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Autore: Redferne    20/01/2018    8 recensioni
Un astuto briccone alle prese con la più ardua delle sfide:
Riuscire a mettere piede all'interno del luogo più improbabile, per uno come lui.
Ma si tratta di un passo che sarà obbligato a fare, se davvero vorrà dare una svolta definitiva alla sua vita.
Fortunatamente, qualcuno giungerà in suo aiuto...
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benjamin Clawhauser, Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Furry
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FELLOWS

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ PROSSIMA FERMATA STAZIONE DI HERD STREET! RIPETO...PROSSIMA FERMATA STAZIONE DI HERD STREET!! I PASSEGGERI INTENZIONATI A SCENDERE SONO PREGATI DI AVVICINARSI PER TEMPO ALLE USCITE AUTOMATICHE. UNA VOLTA APERTE, SI PREGA DI PROCEDERE VERSO L’ESTERNO CON CALMA E RISPETTANDO LA FILA. RIPETO...”

 

Decise di seguire il consiglio della voce pre – registrata, dal timbro femminile e suadente. Era così gentile...chissà a quale specie doveva appartenere, colei che la società dei trasporti aveva incaricato di leggere ed interpretare quelle istruzioni. Magari si trattava di un’antilope, o giù di li. Ricordava vagamente quello di un noto idolo musicale…

Si alzò dal sedile da dove si trovava stravaccato sin dal primo istante in cui aveva messo piede nel vagone e raggiunse la porta più vicina, dove intanto si era già radunato un discreto numero di mammiferi di varia stazza e misura, disposti ordinatamente a semicerchio. La maggior parte di loro si era posizionata in quei paraggi almeno da un paio di fermate prima, giocando d’anticipo. Forse temevano possibili resse.

Altamente improbabile, in quel momento. Non era ora di punta. Anche se non mancava poi molto.

Guardò il posto su cui aveva tenuto le chiappe ben poggiate fino a qualche momento prima.

Era il terzo di una fila di quattro a partire dal suo punto di osservazione, e cioé da sinistra. Era pressoché identico ad ogni altra fila presente all’interno di quel vagone, nonché dell’intero convoglio. E a volerla dire tutta di ogni treno, urbano o extra – urbano, di superficie e non, che si ritrovasse a scorrazzare e ad a sferragliare allegramente lungo i binari della gigantesca città.

Venivano costruiti, assemblati e posizionati tutti quanti allo stesso modo, rispettando una gerarchica e rigorosa sequenza, a cui non era possibile sgarrare. Fila di posti a sedere, porta di dimensioni normali destinata ai mammiferi di dimensioni piccole, medie, grandi e mastodontiche; poi altra fila di posti a sedere, seguita questa volta da quattro porticine l’una al fianco dell’altra, destinate ai mammiferi di dimensioni microscopiche; poi altra fila ancora di posti a sedere e così via, ripetendo il tutto per la lunghezza complessiva del convoglio.

Solamente i treni che venivano da molto, molto lontano come gli espressi o quelli superveloci costituivano un’eccezione, presentando lievi differenze dal punto di vista strutturale. Non più di tanto, comunque.

Lasciò perdere i pensieri relativi alla composizione dei vagoni e tornò a concentrarsi sul sedile appena lasciato, constatando che non aveva fatto in tempo a liberarlo che già era stato nuovamente occupato. Una prassi abbastanza consueta, anche al di fuori dell’ora di punta. Si resta già abbastanza in piedi per gran parte della giornata da non poter resistere, quando si presenta la ghiotta occasione di rinfrancare le tibie e i malleoli dolenti, seppure per poco.

Il nuovo beneficiario o meglio, la NUOVA BENEFICIARIA del momentaneo ma irrinunciabile sollievo era, guarda caso, UNA CONIGLIETTA. Una mamma coniglia piuttosto giovane, dal manto marroncino, che teneva in grembo il suo cucciolo. O più probabilmente uno dei tanti visto che, da parte di un’esponente della loro specie, una figliata composta da un singolo nascituro era da considerarsi un evento più unico che raro. Nel loro caso si andava dai tre ai quattordici batuffoli di pelo per nidiata, con particolare tendenza verso il più numeroso tra i due parametri indicativi. SEMPRE PER ECCESSO, MAI PER DIFETTO: ecco il vero, orgoglioso motto di una coppia di conigli fertili.

Preferivano dimostrarlo coi fatti piuttosto che con le parole, a quanto pare.

La giovane mamma teneva il piccolo poggiato sulle proprie cosce cingendo con le mani i suoi minuscoli fianchi, e facendolo leggermente sussultare con un leggero ma costante movimento delle ginocchia in modo da tenerlo buono, mentre quest’ultimo si baloccava con un piccolo pupazzino di gomma a forma di carota. Lo stava stringendo con foga, facendogli emettere dei sonori squittii ad ogni ogni strizzata, ed intervallava l’operazione con ritmiche e vigorose poppate al ciuccio che portava nella sua boccuccia. A giudicare dal colore del pelo, identico a quello della madre, e del vestitino ciclamino doveva trattarsi anch’essa di una femminuccia.

Per loro, a differenza dei maschietti, non esisteva questa gran varietà nell’abbigliamento. O grigio oppure rosa in tutte le sue tonalità, che spaziavano dal pallido confetto allo sberluccicante fucsia.

Tsk. Grigio e rosa. Gli facevano il lavaggio del cervello sin da piccole, poverette.

Sorrise. Due conigliette femmine. E in una volta sola! Solo una pura e semplice coincidenza?

