Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Bloodred Ridin Hood    18/01/2018    2 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

20
Melting Ice and Melting Hearts
(Lars)


 

Quello stesso giorno, 
la mattina presto...



Mi stringo dentro al cappotto mentre una nuova folata di vento mi scompiglia i capelli. Non ho intenzione di sistemarli però. Le mie mani stanno bene dove sono, al caldo delle tasche.
Fa freddo, decisamente. La temperatura questi giorni si è abbassata ulteriormente, più velocemente del previsto in realtà. Non che sia qualcosa a cui non sia abituato, sia chiaro. Anzi, in un certo senso forse mi fa sentire meno la nostalgia di casa.
Ma quando stai in piedi fermo sul marciapiede da oltre venti minuti in balia del vento, una temperatura di tre gradi sotto lo zero diventa qualcosa di molto fastidioso, anche per uno svedese abituato a ben altri numeri negativi.
Mi volto a guardare ancora una volta l’orologio della stazione dietro di me.
Ti passo a prendere alle 7.00 alla stazione! mi è stato detto.
Sono già le 7.26.
Sospiro seccato.
Che abbia avuto degli imprevisti? Plausibile, ma perché non avvisarmi invece di lasciarmi qui ad un lento e logorante processo di assideramento?
Proprio mentre faccio questi pensieri, noto un’auto con i finestrini scuri accostarsi al marciapiede davanti a me.
Mi abbasso leggermente per cercare di vedere qualcosa oltre quei vetri. È l’auto di chi sto aspettando? O non si sono fermati per me?
Faccio con una certa titubanza un passo in avanti.
L’auto continua a stare ferma. 
Mi avvicino ancora. Non riesco a vedere il volto dell’autista, ma sia il colore che il modello corrispondono a quelli del veicolo che mi è stata descritta.
Con una mano provo ad aprire la portiera, ma con mia sorpresa, questa rimane bloccata.
Vengo assalito da un’improvvisa ondata di imbarazzo. 
Ho sbagliato! Non era la macchina giusta!
Faccio subito un passo indietro e alzo le mani per scusarmi. Ed ecco che finalmente il finestrino si abbassa.
Sento una risata familiare provenire dall’interno dell’abitacolo.
“Che ti prende?” mi canzona il guidatore “Hai cambiato idea?”
Anche se non riesco ancora a vedere il suo volto, riesco a riconosce la voce con facilità.
Mi riavvicino e tento ancora una volta di aprire lo sportello.
“Non farmi perdere altro tempo, per favore!” mi lamento “Mi sto congelando a furia di aspettarti qua fuori!”
Il mio collega sblocca la portiera e posso finalmente aprire e prendere posto in macchina.
Tougou mi guarda divertito mentre mi sistemo la cintura di sicurezza.
“Sei in ritardo!” gli rinfaccio infastidito “Mi hai detto che saresti passato mezz’ora fa!”
Lui ignora la mia lamentela e continua a sghignazzare.
“Sì, ma che diavolo ti è preso poco fa?” se la ride sotto i baffi “Avresti dovuto vedere la tua faccia!”
“Ho pensato di aver sbagliato auto! ” taglio corto “Non si vede un accidenti attraverso questi vetri!”
Tougou scuote la testa con un mezzo sorriso e rimette in moto l’auto.
“Sai bene che avremo bisogno di questi vetri scuri…” dice lui “... per quello che ti dovrò consegnare tra poco.”
Sospiro e ci immettiamo nel traffico.
“Come sta andando?” mi chiede poco dopo rivolgendomi un’occhiata veloce “Ti vedo sciupato.”
Sposto lo sguardo fuori dal finestrino, in cui intravedo il mio riflesso.
Non mi verrebbe difficile crederlo.
“Si sta rivelando… più difficile di quanto avessi previsto.” ammetto.
Tanto nasconderlo a questo punto non avrebbe senso.
Sento Tougou sospirare al mio fianco.
“Lars…” 
Lo dice con una sorta di tono compassionevole e non è assolutamente quello di cui ho bisogno adesso.
“Non ha importanza comunque. Non siamo qui per parlare di come mi sento.” ribatto serio “Dobbiamo pensare alla missione.”
“Io… io l’avevo detto che sarebbe stato troppo per… te.”
“Ho detto che si sta rivelando più difficile del previsto, ma non ho assolutamente cambiato idea, Tougou.” insisto tornando a guardarlo.
Tougou tiene gli occhi sulla strada con le labbra serrate e un’espressione preoccupata.
“Dovevo essere io a farlo.” ripeto “Nessun altro.”
“Ti… stai lasciando coinvolgere dai tuoi sentimenti personali.”
“I miei sentimenti personali non ti riguardano.” rispondo secco “Non riguardano nessuno di voi. La missione sta procedendo come previsto e i miei sentimenti non interferiranno con il suo sviluppo.”
Mi sento quasi Jin a rispondere con un tono così brusco. Che mi stia iniziando ad influenzare negativamente?
“Lars... sai che ho la massima fiducia in te in quanto agente…” parla in tono calmo “... e in quanto uomo. Se esprimo i miei dubbi è solo per una mia personale preoccupazione… non da collega, ma da amico.”
Non rispondo. 
Tougou guida fino ad un’impegnatissima area commerciale e ci imbottigliamo nel traffico.
“Ora avremo tempo a sufficienza per parlare. Il traffico è il posto migliore in cui parlare di certe questioni senza dare nell’occhio.” dice Tougou con una mezza smorfia “Adoro l’adrenalina che ti dà questo lavoro!”
Annuisco rispondendo con una smorfia sarcastica.
“Sul sedile posteriore c’è il tuo giocattolo.” continua indicando il retro con un cenno del capo.
Mi volto e vedo una valigetta rigida nera sul sedile posteriore.
Mi sporgo per prenderla e me l’appoggio sulle gambe.
“Hai già lavorato con questi, giusto?” mi chiede “Dai pure un’occhiata, abbiamo i vetri oscurati apposta, ricordi?” 
Sogghigna beffardo, ma io ignoro la provocazione.
Apro la valigetta con un click e sollevo il coperchio giusto il tanto per poter dare un’occhiata al suo interno.
“Sì.” confermo “Ho già lavorato con modelli come questo.”
“Giusto a titolo di ripasso, ventiquattro ore di autonomia dall’applicazione e dal momento dell’accensione avrai circa dodici minuti di copertura.”
“Dodici minuti?!” chiedo sorpreso.
Tougou annuisce.
“Stando ai dati che il nostro informatore della Zaibatsu ci ha fornito, avrai circa dodici minuti di copertura prima che scatti l’allarme di sicurezza.”
“Ma è troppo poco!” protesto “È troppo rischioso!”
“Tranquillo.” sorride “Abbiamo pensato a tutto. Il nostro informatore ci ha fornito una mappa dettagliata dei sistemi della Zaibatsu. Avrai tutto il tempo per studiare il tuo piano d’azione. Dovrai fare attenzione a non perdere neanche un secondo, ma ho buona fiducia nelle tue possibilità.”
Inspiro a fondo e chiudo la valigetta.
