velocemente che un lampo bianco fu tutto quello che Meg riuscì a vedere, prima di ritrovarsela alle spalle. Trovarsela contro durante un match non era bello.
“Siediti, coraggio. Non mordiamo, sai?” Le disse Sally, sospingendola verso una poltrona accanto al camino e facendola sedere. “Non dovresti andare in giro con questo freddo vestita in quel modo.”
“Non avevo altro modo per parlare con Evan, dato che lui non può venire al campo.” Ammise Meg.
“Una giovane anima innamorata: che cosa rara di questi tempi.” Sospirò Sally, sedendosi accanto a Meg e riprendendo a fare quello che stava facendo prima - affilare la sua sega per ossa - inquietando non poco la giovane.
Ma chi me lo ha fatto fare di venire qui?! Si ritrovò a pensare.
Meg non rispose, continuando a guardare il fuoco.
“Anche io una volta ero come te, sai?” Riprese Sally.
“Uh? In che senso?” Finalmente Meg trovò il coraggio di guardare la donna, finendo come ipnotizzata dai luminosi occhi azzurri, unico tratto visibile in quel volto fasciato da uno sporco tessuto bianco.
"Innamorata Meg, lo sono stata anche io. Eravamo umani una volta, ricordi? Avevo trovato la mia anima gemella.” Anche Sally iniziò a guardare il fuoco, improvvisamente triste.
Meg non potè fare a meno di intenerirsi un po’ a quella scena. Era sempre facile dimenticarsi che anche loro, tempo prima, furono delle persone comuni.
“Sì, giusto…” Meg non volle approfondire la questione, anche se era curiosa di sapere cosa le fosse successo. Avrebbe potuto far arrabbiare l’infermiera, e quello era l’ultimo dei suoi desideri.
“Ti sto dicendo questo per un motivo, non per fare conversazione.” La Nurse tornò a guardare la ragazza con espressione seria, anche se nascosta.
Meg annuì, aspettando che l’altra continuasse, e tornò a rivolgere lo sguardo verso il fuoco.
“Questa mattina Evan era tranquillo, poi oggi pomeriggio è improvvisamente diventato nervoso, molto più del solito.” Sally fece una pausa. Portò una mano al volto di Meg e lo rivolse verso se stessa. “L’avete fatta arrabbiare.”
“Ma…non ci sta più facendo incontrare nelle arene.” Meg sapeva che stava parlando dell’Entità e se persino l’Infermiera glielo stava dicendo, la situazione doveva essere più grave di quanto pensasse. Al solo pensiero la ragazza iniziò ad agitarsi. Che avrebbe fatto se l’Entità avesse impedito a lei e ad Evan di vedersi anche al di fuori dei giochi? “ Tutto è tornato come prima! Che motivo avrebbe di avercela ancora con noi? Non ha già fatto abbastanza?!” Gli occhi di Meg iniziarono ad inumidirsi, stava perdendo la sua caratteristica sicurezza. Evan le faceva quell’effetto. Una lacrima scappò al suo controllo quando la mano guantata – ma non per questo più gentile – della Nurse si scontrò con forza con la sua guancia ancora gelida.
Meg, sconvolta da quel gesto improvviso e inaspettato, si premette le mani sulla parte lesa. Non era la cosa peggiore che avesse sperimentato, ma faceva comunque male. Persino il Mandriano era rimasto sorpreso da quel gesto, Sally era forse la persona più controllata di tutti loro. E in più tutti sapevano che Evan non permetteva a nessuno anche solo di dire qualcosa contro Meg, darle uno schiaffo significava mettersi contro il killer più forte del gruppo.
“Non fare la stupida Meg!” Le urlò contro, senza rendersi conto di aver probabilmente fatto una stupidaggine. Non aveva una particolare predilezione per la ragazza, ma si era affezionata ad Evan, nonostante il carattere difficile di quest’ultimo. Non era innamorata di lui, affatto, ma si sentiva in qualche modo protettiva nei confronti suoi e di Billy. Dopo tutto quello che avevano passato, nonostante la sua più che evidente pazzia, l’istinto materno che non aveva mai potuto esternare venne fuori in quel tetro luogo.