Poi l’occhio gli finì sul pulsante di prenotazione fermata posto a lato della porta scorrevole. Davvero incredibile. Ma esistevano ancora? Non ci aveva assolutamente fatto caso. Un dispositivo come quello poteva risultare utile nei primi anni in cui era stato istituito il servizio di trasporto cittadino, quando non era ancora di uso così comune. Sia biglietti che abbonamenti costavano cari, quindi non erano in tanti ad utilizzarli e soprattutto a poterseli permettere. Di conseguenza non si faceva obbligatoriamente scalo a tutte le stazioni, che non erano nemmeno poi così numerose. Se volevi scendere, facevi meglio a segnalarlo per tempo. In caso contrario, c’erano concrete possibilità che il treno tirasse dritto per la sua strada. Ma ormai i convogli inghiottivano e risputavano migliaia di passeggeri ad ogni fermata. Non ne saltavano più nemmeno una. Era alquanto improbabile che accadesse, ormai. Tuttavia…

Si sporse allungando il braccio e premette il bottone con il dito indice ben teso, pur avendo ben coscienza che si trattava di un gesto totalmente inutile. Talmente inutile che, dopotutto, non ci aveva pensato ancora nessuno…

Si udì il caratteristico PING!!, e una scritta rossa su sfondo bianco indicante FERMATA PRENOTATA comparve sui pannelli a LED che sporgevano dal soffitto mediante tubi di metallo e disposti trasversalmente alle file di sedili, sostituendosi alla incessante pubblicità inframezzata dai notiziari, trailer sui prossimi film in uscita e previsioni del tempo.

Si voltarono tutti all’unisono. Sia quelli in piedi che quelli seduti. Poi, non appena capirono di cosa si era trattato, rimisero le teste alla loro posizione iniziale, tornando ognuno a farsi i fatti propri. Qualcuno azzardò una reazione supplementare scuotendo il capo con fare sconcertato, in segno di disappunto.

Sorrise di nuovo. Se non altro aveva attirato la loro attenzione, in qualche modo. Portato una ventata d’inconsueto nelle loro vite grige e appiattite dalla routine. Spesso l’imprevisto non lo si trova nel nuovo, ma nel vecchio a cui non facciamo nemmeno più caso.

La pura verità, gente. Pura e sacrosanta.

 

“PROSSIMA FERMATA, HERD STREET! RIPETO: PROSSIMA FERMATA, HERD STREET!!”

 

Il treno si fermò pochi istanti dopo quell’ennesimo annuncio. Le porte vennero sospinte in avanti per circa mezzo metro dal sistema di apertura idraulico, emettendo un sonoro e prolungato sbuffo, e poi si scostarono bruscamente di lato scorrendo lungo le apposite guide metalliche.

 

“SI PREGANO I PASSEGGERI IN ATTESA SULLA BANCHINA DI TENERSI AD OPPORTUNA DISTANZA PER AGEVOLARE IL FLUSSO IN USCITA. RIPETO...”

 

La folla assiepata all’esterno si attenne all’indicazione e rimase indietro di almeno tre metri. In questo modo le carrozze poterono finalmente iniziare a svuotarsi del loro contenuto, che si riversò nella stazione in un batter di ciglia.

 

“RICORDIAMO AI PASSEGGERI IN TRANSITO DI SOSTARE NELLA ZONA DI ACCESSO AI VAGONI DI SOSTARE IL MENO POSSIBILE DI FRONTE AD ESSI, IN MODO DA POTER AGEVOLARE L’ACCESSO AL LORO INTERNO. RIPETO...”

 

Si accodò alla fiumana di gente, rimanendo nelle retrovie.

 

“SI PREGANO I GENTILI PASSEGGERI DI NON SPINGERE, E DI PROCEDERE LENTAMENTE E CON CAUTELA. RIPETO...”

 

Una volta fuori di lì raggiunse rapidamente le scale mobili, accelerando il passo e superando un bel po' di gente che procedeva più lenta. Evidentemente non dovevano aver fretta. Ma, nel suo caso, non c’era un solo istante da perdere. Non poteva aspettare. Ma, una volta sopra i gradini scorrevoli, si accorse suo malgrado che non c’era sufficiente spazio per poter sorpassare. Certo, la maggior parte degli occupanti si disponevano a destra, secondo l’osservanza delle regole di buona cortesia. E per garantire il passaggio a chiunque avesse una certa premura. Ma se ti capitava un pachiderma od un plantigrado, beh...per lui farsi da parte non era proprio possibile, vista la stazza.

Dovette quindi rimanersene in coda ed attendere pazientemente il proprio turno di giungere al termine della rampa, tra una sbuffata e l’altra di nervosismo ed insofferenza più che palesi.

La oltrepassò con un solo, agile balzo. Giunto in prossimità della sbarra di ferro che delimitava i confini della stazione, si mise nella scia di un corpulento ippopotamo ed uscì insieme a lui, standogli alle spalle, senza che quest’ultimo potesse accorgersi di nulla.

Era fatta. Un altro viaggio SENZA BIGLIETTO perfettamente riuscito. E nessun testimone sul luogo del delitto. E, come soleva dire sempre lui...SE NON SEI COLTO SUL FATTO HAI FATTO NIENTE, QUESTO E’ IL FATTO!!

Attraversò in un batter d’occhio la zona intermedia che fungeva da raccordo tra l’accesso alla stazione, e di conseguenza ai treni, con quello situato in superficie, tirando decisamente dritto e non degnando della minima attenzione le vetrine dei bar, dell’edicola e dei pochi, caratteristici esercizi che si trovavano in quel luogo tra cui un negozio di vecchi dischi in vinile, un robivecchi ed uno dedicato alla filatelia. Attività talmente vetuste e fuori moda che, per non cessare di esistere, erano state costrette a rifugiarsi nel sottosuolo, nascondendosi alla vista e cedendo il passo a commerci ben più rinomati e redditizi. Chi era in cerca di quello, ben sapeva dove andare a trovarle. I più, invece...si limitavano ad ignorarne la presenza. Nonché l’esistenza.

Affrontò un ennesimo giro di scale mobili e giunse infine all’esterno.

Guardò di fronte a sé. Se i suoi calcoli non erano errati…

Eccolo là. In lontananza ed in tutto il suo splendore. Uno splendore sinistro e carico di oscuri presagi e timori, per uno della sua risma. Aveva scelto quello scalo della INNER LOOP, che come il nome lasciava facilmente intuire tra le linee cittadine era quella dedicata alla circonvallazione interna, proprio perché HERD STREET ne costituiva la fermata più prossima.

A che cosa? MA AL PRIMO DISTRETTO DEL DIPARTIMENTO DI POLIZIA DI ZOOTROPOLIS , ovviamente.