Sono nervoso e non è decisamente da me. Ho portato a termine missioni ben più difficili, fatto ben di peggio, o almeno credo, ma è la prima volta in tutta la mia carriera che mi sento così. 
Ma devo farlo. È il mio compito, il mio obiettivo. È troppo importante per il mondo intero. 
E soprattutto non voglio mostrare le mie debolezze all’organizzazione.
“Troverai la mappa e le istruzioni sul fondo della valigia.” aggiunge Tougou “Il giorno della visita, dovrai dirigerti sull’ala ovest del livello C. C’è un bagno in disuso che dà su un corridoio che costituisce un punto cieco del sistema di sorveglianza. Sarà quello il posto ideale per piazzare il dispositivo.”
Ascolto in silenzio con un’espressione ferrea.
“Ma anche questo poi lo leggerai meglio nelle istruzioni che ti abbiamo lasciato.” si volta a guardarmi per un momento “Riguardo al… tuo materiale invece?”
Annuisco.
Infilo la mano in tasca ed estraggo una scheda di memoria.
“È tutto qua dentro.” dico “Ho fatto delle ricerche riguardo ad un ex-orfanotrofio finanziato dalla Zaibatsu, sono quasi certo che sia collegato alla faccenda di cui ci stiamo occupando, ma non sono riuscito a trovare nessun nome.”
“Immaginavo.” risponde Tougou serio.
“Già.” annuisco “Pare abbiano pulito per bene tutte le tracce.”
“Per questo, Lars, l’esito della missione è di fondamentale importanza.” asserisce Tougou “Per quei ragazzi. Devono avere la loro giustizia. È giusto che quei bastardi paghino per quello che hanno fatto!”
Tougou sobbalza improvvisamente e mi rivolge un fugace sguardo imbarazzato.
“Ehm… scusa per il linguaggio…”
“Tougou, ti prego.” rispondo con un cenno della mano “Non c’è bisogno che ti scusi.”
“D’accordo, ma si tratta pur sempre tuo pad…”
“No! Non significa niente per me.” lo interrompo prima che possa concludere la frase.
Non voglio sentire quella parola.
“L’hai… incontrato?” mi chiede poi curioso.
Lo guardo alzando un sopracciglio, un po’ stupito di ricevere questa domanda.
“Sì.” rispondo poi.
“Ed è…”
“Terribile. Esattamente come tutti ne parlano.” 
“Ah.” 
Sospiro e appoggio la schiena contro il sedile, guardando in alto verso il soffitto della macchina.
“Vedi? Questo è il motivo per cui avrei preferito che la storia delle mie origini non fosse venuta mai fuori a lavoro.” mi lamento.
Tougou ridacchia nervosamente.
“Ah! Scusa scusa è che… insomma, devi capire che… cioè, è… uhmm… roba grossa!”
Sospiro.
“Già, che bello!” commento con sarcasmo.
Tougou mi riaccompagna a casa, dopo che riusciamo a sfuggire dal traffico mattutino di Tokyo.
“Mi ha fatto piacere vederti, Lars.” mi dice accostando l’auto a bordo strada.
“Anche a me.” ammetto “Era da tanto che non parlavo con qualcuno senza la pressione degli obblighi della missione.” 
E inizio davvero ad esserne stanco.
“Tougou.” dico poi con una mano sulla maniglia della portiera, pronto ad aprire “Devo avvisarti di una cosa e vorrei che iniziassi a parlarne con i superiori da parte mia.”
Abbasso lo sguardo. È da un po’ che ci penso e sono abbastanza certo di aver preso la giusta decisione.
“Che succede?” chiede lui vagamente preoccupato.
Lo guardo.
“Credo che… questa sarà la mia ultima missione.” ammetto con un mezzo sorriso.
Mi guarda con occhi spalancati mentre apro la portiera ed esco dall’auto.
“Lars!” mi chiama “Aspetta! Torna qua! Parliamone!”
“Ci vediamo Tougou!” lo saluto io chiudendo lo sportello.
“Lars!” insiste.
Con la mia valigetta in mano, mi dirigo verso casa senza voltarmi.
Entro in giardino e percorro il vialetto. I cani mi salutano con il loro abbaio demoniaco da oltre la ringhiera.
Sento la macchina di Tougou che riparte e se ne va. 
Si è arreso, ma probabilmente solo perché non poteva scendere a ripescarmi. Sono certo che proverà a contattarmi presto.
Entro in casa e controllo l’orario. Non sono neanche le nove. Perfetto, dovrebbero essere tutti via a quest’ora, quindi posso portare il dispositivo in camera e nasconderlo senza alcun disturbo.
Mi dirigo verso le scale e inizio a salire mentre ripenso alla conversazione appena avuta con il mio collega.
Non mi accorgo subito della strana figura in cima alla scala e per un momento sobbalzo quando finalmente lo metto a fuoco.
Jin, con ancora indosso una di quelle magliette di gruppi metal dal nome illeggibile che usa come pigiama, disteso a terra ad occhi chiusi sul pavimento del corridoio del primo piano, con le gambe a adagiate sui primi gradini.
Che diavolo succede? Che ci fa qui sdraiato per terra tra pavimento e scale?
Non esce dalla sua stanza quasi mai ultimamente. È forse una sua strana pratica quando nessuno è in casa? Oppure sta male?
Sussulto.
Non sarà mica svenuto!
Non starà mica morendo di fame ed è crollato mentre andava alla ricerca di cibo?
In quel momento solleva la testa giusto il tanto per guardarmi.
No, non è svenuto e dal suo solito sguardo torvo direi che mi sembra piuttosto normale e ben cosciente. 
Ok, stava semplicemente sonnecchiando sul pavimento. Non farò domande riguardo a questo.
Però mi sta guardando! 
Me ne rendo conto in quel momento. La stretta sul manico della valigetta si fa più salda e improvvisamente sono molto conscio del fatto che potrebbe notare che quella valigetta non è mia e non l’ho mai usata prima d’ora. 
Deglutisco.
Lui torna a poggiare la testa all’indietro sul pavimento e richiude gli occhi, come se niente fosse.
Ok, non ha fatto domande. 
Forse non si è accorto di niente e mi sto solo mettendo problemi inutili. 
Perché dovrebbe avere notato che di solito non uso valigette di quel tipo? Non sembra uno molto attento alle abitudini degli altri. Non sembra uno a cui interessi niente degli altri in realtà, quindi perché avrebbe dovuto notare questo dettaglio?
Sono abbastanza convinto e, senza dire una parola, riprendo a salire le scale. Arrivato in cima, sempre in silenzio, gli passo accanto e inizio a dirigermi verso la mia stanza.
Passo davanti alla stanza di Jin, con la porta spalancata e… mi fermo sorpreso. 
Che diavolo è successo a questa dannata porta?!
È sfondata. Ha uno squarcio! Qualcosa che dubito possa essere fatto con un pugno.
Rimango fermo per qualche secondo, poi mi volto a lanciare un’occhiata confusa a Jin, ancora disteso beatamente sul pavimento.
