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Autore: EllaSnufkin    15/01/2018    1 recensioni
Sei una schiappa a calcio.
Sei innamorato da due anni di Simone, la star della squadra, che per te prova solo pietà. A complicare le cose c'è Claudio, il capitano bullo superfigo che ti tormenta chiudendoti negli armadietti dello spogliatoio.
Che cosa fai se all'improvviso una strega un po' stramba, con una strana fissazione per i cartoni animati, ti regala tre desideri? Ma attenzione, c'è una regola: non puoi usare i desideri per far innamorare qualcuno di te...
Genere: Commedia, Introspettivo, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Simone potrebbe essere morto. Ed è colpa mia.

Anche se probabilmente non era vero che fosse colpa sua, anche se probabilmente era solo una coincidenza, Tiziano non sarebbe mai riuscito a togliersi quell'idea dalla testa.

Improvvisamente Claudio artigliò la spalla di Tiziano, che si voltò a guardarlo: sembrava sconvolto. Non pareva essersi reso conto del gesto che aveva appena fatto, guardava dritto davanti a sé come in trance. Strinse Tiziano per qualche secondo, poi scattò verso la sala docce. La sala aveva una porta a molla, Claudio irruppe nella stanza gridando il nome dell'amico e la porta ondeggiò cigolando dietro di lui.

«Ma dove cazzo sei?!» urlò in tono stridulo.

Tiziano si avvicinò alla porta, le gambe molli per la paura, il conato di vomito che ancora viaggiava su e giù nell'esofago. Aprì e vide Claudio in piedi davanti alla doccia con gli occhi sgranati. Il rubinetto dell'acqua era aperto, ma non c'era nessuno sotto.

Tiziano si guardò intorno: forse Simone si era accasciato in un angolo della stanza?

Poi si sentì un rumore di sciacquone provenire da non si sa dove.

Un lampo di rabbia passò sul volto di Claudio. «Simone!» gridò, furioso.

Tornarono entrambi in spogliatoio, dove si aprì una seconda porta, seminascosta dietro le panchine sulla destra, e Simone emerse, nudo, in ciabatte, i capelli fradici e un asciugamano sulle spalle.

«Mi chiamavate? Che volete?» disse grattandosi la testa con aria annoiata. Sembrava sanissimo e decisamente non in preda a problemi neurologici di alcun genere.

Tiziano si appoggiò al tavolo in mezzo allo spogliatoio, tirando un vero sospiro di sollievo. Un sospiro profondo.

«Ma porc...» Claudio, invece del sospiro, tirò una bestemmia da scomunica immediata.

«Ma... cazzo!» Simone sgranò gli occhi guardando alle spalle di Tiziano e si coprì la zona pelvica con le mani.

«Oddio, giuro che non ho visto niente!» gridò Karen. «No, non è vero l'ho visto. Merda, l'ho visto!» aggiunse a voce più bassa.

«Ma che ci fa una ragazza qui dentro?» disse Simone quasi saltellando per l'agitazione e diventando all'istante rosso come i suoi capelli.

«Scusascusascusa» disse lei allontanandosi, «nella concitazione generale sono entrata anch'io, vadovadovado» uscì dallo spogliatoio di corsa. «Bel fisico!» gridò dal corridoio.

Simone fece un sorrisetto imbarazzato guardando la porta da cui Karen era appena uscita. Sembrava assolutamente deliziato dal complimento della ragazza.

Be'? Conquistato da uno stupido complimento?

«Ma perché hai lasciato la doccia accesa?» gridò Claudio con un tono tra l'arrabbiato e lo spaventato, indicando la porta della sala docce.

«Ho lasciato...?» poi si diede un colpo alla testa «Scusa, no, non so dove ho la testa oggi. È che mi scappava...» guardò la porta, probabilmente per controllare che Karen non fosse ancora nei paraggi «...cioè, hai capito. No, mi sa che non sto tanto bene di stomaco, è per quello che prima non me ne veniva una.» Levò anche l'altra mano dal pacco, tirò su l'asciugamani sulla cima della testa e cominciò a strofinarsi i capelli umidi.

«Tu e il tuo ictus!» disse Claudio tirando un calcio allo stinco di Tiziano.

«Ahi!»