Da quel punto si poteva raggiungere la centrale con estrema calma, buttando un’occhiata qua e là alla ricerca di possibili o potenziali minacce. Non si poteva mai sapere, visto che il luogo era un crocevia di sbirri misti a criminali e vittime. Se qualche ex – collega del settore, ufficiale oppure al peggio allocco ancora fresco fresco dell’ultimo raggiro lo avesse riconosciuto, avrebbe fatto sempre in tempo a cambiare strada. I vicoli e le viuzze secondarie non mancavano certo, lungo quella strada. Inoltre mentre procedeva un passo dopo l’altro, con circospezione, aveva il tempo di preparasi mentalmente all’idea.

Non riusciva ancora a capacitarsene, dopotutto.

Erano davvero incredibili i casi della vita. Oppure, quel che poteva un generico quanto radicato senso di colpa per le proprie azioni. Lo stesso che potrebbe spingere i malfamati avventori di un bar di infimo ordine a voltarsi e a zittirsi tutti quanti in simultanea non appena fa il suo ingresso un tutore della legge.

Aveva perso il conto di quante volte aveva immaginato di procedere verso quell’edificio con le zampe ammanettate dietro la schiena.

E, come ogni volta che accadeva, non mancò di visualizzare la scena dentro la propria testa. Mani legate, con un piedipiatti che lo sospingeva bruscamente verso la reception, per l’autografo di rito. E da lì verso la stanza degli interrogatori per la successiva deposizione. E, dulcis in fundo, nella cella di detenzione. Da prima quella provvisoria del dipartimento e poi quella definitiva del carcere, visto che nessuno di sua conoscenza avrebbe mai sprecato un soldo bucato per riscattargli la cauzione. Da dove lo avrebbero tirato fuori solo per comparire di fronte ad un giudice. E dove lo avrebbero ributtato dentro una volta dichiarata la colpevolezza da parte di quest’ultimo. A fare la muffa per un periodo che poteva variare a seconda che riuscisse a convincere la corte che era il primo reato che commetteva, e non la prima volta che lo beccavano. E cosa peggiore, visto che era un predatore, doversi sorbire ogni tappa di quel calvario con una bella muser…

Meglio non pensarci.

Era sempre stato pronto a scommettere che sarebbe stato quello il suo destino, prima o poi.

Ed invece...si era capovolto tutto quanto. L’unica cosa in comune con lo scenario precedente era che centrava sempre uno sbirro, in un certo qual senso.

Perso nelle sue elucubrazioni, era ormai giunto di fronte all’immensa struttura senza nemmeno essersene reso conto. Si arrestò a debita distanza. Le luci di inizio tramonto davano alle sue pareti una tonalità rosso fuoco paragonabile a certe conformazioni rocciose visibili solamente nei distretti desertici come SAHARA SQUARE o la zona limitrofa delle CANYONLANDS. Quella situata al confine con il CLIMATE WALL, il gigantesco muro climatico che garantiva il clima torrido da una parte ed il freddo polare dalla parte opposta.

Sembrava stesse bruciando. Persino la folta vegetazione dei giardini pensili che fungevano da tetto aveva assunto una colorazione rossiccia, tipicamente autunnale.

Volanti stazionavano, partivano ed arrivavano negli ampi spazi adibiti alla sosta e al parcheggio situati di fronte e ai lati. E presumibilmente, anche dietro. Agenti andavano e venivano dall’ingresso costituito da una doppia porta scorrevole.

Rimase fermo dov’era e riprese a far vagare l’occhio con atteggiamento finto distratto.

 

Mmh...non dovrebbe mancare molto alla fine del suo turno. Stando alle informazioni in mio possesso e a quelle che mi ha fornito il mio socio, dovrebbe aver già smontato da cinque minuti. E se a ciò aggiungiamo il tempo necessario a cambiarsi e a rivestirsi...inoltre, mi ha sempre dato l’idea di essere alquanto puntuale, per ciò che concerne le abitudini. E non mi pare il tipo da perdersi in chiacchiere. Almeno credo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passarono circa dieci minuti. Poi, all’improvviso…

 

“NICK!!”

 

La volpe fece appena in tempo a voltarsi in direzione della voce. Un fulmine dalle fattezze minuscole e dal pelo bianco e grigio, dotato inoltre di lunghe e morbide orecchie e di soffice codina a fiocco gli era balzato addosso, cingendolo alla vita e travolgendolo col proprio impeto.

 

“WWHHOOOOPPPSSS!!”

 

Gridarono entrambi, mentre finirono a terra.

Sempre la solita. Non cambiava mai. Sapeva essere un autentico terremoto, quando voleva. E cioé quasi sempre. Nel suo caso, ogni qualvolta le compariva davanti.

Nick si ritrovò supino, a braccia e gambe larghe, con Judy seduta a cavalcioni all’altezza del suo stomaco. Come previsto, la coniglietta indossava abiti civili: la sua consueta camicia ciclamino a quadrettoni ed un paio di blue jeans.

“Ehm...tutto bene?” Gli chiese.

“Accidenti, CAROTINA!!” Imprecò lui. “Ogni volta la solita storia! Quando imparerai ad avere un po' di autocontrollo, per la miseria?”

“Scusami...” disse lei, sfoggiando un sorriso imbarazzato. “...ma ti ho visto e non sono riuscita a trattenermi...”

“Stai...stai dicendo sul serio?”

“Davvero!”

“Beh...direi che é già una buona cosa. Di norma, chi mi salta addosso lo ha sempre fato per riempirmi di botte.”

“Dai, non fare lo scemo. Ero semplicemente felice di vederti, tutto qui. Mi sembra che sia passata un’eternità, dall’ultima volta!!”

“Ma se é stato l’altro ieri!!”

“Lo so, Nick. Lo so. Me lo ricordo benissimo. Ma sei al corrente di come siamo fatti noi conigli. Lo sai che siamo molto espansivi. E anche...”

“Ed emotivi.” La interruppe la volpe. “I REMEMBER, CARROTS. I REMEMBER. Me lo ricordo molto bene. L’ho imparato a mie spese, del resto.”

Judy si decise finalmente a rialzarsi. Poi tese la zampina anteriore destra all’amico.

“Forza” lo esortò. “Tirati su.”

Nick accettò di buon grado l’aiuto offertogli.

“Allora” gli chiese, una volta che lo ebbe rimesso in piedi. “qual buon vento ti porta da queste parti?”

“Beh...”