Alzo un sopracciglio. Sono confuso, molto confuso, ma ho deciso che non farò domande. Non con questa valigetta sospetta in mano soprattutto!
Riprendo a camminare e giungo alla mia stanza. Entro e chiudo la porta alle mie spalle. Sospiro grattandomi la testa, riflettendo su dove potrei nascondere la ventiquattrore.
Apro l’armadio e comincio a rovistare. 
Uno dei cassetti interni dell’armadio è ancora vuoto. La lascerò lì e ci metterò della roba sopra per coprirla, nel caso a qualcuno dovesse per qualche oscura ragione venire in mente di mettersi a rovistare tra le mie cose. In ogni caso non riuscirebbero ad aprirla senza combinazione, ma preferisco essere il più cauto possibile.
Chiudo l’armadio e guardo ancora l’orologio.
Ho promesso di andare a sentire l’intervento di Alisa al convegno sullo scioglimento dei ghiacciai dell’associazione ecologica di Jun. Sa che oggi è il mio giorno libero, non posso mancare. Oltre al rischio di sollevare dei sospetti, ci tengo a mantenere la mia promessa.
Mi risistemo il cappotto davanti allo specchio ed esco di nuovo.
Jin non è più a terra in cima alla scala.
Perfetto, ora ho la certezza che non stesse male. Sento dei rumori provenire dal bagno che abbiamo in comune. Benissimo, dev’essere lì a fare le sue cose, vivo e vegeto.
Scendo al piano di sotto e lascio di nuovo la casa.
Entro in garage e prendo l’auto di Jun. Ultimamente lei la sta usando sempre di meno, ha deciso di convertirsi a mezzi di trasporto più ecologici, e mi ha dato il permesso di utilizzarla a mio piacimento.
Metto in moto ed esco in strada, dirigendomi verso l’hotel pluristellato che accoglierà la conferenza.


Michelle Chang ringrazia, al termine del suo discorso finale, e si inchina educatamente davanti al pubblico. Jun oggi non è potuta essere presente. Sta sbrigando l’ultima mole di lavoro prima di partire per un viaggio di affari. È stata la sua socia Michelle a prendere da sola le redini della situazione e devo ammettere che ha fatto un ottimo lavoro.
La conferenza è stata interessante e ben organizzata.
Si alza un applauso generale dentro alla sala convegni. L’incontro è finito. 
Tutti si alzano dalle proprie poltroncine. Alcuni iniziano a confrontare le idee tra di loro riguardo agli argomenti appena sentiti, altri si avvicinano a congratularsi con gli organizzatori. Scorgo Alisa sul piano rialzato che esplora il pubblico con lo sguardo, poi mi intravede e mi fa un cenno con la mano.
Sollevo una mano per ricambiare il saluto.
Lei mi sorride e si avventura tra il pubblico per cercare di raggiungermi.
“Lars-san, grazie per essere venuto!” esclama quando arriva davanti a me. 
Poi cambia espressione e mi guarda con preoccupazione. 
“Credo di aver fatto almeno tre errori grammaticali durante il mio discorso, ci hai fatto caso?” abbassa lo sguardo e arrossisce “Ho cercato di parlare nel modo più naturale possibile, ma credo che la tensione nervosa abbia giocato un brutto scherzo! È stata la prima volta che parlavo davanti ad un pubblico di così tante persone e credo che...” 
È così carina! mi ritrovo a pensare mentre parla nervosamente fra sé e sé.
“Alisa.” la interrompo sorridendo teneramente “Sei andata benissimo, non ti devi preoccupare!” 
Lei mi guarda sorpresa, ancora con le guance colorate di rosso.
“Jun sapeva di potersi fidare di te e puoi stare certa di non aver deluso le sue aspettative!” aggiungo.
Mi sembra leggermente rincuorata e annuisce con un piccolo sorriso di gratitudine.
Mi sta ancora raccontando della scarica di adrenalina provata davanti a tante persone durante il suo discorso, quando viene interrotta da qualcuno che la chiama da dietro.
Alisa si volta ed entrambi cerchiamo di capire chi la sta chiamando.
“Alisa!” esclama ancora Michelle Chang, che si avvicina facendosi strada tra la folla “Complimenti tesoro, sei stata fantast…” 
Quando Michelle nota la mia presenza si gela e smette di colpo di parlare. 
Mi fissa in silenzio con una strana espressione, quasi spaventata, e io inizio ad avvertire una strana sensazione di freddo. 
Il freddo si trasforma presto in un senso di vergogna inspiegabile. 
È come se improvvisamente fossi nudo, lì davanti a tutta quella gente. 
Non so spiegare bene che razza di capacità abbia questa donna, ma è come se riuscisse a leggermi dentro all’anima, a vedere tutti i miei segreti e…
È come se… 
Deglutisco.
… lei sapesse! 
Alisa nota il nostro scomodo contatto visivo e sembra confusa.
“Ehm, voi due vi siete già conosciuti, giusto?” prova a chiedere timidamente.
“Sì.” risponde Michelle guardandomi quasi come se intendesse sfidarmi “Mi ricordo di lui.”
“È un piacere incontrarla di nuovo.” dico io con un sorriso di circostanza “Mi congratulo per la conferenza.”
“Grazie!” risponde lei plastica.
Annuisco ancora con un’espressione forzata.
Non so perché, ma questa donna mi mette i brividi.
Perché diavolo dovrebbe sapere della mia missione? Sono ancora io che mi sto facendo troppi giri mentali? O forse è più di chi dice di essere?
Devo forse chiedere all’organizzazione di tenerla d’occhio?
Michelle distoglie lo sguardo da me e guarda ancora Alisa con un piccolo sorriso.
“Volevo solo dirti che sei stata davvero in gamba!” spiega “Ora… vado a… parlare con…”
Indica qualcuno di indefinito dietro di lei.
Ha tutta l’aria di essere una scusa.
“Mi stanno aspettando!” dice per tagliare corto “Ci vediamo presto, Alisa.”
Poi guarda me.
“Grazie per essere venuto.” dice con un minuscolo cenno di ringraziamento con il capo “Buona giornata.”
Ricambio il saluto e la seguo con lo sguardo. Serissimo.
“Ma che… che le è preso all’improvviso?” si chiede Alisa a voce alta osservandola anche lei.
“Alisa!” esclama qualcun’altro da qualche parte a fianco a noi.
Arriva Julia, la figlia di Michelle, tutta sorridente.
“Alisa, finalmente ti ho trovato! È un po’ che ti cerco!” esclama fermandosi davanti a lei “Sei stata bravissima! Ma ce lo aspettavamo tutti.” 
Poi Julia nota me.
“Ah! Tu sei… ehm…”
“Lars.” le ricordo.
“Lars!” esclama battendo un pugno sul palmo “Giusto!”
Sorride per un secondo, poi diventa seria.
“Ehm… Jin continua a non voler uscire di casa, vero?” chiede “Perché stiamo facendo insieme un lavoro per scuola, ma non riesco a contattarlo da una settimana e mi chiedevo se…”
“Mi dispiace.” scuote la testa Alisa “Neanche noi lo vediamo mai. Non credo che sia cambiato niente.”