Sally aveva sempre saputo che quella relazione sarebbe stata difficile da portare avanti per quei due, ma era anche evidente che il loro amore fosse vero. Sapeva fin troppo bene cosa significasse perdere l’anima gemella e non voleva che Evan sperimentasse lo stesso per colpa di un errore di Meg. La relazione tra la Nurse e il Trapper, o l’Hillbilly, era  troppo profonda per essere solo un’amicizia, ma lo era anche troppo poco per essere un amore. Avevano passato molto tempo da soli, loro tre e il Wraith. Ma Philip non aveva risvegliato la madre che era in lei, non tanto quanto gli altri due. Aveva invece, forse, risvegliato altro.
Temendo che l’amica potesse fare qualcosa di peggio di uno schiaffo, Billy si alzò prontamente e la raggiunse subito, spaventando non poco Meg, che alzandosi di scatto ed indietreggiando finì per inciampare sui propri piedi e cadere col sedere sul pavimento di legno dell’abitazione.
Solo a quel punto Sally si accorse di aver forse un po’ esagerato e si ricompose. Tirò su Meg senza fatica, scostandole le mano ancora premuta sulla guancia e osservando il danno che aveva fatto: nulla di grave ovviamente, solo una manata. Ora bisognava sperare che Evan non reagisse in modo esagerato.
“Scusami, ogni tanto mi scappa qualche reazione violenta.” Disse la donna alla rossa.
Sicuro! Ogni tanto! Pensò Meg, sarcastica.
Billy intanto si era un po’ agitato, non voleva che Evan facesse del male alla sua unica amica. Grugniva qualcosa di incomprensibile a chiunque, nell’unico modo che conosceva per comunicare.
Meg, terrorizzata da una possibile carica di quel colosso, si convinse che la cosa migliore da fare fosse lasciar correre ed accettare le scuse dell’Infermiera. Se fosse stata una sopravvissuta, o comunque una persona normale, non si sarebbe risparmiata e le avrebbe reso pan per focaccia. Ma in questo caso la cosa non sarebbe finita bene per lei, e di conseguenza Evan avrebbe scatenato il finimondo. Se l’Entità era davvero così arrabbiata con loro, non avrebbero dovuto peggiorare la situazione causando altri problemi. Però lei voleva con tutto il cuore continuare a vedere il suo Cacciatore.
Sally le porse una mano per aiutarla a rialzarsi e Meg accettò, tornando ad una posizione eretta.
“Certo…capisco.” Disse la ragazza con un tono forzatamente conciliante, senza smettere di tenere d’occhio Billy.
“Billy, tesoro, è tutto apposto, puoi stare tranquillo.” Gli disse Sally, facendolo tornare sul divano. Almeno di questo Meg doveva esserle riconoscente.
“Meg, ascoltami bene, perché non mi ripeterò.” Con tono molto serio l’infermiera tornò a rivolgersi alla giovane atleta. Dopo un cenno della ragazza continuò a parlare. “Se l’Entità ti riterrà di troppo, non esiterà ad eliminarti una volta per tutte, o peggio. Ormai sai piuttosto bene di cosa può essere capace.” Avrebbe voluto aggiungere “Non ti permetterò di far soffrire Evan” ma si trattenne, non volendo dare un’impressione sbagliata. C’erano già troppi problemi al momento.
“Cosa dovrei fare allora? Non posso, non voglio, smettere di vedere Evan fuori dai giochi.”
“Per cominciare cerca di non distrarlo troppo: le partite devono ricominciare ad essere il suo primo interesse.”
“Ma-“ Meg venne interrotta dal cigolio proveniente delle scale, segno che qualcuno stava scendendo.
“Fa attenzione.” Fu l’ultima cosa che le disse la Nurse, prima di tornare al suo posto sul divano.
Evan fece la sua comparsa, anche lui con la maschera nuova dal bagliore azzurro. Vedendola addosso a lui però, il primo pensiero di Meg fu che era perfetta per lui, molto più che per gli altri. Il che significava che gli dava un’aria più spaventosa, ma oramai questo non era più un problema per la ragazza.
Senza degnare gli altri presenti di uno sguardo, il Trapper andò dritto da Meg, prendendola per mano e trascinandosela fuori dalla casa. Non le diede neanche il tempo di salutarlo, non gli piaceva saperla da sola con i suoi coinquilini. Se Philip gli avesse detto che l’aveva fatta entrare sarebbe arrivato prima. Chiuse la porta dietro di sé, guardò la ragazza negli occhi e si rese conto di non riuscire a parlarle. Aveva una cosa da dirle, ma come avrebbe reagito lei?
