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Autore: edwardchristopher    16/01/2018    0 recensioni
«Te lo chiedo ancora una volta: dov'è John?», Alice assunse un tono impaziente, non avrebbe resistito ancora per molto.
 «Te lo dico ancora una volta: se non mi dai ciò che cerco, non te lo consegnerò mai.»
 Alice, senza neanche pensarci un secondo, si voltò velocissima e, bloccando un uomo che si trovava dietro di lei dal collo, gli strappò il cuore. L'uomo cadde immediatamente a terra, morto per la seconda volta, ora per sempre. La ragazza dai capelli scuri, sorrise con sguardo folle, ancora il cuore sanguinante in mano. Allentò la presa e lo lasciò cadere sul corpo senza vita dell'uomo.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - "Si torna a casa"


Ma dove sono finita? In questo posto non c’è anima viva e io ho sete. Come dovrei fare? Neanche uno scoiattolo, un coniglio … niente di niente. Saranno tutti morti? Chissà.
La mia macchina mi ha lasciato a piedi e adesso sono stranamente stanca. Non mangio da due giorni, ho bisogno di bere. Questa strada buia e nel bel mezzo di un bosco dovrebbe spaventarmi e forse un po’ è così, ma mi spaventa solo perché è deserta e io ho bisogno di qualcuno, mi basta qualsiasi essere vivente. Non fraintendetemi, preferisco di gran lunga gli umani, ma in questo caso, mi va bene qualsiasi cosa, qualsiasi cenno di vita.

Il rombo di una macchina alle mie spalle, mi fece spostare verso l’esterno della strada: finalmente qualcuno. Mi avvicinai all’autovettura, ormai ferma, dal lato del guidatore e bussai sul finestrino, in modo che l’uomo all’interno lo abbassasse.
Non ci vedevo più dalla fame, quindi mi avvicinai al guidatore e il mio istinto fece da sé.

La mia vecchia casa era sempre la stessa, dopo tanti anni, era rimasta sempre la stessa e quasi mi turbava questo particolare. Qualcuno deve abitarci, altrimenti non sarebbe stata così curata.
Avvicinandomi alla porta, notai la targhetta con su scritto “Harris” Beh, il cognome è ancora quello.
Una signora alta, con capelli corti scuri e con la pelle quasi color latte, mi aprì la porta.
«Paige?», chiesi con tono sorpreso. Come faceva a essere lì? Viva e vegeta dopo tutto questo tempo? Andai via proprio pensando che non ci fosse più nessun mio parente qui.
«Alice?», rispose lei altrettanto sorpresa.
«Come fai a stare ancora qui? Anche tu …»
«Ssshh. Entra, Jake è di là, perciò andiamo in camera.», mi interruppe lei con fare sospetto. Anche lei era come me, ne ero sicura, ma nessun’altro lo sapeva evidentemente.

«Cosa sta succedendo, Paige?», mi limitai a chiedere una volta entrate in camera.
«Non te l’ho detto, ma anche io sono ormai una … hai capito cosa.», risponde lei sottovoce.
«Sì, ho capito. Ma come, quando e, soprattutto, perché?», stavo per infuriarmi, come poteva esserlo anche lei?
«Logan, lui è stato. Venticinque anni fa stavo morendo e lui mi ha salvata. Qualche anno fa però, è stato ucciso e io e Jake siamo soli adesso.», rispose lei asciugandosi una lacrima nell’angolo dell’occhio prima ancor che cadesse.
«Chi? Logan? Ma io sapevo fosse morto già molto prima. Come è possibile?», continuai a chiedere per avere più informazioni.
«Non so niente di cosa sia successo quel giorno quando tutti dicevano che era morto, so solo che un paio di mesi dopo, è tornato e siamo restati insieme.», concluse lei con un sorriso nostalgico.
«Non capisco, ma va bene, ti credo.», risposi anche io con un sorriso.
«Tu cosa ci fai qui?», continuò Paige asciugandosi un’altra lacrima.
«Sono ritornata. Questo posto mi mancava e poi qui, tutti sono molto dolci, mi piacciono.», esclamai leccandomi involontariamente le labbra.
«Cosa? Oh no Alice, non puoi far male a questa gente!», affermò Paige quasi come fosse una minaccia.
«Io faccio quello che mi pare e, poi, chi me lo impedirebbe? Tu?», chiesi innervosita guardando con crudeltà la mia carissima pro-pro-pronipote.
«Ma è un piccolo paese, innocente. Non puoi divertirti altrove?», quasi mi pregò lei.
«Ho voglia di stare qui, adesso. Dovevo restare nella mia casa, ma a quanto pare è occupata.», dissi prima di alzarmi e indirizzarmi alla porta per uscire.
«Quindi dove andrai?», s’interessò Paige.
«Non lo so, deciderò per strada. Ci vediamo, nipote.», quindi uscii di casa e m’incamminai verso il centro del paese. La fame non era ancora passata.

«Cosa desidera?», mi chiese la ragazza dietro il bancone del bar.
«Uno scotch.», risposi guardando altrove. Osservavo le varie persone presenti nel locale, alcuni sembravano simili a vecchi amici –e forse capisco il motivo-, altri invece non li avevo mai visti prima, cosa comprensibile. Un ragazzo, seduto ad un tavolo, continuava a fissarmi, comprensibile anche questo, ero abituata ai ragazzi che non facevo altro che guardarmi, alcuni ci provavano direttamente, altri rimanevano distanti. Questo, stranamente mi piaceva, perciò abbassai lo sguardo sorridendo, fingendo di essere imbarazzata ma interessata a lui. Come previsto, lui si alzò all’istante con un ghigno sul volto e si avvicinò al bancone.
«Ciao!», disse lui con il solito ghigno.
«Ciao.», risposi io con finto imbarazzo e portandomi il bicchiere di vetro alle labbra.
«Sei davvero una bella ragazza, lo sai?», continuò lui. Squallido, un tempo le ragazze si rimorchiavano in modo completamente diverso. La fame, però, mi fece stare al gioco.
«Oh, tante grazie, anche tu sei davvero carino.», esclamai sorseggiando lo scotch. Non mi era per niente difficile ingannare quello stolto.
«Ti va di uscire di qui e andare in un posto più tranquillo?», mi chiese con il suo sfacciato sorrisetto sul viso. Mi stava rendendo le cose molto più semplici del previsto, ma lui non se ne rendeva conto.
«Certo. Mi paghi tu quello che ho preso?», chiesi ammaliandolo con il mio sorriso.
«Sì, dolce donzella.», rispose lui ridacchiando. Bei tempi quelli in cui si usava parlare davvero così alle donne.

«Te l’ho già detto che sei bellissima?», chiese iniziando a baciarmi sul collo.
«Sì, già detto.», risposi io facendo finta che provavo piacere al suo tocco. In realtà, non era per niente dolce né delicato. Non avrei resistito ancora per molto.
«Te lo ripeto: sei bellissima.», esclamò sbattendomi con forza al muro e cercando di approfittare di me sbottonandomi la camicia che indossavo. La fame mi rendeva le cose terribilmente difficili, mi bastò quel gesto a farmi perdere il controllo.
«Sei squallido, stupido.», affermai spingendolo via leggermente. Lui mi guardò sorpreso.
«Come scusa?», esclamò avvicinandosi con fare minaccioso. Io abbassai lo sguardo fingendomi impaurita –questa recita era durata fin troppo. Alzai di scatto i miei occhi, adesso completamente neri e contornati da vene, e sfoderai i miei canini appuntiti, quindi mi fiondai sul suo collo e mi nutrii.

 
  
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