Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: HaikyuuUshijima    16/01/2018    1 recensioni
Beh, certamente scopare sopra un tavolino non era il massimo dell’igiene, però Levi non sembrava lamentarsi poi così tanto, escludendo i lamenti di dolore e di piacere quando le mie penetrazioni si facevano più profonde.
Lui, ecco cosa c’era di davvero proibito.
Mafia!AU
Storia partecipante al contest "Un personaggio in cerca d’autore" indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di efp.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cicatrici


Quel dannato uomo corvino e di piccola statura,  mi stava facendo perdere la testa ogni giorno sempre di più.

Non riesco ancora a capire se sia per il suo profumo fresco, un profumo che mi viene difficile da dimenticare, poiché impregna tutto il bar ogni qualvolta che vi ci mette piede… ovvero quasi tutte le sere, ordinando sempre il solito liquore senza però mai esagerare. Lo assapora solamente, lentamente, cercando un po’ di pace in quelle giornate buie, macchiate dal sangue delle altre Famiglie; motivi per i quali prova a spezzare la noiosa monotonia della sua routine e allontanare almeno per un pò  i diversi problemi e dubbi che ha per la testa, torturandolo. Non capisco se sia per il suo modo di parlare distaccato, rude, freddo, quasi come se cercasse di evitare di fidarsi degli altri o di affezionarsi. Sul passato alle sue spalle vengono vociferate tante cose. Sembra che non si fidi facilmente delle persone, poiché tradito e pugnalato alle spalle più volte in passato. Inoltre, si dice che quando era bambino i suoi genitori gli siano morti davanti gli occhi e che da allora sia rimasto come traumatizzato, come se nella sua anima gli fosse rimasta una cicatrice indelebile. E’ plausibile. Però qualcosa doveva essere successo, perché quei tagli sui polsi significano qualcosa. Avevamo già affrontato questo discorso. Mi ha promesso che non l’avrebbe mai più fatto, o sapeva le conseguenze. La vita per entrambi non è mai stata rose e fiori. Io gli avevo confidato  gli scheletri nel mio armadio e lui fece lo stesso con me. Suo padre abusava di lui da quando era piccolo, ma crescendo aveva iniziato a capire tante cose, era maturato, aveva imparato a difendersi; aveva messo sù qualche muscolo in più ed iniziò a ribellarsi. Fuggì di casa all’età di 16 anni e un uomo lo accolse con un sorriso nella sua nuova famiglia. Iniziando da piccoli furti, da piccoli crimini, era arrivato ad uccidere persone senza scrupoli, solamente in cambio di denaro.  Avere i genitori mafiosi non è mai stato un vanto per me anche se molti altri muoiono per avere il mio posto, in tutti i sensi. Ho solo 27 anni. A volte vorrei poter trascorrere le mie giornate come un ragazzo normale, magari a quest’ora sarei a preparami per un esame universitario o a divertirmi con i miei amici. Mi sono sentito incompreso per molto tempo, solo, anche se in realtà avevo sempre gente attorno. Poi, un giorno come un’altro arrivò lui a stravolgere completamente la mia vita, il primo che ha saputo comprendermi. Ci siamo aiutati molte volte a vicenda.

Magari è per il colore particolare dei suoi occhi che cambia passando dal grigio metallico all’azzurro come il cielo. O forse è per il suo modo strano di bere prendendo i bicchieri dall’alto… è una cosa così da lui. Non lo capisco. Non capisco perché mi faccia quest’effetto ogni volta che lui si avvicina a me. Mi sento il cuore battere come se a momenti dovesse uscire dal mio petto. Non ho mai provato una sensazione del genere, nemmeno quando ho avuto delle pistole puntate alle mie spalle. Nemmeno quando era stato lui a puntarmi addosso una pistola a colpo singolo. Successe la prima volta che ci incontrammo, chissà se lo ricorda. Temeva che non gli avrei venduto alcol perchè appartenente ad una Famiglia rivale. Io, insieme a Mike Zacharias, un amico di famiglia, lo sorpresimo con un semplice “trucco”. Non sapeva che ero più veloce ed abile di lui in quelle circostanze. Sento che attualmente la fiducia tra me e lui sia reciproca. Lui è la persona di cui più mi fido. O forse si, ho la mia risposta. E’ quasi ovvia.

Butto fuori il fumo del sigaro cubano e subito dopo cicco sul portacenere facendo attenzione a non spegnerlo. Fumare mi faceva riflettere sempre troppo, lo trovo rilassante. Sento un rumore. I miei occhi azzurri seguono con lo sguardo la figura esile di un uomo. Era appena entrato nel mio Speakeasy, situato a New York City, la mia città nativa. Il locale è indicato solo da una luce rossa su di una porta anonima che si nasconde dietro la Stone Street Coffee Company sulla 9th Avenue. Non c’è nessun altro insieme a lui. Cerco di riconoscere la misteriosa identità ma il fumo mi offusca la vista. Riesco a vedere nitidamente i suoi vestiti, semplici ma eleganti. Sento i suoi passi avvicinarsi.

Ho capito chi è.

Leggo le lancette dell’orologio al mio polso che segnano le 2:00 della notte. Sorrido e alzo lo sguardo azzurro.

«Solito orario, mh?»

Era una domanda retorica, la mia. Levi Ackerman, questo era il suo nome. Era un mio cliente abituale. Un uomo, anzi, il mio uomo, dalle origini giapponesi. È il più ricercato dalla legge: i crimini da lui commessi sono tanti ma certamente non paragonabili a quelli commessi da me, soprattutto in quest’anno: l’anno del proibizionismo. È meglio quando senti che qualcosa sia sbagliato, il pericolo è il nostro mestiere.

