#2
– Skinny love
Il suono della sveglia sembrava essere più acuto e
martellante del solito; si
infilava nel cervello, sempre più in profondità.
Non avevo chiuso occhio tutta la notte, ogni volta che pensavo di
essere sul
punto d’addormentarmi, i flashback della notte prima si
mescolavano ai sogno,
si amplificavano, si mostravano sotto prospettive diverse, ma ognuna
di esse
si concludeva con il patetico finale al viale degli
Champs-Élysées.
Le palpebre si alzavano a fatica, gli occhi erano irritati e asciutti,
non mi
sentivo per niente bene.
« Adrien! Alzati, Adrien! Ho fame! Sbrigati prima che arrivi
l’assistente di
tuo padre a chiamarti! », quasi rimpiangevo
l’allarme stridulo della sveglia.
Plagg continuava a ronzarmi sopra la testa.
La fame morbosa che lo tormentava si scatenava non appena si svegliava,
ormai
erano anni che convivevo con questo inconveniente, ma quella mattina
non
tolleravo nemmeno di ascoltare i miei di lamenti.
« Il camembert è nel cassetto della scrivania, lo
sai benissimo, serviti pur—
», uno sbadiglio prese il sopravvento, sentivo indolenzita
persino la mascella.
Non che lo scontro del giorno prima con la professoressa Bustier
totalmente in
balìa di Papillon mi fosse stato d’aiuto. La voce
di Nathalie dall’interfono si
premurò di avvisarmi che la colazione sarebbe stata servita
non appena mi fossi
sbrigato.
Sapevo che saltare la scuola sarebbe stato impossibile, mio padre non
me
l’avrebbe permesso senza un motivo valido e restare a casa,
con la possibilità
di essere sorvegliato a vista dai suoi galoppini, non mi metteva a mio
agio.
L’acqua calda della doccia bruciava sulle scorticature,
soprattutto sulla
ferita pulsante della mano sinistra, grazie a Plagg le mie
capacità di ripresa
erano straordinariamente migliorate, ma con l’armata di
Papillon che avanzava
sempre più frequentemente su di noi, anche la
“superguarigione” che
mi conferiva l’anello aveva i suoi
limiti.
Chissà come stava lei…
L’aria fredda la sentivo un po’ di più
sulla pelle dopo che il mio kwami aveva abbandonato il suo miraculous, anche la debolezza non era da meno, non
so con
quale forza le gambe mi sostenessero, ma quello era sempre
l’effetto che mi
faceva lei e senza la maschera, mi sentivo nudo come un verme. Studiava
ogni
tratto del mio viso con aria incredula ed il suo silenzio a poco a poco
mi
lacerava dentro.
« Insettina? », in un primo istante pensai che le
sue piccole labbra tremassero
per il vento pungente che ci soffiava addosso, solo poco dopo capii che
stava
cercando di dire qualcosa.
«…’ato tu ».
Le sfiorai il polso con le dita, ma quasi ad averle dato la corrente,
si tirò
indietro con uno scatto, portandosi la mano al petto, non smettendo mai
di
scavarmi dentro con i suoi occhioni blu in quel momento lucidi e
arrossati a
causa della lotta.
« Sei sempre stato tu», e tutto mi sarei aspettato
tranne che una risata da
parte sua, fissava al di là delle mie spalle, aveva lo
sguardo sperso, non so
cosa stesse guardando in quel momento, ma dalla sua espressione non
doveva
essere un bello spettacolo.
« Che… stupida. Sono stata proprio una stupida a
non… a non riuscire a vedere
prima ».
« Non capisco. Cosa dovevi vedere
“prima”? Non ti ho mai voluta ingannare. Ci
eravamo promessi di proteggerci a vicenda, pure da noi stessi, non
potevo dirti
chi fossi, ma non me la sentivo più di nascondermi dietro a
quella maschera».
Non riusciva a tenere ferme le mani e aveva smesso del tutto di
guardarmi, come
se ripudiasse il mio aspetto. Era una cosa che mi faceva stare da cani.
« Ladybug… dì qualcosa, ti prego
».
Lanciò un brevissimo sguardo nella mia direzione per poi
sfilare bruscamente il
suo yoyo.
« Non ce la faccio… scusami », e senza
dire altro, mi aveva già lasciato solo.
Non so per quanto tempo restai là sopra, non so nemmeno per
quanto tempo Plagg
provò a chiamarmi prima di ricevere una vera reazione da
parte mia.
Cosa era successo? Dovevo mettere in conto una reazione del genere? Ma
quale
reazione, cavolo! Non potevo aspettarmi di certo un silenzio lapidario
per poi
essere piantato in asso così! Non doveva andare in questo
modo, dannazione!
«…Adrian? Torniamo a casa, stai iniziando a
preoccuparmi », mormorò con voce
ansiosa Plagg, sulla mia spalla.
Scartai, con una certa difficoltà, una caramella che tenevo
in tasca per
momenti simili e la porsi al mio compagno in modo che potesse
recuperare le
energie e ritornare a casa.
Almeno lui non mi avrebbe lasciato senza dare spiegazioni.