“Già.” confermo.
Non è il caso di aggiungere che proprio qualche ora fa l’ho visto spaparanzato sul pavimento e che non sembra ancora interessato a tornare alle sue vecchie abitudini e responsabilità.
“Quello stupido idiota…” borbotta Julia a bassa voce, poi guarda Alisa facendo gli occhioni “Alisa, tu avresti la capacità di sistemare tutto, sai?”
Alisa sbatte le palpebre e si indica con un dito.
“Io?” chiede confusa “Sistemare cosa?”
Julia le mostra un sorriso a trentadue denti.
“Potresti entrare nella nostra squadra per il torneo di matematica e aiutarci a vincere?!” chiede in tono gentile. 
“Come?” chiede Alisa confusa.
“Ormai manca pochissimo e ho capito che non posso più fare affidamento su quell’idiota di Jin! Stasera proverò a chiamarlo di nuovo, ma so già che sarà tutto inutile.” spiega Julia imbronciata “Ho bisogno di una persona seria e affidabile e tu… tu… beh, tu sei bravissima Alisa!”
Congiunge le mani davanti a lei.
“Ti prego, ti prego! Sono disperata! Sei la mia ultima salvezza!” chiede ancora con degli occhioni giganti mentre improvvisa una strana corsetta sul posto “Sento che posso imparare così tanto da te!”
“Io…” mormora Alisa un po’ in imbarazzo “Non so… cosa dire…”
“Mi aiuterai?” domanda ancora una volta Julia.
Alisa mi guarda in difficoltà.
“Va… bene?” risponde titubante.
“Ti ringrazio!” Julia le getta le braccia al collo in un abbraccio, sembra che sia sul punto di commuoversi “Sei fantastica Alisa! Stasera ti spiego tutto per messaggi!”
Dice questo e si allontana saltellando come se improvvisamente fosse al settimo cielo.
“Dici che ho sbagliato ad accettare?” mi chiede Alisa a mezza voce continuando a guardare Julia con incertezza. 
“Non saprei.” rispondo con un’alzata di spalle “Non ti va di aiutarla?”
“Non… non mi piacciono le gare.” ammette lei “Sono in grado di incattivire le persone e fargli perdere la ragione e… mi sembra che Julia-san si stia lasciando coinvolgere un po’ troppo seriamente.” 
Fa una pausa e mi guarda pensierosa.
“Ho come l’impressione di essermi messa in un pasticcio.”


“Quella Michelle, la socia di Jun, che lavoro fa nella vita?” chiedo ad Alisa schiarendomi la voce mentre parcheggio l’auto di Jun nel garage di casa.
Non ho smesso di pensarci un attimo da quando abbiamo lasciato la sala riunioni dell’albergo.
Ho notato che mi guardava di nuovo mentre uscivo dalla sala conferenze con Alisa. Aveva ancora quello stranissimo sguardo penetrante.
“Oh, Michelle-san? Insegna all’università.” risponde Alisa mentre spengo la macchina “Antropologia.”
“Antropologia?” ripeto incerto.
“Sì, sono quasi certa che sia Antropologia Culturale!” annuisce Alisa “È specializzata nello studio della cultura delle popolazioni native americane.”
Scendiamo dall’auto e la seguo verso l’ingresso secondario della casa.
“Nativi americani, eh?” rifletto pensieroso.
Annuisce.
“Conosce un sacco di leggende interessanti.” continua Alisa, poi aggrotta la fronte “Alcune sono davvero da brividi.”
Entriamo in casa, ci togliamo i cappotti e li appendiamo accanto all’ingresso.
“Per qualche ragione tu non sembri piacerle eh?” chiede poi Alisa guardandomi.
Sospiro.
“L’hai notato anche tu, eh?” chiedo con una risatina, cercando di sembrare più naturale possibile.
Alisa annuisce, con un’espressione quasi dispiaciuta.
“Sì, sai forse perché?”
“Non ne ho idea.” rispondo in tutta sincerità. 
Forzo un sorriso.
“Sarà un’antipatia a pelle!” commento cercando di far cadere l’argomento.
In quel momento sentiamo un colpo provenire dal piano di sopra.
Ci guardiamo confusi e Alisa mi segue mentre mi dirigo su per le scale a vedere che succede.
Un altro colpo, poi un altro e un altro ancora. È proprio il rumore che farebbe un martello che viene battuto su… una porta ad esempio.
Arriviamo al piano di sopra e troviamo Jin intento ad inchiodare una tavola di legno contro la sua porta sfondata, scardinata e appoggiata sul pavimento.
Alisa si copre la bocca con le mani.
“Jin-san, cosa è successo? Cosa hai fatto?!” chiede senza rifletterci troppo.
È questione di una frazione di secondo, ma sono in grado di scorgere una scintilla nello sguardo di Jin al suono della parola hai, si volta di scatto a guardare Alisa e per poco non si colpisce un dito col martello.
Stringo i denti accorgendomi del mancato pericolo e subito se ne rende conto anche lui, il che non fa altro che accrescere la sua rabbia ulteriormente.
Sospiro e mi preparo all’eruzione vulcanica di cattiverie.
“Cosa ho fatto?!” ripete lui fulminandola con lo sguardo.
Lascia cadere il martello sul pavimento e si solleva sulle ginocchia.
“Certamente! C’è un qualcosa di rotto in casa e deve essere per forza colpa mia vero?!” chiede acido “Non sono stato io a distruggere questa cazzo di porta Alisa!”
Alisa lo guarda interdetta, con le mani davanti alla bocca, probabilmente maledicendosi per aver parlato.
Sospiro.
“Jin…”
“Stanne fuori tu!” mi zittisce all’istante “Io sono quello che combina i casini e che rompe le cose vero?!” riprende ad inveire contro Alisa “Beh, che tu ci creda o no, è stato Kazuya! E comunque grazie a te stavo per colpirmi un dito! Ti sembra una buona idea disturbare uno che lavora con un martello?!”
“Jin-san, mi dispiace. Non volevo offenderti, né tanto meno rischiare di farti fare male.” si giustifica lei mortificata.
“Alisa, non scusarti! Non hai fatto niente di male!” intervengo io.
“Che cazzo vuoi tu?!” a questo punto Jin si rivolge a me.
“Stai reagendo come un pazzo!” gli faccio notare.
Alisa guarda prima lui poi me, poi mormora un “Mi dispiace!” e va a dileguarsi in camera sua.
“Brava scappa pure, tanto ci pensa Lars come sempre a fare il tuo avvocato!”
“Ma che problema hai?!” lo rimprovero non riuscendo più a trattenere la rabbia “Ti rendi conto che non puoi dare di matto e prendertela con la gente in questo modo?”
Abbassa lo sguardo e sembra riflettere sulla scena appena avvenuta.
“Sono… nervoso, ecco!” dice dopo in tono leggermente più calmo “E volevo mettere in chiaro che non sono sempre io che distruggo le cose.”
Inspira a fondo.
“Kazuya mi ha sfondato la porta stamattina per riprendersi dei dannati auricolari, capisci?!”