Levi prende posto proprio davanti a me. Si mette seduto sulla sedia a cavalcioni con un atteggiamento disinvolto, le sue iridi metalliche fisse nelle mie azzurre. Credo si aspetti una mia reazione, anche piccola, ma per ora preferisco tenere le cose sotto controllo e farlo aspettare.

Lui resta in silenzio mentre il mio sguardo attento è sempre puntato su di lui, calcolo la distanza tra il mio corpo e il suo, soffrendo ad ogni millimetro.

Da quant’è che lo conosco? Io non lo so più, me ne accorgo da come lo fisso, non mi bastano più donne di pizzo.

Senza nemmeno lasciargli il tempo di poter proferire parola per ordinare qualcosa, verso nel bicchiere di vetro il suo liquore preferito. Il bicchiere è sempre mezzo pieno quando ho la sua compagnia. Non è stato difficile indovinare cosa volesse ordinare. Quando gli passo il bicchiere con l‘alcolico ambrato, lui fa per prenderlo e le nostre dita si sfiorano per sbaglio. Mi sembra di aver percepito del calore dalle sue mani.

«Grazie, vecchio.»

Il viso scuro del più piccolo si illumina, so che lo diverte chiamarmi così. Ha un piccolo sorrisetto stampato in faccia, misto tra lo svago e la malizia. Sorrido di rimando. I sorrisi di Levi erano unici, rari; ma non è la prima volta che lo vedo sorridere così. Con gli altri ha solitamente una espressione severa, corrucciata, e mi rende felice vedere che con me, con il mio amore, riesce sempre a scordarsi di tutto il resto, di ogni dubbio o problema; esistiamo solo noi.

Siamo soli. I suoi occhi perlacei sono fissi sulla mia camicia azzurra e le bretelle nere. I primi due bottoni della camicia sono sbottonati, facendo così intravedere i miei pettorali e la mia profonda cicatrice proprio vicino al petto, fino ad arrivare al capezzolo. Con un veloce movimento del braccio che delinea per un secondo il mio bicipite, anch’esso con delle cicatrici ma meno profonde di quella che ho sul petto, mi sbottono la camicia per mostrargli meglio il segno indelebile.

«Come te lo sei procurato quello squarcio?»

Nel suo tono percepisco la sua preoccupazione e curiosità. Sono certo che in questo momento sto proiettando un'immagine di me provocatoria… ed il mio pensiero si conferma quando noto un leggero luccichio nei penetranti occhi di Levi che scrutano i miei addominali. E la luce soffusa che illumina a malapena il locale rende l’atmosfera più intensa ed intima.

«Ti da l’aria di una vita vissuta, come se avessi lottato per un’intera vita.»

Commenta lui mentre sorseggia il Disaronno originario dall’Italia.

Forse aveva ragione, poteva anche darsi che mi dessero un aspetto più maturo...

Mi concedo una breve risata per la sua osservazione e rispondo al suo quesito facendomi più cupo.

«E’ successo anni fa a Trapani, in Sicilia. E’ stata opera della Cosa Nostra. Ed è questo il motivo anche per il quale… ho perso un braccio.»

Abbasso la voce automaticamente. Riportare certi ricordi a galla non è un problema vero perchè mi piace quando lui è curioso di me.

Levi sbatte sul bancone il bicchiere vuoto, accennando un lamento di dispiacere ed una espressione triste per ciò che aveva appena udito.

«Immagino che dovrei ringraziare Dio per poterti avere ancora qui, Erwin. Con loro non si fotte.»

Abbassa lo sguardo non appena si rende conto di avermi appena detto una cosa così imbarazzante. Credo di averlo visto arrossire.

«Se è questa la conclusione alla quale sei arrivato… Levi, posso solo dirti di goderti ogni istante… con me.»

Gli rispondo con un tono di voce serio. Faccio qualche passo verso di lui, gli occhi fissi nei suoi. Di punto in bianco mi afferra dalla collana che indosso, avvicinandomi pericolosamente al suo viso.

«Smettila di fissarmi così o io...»

Lo metto subito a zittire.

Le nostre salive, il sapore amaro del tabacco e quello aspro dell’alcol si mischiano, soffocando i gemiti. I nostri corpi vengono invasi dal piacere e dalla passione.

Mi fa rabbrividire il pensiero che potessimo essere scoperti, colti in flagrante mentre ci viziavamo a vicenda. Ma non importa. Messa così, la cosa si faceva più rischiosa ed eccitante. Levi mi lascia una scia di baci su tutto il petto, soffermandosi qualche istante di più sulla ferita. Mi lascio sfuggire un gemito di piacere, mentre lui mi stuzzica il capezzolo. Poi scende alla mia “v”, e lì cominciavano i veri giochi.

Mi fermo per poco e mi avvicino al suo viso per sussurrargli nell’orecchio sensualmente e con premura.

«Ti piace? ...Va bene questa posizione?»

Gli mordicchio il lobo, una delle sue zone erogene. Sento il suo corpo mingherlino rabbrividire a quel contatto. Infilo la mano sotto la sua camicia e lo spalmo sul bancone. Era stata una cosa improvvisa, spesso ci capitava. Credo che abbiamo provato quasi tutte le posizioni e fatto in luoghi insoliti. Dal tavolo del biliardo al sotto della scrivania. Sono luoghi insoliti almeno per lui, che odia l’antigene.

«E’... a-antigienico.»

Ecco. Beh, certamente scopare sopra un tavolino non era il massimo dell’igiene, però Levi non sembrava lamentarsi poi così tanto, escludendo i lamenti di dolore e di piacere quando le mie penetrazioni si facevano più profonde.

Lui, ecco cosa c’era di davvero proibito.

   
 
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