“”E’ stata una vera sorpresa, trovarti qui fuori! Avevo appena terminato e stavo per dirigermi a casa, quando ti ho visto da lontano e mi sono detta MA TU GUARDA UN PO’ SE QUELLO NON E’ IL BUON, VECCHIO NICK! E allora...TI SONO CORSA INCONTRO AD ABBRACCIARTI! Si é trattata di una cosa spontanea! E’...é stato più forte di me, te lo giuro! Ma dimmi...che ci fai qui, piuttosto?”

“Ecco...vedi, Carotina...io...”

“Se non sbaglio dovresti entrare in servizio DOMANI STESSO! Dì la verità, sei impaziente anche tu di cominciare, non é vero? Anch’io non vedevo l’ora, quando ho iniziato! Ero tutta un fremito!!”

“Carotina!” La zittì lui, esasperato. “Se la pianti una buona volta con questo fuoco di fila di domande a raffica, magari mi riesce anche di risponderti! Non dico a tutte, ma almeno a qualcuna di esse! Ma mi spieghi come faccio, se non ci dai un taglio con l’INTERROGATORIO?”

Judy si bloccò di colpo.

“Oh! Hai...hai perfettamente ragione.” ammise, tirandosi un colpetto in testa con le prime due nocche e mordendosi la lingua. “Parla pure. Sono tutta orecchi.”

“Ook. Bene. Come stavo dicend...UURGHH!!”

Non riuscì a terminare il discorso. Una tigre del bengala ed un lupo bianco, entrambi in divisa, lo agguantarono da dietro bloccandogli entrambe le braccia e portandogliele dietro la schiena, per poi gettarlo nuovamente al suolo.

“Fermo lì, VOLPE!!” Tuonò il primo. “Ti abbiamo visto, mentre ti azzuffavi con lei!!”

“Già” precisò il secondo. “Prendertela con una povera, piccola CONIGLIETTA INDIFESA! Ma non ti vergogni?!”

“Figurati!” Commentò il collega, con fare sprezzante. “Quelli COME LUI non sanno nemmeno dove stia di casa, la vergogna! Dico bene, GAGLIOFFO?!”

Nick non disse nulla. Li lasciò fare, limitandosi a guardarli con la coda dell’occhio. Il lupo in particolare, mentre stava estraendo un paio di manette dal retro del cinturone portaoggetti.

 

E va bene, si disse. Fattene una ragione, Nicholas Piberius Wilde. Evidentemente era scritto nelle stelle che ti avrebbero regalato due bei braccialetti ai polsi, non appena avresti messo piede da queste parti.

 

“Ma cosa...NO!! EHI, NO!! RAGAZZI, FERMI!! MI AVETE SENTITO?! SMETTETELA!!”

A quella vocina alterata i due poliziotti si fermarono all’ istante.

“Stai bene, agente Hopps? Tutto ok?” Le chiese la tigre.

“Poverina...deve essere ancora sotto shock, non c’é alcun dubbio!” Aggiunse il lupo. “Figurati che ho sentito...”

“N – no, ragazzi! Io sto benissimo! Ma vi assicuro che state prendendo un granchio colossale. Lui...”

Judy tentò di spiegare ma l’altro proseguì, imperterrito.

“...Che la SINDROME DI STOCCOLMA si può manifestare anche in forme più lievi, e persino in seguito a un’aggressione! Pensa che ci sono state delle vittime che hanno finito persino col difendere chi li ha maltrattati e malmenati!!”

“E’ vero!!” Sentenziò il suo partner. “Ne ho sentito parlare anch’io. Ma non devi preoccuparti più di nulla, Hopps. Penseremo noi a mettere questo bruto in condizioni di non nuocere!!”

“RAGAZZI, ORA BASTA!!” Sbraitò lei. “LASCIATELO ANDARE! E SUBITO, ANCHE!! STATE ARRESTANDO UN NOSTRO FUTURO COLLEGA!! MA VI RENDETE CONTO?!”

I due la fissarono, attoniti.

“Che...che cosa hai detto?” Domandò il grosso felino.

“Proprio così!!” Prosegui infuriata la coniglietta. “Si dà il caso che il qui presente sia UNA RECLUTA. E che inizierà a lavorare da noi DOMANI STESSO!!”

Il lupo bianco piegò la testa leggermente di lato. Probabilmente non credeva a ciò che aveva appena udito.

“Una...RECLUTA?!” Osservò, completamente allibito. “Ma chi, LUI?!”

“Si.” Chiarì Judy con tono lapidario. “PROPRIO LUI. E adesso tiratelo su, per favore.”

I due poliziotti obbedirono all’istante e lo afferrarono per braccia e spalle, sollevandolo e rimettendolo in posizione eretta con una manovra che ricordava parecchio quella di due addetti di magazzino alle prese con un manichino di legno. Uno di quelli di prova che si possono trovare nel retro di un negozio di sartoria.

“Ehm...chiedo scusa, allora...” disse la tigre, alquanto confusa. “Io, cioé...noi...credevamo che...insomma, vi abbiamo visti entrambi a terra e...e allora...si, insomma...pensavamo che ti avesse...”

“Tranquilli.” disse Judy con un sorriso, mentre i lineamenti del suo musetto si riaddolcivano. “Non importa. Stavate solo facendo ciò che ritenevate giusto. E poi...capita di sbagliarsi. Non é forse vero, Nick?”

E per meglio chiarire il concetto, accompagno quelle su ultime parole con un colpetto di gomito ben assestato tra le costole della volpe.

“Ouch!! E già...capita, alle volte.” confermò lui. “Proprio vero.”

“Beh...nessun rancore, allora.” commentò il lupo. “Mi auguro solamente che...”

“Non vi preoccupate, ragazzi.” asserì lei. “Non farò rapporto. Non c’é bisogno che il capitano ne venga a conoscenza.”

“Meno male.” aggiunse lui.

“In quanto a te...” concluse poi rivolgendo alla volpe un gesto di saluto, “...ci si vede, COLLEGA. E, mi raccomando...IN BOCCA AL SOTTOSCRITTO! Ah, ah, ah!! Proprio buona, questa! Ma come mi vengono, certe volte?!”

I due si allontanarono, con l’ideatore della battuta che ancora ridacchiava di gusto ed il suo partner che scuoteva la testa, con fare sconsolato.