Sospiro.
È chiaro da quale parte della famiglia deve aver preso la poca pazienza, suppongo.
Ma tutto sommato ora sembra un attimino essersi calmato, o per lo meno sembra aver ripreso a ragionare come una persona normale. 
Jin recupera il martello, ma prima di riprendere il lavoro si siede di nuovo sul pavimento e mi guarda.
“È vero, sarò pure uno stronzo.” dice dopo un po’ “Però dovresti lasciare che Alisa si difenda da sola qualche volta, non credi?”
Inclino la testa e alzo un sopracciglio.
“L’hai aggredita senza motivo solo perché ha formulato la domanda in un modo che non ti è piaciuto!” gli faccio notare.
Lui serra le labbra e abbassa lo sguardo.
Sembra rifletterci per qualche secondo, poi torna a guardarmi.
“Beh, potrei anche scusarmi se non fosse scappata via a gambe levate.” alza le spalle “Se non ci fosse sempre Lars a risolverle tutti i problemi.” 
Sogghigna.
“Siete inseparabili voi due, ti sei forse preso una cotta per lei?”
Non rispondo. So bene che è una provocazione, ma la sua domanda mi lascia impreparato.
Jin mi guarda confuso, come se fosse stupito dalla mia reazione.
“Oh merda, sul serio?” chiede poco dopo “Io l’ho detto scherzando!”
Non so davvero che cosa rispondere mi odio per la figura da imbecille che sto facendo. Ma non so sul serio che cosa dovrei rispondere.
Jin sembra inizialmente molto confuso, poi piuttosto divertito.
“Questa non me l’aspettavo.” dice con una risatina malvagia abbassando il tono di voce “Insomma, è decisamente la persona più strana che abbia mai conosciuto, ma non discuto i gusti degli altri. Piuttosto, tu non sei un po’ grande per lei? Quanti anni hai? Trenta, almeno. Trentatre?”
Chiudo gli occhi e respiro lentamente, cercando di mantenere la calma e resistere all’impulso di prenderlo a schiaffi.
“Va bene, va bene, vedrà lei.” continua poco dopo “È grande abbastanza per decidere da sola.”
Riapro gli occhi ed è ancora lì con la sua faccia da schiaffi.
“Comunque, ora capisco meglio tante cose.” riprende ancora “Ma sarà pure ora che la ragazza inizi ad avere a che fare da sola col mondo, no? Non ci sarai sempre tu al suo fianco a farle da cavaliere, no?”
Scuoto la testa, sbalordito da tanta arroganza. È un caso senza speranza.
“Sai, mi preoccupa pensare a quanta gente debba avuto aver a che fare con questo tuo odioso atteggiamento!” ammetto “Io sono un adulto e me ne lavo le mani delle cattiverie che mi sputi addosso, ma probabilmente sei del tutto ignaro del peso che le tue parole potrebbero avere su qualcun altro, su delle persone più giovani magari, più insicure.”
Faccio una pausa.
E inaspettatamente, dopo le mie parole, noto che qualcosa inizia a traballare, in quella facciata di cattiveria. Intravedo una sorta di vago senso di colpa.
Devo aver in qualche modo colpito nel segno.
Alzo un sopracciglio.
Inspira e abbassa lo sguardo, tornando a concentrarsi sul suo lavoro. Riprende a martellare l’asse di legno contro la porta.
“Che diavolo vuoi ancora?” chiede non vedendomi andare via.
“Sto aspettando una tua risposta.” rispondo con un sorriso sghembo.
È la prima volta che sembro averlo messo in difficoltà con qualcosa che ho detto. Allora forse c’è ancora speranza anche per lui. 
“Che diavolo ti aspetti, Lars?!” mi chiede “Hai visto che razza di merda mi tocca a sopportare tutti i giorni?! E pretendi anche che vada in giro a regalare sorrisi?” 
Sospira, poi torna a guardarmi.
“Non è niente di personale.” cerca di spiegarsi “Non è mia intenzione demoralizzare la gente. Quando parlo mi limito soltanto a dire quello che penso. Non sono io a chiedervi di essere considerato, quindi se non vi piace quello che dico potete anche benissimo andarvene a cagare e smettere di rompermi i coglioni.”
Alla fine del discorso è di nuovo arrabbiato come prima. Quel tenue lume di senso di colpa di poco fa sembra di nuovo essere scomparso.
Riprende a martellare con forza, come se quasi gli servisse da sfogo per la rabbia.
“Come vuoi.” mi arrendo facendo un cenno con la mano “Ci rinuncio.”
Faccio qualche passo verso la mia stanza, poi mi fermo e mi volto.
“E comunque non ho trent’anni.” puntualizzo “Non sono così più grande di te.”
Non che mi importi troppo della sua opinione, ma sono certo di non sembrare così più vecchio di quello che sono!
Lui mi guarda con un sorriso crudele.
“Come vuoi, ma sei grande lo stesso per lei.” 


Guardo il soffitto, sdraiato sul letto. Gli appunti della missione sono sparsi sul materasso, ma ho bisogno di qualche minuto per riflettere in tranquillità, tanto la porta è chiusa a chiave.
Mi porto una mano davanti agli occhi e li chiudo.
Ti sei preso una cotta per lei? 
Che diavolo mi succede? Non sono più capace di rispondere alle provocazioni di un diciannovenne narcisista in piena crisi giovanile?
Sono un idiota. Perché non ho risposto?
Ora Jin non mi darà pace per questa storia. So che mi tormenterà in tutti i modi possibili e immaginabili.
Perché diavolo non ho saputo trovare una risposta a quella dannata domanda?! 
Già, perché?
Sospiro. 
La verità è che non sono riuscito a negare. 
È davvero questo che mi sta succedendo? 
Mi sono davvero preso una cotta durante una missione? 
Stringo le labbra.
Sono nel peggiore guaio in cui mi sia mai infilato da quando ho cominciato questo lavoro e probabilmente anche da quando ho cominciato a vivere. 
Torno a guardare il soffitto, incrociando le mani sopra il torace. 
È vero, è innegabile che provi un certo tipo di affetto nei confronti di Alisa. Ma è normale, credo. È una ragazza adorabile, in gamba, che ha avuto una vita particolare e non facile e che sta affrontando diverse difficoltà. Ed è… così gentile e carina con gli altri. È impossibile non provare tenerezza per lei, sempre che non sia un Jin senza cuore, ma tutto questo non vuol dire che provi… dell’altro. 
Non vuol dire che Jin debba avere per forza averci visto giusto.
Una cotta, termine odioso tra l’altro, in missione sarebbe qualcosa di terribilmente non professionale. Veramente imperdonabile.
Mi sollevo e mi metto a sedere. 
Anche se fosse, anche se dovessi giungere alla conclusione di avere un certo tipo di interesse di quel tipo nei confronti di Alisa, non cambierebbe comunque niente. 
Al completamento della mia missione, momento tra l’altro abbastanza imminente, mi inventerò un problema di famiglia a casa in Svezia e me ne andrò, uscendo dalle vite dei membri di questa famiglia, e Alisa, per sempre. Sarà meglio per me, meglio per tutti e… meglio per lei.