Da quando Ladybug era entrata a far parte delle mie giornate, avevo
questo
tarlo in testa che continuava a tormentarmi, volevo conoscere molto
più di lei,
volevo toccarla, conoscere sotto le dita la consistenza della sua
pelle, avere
la possibilità di essere più di un suo compagno
di battaglia. Rispettavo le sue
idee e le sue scelte, ma ciò non significava che
condividessi in tutto e per
tutto queste sue fantomatiche ragioni. Nasconderci al mondo? Mi andava
benissimo, era perfetto. Solo io e lei, non potevo chiedere di meglio!
Ma
mettere questa barriera tra noi?
Stavo uscendo pazzo, non potevo sopportarlo. Cosa aveva da nascondermi?
Dopo
anni di assoluta e indiscussa fedeltà nei suoi confronti. Al
diavolo la
copertura da paladini della giustizia, non mi interessava
più di tanto rendere
segreta questa sorta di doppia vita contorta di cui dovevo sempre
giustificarmi.
Mi ero stancato di nascondermi, nascondermi da tutti, soprattutto da
lei.
Non era per una questione di curiosità o morbosa ossessione,
forse sì, forse un
po’ ne stavo diventando ossessionato, ma volevo solo poter
sapere di avere
qualcuno vicino, mi esaltava il pensiero di potermi scontrare con una
persona
fantastica come lei per strada, anche per puro caso, senza la costante
ansia di
avere, allo stesso tempo, qualcuno che stesse cercando di puntare alle
nostre
teste.
Quando
mi lasciò solo sull’Arco di
Trionfo, non la presi bene, e se ci ripensavo, una viscida sensazione
di
vergogna e umiliazione mi strisciava lungo lo stomaco, ma non mi
sentivo più
arrabbiato, solo un po’ deluso da come si erano svolti gli
eventi.
Se immaginavo di rivederla presto, non sentivo la solita euforia e
speravo che
questo disagio potesse passare alla svelta.
Nino era già seduto al nostro posto, mentre giocherellava
con il telefono e
fingeva di ignorare Alya che borbottava qualcosa dal banco dietro.
Quando ci guardammo, si sfilò le grosse cuffie che indossava.
« Finalmente sei qui! Dì ad Alya che questo
pomeriggio inizia la Leaders Cup e
dobbiamo vederla insieme a casa tua! Non sono tipo da indagini, io!
»
« Santo Cielo, quante storie! Ci saranno le repliche! Lo sai
che ci tenevo ad
ottenere un’intervista a Jagged Stone! Sta registrando il suo
nuovo album e so
da fonti certissime il numero della sua camera d’albergo!
Voglio essere la
prima a scoprire qualche notizia bomba! », Alya era
già nel suo mondo dei
sogni, dove i suoi articoli erano pronti ad essere pubblicati sulle
più grandi
testate giornalistiche di tutta Francia.
« Lo sai che siamo a conoscenza del fatto che tua madre
lavori nel ristornate
Le Palace Hotel dove
probabilmente alloggia Jagg— »,
un’espressione arcigna della ragazza fece
zittire Nino, sapeva quanto fosse suscettibile su
quell’argomento.
Con fare stizzito, volse la sua attenzione in mia direzione, facendo
scuotere i
suoi vaporosi capelli color mogano.
« Vedi? E questo dovrebbe essere il mio ragazzo? Ovviamente
avrei chiesto a
Marinette, per quanto suoni strano dirlo, lei si sarebbe rivelata
più
affidabile in confronto a Nino— ».
« Non fare così, piccola. Lo sai
che…umh, lo sai che stavo scherzando », il
tono poco convinto con cui lo disse faceva intuire
tutt’altro, ma ciò non
impedì ad Alya di cogliere la palla al balzo.
« Quindi questo pomeriggio mi aiuterai a intercettare Jagged
Stone? », e pur
formulando la domanda, sapevamo già tutti che Alya avrebbe
ottenuto senza
difficoltà quello che desiderava.
« …certo ».
Ignorai senza farmi troppi problemi la gioia della coppietta riunita ed
innamorata, non ero molto in vena di gustarmi certi spettacolini, anche
se la
cosa non durò a lungo, difatti la campanella
avvisò gli allievi dell’istituto
Françoise Dupont l’inizio delle lezioni.
Mentre tutti occupavano il loro banco, notai la mancanza del posto
dietro al
mio.
« Alya, che fine ha fatto Marinette? »
« Le ho mandato un messaggio questa mattina presto e mi ha
scritto che non si
sentiva molto bene, umh… perché questo pomeriggio
non passi da lei e le porti i
compiti? Lo sai che lo farei io, ma come ben sai, sono occupatissima
», il
sorrisino sinistro con cui mi incastrò mi mandò
in confusione per qualche
istante.
Non avevo per niente voglia di passare da Marinette, volevo solo
tornare a casa
a deprimermi e a compiangermi, ma alla fine dovetti accettare, almeno
lei era
sempre pronta ad ascoltarmi e in più di
un’occasione era stata capace anche di
darmi qualche buon consiglio.
Sarebbe stato un buon modo per distrarmi dai drammi di Chat Noir.