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Autore: AthenaKira83    16/01/2018    3 recensioni
La vita di Magnus cambia improvvisamente quando un avvocato si presenta da lui rivendicando, sul figlio Max, il diritto del padre naturale.
Per amore del bambino, l'uomo è disposto a ritornare a casa ed ad incontrare il famigerato individuo che minaccia di frantumare la sua felicità.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Londra, oggi

"MAGNUUUUS!!" urlò la voce di un uomo.
"Che c'è?" chiese, di rimando, il diretto interessato dal bagno, mentre era nel bel mezzo di una delicatissima, quanto vitale, operazione: mettere l'eyeliner sugli occhi.
"MAGNUS BANE!! VIENI SUBITO QUI!!" gridò nuovamente la voce.
"Non posso!" rispose tranquillamente questo, continuando a dedicarsi alla sua attività.
"MAGNUS!!"
Era panico quello che l'uomo aveva appena sentito nella voce dell'amico? Sbuffò e si diresse verso la camera da letto di quest'ultimo.
"Si può sapere che cazzo vuoi? Per colpa tua mi sono sbavato l'oc.." brontolò, bloccandosi poi sul colpo.
Will era in piedi, sopra al letto, spalmato addosso al muro, che guardava terrorizzato il pupazzo a forma di anatra di Max, che troneggiava sinistramente sul pavimento.
"Quello!" disse, indicando l'oggetto inanimato, "Porta via quel demonio sotto forma di peluche!" gridò l'amico.
Magnus sorrise divertito. "Che gli hai fatto questa volta?" chiese, incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi allo stipite della porta.
"Niente!" protestò Will.
"Se Mr. Duck Fener è qui, ci deve essere un motivo." continuò a sorridere l'uomo.
"Mi ha chiamato nano da giardino!" dichiarò, oltraggiata, una vocina alle sue spalle.
"Perchè lo sei!" urlò Will, di rimando, guardando il bambino.
"Sarò anche un nano da giardino, ma non sono io quello che, in questo momento, è spiaccicato contro il muro perchè ha paura di un pupazzo!" ribattè ironicamente Max.
"Oh cielo, stavo solo scherzando quando ti ho chiamato così!" lo informò Will, cambiando rotta, nella speranza di addolcirlo. "Dio! Voi Bane siete più suscettibili delle donne!" borbottò a denti stretti.
"Lo sai, vero, che quest'ultima affermazione non ti è utile alla causa?" ridacchiò Magnus. "Che dici?" chiese, rivolgendosi al figlio, "Lo lasciamo così ancora per un po', così impara ad insultarci?".
Will emise un gemito strozzato. "Ti prego, Magnus!" scongiurò.
"Che vuol dire suscettibili?" chiese il bambino, ignorando l'adulto sofferente.
"Che siamo permalosi e ce la prendiamo per tutto. Ma non siamo mica così, no?" sorrise il padre, facendogli l'occhiolino, conscio che, in realtà, un po' permalosi lo erano davvero loro due.
Max ci pensò su un attimo. "Certo che no!" concordò, poi, con un sorriso. Si girò verso lo zio e gli puntò un dito contro. "Giura che non mi chiami più nano!" pretese, piantandosi le mani sui fianchi e guardandolo battagliero.
"Prometto! Prometto!" asserì velocemente l'uomo.
Max guardò nuovamente il padre, che annuì sempre più divertito. Era uno spasso vedere Will alle prese con la sua fobia.
Il bambino decise di avere pietà dell'uomo pallido che stava iniziando a sudare copiosamente, riprendendosi il peluche per portarlo in camera sua.
Will emise un sospiro di sollievo, che gli si bloccò in gola quando Max si girò, un'ultima volta, prima di uscire.
"La prossima volta te le metto sul cuscino mentre dormi!" lo minacciò con l'indice.
Will emise un verso strozzato e stava per ribattere, quando il campanello della porta di casa suonò.
"Vado ioooo!" urlò il piccolo, volatilizzandosi.