Anche se forse ci soffrirà per questo.
Lei vede un amico in me, qualcuno di cui potersi fidare.
Mi piego in avanti, nascondendo gli occhi fra le mani.
Ho fatto un disastro. Sono stato un idiota. Non avrei mai dovuto stringere dei legami personali con queste persone. 
Qualcuno bussa alla porta.
“Lars?” mi chiama Jun da fuori.
Sobbalzo e recupero tutti i fogli del fascicolo della missione.
“Sì?” chiedo cercando di sembrare naturale.
“Ho bisogno di parlarti, potresti scendere giù?”
“Arrivo tra un attimo, mi sto cambiando!” rispondo infilando il fascicolo sotto il materasso.
“Ti aspetto di sotto.”


Quando arrivo al piano di sotto, Kazuya è appena rientrato da lavoro e Jun lo sta affrontando.
“Ah, eccoti qui!” gli dice lei con una mano su un fianco “Che diavolo è successo alla porta di Jin?”
Kazuya si toglie il cappotto con nonchalance.
“È ancora bucata?” chiede poco interessato.
“C’è una tavola di legno inchiodata.”
“Ho semplicemente per una volta fatto quello che volevi, Jun.” risponde lui “Ho adempito al mio compito di educatore nei suoi confronti!”
“Che cosa?!” chiede lei incrociando le braccia sul petto.
Non voglio assistere all’ennesima conversazione intrisa di follia di casa Mishima. Non oggi, per favore. Cerco di farmi notare da Jun.
“Torno tra un po’?” le chiedo facendo il cenno di tornare su per le scale.
“No no, aspetta, ci vorrà giusto un attimo!” dice lei facendomi cenno di prendere posto sul divano.
Sospiro. Kazuya mi guarda in cagnesco, ma non commenta.
Scommetto che neanche a lui fa piacere che io rimanga ad ascoltare questo genere di conversazioni familiari.
Arrendendomi mi lascio cadere su uno dei divani a sperare che le cose non degenerino come al solito.
Se iniziano a combattere un’altra volta me ne vado, questo è poco ma sicuro.
“Allora, vuoi spiegarmi cosa è successo?” ripete Jun.
“Perché non lo chiedi a lui?” risponde Kazuya con un ghigno.
Jun sospira.
“Sono stanca, non ci ho ancora parlato, ma Alisa mi ha raccontato che lui ha attribuito la colpa a te di qualsiasi cosa sia successa.” spiega “Gli hai sfondato la porta?”
“Potrei averlo fatto.” risponde l’altro con naturalezza.
Jun alza le braccia.
“E in quale modo questo sarebbe educativo scusa?!” 
Kazuya alza gli occhi al soffitto.
“Il ragazzo aveva un sacco di rabbia repressa e probabilmente ne ha tuttora. Non porta il culo fuori di casa da un bel po’, neanche per andare ad allenarsi, che era una delle poche cose, forse l’unica, che gli permetteva di liberare un po’ del suo tormento da ragazzino cagacazzo che è.” espone brevemente Kazuya. 
“Non… parlare di lui in questi termini, ne abbiamo già discusso!” lo ammonisce Jun infastidita.
Kazuya sospira, poi procede col racconto.
“Stamattina, cogliendo l’occasione per dargli anche una lezione sul fatto che usare le mie cose senza permesso non sia una buona idea, gli ho dato modo di sfogarsi un po’ facendo qualcosa di costruttivo.”
“Che… che cosa?!” Jun chiede con voce strozzata “Anzi no!”
Mette le mani avanti per bloccarlo.
“Ho già sentito abbastanza per ora.” cambia idea “Dobbiamo pensare alle valigie adesso, avremo tempo di approfondire la questione in aereo.”
Kazuya sogghigna e si dirige verso le scale.
Jun fa un respiro profondo, si riavvia i capelli con una mano, poi si volta da me.
“Lars…” si sforza di sorridermi.
Finalmente può occuparsi di me.
“Seguimi in cucina.”
La seguo e chiude la porta dietro di noi. 
“Spero… che le cose andranno meglio questi prossimi giorni.” esordisce mentre va ad aprire l’anta di uno dei pensili sopra la lavastoviglie “Non so davvero come ringraziarti per l’aiuto che mi dai con i ragazzi.”
Fatico per mettere su un sorriso.
Lei nota il mio sguardo in quel momento e si sofferma a guardarmi.
“Ti senti bene?” chiede apprensiva “Non hai una bella cera!”
“Va tutto bene, è solo un periodo un po’ stressante.” mento.
“Oh.” mi guarda con compassione “Mi dispiace. Sicuramente stare in questo manicomio di casa non aiuta.”
“Ma no…” mormoro con un altro sorriso plastico.
Jun tira fuori un barattolo.
“Questo è il cibo per i cani.” spiega “Ce n’è a sufficienza per tutto il periodo in cui staremo via, ma ora devo farti vedere una cosa.”
Poi prende anche una boccetta trasparente nascosta sul fondo del mobile e l’appoggia sul piano.
“Ti svelo un piccolo segreto.” dice “Kazuya questo non lo sa e non dovrà mai saperlo.”
La guardo con sospetto.
“Quei… cani, te ne sarai accorto, non sono dei cani normali, sono delle vere e proprie belve arrivate dall’inferno!”
“Beh, ho notato che hanno una certa indole aggressiva, ma…” provo a dire.
“No, Lars!” mi risponde seria Jun “Cerca di capirmi. Quelli non sono esattamente dei cani. Capisci… cosa intendo?”
La guardo confuso senza rispondere.
Si avvicina chinandosi appena verso di me.
“Tu sai della mia guerra alla Mishima Zaibatsu riguardo certi esperimenti sugli animali che ha condotto diversi anni fa, giusto?” chiede con un sussurro.
“Oh…” è l’unico verso che sono in grado di emettere, mentre inizio a capire cosa sta cercando di dirmi.
Mi volto verso la finestra.
“Quindi anche quelli sono…” inizio a dire.
Jun annuisce.
“Heihachi e le sue pratiche mostruose di ingegneria genetica!” commenta con disprezzo “È riuscito a salvarsi da tutte le accuse, ma puoi starne certo, prima o poi pagherà per quello che ha fatto!”
Stringe la mano a pugno.
“Ehm… e come mai mi stai parlando di questo adesso?” chiedo confuso.
“Oh sì!” torna a prestarmi attenzione “Vedi, noi non ne parliamo mai, perché teoricamente, diciamocelo, bestie del genere non dovrebbero neanche vivere in una città, a contatto con degli esseri umani, ma…” rotea gli occhi all’indietro “...Kazuya per qualche ragione se n’è affezionato e quindi…”
“Oh…” commento di nuovo.
“Ho il sospetto che lui non sia del tutto dispiaciuto riguardo a questa specifica pratica criminale di suo padre.” borbotta fra sé e sé.
Jun prende tre ciotole e inizia a riempirle di cibo per cani.