«Non stai bene de stomaco, eh» disse Claudio, di nuovo rivolto a Simone. «Secondo te perché?»

Simone roteò gli occhi infastidito e in quel momento entrarono nella stanza altri compagni di squadra.

«Ma che ce stava una tipa in spogliatoio?»
«Ma che t'ha visto nudo?»
«Oh, sei vivo Simone?»

«Uhm...» Simone finse di controllarsi il battito sulla giugulare «...sì, mi pare di sì.»

«'Sto coglione pensava che t'era venuto un ictus» disse beta Paolo, divertito.

Simone guardò Tiziano come se improvvisamente gli fossero spuntate le squame. «Eeeeeeh?»

«Ah Cla', che ci avevi creduto pure tu?» chiese beta Stefano con fare canzonatorio.

«Co' 'ste cose nun se scherza» rispose Claudio, cupissimo in volto.

Beta Stefano si mise a ridere ma Claudio lo fermò sollevando una mano. Stefano, da bravo cane di branco quale era, si fece serio all'istante. «Mio zio ci ha avuto un ictus e c'è rimasto. Fidate. Co' 'ste cose nun se scherza, e Fiorellino ci aveva ragione, ce poteva sta'.» Claudio prese un respiro. «Nun me ne frega un cazzo se faccio 'na figura de merda e sembro uno scemo che so' corso a controllà. Pensa se ti viene un ictus a te e nessuno ti soccorre per non fare una figura di merda. Mejo 'na figura de merda ma esse sicuri che tutto sta a posto, no?»

«Ci hai ragione, Claudio» disse Stefano, con l'aria di un bambino a cui la mamma ha appena fatto una ramanzina. Chiunque altro avesse fatto un discorso serio (e ragionevole) come quello sarebbe stato spernacchiato senza pietà da quei tre cretini dei beta, ma Stefano, Paolo e Federico stavano tutti annuendo alle parole di Claudio con un'espressione grave in volto. Cagnetti scodinzolanti: non c'era altro modo di definirli.

«No, scusate un attimo» disse Simone «chi è che avrebbe dovuto avere un ictus?»

«Tu, cojone. Altrimenti nun se spiegano i problemi che ce stavi ad avè prima» disse Claudio. «Visto che non sei ubriaco» aggiunse dopo una pausa.

Simone scoppio a ridere. «Ma non dite cazzate!»

«Hai un indigestione?» gli chiese Valerio.

Prese il via una discussione sui sintomi intestinali di Simone, che a dire il vero non sembrava stare male. E anche i sintomi che descriveva, erano talmente generici, vaghi e leggeri da sembrare più che altro un tentativo di razionalizzare quello che gli era successo in campo.

Tiziano non l'aveva visto, ma sia Karen che Gianluca l'avevano descritto con parole inequivocabili.

Non riusciva a coordinarsi... sembrava non avesse mai tirato un calcio a una palla... sembrava si fosse trasformato in te...

Simone non stava male (nonostante stesse cercando di convincere gli altri del contrario), non aveva un ictus, non era ubriaco, non sembrava nemmeno particolarmente turbato psicologicamente. Possibile che fosse tutta una questione di... magia?

No, Tiziano, la magia non esiste.

Fu con questo pensiero che uscì dalla stanza.

***

Per il primo pomeriggio di ritiro era stata organizzata un'escursione nei boschi. Valerio aveva, come sempre, pianificato attività ricreative per tutti i pomeriggi in cui non era prevista doppia seduta di allenamento, e probabilmente l'intento di quella prima attività era stancare i ragazzi, per evitare precoci sortite notturne nelle stanze delle ragazze.

Le ragazze non si unirono alla noiosissim gita e la lunga passeggiata si svolse senza eventi degni di nota. L'unico aspetto interessante fu che Simone aveva chiesto e ottenuto di rimanere al villaggio scout, con la scusa del mal di stomaco. Claudio aveva protestato esageratamente (e incomprensibilmente, agli occhi di Tiziano) per la decisione dell'amico, ma Valerio aveva imposto la sua volontà e deciso di concedere un pomeriggio di riposo a Simone.

Tornati al villaggio dopo l'escursione, tutti stanchi e coi muscoli doloranti, furono accolti dalla voce distante di alcuni scout che intonavano una ridicola canzoncina che parlava di antenne, zampine e felicità.

