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Autore: FrozenOpera    19/01/2018    2 recensioni
La base Starkiller è stata distrutta, ma il Primo Ordine è più forte che mai, e la Ribellione arranca.
L'improvviso mistero che circonda la perdita di uno dei loro capitani più valenti costringerà il generale Organa, e una giovane comandante ribelle, ad interrogarsi sugli abissi della natura umana.
~~~
Non dovevano nutrire nulla per quelli contro cui combattevano. Empatia, pietà, rimorsi… li avrebbero solo distratti dagli obiettivi. Nel caso peggiore, quelle emozioni dannose li avrebbero messi in pericolo. Meglio sopprimerle. In ogni caso, i nemici erano solo terroristi. Feccia assassina che minacciava la pace. Dovevano morire tutti. Civili compresi. Bambini compresi.
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Principessa Leia Organa
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Ostaggio

 

Il fischio improvviso di una sirena sorprese Nadira talmente tanto che lasciò cadere il datapad che reggeva. Da terra lo schermo sfarfallò offeso, per poi virare dal blu ad un'accesa tonalità di giallo ocra che feriva gli occhi.

La ragazza lo sollevò imbarazzata, poi si girò verso la fonte del rumore.

Dietro di lei, un muletto a levitazione la sovrastava, le forche anteriori cariche di materiale. L'operatore si sporse dall'abitacolo, il volto scuro dalla tensione.

“Vuoi guardare dove vai? Se non hai niente da fare levati di mezzo!”

“Certo certo, mi spiace...” Nadira biascicò, allontanandosi velocemente del mezzo e sentendosi una stupida. L'uomo aveva ragione, si era presa una pausa, ma non era il caso di rimanere a gironzolare proprio in una baia di carico, fervente di attività.

Il Primo Ordine conosceva la loro posizione, e il generale Organa sapeva che presto sarebbero venuti a fargli pagare la distruzione della Starkiller. Per questo aveva richiamato la Raddus e le navi appoggio, e aveva ordinato l'evacuazione della base.

Navette spia stavano tracciando la rotta degli Star Destroyer del nemico; avevano circa una settimana prima che fossero su di loro. Dovevano sbrigarsi.

Gli occhi di Nadira scesero al datapad: i cristalli dello schermo dovevano essersi danneggiati, ed erano talmente carenti di materiale che avrebbe dovuto tenerselo così com'era.

“Il prezzo della tua stupidità!” si lamentò con se stessa, arrotolando il lettore e infilandolo nella tasca del giaccone.

Era distratta, se ne rendeva conto. Tre giorni erano passati da quando era rientrata con i sopravvissuti della Dalmazia, e il generale Organa non le aveva fatto sapere nulla. La vedeva in giro di tanto in tanto, impegnata insieme a Connix a coordinare l'evacuazione, ma non osava chiederle nulla. Il generale sembrava così impegnata...

Un mormorio sfuggì alle labbra di Nadia, mentre le sue dita trovavano una ciocca di capelli e, come sempre quando era nervosa, prendeva a torcersela.

Dopo qualche istante si decise. Affrettando il passo imboccò il corridoio che portava all'unico posto dove poteva trovare qualche risposta: l'infermeria. Una vocina nella testa le diceva che non era molto corretto quello che stava facendo, ma volutamente la silenziò. Dopotutto nessuno le aveva detto di dimenticare tutto e di non occuparsene più.

 

L'infermeria era un blocco separato dagli altri, anche se sotterraneo come il resto della base.
Svoltando nel passaggio che portava alla sua destinazione, Nadira non fu sorpresa di trovare una guardia davanti all'unica porta scorrevole a più battenti.
Sorrise all'uomo che si scostò per farla passare.

Dentro, la struttura era semi-vuota. Eccetto il materiale indispensabile al primo soccorso, tutto il resto era già stato trasportato sulla nave ospedale in orbita sopra di loro; il paziente più grave recuperato dalla Dalmazia si era invece già ripreso, ed era accomodato in un alloggio esterno.

Nadira si guardò attorno, muovendosi attraverso i locali deserti.

La sua amica Clare era uno dei pochi medici rimasti. Si era offerta di rimanere a terra fino all'ultimo: in parte per assistere chi si fosse eventualmente ferito durante l'evacuazione, e in parte per curare l'assaltatore del Primo Ordine loro prigioniero. L'aveva trovato lei, e un certo attaccamento professionale al suo lavoro le imponeva di seguire il suo caso.