"Hobbit!" sussurrò Will, stremato, scivolando lungo la parete ed accasciandosi sul letto. "Vi odio entrambi!" precisò, guardando l'amico che, ridendo senza ritegno, usciva dalla stanza, scoccandogli un bacio volante.
Max corse alla porta, la aprì e guardò l'uomo dai capelli biondi davanti a lui.
"Ciao Maxwell!" lo salutò, sorridendo, quest'ultimo.
"Ehm.. a dire il vero mi chiamo Max. Chi sei?" chiese il bambino, piegando la testa, incuriosito.
"Mi chiamo Jace. Tuo padre è in casa?" domandò l'adulto.
"Papàààà c'è un signore che ti vuole!" chiamò, ad alta voce, il piccolo.
Magnus li raggiunse ed esclamò un allegro "Salve!" appena vide il biondino alla porta.
"Salve! Lei è il signor Bane?" chiese lo sconosciuto.
"In persona! Sono Magnus!" sorrise, allungando la mano. "Cosa posso fare per lei?".
"Beh.. restituirmi mio nipote sarebbe già un buon inizio!" rispose, ironico, il biondo, stringendogli saldamente la mano.
Magnus aggrottò le sopracciglia. "Suo nipote?" chiese perplesso.
Jace annuì. "Magnus.. posso chiamarti Magnus, vero?" domandò e, senza attendere risposta, proseguì. "Sono Jace Lightwood," si presentò, "e sono qui per riportare, in America, lui." disse indicando il bambino. "Maxwell Lightwood."
Il sorriso di Magnus si spense in un soffio ed i ricordi di quel periodo, che credeva ormai sepolti in qualche cassetto sperduto della memoria, tornarono improvvisamente ad affollargli la mente. Il sangue, la corsa a perdifiato, Lydia.
Gli si mozzò il respiro e guardò scioccato l'uomo davanti a lui. Chi era? Da dove veniva? Cosa voleva? Come aveva fatto a rintracciarlo?
Avrebbe potuto reagire in modo maturo ed invitare quel tizio a spiegarsi meglio, ma tutto ciò che riuscì a fare fu sbattergli la porta in faccia, talmente forte che per poco non crollò il soffitto.
"Papà? Papà, cosa vuole da te quel signore? E perchè mi ha chiamato Maxwell Lightwood?" chiese il figlio, allarmato, tirandogli la mano.
Will, attirato dal rimbombo della porta chiusa con violenza, arrivò nell'ingresso ed osservò i due, confuso. "Che succede?" domandò, mentre il campanello tornò a suonare nuovamente. "Chi c'è?" chiese ancora, indicando, con un cenno della testa, la porta.
"C'è un signore che vuole portami via!" disse Max, tremando. "Perchè vuole portarmi via, papi?" chiese al padre, tornando a scuoterlo.
"Magnus?" lo chiamò Will, preoccupato e scuotendolo per una spalla. "Magnus cosa succede?"
"E' finita.." riuscì solo a sussurrare l'uomo, mentre una lacrima scivolava lungo la guancia.

Jace si allargò, sbuffando, il colletto della camicia inamidata e tentò di allentare, il più possibile, il nodo alla cravatta. Anche se la indossava quasi ogni giorno, odiava metterla. Era uno strumento di tortura a cui non avrebbe mai fatto l'abitudine.
Si sistemò, a disagio, sulla sedia, mentre il plotone di esecuzione, parato davanti a lui, non lo perdeva di vista un secondo. Tessa, Jem e Will, infatti, lo fissavano, a braccia conserte, truci e con fare accusatorio.
Jace era sempre stato un tipo spavaldo e sicuro di sè, eppure quel trio riusciva a metterlo in soggezione con un solo sguardo.
Assurdo! Come se fosse lui a doversi sentire in colpa e non l'uomo stravagante, che si trovava nell'altra stanza con suo nipote. Era quel tizio ad essere un bugiardo, non lui!