“Proprio due gran simpaticoni, non c’é che dire.” disse Nick con espressione seccata, mentre si scuoteva la polvere di dosso. “Per non parlare della freddura. Da sbellicarsi, proprio. Spero solo che non siano tutti così lì da te, Carotina...”

“Su, non te la prendere.” fece Judy, posandogli una mano sull’avambraccio come a volerlo calmare. “Volevano solo proteggermi. Tutti commettono degli errori. E a tutti va concessa una seconda opportunità, non trovi?”

“Eh, si. Se non lo so io...e mi pare che anche tu ti sia fatta una discreta esperienza, a riguardo.”

“Ehm...”

La coniglietta deglutì.

“Toccato. Credo proprio che tu dica il vero...” ammise di nuovo lei, grattandosi dietro la testolina con una delle zampine. “...e comunque, non mi hai ancora voluto dire che ci sei venuto a fare qui al dipartimento, visto che inizi domani.”

“Ecco, per l’appunto. Come ti stavo...”

“Aah, non importa.” saltò su l’amica, interrompendolo per l’ennesima volta. “Dato che ormai sei qui, vieni con me.”

“D – dove?!”

“Ma é ovvio, no? Ti faccio fare un giro dentro la centrale, così ti faccio conoscere anche gli altri. Almeno ti convincerai che non c’é assolutamente nulla da temere.”

“M – ma io non credo sia il caso...”

“Perché no? Dopotutto, FANGMEYER e GRIZZOLI li hai già conosciuti, poco fa.”

“Chi? PIGIAMA A STRISCE e BIANCANEVE, intendi dire?”

“Bei soprannomi, FURBACCHIONE. E comunque erano proprio loro, hai indovinato. Non mi resta che presentarti il resto della cricca, a questo punto. Così ti leverai di dosso ogni dubbio, una volta per tutte!”

“Ma...”

“Poche storie. Andiamo, su!”

Detto questo, Judy lo afferrò per un polso e scattò in avanti trascinandolo di viva forza verso la stazione di polizia, nonostante le sue reticenze.

“No, no!! Aspetta, Carotina! Aspetta un momento! Ragioniamo!” La implorò.

Iniziò a tirare dalla parte opposta, cercando di divincolarsi.

Puntò ostinatamente i piedi, le tento tutte. Ma la presa della coniglietta era d’acciaio, e non ci fu nulla da fare.

I due si ritrovarono davanti all’ingresso in men che non si dica, ed entrarono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella hall, dietro al bancone semicircolare in legno, Nick vide un paffuto ghepardo intento ad ingozzarsi di ciambelle e di cereali inzuppati in una tazza stracolma di latte al cacao, nonostante l’ora della colazione e della merenda fossero passate da un bel pezzo. Ma c’era da giurare che il tipo osservasse il medesimo regime alimentare ad ogni pasto della giornata, pranzo e cena compresi.

Di fronte e di fianco a lui c’era che, a prima vista, sembrava un autentico sacrario dedicato alla regina indiscussa della musica commerciale di quel periodo. Ovviamente si trattava dell’angelo biondo con le corna: GAZELLE. La scrivania era disseminata di modellini, statuine, ed action – figures di vario aspetto, foggia e misura raffiguranti la celeberrima cantante. C’era persino una miniatura all’interno di una boccia in plexiglas con tanto di neve e paillettes che cadevano e risalivano in automatico, alimentati e sospinti da un motorino elettrico. Per non parlare del diorama che la immortalava sul palco in posa trionfale, in compagnia del suo fido quartetto di tigri palestrate e danzanti…

Anche sulla tazza contenente IL NUTRIMENTO DEI CAMPIONI c’era incisa una dichiarazione d’amore alla bella e nota pop – star, con cuoricione rosso annesso.

D’accordo che TRY EVERYTHING era la canzone preferita di Carotina così come di molti altri, ma quel tizio doveva essere decisamente fissato.

Spostò l’attenzione alla targhetta in laminato appuntata sulla parte destra del suo vasto torace, proprio sotto al distintivo, dove si trovavano incisi in successione il rispettivo nome di battesimo ed il cognome, preceduti dal grado.

 

OFF. BENJAMIN CLAWHAUSER

 

Come se si fosse sentito telepaticamente tirato in causa quest’ultimo alzò il testone.

“Gnam, gnam...OH! FALVE!!” Disse, con la bocca ancora piena dell’ultimo boccone e le ganasce a pieno regime. “Come POFFO aiutarv...OH!!”

Mandò giù il pastone al volo, aiutandosi con un paio di botte ben piantate ad altezza esofago.

“Ciao, Judy!!” Salutò entusiasta. “Come...come mai ancora da queste parti? Pensavo fossi già sulla via di casa! Ma non dovresti aver finito poco fa?”

“Uh...ciao, Ben.” rispose lei, con fare titubante. “In teoria avrei appena finito, ma...si da proprio il caso che io abbia incontrato un mio caro amico appena fuori di qui, e allora...l’ho invitato a fare un giro dentro al distretto.”

“Ehm...Judy” bisbigliò il ghepardo “io personalmente non avrei nulla in contrario, ma...sai bene che é contro le regole...se ti pesca il capitano rischi di passare dei guai...e rischio di passarli anch’io che vi ho lasciati entrare...lo sai anche tu che non sono ammessi visitatori, se non nei giorni dedicati alla festa della polizia...le regole sono ferree, e...”

“Ti preeegoo...”

La coniglietta giunse le manine appena sotto al mento e gli rivolse uno sguardo languido.

Nick sorrise. Come si faceva a dire di no a due occhioni così? Era sleale.

“Ehm...io ti vorrei tanto accontentare, ma...proprio non si può. E’...é contro il regolamento, e...”

Davvero incredibile. Il grassone non aveva fatto una piega. Evidentemente, la fifa che doveva provare nei confronti del suo superiore era in misura maggiore del fascino esercitato da Carotina.

“Lo so, Ben. Lo so.” proseguì lei. “Ma, vedi...coincidenza vuole che il mio amico sia una recluta, fresco fresco di accademia. E che da domani inizi a prestare servizio proprio QUI DA NOI.”

Benjamin mutò espressione.

“Dici...dici davvero?”

“Davvero. Domani sarà IL SUO PRIMO GIORNO .”