“Comunque… i ragazzi non sanno niente di questa storia, anche se penso che Jin sospetti qualcosa.” riprende “E ho preferito dirlo a te! Sai, il loro corpo produce un mix di ormoni che li trasforma in delle vere e proprie macchine da guerra, ma…”
Picchietta un dito sulla boccetta.
“Questo è un tranquillante naturale di mia composizione.” spiega con un bisbiglio “È del tutto innocuo, ma è davvero efficace. Un paio di gocce dentro alla ciotola e la loro aggressività scende a livelli quanto meno accettabili, come quelli di un cane aggressivo normale.”
Apre la boccetta e fa cadere qualche goccia in ognuna.
“Così.”
Jun si alza a apre la porta della cucina.
Esce fuori con due ciotole e io la seguo con la terza.
“Eccoli qui.” dice quando i cani si avvicinano con espressione famelica.
“Non te li avevo ancora presentati giusto?” chiede con un mezzo sorriso “Sono Ogre, Devil e Azazel.” 
Sospira.
“I nomi sono tutto un programma.” dice con rassegnazione “Perfetti per dei veri e propri esperimenti di progettazione di macchine da guerra biologiche.”
Posiamo le ciotole e arretriamo di qualche passo, mentre le belve si avvicinano soffiando minacciosi al cibo. Iniziano a mangiare.
“Ma sanno essere anche dolci e carini quando sono calmi!” esclama Jun stentando un sorriso.
Sospiro.
Ci mancavano solo i cani mutanti! Ora credo davvero di aver sentito di tutto.
“Torniamo dentro!” dice Jun.
La seguo dentro casa e mi consegna la boccetta.
“Quindi ricordati, due goccine la sera e…” guarda la boccetta strabuzzando gli occhi “Oh merda!”
“Che succede?!” chiedo.
Non è da lei usare termini del genere.
“Questa è la formula concentrata!” esclama portandosi una mano sulla fronte “Ho dimenticato di diluirlo!”
Corre alla finestra e preme le mani contro il vetro.
“È preoccupante?!” chiedo allarmato.
“No no!” risponde lei “Come ti ho detto è una composizione naturale, del tutto innocua, è solo che… beh potrebbero avere un comportamento insolito oggi.”
“Quindi non è un problema grave, no?” realizzo “Dopo una dormita torneranno quelli di sempre, no?”
“Presumo di sì.” ridacchia nervosamente “Devo solo fare in modo che Kazuya non li noti.” 
Guardo fuori dalla finestra preoccupato.
“Comunque Lars, c’è un’altra cosa di cui devo parlarti!” riprende Jun poco dopo tornando seria “Questa volta riguardo la tua visita alla Mishima Zaibatsu.” 
Mi volto di nuovo a guardarla.
“Questa settimana dovrei riuscire a procurarti un pass da visitatore.” sorride “Sarà interessante per te. Quei laboratori avranno pure creato delle mostruosità, ma è indubbiamente un posto all’avanguardia. Saprai sicuramente fare tesoro di questa esperienza!”
Deglutisco.
Ci siamo dunque.
“Perfetto.” annuisco serio.
Lei sorride di nuovo.
“Beh, vado a prendere le valigie.” dice. 
Poi il sorriso si guasta un po’. 
“E… a salutare Jin. Spero sia di umore migliore oggi.”
La seguo fuori dalla cucina.
“Ah Lars, a proposito!” dice poi voltandosi “So che ti ho chiesto un sacco di favori ma… sai com’è, Jin avrebbe l’esami di guida tra poco e mi chiedevo se, se nei prossimi giorni starà meglio, potresti dargli una mano…?”
Neanche morto!
Mi dispiace, ma questo proprio non posso farlo. Mi rifiuto!
“Ehm…” mi schiarisco la voce “Ho davvero un sacco da fare ultimamente. Non so se sarà fattibile.”
“Oh! Certamente!” risponde subito comprensiva, anche se con un velo di delusione “Come non detto, allora!” 
Poi sospira, un po’ preoccupata.
“Vedrò che cosa potrò fare al mio ritorno!” mormora abbassando lo sguardo.
Detto questo, si gira e sale su per le scale, proprio mentre Alisa scende trascinando dietro di lei Asuka per un polso.
“Dai! Non è il caso, davvero!” borbotta Asuka con un broncio.
“Lars-san, eccoti qui!” la ignora Alisa “Ti cercavamo!”
Alzo un sopracciglio.
“Che succede?”
“Asuka-san è un po’ giù di morale questi giorni perché ha litigato con le sue vecchie amiche.” spiega Alisa “E ho avuto un’idea per tirarla su di morale.”
Asuka sospira, poco convinta.
“Sarebbe?” chiedo confuso.
“Asuka-san non ha mai pattinato sul ghiaccio!” spiega Alisa “E ho pensato che potremmo andarci noi tre insieme! L’aiuterà di certo a ritrovare il sorriso!”
Poi si rabbuia un attimo.
“Lo… chiederei anche a Jin-san, ma…”
“Ah! Figurati se quello vorrebbe venire!” commenta Asuka con un broncio “Ma se ci tieni tanto a farti insultare, vai pure ad invitarlo.”
Alisa scuote violentemente la testa.
“Ehm, ragazze…” intervengo io “Mi piacerebbe molto accompagnarvi, ma… sono piuttosto stanco oggi e…”
Non è davvero il caso di passare altro tempo con loro. Ho già fatto abbastanza casini affezionandomici fino a questo punto.
Alisa mi guarda delusa, forse un po’ ferita.
Deglutisco.
Mi sento subito uno stronzo guastafeste.
“Oh…” mormora triste “... ca… capisco.”
Anche Asuka sembra vagamente delusa. Forse in fondo aveva davvero voglia di uscire e distrarsi. 
In effetti da un po’ di tempo è stranamente giù di morale.
Sospiro.
“D’accordo, ma non facciamo tardi.” cedo infine.
Che altro male può fare, tanto?
Ormai il danno è fatto.
“Fantastico Lars-san!” esclama Alisa radiosa.
Jun e Kazuya scendono al piano di sotto con i loro bagagli. Discutendo.
“Cioè tu mi staresti dicendo che per tutto questo tempo hai volutamente e ripetutamente rincoglionito i miei cani?!” sbotta Kazuya nervoso, trascinando la valigia dietro di sé.
“Non te li ho rincoglioniti!” ribatte Jun al suo seguito “E non te ne saresti mai accorto se non avessero iniziato a fare tutto quel dannato casino, giocando a rincorrersi l’uno con l’altro.”
“Scodinzolando come dei cazzo di barboncini!” aggiunge Kazuya contrariato “Ma che cazzo Jun?! Li hai denaturati!”
“Ho sbagliato le dosi, volevo soltanto calmarli un pochino per evitare che sbranino qualcuno mentre non ci siamo! Perché farla così lunga?” riprende lei “Stanno una meraviglia e probabilmente si stanno divertendo come non mai!”
Si dirigono verso la porta e la aprono.
Jun poi si volta da noi.
“Noi andiamo ragazzi!” ci saluta “Vi faccio sapere quando atterra l’aereo!”
Poi sospira e segue Kazuya fuori di casa.