Poi si accorse dell’impronta rossa a forma di mano sulla sua guancia, e dimenticò tutto.
“Cos’è successo?” Le chiese adirato. Chiunque avesse osato sfiorarla, se la sarebbe vista con lui.
“Nulla” Si affrettò a rispondere lei. Sul momento decise che avrebbe coperto l’Infermiera. Magari voleva davvero aiutarli e l’Entità di certo non sarebbe stata contenta se lei avesse creato una lite tra killer.
“Meg, dimmi subito chi è stato. Nessuno può-“
“Nessuno può farmi nulla fuori dai giochi, lo so.” Concluse la ragazza, parlandogli tranquilla, come se non fosse successo nulla. Lo tirò per una delle cinghie della sua tuta da lavoro, per farlo abbassare, e lo baciò dolcemente attraverso la bocca della sua maschera.
Evan rispose al bacio per quanto la maschera glielo consentisse. Le accarezzò la guancia delicatamente, provocandole una piacevole sensazione, nonostante le sue mani avessero la forza necessaria a romperle le ossa senza alcuna fatica.
“Devi comunque dirmi chi è stato.” Le disse, prendendola di nuovo per mano e portandola davanti al falò. Si sedettero l’una accanto all’altra confortati dal calore del fuoco e Meg appoggiò la testa sul braccio del suo scontroso fidanzato, quello dal quale non fuoriuscivano pezzi di metallo.
“E invece non te lo dirò. Non è successo nulla di grave, una stupida litigata al campo.” Mentì.
Il Cacciatore sbuffò e una nuvoletta di fiato si condensò e salì, disperdendosi in aria.
“Ho visto che avete tutti maschere nuove. Natale per voi arriva prima?” Meg cercò di fare un po’ di conversazione con lui, il più normalmente possibile. Si vedeva che era abbastanza nervoso e prima di parlare della loro situazione voleva tranquillizzarlo un po’.
Evan era un tipo di poche parole, specialmente quel giorno. L’Entità lo aveva colto alla sprovvista: aveva sentito la sua presenza e la sua voce in testa e il solo fatto che lo avesse chiamato nel bel mezzo della giornata faceva presagire male. Era stato sollevato dal fatto che l’Entità avesse deciso di non fargli più incontrare Meg, così poteva dedicarsi ai sacrifici senza preoccuparsi dell’incolumità della ragazza. Da quando avevano deciso di iniziare la loro relazione Evan aveva preso a farle molti favoritismi. La portava alla botola, la lasciava scappare, le lasciava salvare gli altri di tanto in tanto. Sapeva che l’Entità non ne sarebbe stata contenta, ma aveva messo Meg al primo posto delle sue priorità, facendo passare i sacrifici in secondo piano.
Poi tutto era tornato come prima ed entrambi erano convinti che non ci sarebbero più stati problemi. Non si aspettavano affatto ciò che sarebbe accaduto.
“Così sembrerebbe.” Rispose piatto lui.
“Ti sta benissimo. Mi piace, ti fa sembrare ancora più pericoloso.” Gli disse lei, sorridendo e cercando di far fare lo stesso a lui. Vedere il sorriso della sua maschera non le bastava.
“Ti piace che io sembri più spaventoso?”
“Certo. Così nessuno ti si avvicina e posso averti tutto per me.” Affermò con voce fintamente civettuola la rossa. E finalmente riuscì a far sorridere il killer.
“Sei gelosa per caso?” Le chiese, a metà tra il serio e lo scherzoso. In effetti non ci aveva mai pensato: lui era gelosissimo di lei, ma lei di lui?
La ragazza rispose allo stesso modo, non voleva che qualcuno le rubasse il suo “dolce” energumeno. “Ovvio che sì! Vivi con la Huntress!”
Questa volta Evan scoppiò a ridere, in effetti avrebbe dovuto aspettarsi una risposta del genere. “Anna non è il mio tipo, dolcezza. Puoi stare tranquilla.” Le disse stringendola di più a sé.
“Quindi non devo preoccuparmi?”
“Non c’è pericolo, te lo assicuro. E io invece?”
“No, ho occhi solo per te, mio caro Signor MacMillan.”