Perchè, quindi, quei tre lo stavano guardando come se stessero pensando di farlo fuori, per poi nascondere il suo cadavere in qualche luogo isolato?
Sì, era piombato nella loro vita con una notizia bomba, ma non era colpa sua se l'uomo con la cresta aveva accuratamente nascosto, fino a quel momento, di non essere il padre naturale del bambino!
"Uhm.. e così vivete tutti insieme, eh? Com'è vivere a Londra? Mi ha sempre affascinato questa città, ma non deve essere facile!" iniziò a blaterare, nel tentativo di avviare un minimo di conversazione e rompere quel silenzio imbarazzante. "Voglio dire, piove sempre ed è umido.. il che non gioverebbe affatto ai miei capelli!" esclamò preoccupato, afferrando ed osservando un ciuffo, "Ma comunque sono uno che si abitua in fretta e si adatta a qualsiasi situazione." sorrise orgoglioso.
I tre non emisero un suono, ma gli sembrava che, ora, lo stessero guardando ancora più in cagnesco.
Jace si torturò nuovamente il colletto della camicia, prima che finalmente Magnus tornasse in salotto con Max tra le braccia e saldamente ancorato al suo collo. Si sedettero sul divano davanti a lui, guardandolo male.
L'uomo era un disastro: il trucco si era sciolto, a causa delle lacrime, e donava al suo viso un'aria grottesca. Nonostante ciò, Jace dovette ammettere che continuava a rimanere affascinante. Ed era strano per lui ammettere questo, visto che si riteneva l'uomo più bello al mondo.
Max non era messo meglio: gli occhietti rossi, ed il fatto che continuasse a tirare su con il naso, era indice che doveva aver pianto per un bel po' prima di riuscire a calmarsi.
"Spiegati." ordinò, secco, Magnus.
"Sono Jace Lightwood.."
"Sì, questo lo so. Voglio sapere il resto!"
Jace si agitò sulla sedia. "Ok, prima di tutto mi dispiace!" iniziò, tentando di dissipare l'aria pesante che si respirava là dentro. "So che non è una situazione facile. Mi dispiace essermi presentato in quel modo avventato, prima, e non era mia intenzione sconvolgervi, ma è importante che capiate una cosa! Ho l'ordine tassativo di riportare indietro Max e non me ne andrò da qui senza di lui!" concluse serio, guardando le cinque persone davanti a lui.
"Tu non porti Max da nessuna parte!" lo fulminò Magnus, gelido. "E non ho ancora visto un documento che attesti ciò che hai detto prima."
"Mi basterebbe mostrarti una foto di Alec per dimostrarti che non mento!" sorrise Jace, facendo spallucce.
"Chi è Alec?" chiese Magnus, guardingo.
"Alec è mio fratello e.. suo padre." asserì, indicando con la testa Max.
"E' lui il mio papà!" protestò il bambino, stringendosi ancora di più al genitore.
"E' vero." sorrise il biondo, "Ma hai anche un altro papà e, credimi, sei la sua miniatura!" esclamò, mentre il sorriso si ampliava ulteriormente.
"Beh non lo voglio conoscere! Mi basta il papà che ho già!" protestò il piccolo.
"Max, per favore, vai con gli zii a prendere un gelato? Io devo parlare con questo signore." gli sussurrò all'orecchio, dandogli poi un bacio sulla guancia.
"Ok.." concesse, per niente convinto, il figlio.
Magnus fece un cenno d'intesa agli amici, che annuirono. Prima di andarsene, con Max al seguito, lanciarono allo sconosciuto un'ultima occhiataccia fulminante che fece venire a Jace un brivido lungo la schiena.
"Perchè ora?" chiese Magnus, quando il figlio non era più a portata d'orecchio, andando direttamente al sodo.
"Non sono autorizzato a divulgare i dettagli." rispose Jace.
"Otto anni. Sono passati otto anni e quest'uomo si ricorda di avere un figlio solo ora?" domandò l'uomo, iniziando ad irritarsi.