A quelle parole il ciccione si coprì la bocca con entrambe le mani per lo stupore.

“Oh...OH, PER T -TUTTE LE M – MACCHIE DI GHEPARDO!! A – ALLORA ERA T – TUTTO VERO!! HANNO ASSUNTO VERAMENTE UNA VOLPE!!” Esclamò, facendosi una sonora risata. “C – CHE FORZA!! NON RIESCO A CREDERCI!!”

“Per caso hai qualcosa contro le volpi anche tu, amico?” Domando Nick con tono risentito, ed ignorando l’occhiataccia che proveniva dal suo fianco sinistro.

L’altro lo guardò imbarazzato, smettendo immediatamente di ghignare.

“Ehm...ecco...io...”

“Beh...perché stupirsene, dopotutto?” intervenne Judy, tentando di fare da paciere. “Mi ricordo che ti era sembrato altrettanto PAZZESCO e INCREDIBILE persino il fatto che avessero assunto una TENERA CONIGLIETTA come la sottoscritta...”

“Uhm...già. Mi sa che hai ragione.” confermò Benjamin. “Scusatemi, sono...sono mortificato.”

“Non ti preoccupare. E’ tutto a posto.” proseguì lei. “Ma adesso ti voglio presentare...”

“Stà tranquilla, Carotina. Ora sono in grado di pensarci da solo.” disse la volpe, facendo un passo avanti e tendendo la mano. “Quindi, se permetti...mi chiamo Nick Wilde, lieto di conoscerti. E come ha ribadito la mia FUTURA COLLEGA...non ti devi preoccupare, per prima. Da parte mia, nessun rancore. Dopo un po', impari a riderci sopra.”

“Oh...molto piacere.” fece il ghepardo, ricambiando la stretta in maniera alquanto timida e impacciata. “Io sono...Benjamin Clawhauser. E...e da come avrai potuto facilmente intuire...sono il classico poliziotto goffo, obeso, patito di ciambelle...nonché adibito a collezionare brutte figure.”

Nick sorrise di nuovo. Ma questa volta dentro di sé. E fu un sorriso accompagnato da una sensazione di sincero sollievo.

Oltre che panzone ed imbranato, il tipo dimostrava pure di essere alquanto carente di fosforo. Il classico esempio in cui la quantità di lardo presente nella cavità addominale era direttamente proporzionato alla quantità di segatura presente nel cervello. Non era la prima vola che lo vedeva, così come non era la prima volta che si incontravano. Quante volte aveva ingannato quel frescone spacciandosi di volta in volta come giornalista, impiegato o assessore comunale, o investigatore privato con tanto di documentazioni false? Oppure come semplice amico o parente in apprensione, al fine di estorcere qualunque genere di preziosa informazione? Di solito lo beccava fuori dal distretto durante le pause o nei corridoi, vicino a distributori automatici. Bastava che ti mettevi a discorrere con lui di cibo o di musica, ed il gioco era bell’e che fatto. Diventava un fiume in piena. Ti raccontava vita, morte e miracoli di chiunque, agenti e non, che era una bellezza.

La commedia si svolgeva sempre quando il trippone era a zonzo per i fatti suoi o alla ricerca di viveri. Ma non aveva mai avuto occasione di raggirarlo alla reception. Troppo rischioso. C’era troppo viavai, qualcuno poteva accorgersene. E lo aveva riconosciuto solo quando aveva visto la sua prominente stazza affiorare da dietro il bancone. Ma l’altro non aveva riconosciuto lui, a quanto sembrava. Né pareva ricordarsi nulla di quelle lunghe chiacchierate tra loro. E meno male. Se non fosse stato così smemorato, la sua neonata carriera di sbirro modello, nonché di ritrovato cittadino passabilmente onesto sarebbe stata stroncata sul nascere. Sarebbe finita ancora prima di iniziare.

“Ora andiamo, su.” lo sollecitò Judy. “Ci sono altre cose che devi vedere. Voglio farti fare un giro completo!”

“Mi raccomando, ragazzi!” fece Benjamin. “Se vi dovessero chiedere chi vi ha fatto entrare...io non vi ho visti!!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non appena la singolare coppia si fu allontanata, Clawhauser iniziò a rimuginare tra sé.

“Che strano...” si disse, perplesso. “Ho come la sensazione di averlo già visto da qualche parte...ma non ricordo proprio dove, in questo momento...”

Dapprima fece spallucce.

“...Mah...”

Poi decise di mettere da parte i dubbi in favore del suo ritrovato quanto implacabile appetito da saccarosio, rigettandosi a capofitto nella ciotola con il cucchiaio ben stretto in pugno e pronto a colpire i cereali che galleggiavano, così disponibili ma soprattutto inermi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sicura che é una buona idea, Carotina?”

“Fidati. Lascia fare a me. E stammi dietro. E mi raccomando...non parlare finché non te lo dirò io, ok?”

“Agli ordini. Sei tu il capo.”

Judy bussò un paio di volte alla porta dell’ufficio privato.

Si udì un profondo sbuffo di enormi narici.

“AVANTI!!” Tuonò subito dopo un vocione proveniente dal suo interno.

La coniglietta ruotò la maniglia ed entrò.

“Ehm...buonasera, capitano. E’...permesso?” chiese.

“Bogo era seduto alla sua postazione, intento a controllare alcuni fascicoli.

“No, che non é permesso.” rispose, senza alzare nemmeno lo sguardo da ciò che stava facendo.

“Hopps, quante volte ti avrò detto che non sopporto di essere disturbato mentre sono al lavoro? Lo sai fin troppo bene.”

“Ehm...se lo so? Si, lo so, signore. Però...”

“Così come sai che NESSUNO deve venire nel mio ufficio, a meno che non sia io a chiamarlo. O ad autorizzarlo previo contatto da parte di Clawhauser mediante un’apposita chiamata interna.”

“Ma, signore...”

“Senza contare che non dovresti nemmeno trovarti qui. E neanche all’interno del distretto. Hai terminato il tuo turno da circa venti minuti, quindi avresti dovuto levare le tende già da un bel pezzo.”

“Ehm...so anche questo, signore. Ma...”

“NON MI INTERESSA se lo sai o meno. Spero solo che tu abbia un buon motivo per essere venuta fin qui dentro a farmi perdere tempo prezioso.”