Questa volta fu lui a baciarla, levandosi prima la maschera. Adorava quando lo chiamava in quel modo.
“Meg, devo dirti una cosa.” Tornò serio, finalmente si decise a rivelarle il motivo del suo turbamento.
La ragazza non si mosse, temendo quello che l’Entità gli avesse chiesto. “Ti ha parlato, vero?” Lo guardò negli occhi scuri, i suoi veri occhi, quelli dai quali era stata rapita la prima volta che li aveva visti attraverso i fori della maschera.
“Come fai a saperlo?”
La ragazza fece spallucce. “Sesto senso femminile.” Mentì di nuovo. Non le piaceva farlo, ma qualche volta era necessario. “Cosa ti ha detto?”
Il Trapper tornò di nuovo silenzioso a fissare il fuoco, non era bravo a rendere meno dolorose le cose, anche quando si trattava di parlare. Sperava che il suo essere troppo diretto non facesse scappare via Meg.
Cosa avrebbe fatto in quel caso? Avrebbe dovuto inseguirla o lasciarla andare?
Al solo pensiero di vederla allontanarsi da lui però si infuriò. Non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via, neanche l’Entità avrebbe potuto farlo.
“Ci ha dato un ultimatum.” Disse secco lui. “O facciamo ciò che dice o non so come potremmo fare.”
Cosa intende con ultimatum? Pensò Meg. Qualunque cosa gli abbia detto deve esserci una soluzione, per farlo reagire così deve essere qualcosa di orribile.
“Vuole che tu faccia qualcosa, vero? Cosa ti ha chiesto?” Non era raro che l’Entità desse dei compiti da svolgere sia ai killer che ai sopravvissuti. Erano cose da fare durante le partite e in cambio l’Entità dava delle ricompense.
Evan sospirò di nuovo, guardando la sua nuova maschera e lanciandola per terra con un verso rabbioso. “Vuole che tutto torni come la prima volta.”
Di nuovo Meg non riuscì a trattenersi. “Ma è già tornato tutto come prima! Se non ci mette più l’uno contro l’altra entrambi siamo motivati e costretti a dare il massimo!”
“Non hai ancora capito come ragiona l’Entità?!” Sbottò Evan, alzandosi di scatto e girandosi a guardare Meg, sovrastandola. “Non gli importa più ormai se ci vediamo o no, vuole solo far soffrire entrambi! È crudele e farà qualunque cosa. Anzi, so già cosa farà.”
Diede un calcio al falò, colpendo un grosso ceppo e spedendolo parecchio più lontano.
Meg lo guardava preoccupata. Di solito non aveva questi scatti d’ira con lei, e mentre il ceppo scagliato via si dissolveva e uno identico ricompariva al suo posto nel fuoco, la ragazza raccolse dalla neve la maschera del suo amato, portandosela sul grembo e osservandone il bagliore azzurro.
“Cosa vuole che facciamo allora?”
“Vuole che io torni a darti la caccia, a sacrificarti, proprio come le prime volte. E se non lo farò, o se tu ti sacrificherai volontariamente…” Evan non completò la frase, terrorizzato e adirato al solo pensiero di quella possibilità.
“Allora cosa accadrebbe?” Anche Meg continuava ad essere sempre più agitata, quel tergiversare di Evan non la stava aiutando per nulla. “Evan, ti prego, dimmelo.”
Evan si inginocchiò di fronte a lei, mettendosi così alla sua altezza.
“Ti eliminerà dai giochi. Ti ucciderà definitivamente e prenderà la tua anima. E chissà cos’altro potrebbe farti prima…” Finalmente Evan rivelò tutto, il rimorso lo stava già iniziando a divorare.
Perché lui aveva già preso una decisione.
Meg lo guardava con gli occhi sbarrati, incredula e spaventata. Le sembrava così assurdo tutto questo. Solo poco prima era dell’idea di proporre ad Evan dei piccoli match privati, per passare del tempo insieme divertendosi. E ora si ritrovavano a doversi di nuovo affrontare nelle arene, nemici e amanti al tempo stesso.
Calde lacrime iniziarono ad inumidirle gli occhi, raffreddandosi subito a causa del clima. Poco dopo la ragazza iniziò a singhiozzare tra le forti braccia della sua anima gemella.