Jace si rabbuiò. "Non lo sapeva."
Magnus lo guardò sorpreso, poi rise scuotendo la testa. "Ti assicuro che la gravidanza di Lydia non passava inosservata!"
"Alec non c'era.." si lasciò sfuggire Jace.
"Non c'era.. non sapeva.. Questo Alec è come le tre scimmiette! Non vede, non sente, non parla!" rise ironicamente Magnus. "E dove era andato? A prendere le sigarette? Per Lilith, per averci messo otto anni e nove mesi, ha fatto un giro davvero lungo per tornare a casa! Che ha fatto? Il giro del mondo in bicicletta?" continuò sarcastico.
"Non sono.."
"Autorizzato a divulgare i dettagli. Sì, l'hai già detto, ma non ti lascierò portare mio figlio chissà dove, da chissà chi, senza una spiegazione plausibile." asserì, caparbio, Magnus.
"A sua discolpa, posso dire che Alec non si è svegliato ieri mattina con la consapevolezza di avere un figlio. Non lo sapeva! E quando ne è venuto a conoscenza, ti assicuro che non è stato facile localizzarvi! Ci sono voluti mesi per trovare la pista corretta ed arrivare fin qui! Un anno e mezzo, per la precisione. Lydia sparì nel bel mezzo della notte, senza lasciare nessun indizio. Nessuno sapeva dove era andata!" confessò.
"Perchè sei qui?" chiese Magnus.
Jace lo guardò stranito, non riuscendo ad afferrare il senso di quella domanda. Pensava di essere stato abbastanza chiaro. "Per riportare a cas.."
"No, voglio sapere perchè questo Alec" sputò fuori Magnus, "ha mandato te! Perchè non è venuto lui?" chiese, severo.
"E'.. ecco.. è un uomo piuttosto impegnato e.."
"Oh quindi il signore è troppo impegnato per presentarsi di persona! Caspita, deve tenerci davvero tanto a rivedere Max! Già." si irritò Magnus.
Come si permetteva, quell'uomo, di snobbare Max, dopo che ne era venuto a conoscenza? Magnus sentì un'ondata di odio invadergli le vene. Non solo questo Alec Lightwood avanzava pretese dopo otto anni, ma non si era neanche preso il disturbo di venire personalmente. Chi si credeva di essere?
"Abbiamo un caso piuttosto ostico e.."
"Un caso?" interruppe, nuovamente, Magnus.
"Sì. Siamo avvocati e.."
"Un avvocato?" sputò, incredulo, l'uomo.
Perfetto! Davvero davvero perfetto! Non solo quell'individuo gli aveva sconvolto la vita, ma era pure un avvocato succhiasangue! Magnus sentiva di odiarlo ancora di più.
"Sì, in famiglia lo siamo praticamente tutti ed Alec non è potuto venire perchè nel bel mezzo di una delle nostre cause più importanti. Così ha mandato me!" sorrise Jace.
"Sì, il cavalier servente dalla lucente armatura!" sbuffò, sarcastico, Magnus. "Mostramelo!" ordinò perentorio.
"Cosa?" chiese Jace, smarrito.
"Tuo fratello! Hai detto che Max gli somiglia, no? Dovrai pur avere una sua foto!" pretese, arrabbiato.
L'avvocato tirò fuori il cellulare, ci trafficò un attimo e poi gli mostrò l'immagine di un uomo, bellissimo, ammise controvoglia Magnus, che assomigliava davvero tanto a suo figlio. Capelli neri come la notte, pelle diafana e due incredibili occhi blu. Il biondino aveva ragione: Max era la miniatura di quello stronzo!
"Senti Magnus, lo sai che basterebbe un semplicissimo esame del dna per dimostrare la paternità di mio fratello.. nel caso la somiglianza fisica non fosse abbastanza ovvia." disse Jace, ironico.
L'uomo, per tutta risposta, sbuffò, scuotendo la testa.