Le voci continuano ad arrivare da oltre la porta.
“Ma di che accidenti parlavano?!” chiede Asuka a voce alta.


“Quindi in pratica ti sei allenata tutto questo tempo pattinando assieme ai pinguini del polo sud?” mormora Asuka facendo fatica restare in piedi in equilibrio sul ghiaccio “Perdonami Alisa, ma devi ammettere che tutto ciò che ti riguarda è strano forte!”
Alisa sorride. Trascinando Asuka sulla pista di ghiaccio, mentre lei si muove aggraziata pattinando all’indietro.
“Non esattamente, avevamo una piccola pista dentro alla base.” spiega “Ma d’estate se le temperature si alzano abbastanza, si può provare ad andare a pattinare con i pinguini, presumo.”
Mi tiro su la sciarpa davanti alla bocca e pattino in silenzio accanto a loro.
Era da quando ero ragazzino che non andavo in una pista di pattinaggio sul ghiaccio. Questa non è male, all’aperto, nel cuore della città, nel bel mezzo di tutti quegli edifici enormi che non dormono mai.
“Se vuoi, quando tornerò a trovare mio padre, potresti venire con me!” 
Asuka ridacchia nervosamente.
“Grazie, ma credo che declinerò l’invito.” risponde “E in tutta onestà non credo di essere nata per questo sport!”
Detto questo lascia la presa di Alisa e si spinge contro il bordo della pista, facendo uno strano balletto con le mani per non sbilanciarsi all’indietro.
Si aggrappa al sostegno e si volta da noi.
“Ho bisogno di fare una pausa.” dice esausta “Continuate pure senza di me!”
Alisa mi guarda e sorride.
“Andiamo?” 
Inizia a muoversi con naturalità slittando a zig zag davanti a me. Pattina con una grazia e una facilità incredibile. È chiaro che deve aver dedicato molto tempo a questa attività in passato, ma dopotutto non deve aver avuto poi così tanti passatempi lì in Antartide. La seguo, ma non riesco a stare al suo passo, mentre si insinua agilmente in tra i gruppi degli altri pattinatori.
Ad un certo punto si ferma, si volta e mi aspetta, guardandomi con un sorriso.
“Guarda Lars-san!” mi indica qualcosa in alto dietro di me.
Mi volto, su uno dei grattacieli dietro la pista è in corso uno spettacolo luminoso.
Alisa si ferma a fianco a me.
“È bellissimo!” commenta sognante.
E lo è, infatti, così come la pace di questo momento, che non vorrei finisse mai. 
Per un attimo fermo i pensieri e mi perdo a guardare quel grattacielo luminoso. Una cosa così semplice, eppure bella da togliere il fiato.
Mi sento parte di questa immensa, organica città, parte del mondo. Sono qui ad assistere ad uno spettacolo di luci con Alisa e all’improvviso ho la percezione di quanto la vita possa essere bella. Se solo le cose fossero diverse. Se solo non dovessi tenermi questa maschera addosso in ogni momento.
Il mondo è bello, la vita potrebbe essere perfetta.
Guardo Alisa, le luci colorate si riflettono sui suoi occhi. 
Si volta da me, accorgendosi del mio sguardo. Vorrei dirle qualcosa, vorrei dirle che mi dispiace, come sia ingiusto che ci siamo incontrati in queste circostanze. Vorrei dire che mi dispiace e ancora che mi dispiace.
Sorride appena.
“Lars-san.” mi dice piano “Perché sembri così triste?”
E in quel momento vorrei morire.
Alisa mi prende per mano e inizia a muoversi verso il centro della pista, guidandomi verso quelle luci ed è veramente troppo.
Sto per esplodere. Al diavolo la missione, al diavolo tutto.
Ci fermiamo ancora e mi posiziono davanti a lei. Alisa mi guarda con la sua solita aria timida, ma un po’ curiosa.
Le prendo entrambe le mani.
“Alisa, io sono…”
“Asuka-san!” sobbalza Alisa guardando oltre la mia spalla.
Si libera della mia stretta e si porta una mano davanti alla bocca.
“Ha bisogno d’aiuto!” esclama, superandomi e iniziando a pattinare da qualche parte verso di lei.
Il mio cuore sembra in procinto di scoppiare.
Respiro a fondo cercando di calmarmi.
Stai perdendo la ragione Lars.
Che diavolo stavo per fare? Stavo per mandare all’aria la missione? 
Deglutisco.
Non so ancora se Jin abbia ragione, ma devo essere completamente impazzito.
Inspiro a fondo e mi impongo di calmarmi e di riacquistare un po’ di senno.
Poi mi volto e seguo Alisa muovendomi velocemente tra la folla. Raggiungiamo Asuka che è a terra in mezzo alla pista. Come vedo meglio la sua faccia, che sembra che stia per piangere da un momento all’altro, inizio a preoccuparmi sul serio.
Non è da lei.
“Asuka, che succede?”
Come mi avvicino e mi inchino per porgerle un braccio, lei si aggrappa alla mia presa, si tira su e stringe in un abbraccio inaspettato.
Ha il fiato corto e sembra davvero disperata.
Ricambio l’abbraccio, confuso e imbarazzato, mentre Alisa osserva la scena con incredulità e preoccupazione.
Diverse persone intorno a noi si fermano ad osservarci, incuriositi da questa insolita scena.
“Asuka-san…” mormora Alisa preoccupata “... che succede? Cosa c’è che non va?!”
“Ho… ho… creduto di aver visto qualcuno.” risponde Asuka lasciandomi andare arrossendo un po’.
“Hai creduto di aver visto qualcuno?” ripeto alzando un sopracciglio e guardandomi intorno “Chi?”
“Ne… nessuno.” risponde lei scuotendo la testa “Ma vi prego, torniamo a casa.”
“Asuka!” insisto tenendola con le mani sulle sue spalle “Cosa sta succedendo?”
Non è la prima volta che ho la sensazione che stia nascondendo qualcosa di grave, che la preoccupa notevolmente. Sto cominciando ad avere paura che si sia messa in qualche tipo di guaio.
Asuka deglutisce.
“Tempo fa ho… calpestato i piedi a qualcuno… che non avrei dovuto.” spiega evasiva “Ho dovuto lasciare la mia città a causa sua e… mi è sembrato di vederlo tra la folla, ma mi sbagliavo.”
Abbassa lo sguardo ed è chiaro che non abbia voglia di parlarne ulteriormente.
“Mi sono solo spaventata, ma è tutto a posto.” mormora “Torniamo a casa, per favore.”
Sospiro.
Che razza di giornata!

 

 







NOTE: Alisa mi ha sempre ricordato una pattinatrice artistica (sia per outfit che per alcune mosse nel gioco) e prima o poi ci tenevo a inserire una scena del genere.
Per il resto, Lars che ha paura di aver aperto la macchina sbagliata è più o meno la storia della mia vita. Ho alle spalle una non-invidiabile collezione di figure di merda a riguardo di cui non vado troppo fiera, ma cerco almeno di ironizzarci su!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Bloodred Ridin Hood