Non voleva tornare a battersi con lui, dopo essere stati sacrificati si andava incontro ad un dolore inimmaginabile e lo stesso era per i killer che non uccidevano almeno due sopravvissuti. Non voleva soffrire ma non voleva neanche far soffrire Evan.
Eppure la sofferenza era inevitabile a quel punto, essendo la cosa che interessava all’Entità.
“Meg, dimmi qualcosa.” Le chiese il Cacciatore, volendo sapere cosa avrebbe deciso lei.
“Io voglio stare con te.” Rispose lei. “Farò tutto ciò che posso per continuare a stare con te, anche se dovessi farmi torturare. “ Abbracciò l’uomo che a sua volta la strinse di più a sé e le accarezzò la testa.
“E io non permetterò che ti portino via da me.” Quest’ultima affermazione, dovette ammettere Meg, suonava più come una minaccia, ma considerando chi aveva davanti era anche normale forse. “Tu sei mia, Meg. Ora che ti ho trovata non ti lascerò più andare via.”
Evan era fermamente convinto di quello che le stava dicendo. Se l’unico modo per tenerla con sé era quello di sacrificarla, lo avrebbe fatto. Anche se gni volta che l’avrebbe appesa all’uncino sarebbe stato come se ci fosse stato lui al suo posto.
“Fa ciò che devi, Evan. Preferisco morire adesso se l’alternativa è non vederti mai più.”
Amore è sacrificio, aveva sentito dire una volta, e il loro sarebbe stato quello di provocarsi dolore a vicenda.
Amore è anche condivisione, e loro, Entità permettendo, avrebbero potuto condividere insieme l’eternità.
Che Meg voglia oppure no. Pensò Evan. Era un comportamento egoista e crudele il suo, lo sapeva. Ma Meg era l’unica cosa che rendeva meno oscura la sua esistenza in quel reame e sapeva che se avesse soddisfatto l’Entità, lei sarebbe rimasta con lui.
Il tempo della prossima partita era giunto e l’Entità li mise subito alla prova.
Se il loro amore era così forte come sembrava, avrebbe resistito, sarebbe sopravvissuto. E avrebbe lasciato quelle due povere anime dannate ad amarsi per molto, molto tempo, finchè non avrebbe consumato del tutto le loro speranze – non più quella di uccidere e sopravvivere, ma quella di restare insieme. E se quel momento non fosse arrivato, tanto meglio. Avrebbe potuto continuare a nutrirsi.
Una nebbia nera avvolse i due innamorati, trasportandoli in una delle arene. La tenuta MacMillan era la destinazione scelta dall’Entità. Non li aveva divisi come era solita fare all’inizio dei giochi.
Ancora abbracciati l’una all’altro si baciarono. Meg rimise la maschera ad Evan, staccandosi da lui.
Il Trapper appoggiò la sua fronte d’osso su quella di Meg, accarezzandole la guancia.
“Mi perdonerai per quello che farò, vero?” Le chiese lui.
“Prima però dovrai prendermi.” Gli disse lei, con un leggero sorriso, baciandolo di nuovo e non preoccupandosi dei piccoli graffi che i denti della maschera le avevano provocato a causa della poca attenzione con la quale aveva compiuto quel frettoloso gesto.
Meg si voltò e corse via, sparendo presto dentro ad un vecchio e malandato capannone.
E così il Cacciatore tornò ad inseguire la sua Preda, in un ciclo infinito di morte e dolore, ma anche di amore.
La notte più lunga dell’anno era appena cominciata.






Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Questa os è stata un parto, non sono abituata a scrivere storie d’amore. Tra i vari prompt ho scelto questo proprio per mettermi alla prova. Non ho mai scritto nulla di romantico e non avevo neanche mai sentito parlare di Soulmates!AU. È stato un esercizio interessante comunque.
Ho cercato di rendere al meglio i personaggi, anche se non avendo una vera e propria personalità in gioco sono stata abbastanza libera.
Se avete dubbi su qualunque cosa chiedete e sarò felice di rispondervi.
Prima di lasciarvi però voglio ringraziare tantissimo la mia amica Lux in Tenebra (https://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=313670) che mi ha fatto da beta e ha sopportato tutti i miei scleri. Grazie Lux <3
Vi saluto con questa fanart che ho trovato e di cui mi sono innamorata. Non sono adorabili? *-*
Ciaoooooooo


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