Nonostante l'atteggiamento per nulla collaborativo del tizio davanti a lui, Jace non demorse. "Che ne dici di venire con noi? Così potrai vedere con i tuoi occhi che Alec è un uomo per bene e che Max è in buone mani."
"Mio figlio non va da nessuna parte!" urlò Magnus, alzandosi. "Fuori di qui!" ordinò, puntando l'indice contro la porta.
"Magnus.."
"Ho detto: FUORI DI QUI!" gridò l'uomo.
Jace sospirò e si alzò dalla sedia. "Alloggio all'hotel Savoy." lo informò. "Per favore, chiamami quando ti sarai calmato." lo pregò, consegnandogli il proprio biglietto da visita.
Non appena il ragazzo uscì dall'appartamento, Magnus afferrò un cuscino del divano e lo tirò contro la porta, irritato. Non sarebbe mai successo: nessuno l'avrebbe mai separato da suo figlio. Quei Lightwood sarebbero dovuti passare sul suo cadavere e, ne era certo, su quello dei suoi amici, per prendersi Max.
Tessa rientrò poco dopo, trovando l'amico che, nervoso, misurava l'appartamento a grandi passi.
"Ciao." lo salutò la donna.
Magnus si bloccò nel mezzo della stanza. "Ciao.. Dov'è Max?"
"I ragazzi l'hanno portato al parco." sorrise. "Allora.. vuoi raccontarmi?" chiese, prendendolo per mano e sedendosi con lui sul divano.
L'uomo guardò l'amica, sospirò per l'ennesima volta, e vuotò il sacco, raccontandole di quello che aveva visto nella casa di Morgenstern, dell'incontro con Lydia, del viaggio e di come era diventato il padre di Max.
"Mags.. se questo Alec Lightwood vuole indietro suo figlio, non c'è niente che tu possa fare. Ti trascinerà in tribunale e, se questo succederà, sinceramente non credo tu abbia molte possibilità di avere l'affidamento di Max." gli disse dolcemente.
"Ma se Lydia si è allontanata da quell'uomo, ci deve essere un motivo, no?" provò Magnus, angosciato. "Ci deve essere un modo per non dargliela vinta!"
"L'hai detto anche tu, non conosci i dettagli e non sai niente del passato di quella donna. Potrebbe essere che quell'avvocato ti abbia detto la verità e che suo fratello non sapesse davvero di avere un figlio." disse Tessa, pensosa.
"Questo non gli da il diritto di avanzare pretese dopo otto anni e.."
"Mags" gli disse, stringendogli la mano. "prova a metterti nei suoi panni! Se scoprissi di essere padre, non faresti di tutto anche tu per ricongiungerti a tuo figlio?"
"Ma se non ha avuto neanche la decenza di presentarsi di persona!"
"Devi pensare a cosa è meglio per Max e.."
"IO sono il meglio per Max!" protestò, caparbiamente, Magnus. "Cosa dovrei fare? Eh? Lasciare che questo Jace prenda mio figlio e se lo porti via? Non se ne parla!"
Tessa respirò profondamente. "Hai le mani legate, Magnus. Non sei suo padre e, anzi, ti sei finto tale! Nessun giudice ti darà mai ragione, ma" continuò la donna "Se torni in America e, insieme a Max, andate a conoscere questo Alec Lightwood, forse potresti trovare un accordo per l'affidamento!" gli consigliò.
Magnus scosse la testa e si alzò per dirigersi in camera sua.
Si buttò sul letto, tentando di calmarsi. Sapeva che Tessa aveva ragione, ma non era disposto a perdere Max per un bellimbusto che non faceva neanche il minimo sforzo per venire a conoscere suo figlio di persona. Se quello stronzo pensava di portarglielo via, come se niente fosse, si sbagliava di grosso. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti pur di tenersi suo figlio.
Alec Lightwood ancora non lo sapeva, ma si sarebbe pentito amaramente di avergli stravolto la vita.
   
 
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