“Ecco, signore...io...volevo solo presentarle una nuova recluta che entrerà a far parte del nostro organico da domani, e...”

“Conosco a menadito tutti i nomi e i cognomi delle reclute in entrata e degli agenti in uscita, Hopps.” tagliò corto Bogo. “E la faccenda NON MI INTERESSA.”

“Capisco, signore. Ma, vede...”

“Judy fece cenno a Nick di avvicinarsi e di mostrarsi.

“Si tratta del PRIMO AGENTE VOLPE nella storia del distretto, nonché del nostro beneamato corpo!” Aggiunse, indicandolo.

“Ehm...salve...” fece lui, con un gesto di saluto.

“Insomma, capitano...” spiegò la coniglietta, “...capirà anche lei che si tratta di un evento assolutamente unico, quindi...”

“Quindi UN BEL NIENTE, Hopps.” La zittì il bufalo. “Sono al corrente anche di questo. Non mi stai dicendo nulla di nuovo. E comunque...sappi che NEANCHE DI QUESTO MI IMPORTA UN GRAN CHE.”

“M – mi scusi, signore. Volevo...volevo solo fargli fare un giro per fargli prendere confidenza con il nuovo amb...”

“Questo é un DIPARTIMENTO DI POLIZIA, Hopps. Non é un museo, tanto meno una galleria d’arte. E nemmeno un centro ricreativo. DA DOMANI il tuo amico avrà tutto il tempo per prendere confidenza con il suo nuovo ambiente di lavoro. E farà meglio a prendere confidenza ALLA SVELTA, ANCHE. Se ci tiene a rimanerci. E a lungo.”

“Io...signorsì, signore.”

“E ora, fuori di qui.” intimò il comandante. “E fuori dalla MIA centrale. Tutti e due.”

“In quanto a te, volpe” aggiunse infine guardando Nick, “vedi di essere PERFETTAMENTE puntuale, domattina. E lo stesso vale per te, Hopps. Anche se mi risulta che tu non sia mai arrivata con un solo minuto di ritardo. ALMENO FINO AD OGGI. Quindi...cerca di non cominciare proprio ora.”

“Sissignore.” disse Judy, mettendosi sull’attenti, con la mano destra all’altezza della tempia. “Togliamo subito il disturbo, signore.”

“Sarà meglio.” fu l’ultimo, aspro commento da parte di Bogo.

“Ci scusi ancora, signore.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Accidenti...” commentò Nick, alquanto perplesso. “...Dì un po', Carotina: il vostro GRANDE CAPO BUFALO MUSCHIATO é sempre così cordiale e alla mano, con i nuovi arrivati? E non solo con quelli, a quanto posso vedere...”

“Dai, non te la prendere” lo consolò lei, “tutto sommato, a te non é andata poi così male. Non ti dico quante ne ha fatte alla sottoscritta, almeno all’inizio. Al tuo confronto...”

“Diciamo che un’idea me la sono fatta quella notte del distretto di RAINFOREST, quando ti ha ordinato di consegnargli il distintivo seduta stante...”

“QUELLO, dici? Beh...ti assicuro che era NIENTE, a paragone. In principio era peggio. MOLTO PEGGIO. Mi puoi credere sulla parola. Di quelle sfuriate...”

“Non mi riesce affatto difficile crederlo, Carotina. Solo...dovrebbe dare una rinfrescata al suo repertorio, ogni tanto. O magari potrebbe mettersi a scrivere UN LIBRO DI MASSIME, tu che ne dici?”

“Dico che non sarebbe affatto male, come idea” osservò la coniglietta mentre tratteneva a stento una risata, piazzandosi una mano sulla boccuccia. “Hai proprio ragione...”

“Te lo immagini?” proseguì lui. “Diventerebbe un BEST SELLER, te lo assicuro! IL CASO EDITORIALE DELL’ANNO! Ed il suo NON MI INTERESSA un autentico tormentone sulla bocca di tutti!!”

Nel pronunciare quelle fatidiche TRE PAROLE la volpe assunse un’espressione a metà tra il tronfio ed il corrucciato, quasi da troglodita, mentre si ingobbiva e si piegava in avanti. Si poggiò poi la mano destra sulla sommità del cranio, mentre con l’altra si grattava tra la fine del dorso e l’inizio della natica sinistra, mettendosi a scimmiottare in tutto e per tutto un mammifero risalente ai tempi delle caverne. Completò poi la perfetta imitazione con il tono di voce, che divenne in tutto e per tutto identico a quello del capitano.

 

“GRUNF!! NON MI INTERESSA, RECLUTA! E STA’ ATTENTO A TE, PIVELLO! PERCHE’ IO SONO FESSO MA SONO GRANDE E GROSSO, GRUNF!! IO ROMPO LE NOCI COI DENTI E SPACCO LE SCRIVANIE A CAPOCCIATE, CAPITO?! NON MI ROMPERE LE TASCHE, NOVELLINO!! IO BEVO ACETO E RISPUTO CEMENTO, CAPITO?! E QUESTO LO SANNO TUTTI, ANCHE SE A ME NON IMPORTA, GRUNF!! MI CHIAMO TESORUCCIO BOGO, PER GLI AMICI GRANDE CAPO BUFALO MUSCHIATO, GRUNF!! E SONO IL CAPO – OTTUSO DELLA PRIMA GIURISIDIZIONE, DEL GLORIOSO DISTRETTO DI DOWNTOWN!!”

 

Judy si tenne la pancia. Non ce la faceva più.

“Sssshhh!! Ti prego, ora basta! Se ci sente, siamo fritti!!”

Alcuni agenti che transitavano in zona si girarono, a quella curiosa rappresentazione. Per poi soffocare una risata a loro volta, non appena riconobbero a chi si rivolgeva la sgangherata parodia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano di nuovo in mezzo al piazzale, ed ormai stava iniziando ad imbrunire.

“Allora ci troviamo qui domattina.” raccomandò Judy. “E cerca di essere puntuale. Da come avrai potuto capire il nostro...il TUO comandante detesta i ritardi. Ma ancor di più i RITARDATARI. E, già che ci sei...cerca di evitare battute come quelle di prima, che non é proprio il caso.”

“Ricevuto.” fece Nick. “Beh...intanto grazie per il giro turistico. E’ stato...breve ma intenso, direi.”