Nadira si era messa a ridere quando Clare gliel'aveva confessato, un po' imbarazzata, ma adesso la cosa le tornava utile.  

A voce non troppo alta chiamò Clare, senza avere risposta. Aggrottò le sopracciglia. Era strano, la sua amica le aveva detto che sarebbe stata di turno alla sua postazione tutto il pomeriggio.
Aveva quasi deciso di andarsene, quando sentì un rumore dietro una delle porte semichiuse davanti alle quali era appena passata. Un rumore strano, come un respiro soffocato.

La mano le corse immediatamente alla pistola blaster che portava sempre con sé. La estrasse sganciando la sicura e settandola sul minimo della potenza, poi se la portò davanti al viso, reggendo il calcio con entrambe le mani per supporto.

Lentamente, e più silenziosamente che poté, si mise davanti alla porta da dove il rumore era filtrato.
Prese un bel respiro, cercando di mantenersi più calma possibile, poi aprì la porta con un calcio. Irruppe nella stanza spianando l'arma con un movimento fluido, l'indice della mano destra già sul grilletto. Si bloccò appena in tempo.

“Maledizione” sibilò.

 

L'assaltatore era in piedi in mezzo al locale e la guardava, come se la stesse aspettando. Calmo e controllato, teneva stretta a sé la sua amica, il braccio sinistro attorno alle spalle di Clare, e l'altro a lato del viso della donna.

Nadira si era cristallizzata sul posto. Un movimento sbagliato, e il tizio avrebbe spezzato il collo alla sua amica. Clare era bassa e formosa, arrivava appena al torace dell'uomo, e probabilmente non aveva nemmeno la metà dei muscoli dell'assaltatore. Era un medico, non un soldato. I suoi occhi scuri erano dilatati dalla shock.
Non sarebbe mai riuscita a liberarsi da sola.  

Nel silenzio assoluto della stanza, Nadira sentiva il suo cuore battere all'impazzata. Pur avendo un'infarinatura di combattimento corpo a corpo, il suo addestramento era quello di un pilota. Non si era mai trovata in una situazione come quella, e non sapeva che fare. Escluse subito di richiamare la guardia, sarebbe stato probabilmente peggio.

Lasciandosi guidare dall'istinto fissò lo Stormtrooper, cercando di anticiparne le mosse.

Guardarlo negli occhi era come scrutare nelle ottiche di un droide; raramente aveva visto uno sguardo così freddo e determinato in una persona così giovane.

Lentamente, l'assaltatore prese a muoversi verso il muro, trascinandosi dietro la sua amica.

Come in tranche, Nadira notò che il ragazzo in faccia non aveva più alcun segno di violenza, mentre le braccia – che spuntavano nude da una maglia a maniche corte – recavano ancora qua e là solo qualche cerotto.

La vista le fece salire il sangue alla testa. Pensare che l'aveva anche compatito per quello che gli avevano fatto...
“Che bastardo” sibilò. “Ti abbiamo salvato e curato, e ci ripaghi così? Devi la vita a quella donna e alla sottoscritta. Ti abbiamo trovato noi tra i rottami della Dalmazia, avremmo dovuto...”

“Rottami?”

Meravigliata, Nadira sbatté le palpebre. Non si era aspettata che l'assaltatore parlasse. Aveva una voce roca e bassa, come se non la usasse da giorni.
“Già. È esplosa” replicò cattiva. “A parte tre persone sono morti tutti. Lavoro vostro? Avevate piazzato una bomba a bordo e il capitano Arda cercava di scoprire da te dove fosse?”

La reazione fu sorprendente. Lo vide stingere gli occhi, le labbra deformate in un ghigno di rabbia.

“No!” il ragazzo urlò.

Gettò Clare da parte come se fosse stata una bambola di stracci. La donna urtò un armadio e crollò sul pavimento, inconscia.

Nadira non ebbe tempo di correre da lei come avrebbe voluto perché l'assaltatore, che oramai aveva le spalle al muro, si lasciò scivolare a terra in ginocchio.

Aveva qualcosa nella mano sinistra che Nadira non aveva notato prima. Con una torsione del polso il ragazzo se lo puntò alla tempia. Solo allora lei riconobbe lo strumento per quello che era: un bisturi laser.