«Scout...» disse Gianluca scuotendo la testa con aria sprezzante.

«Qualche problema con gli scout?» chiese Andrea, che era uno scout. E Gianluca, che era il suo migliore amico, lo sapeva benissimo.

«Un giorno me ce devi portà e me devi fà capì come ve divertite» ribatté l'altro «si tromba, almeno?»

«Avoja» rispose Andrea mulinando la mano.

«Gli amici tua, forse. Tu non credo proprio» disse Gianluca con un sorrisetto. Andrea non era propriamente il ragazzo più bello della squadra: occhi grandi e spioventi, zigomi alti, mento sfuggente e un accenno di monociglio. Ma Tiziano aveva sempre trovato la sua faccia estremamente intrigante, nella sua stranezza.

«Stronzo» ribatté Andrea spingendo via l'amico, e Gianluca rise.

Fu solo allora che Tiziano si accorse che Valerio stava discutendo con Claudio del fatto che non aveva trovato Simone in stanza.

«Lo sapevo, cazzo!» borbottò Claudio tra sé e sé.

«Sarà salito in paese?» si chiese Valerio, preoccupato.

«Dai Vale', se stava male de stomaco probabilmente mo' sta in bagno a cagà» disse beta Stefano, seccato dal fatto che non lo stavano lasciando entrare in stanza in pace.

Mentre Valerio e Claudio si dirigevano borbottando all'edificio dei bagni a Tiziano parve di udire il rumore di una pallonata provenire da dietro le cucine, che si trovavano dalla parte opposta del villaggio scout.

Possibile? pensò.

Non era sicuro di aver udito bene, perché i dannati scout avevano ripreso da capo per la terza volta la canzoncina idiota.

«Se sei triste e ti manca l'allegria...»

Senza dire nulla e cercando di non farsi notare (cosa facile: quando non veniva bullizzato, veniva ignorato) si incamminò in quella direzione.

Una seconda pallonata. Questa volta non ebbe dubbi, udì distintamente il rumore tra le parole della canzone.

«Batti le ali...»

Passò qualche secondo e pam! di nuovo: rumore di pallone tirato contro un muro.

«Dammi le tue zampiiineee...»

Tiziano arrivò all'angolo dell'edificio. Udì una voce mugugnare qualcosa di indistinto.

«...e vola di là, la canzone della felicità!»

Proprio quando gli scout, finalmente, terminarono la canzone ridacchiando, Tiziano si sporse timidamente dietro l'angolo e lo vide. Simone, che si approntava a tirare.

Caricò lentamente la gamba, ma Tiziano vide che il movimento aveva qualcosa che non andava, sin dalla preparazione. C'erano un'incertezza, una certa stortura nei movimenti, che culminarono in un impatto mancato. Simone imprecò a mezza voce, non si era accorto di Tiziano. Era concentratissimo. 

Il ragazzo caricò di nuovo la gamba, più rapidamente, e stavolta colpì. Tiziano non riuscì nemmeno a capire come, perché il piede era proiettato verso il muro, ma la palla schizzò a lato. Schizzò verso Tiziano, che la bloccò con le mani. Simone, voltandosi in direzione del tiro, perse l'equilibrio e cadde col sedere a terra. Simone, che solitamente era così elegante, perfetto nei movimenti, Simone perse l'equilibrio e cadde a terra.

E vide Tiziano. E Tiziano lo vide in faccia.

Aveva le guance asciutte, ma si vedeva che aveva pianto. Guardò Tiziano con la disperazione negli occhi.

«L'ho perso...» disse in un sussurro.

«Che c'è? Stai bene?» disse Tiziano avvicinandosi a lui.

Simone, immobile a terra, scosse la testa continuando a fissare Tiziano negli occhi. «L'ho perso, alla fine, l'ho perso.» C'era un senso di ineluttabilità, nelle sue parole, un senso di tragedia.

«Di cosa stai parlando?» chiese Tiziano.

«Il talento. Ho perso il talento.»

Tiziano ne fu certo. Era folle, irrazionale, ma ne fu certo: era colpa sua. Era colpa del desiderio.

Ma sapeva come rimediare: avrebbe espresso un secondo desiderio.

   
 
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