Una morsa le chiuse lo stomaco.

“Che stai facendo?”

Lui non le rispose. Si limitò a fissarla, con occhi che ora sembravano fuori fuoco. Come se stessero guardando qualcosa che era in quella stanza ma che lei non poteva vedere.
A Nadira formicolavano le mani dalla tensione. L'assaltatore teneva il pollice sul pulsante di attivazione del bisturi; se anche lei fosse riuscita a premere il grilletto, non l'avrebbe mai stordito in tempo.

“Perché?” gli ripeté.

La ragazza non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Un momento prima avrebbe voluto sparargli in testa, ora per niente al mondo gli avrebbe permesso di premere quel pulsante. La sensazione era straniante.

“Togli il dito da quell'affare...” lo esortò, cercando di tenere la voce ferma, confidente.

Non doveva morire. Non davanti a lei, almeno. Non se lo sarebbe mai perdonata.

“L'hai sentita KR-6790. È un ordine. Getta immediatamente quel bisturi.”

Quella voce...

Il cuore le mancò un battito. Sorpresa ancora una volta dal rapido mutare degli eventi, Nadira abbassò la pisola, mettendosi da parte ed occhieggiando la porta dietro di lei.

Il generale Leia Organa in persona apparve nel suo riquadro.

 

Un sorriso triste graziava il suo volto, e a Nadira sembrò spossata. La donna guardava l'assaltatore con uno sguardo di compassata pietà, e le nocche della mano che cingevano lo stipite della porta erano sbiancate dalla tensione.

“Mettilo giù, avanti.”

Quando Leia usava quel tono pochi riuscivano a resistere, ma il ragazzo inginocchiato a terra davanti a lei non si mosse.
Leia sospirò. “Pensi di risolvere così? Un attimo di dolore e poi la pace eterna? Non posso permettertelo. Tu hai ucciso quarantasette persone. Quarantasette insostituibili membri della Resistenza. Ho bisogno di avere spiegazioni.”

“Erano solo feccia ribelle...” mormorò lui, ma senza molta convinzione.

Nonostante l'insulto, Nadira vide il sorriso di Leia allargarsi.

“E allora perché ti senti così colpevole?” La donna lasciò la porta, e fece qualche passo verso il ragazzo. “Ho visto i video. Tutti. Io e te dobbiamo parlare. Poi, se vuoi, potrai anche ucciderti.”

La mano destra di KR-6790, lasciata abbandonata lungo la coscia, si chiuse in un pugno che tradiva tutto il nervosismo del soldato. I minuti passarono, fatalmente lenti. Quando oramai Nadira aveva perso le speranze, l'assaltatore abbassò il bisturi e lo lasciò cadere a terra. Rotolò fino ai piedi della ragazza, che si abbassò ad afferrarlo.

Quando rialzò lo sguardo, vide una delle scene più strane alle quali le fosse mai capitato di assistere.

Lacrime cadevano dagli occhi di KR-6790, ma non sembrava se ne fosse accorto. Il ragazzo si portò una mano al viso e poi la esaminò, come se fosse sorpreso di trovarla bagnata. Come se nemmeno capisse cosa gli stesse succedendo.

Leia, davanti a lui, lo guardava affranta. “Hai un nome?”

Lui scosse la testa, tenendo gli occhi bassi.

“Ti ricordi quello che ti hanno dato i tuoi genitori?”

Non ebbe risposta.

“Quando spiravano i venti da nord, il cielo sopra la capitale di Alderaan aveva il tuo stesso colore di occhi. Sai, la mia amica Winter lo amava molto, e anche io” il generale Organa gli disse. Nonostante fosse passato così tanto tempo dalla distruzione del suo pianeta, c'era nostalgia nella voce di Leia, Nadira la percepiva benissimo. “Ti chiamerò Sky, va bene?”

Stavolta KR-6790 annuì, alzando finalmente lo sguardo sulla donna.

 

Ancora una volta, Nadira si chiese cosa potesse essere successo a bordo della Dalmazia per ridurre un soldato del Primo Ordine in quello stato.

E come mai, nonostante il generale Organa avesse affermato che era stato lui a causare quel disastro, lo stesse trattando con la cautela e la dolcezza dovute ad una vittima. 

  
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