“Di nulla. Mi é spiaciuto solo non averti potuto mostrare di più.”

“Non ti preoccupare. E’ stata comunque un’esperienza piuttosto costr...”
Qualcosa, o meglio QUALCUNO lo costrinse ad interrompersi ancora. QUALCUNA, a dirla tutta. Judy gli era balzata al collo e lo aveva abbracciato di nuovo.

“Wooh – woohhh!!” esclamò lui cercando di rimanere in piedi, questa volta. “Non di nuovo, per favore! Questa é la volta buona che mi arrestano sul serio!!”

Lei obbedì e mollò la presa.

“Uff...” sbuffò la volpe. “Ma si può sapere che ti é preso, stavolt...”

Rimase senza parole. La coniglietta aveva iniziato a saltellargli tutt’intorno, esultante. Sembrava gli stesse facendo addirittura le feste!

“YUUUH – HUUUHH!!” Gridò, entusiasta. “CE L’HAI FATTA, NICK!! HAI MANTENUTO LA PROMESSA CHE MI HAI FATTO!! HAI SUPERATO L’ESAME A PIENI VOTI!! PRIMO IN ASSOLUTO DEL TUO CORSO, ESATTAMENTE COME ME!! E COME ME SEI IL PRIMO DELLA TUA SPECIE AD ENTRARE NELLE FORZE DELL’ORDINE!! E’ SEMPLICEMENTE FANTASTICO!!”

“Oh...andiamo, Carotina...come se tu non lo sapessi già...” minimizzò. “Sbaglio o sei stata proprio tu a darmi il distintivo insieme al diploma, al termine della cerimonia di premiazione? Non dirmi che hai già rimosso tutto quanto...”

“Lo so, lo so. Certo che me lo ricordo. Ma in quel caso si trattava di un’occasione formale. C’era un’etichetta da rispettare e a cui attenersi. Ma non avevo ancora avuto la possibilità di congratularmi con te A MODO MIO. Ed era da quel giorno che MORIVO DALLA VOGLIA DI FARLO, CREDIMI.”

“Dici...dici davvero?”

“Si! Davvero!” Rivelò lei. “Non vedo l’ora che arrivi domani! E non vedo l’ora di poter lavorare INSIEME, E DI AVERTI AL MIO FIANCO!! AAAHH, SONO ECCITATISSIMA!! NON STO PIU’ NELLA PELLICCIA!! MI ASPETTO GRANDI COSE, DA TE!!”

“Capisco. Beh...grazie. Cercherò di non deluderti, ok?”

“Ci conto, Nick. CI CONTO DAVVERO. Beh...ora si é fatto davvero tardi. E sono stanca morta. Adesso come adesso desidero soltanto tornare a casa e buttarmi un paio d’ore sul letto, prima di cena. A domani, allora.”

Finiti i saluti fece per allontanarsi, diretta alla più vicina fermata di tram.

Ma proprio in quel mentre…

 

“JUDY! ASPETTA UN ATTIMO!!”

 

Si voltò di colpo, come interdetta.

L’aveva chiamata.

L’AVEVA CHIAMATA COL SUO VERO NOME.

“Un...un momento, Nick” disse. “Se c’é una cosa che ho imparato é che quando...quando MI CHIAMI PER NOME, LA FACCENDA E’ SERIA.”

Lui la stava fissando.

“I – in un c- certo senso, l – lo é...”

Era strano. Non sembrava più nemmeno lo stesso di qualche istante prima.

Era come se fosse cambiato di colpo. Faticava persino a trovare le parole.

“Che intendi dire?” Domandò lei, incuriosita.

“E – ecco...r – riguarda q – quello c – che mi stavi d – dicendo p – poco fa...” bofonchiò la volpe. “E’ d – da un p – po' c – che ci sto p – pensando…é...é un p – po' c – complicato d – da spiegare, ma c – cercherò d – di...”

Appariva sempre più confuso ed impacciato.

“Nick...” fece la coniglietta, preoccupata. “...Cosa c’é? Cosa vuoi dirmi?”

“I – io...”

“Andiamo, Nick! SPUTA IL ROSPO!! Lo sai che non ci devono essere segreti, tra di noi!!”

“O – ok. A – ascolta...c – che ne diresti di...insomma...CHE NE DIRESTI DI DIVENTARE LA MIA COMPAGNA?”

Silenzio. Si poteva sentire persino il vento fischiare, nel bel mezzo del breve tratto di distanza che li separava.

Judy gli si avvicinò.

Gli tese una mano.

Poi gliela poggiò sulla fronte, mentre compiva il medesimo gesto sulla sua con l’altra rimasta libera.

“Mmmhh...che strano.” sentenziò con tono perplesso. “Eppure...”

“Eppure cosa?” Domandò lui.

“No, dico...eppure NON HAI LA FEBBRE.”

“L – LA FEBBRE?!”

“Si. LA FEBBRE. MA SI PUO’ SAPERE CHE CAVOLO STAI BLATERANDO, NICK?! MA CERTO CHE VOGLIO ESSERE LA TUA PARTNER! PER QUALE MOTIVO CREDI CHE ME NE SIA RIMASTA PER CONTO MIO, DURANTE TUTTI QUESTI MESI? ASPETTAVO SOLO CHE TERMINASSI IL CORSO ALL’ACCADEMIA! NON C’E’ NESSUN ALTRO CON CUI VORREI FARE COPPIA, OLTRE CHE A TE!!”

“Ehm...veramente non é a quello che mi stavo riferendo, Carotina...temo proprio che io e te non ci siamo cap...”

“Aspetta” lo bloccò lei. “Vuoi...vuoi forse dire che NON VUOI LAVORARE CON ME, forse? TI FA SENTIRE A DISAGIO IN QUALCHE MODO?”

“No!! Non é assolutamente quel che intendevo dire, Carotina! Volevo solamente spiegarti che...”

“Beh...mi dispiace, Nick. Io ci tenevo tanto. Ci...ci speravo davvero. Ma se la pensi in modo differente...vedrò che posso fare. Dopotutto, l’importante é che lavoriamo INSIEME, NELLO STESSO POSTO. Potremo sempre vederci, anche se non sarà come fare coppia fissa tutti i giorni. Ma tu DEVI FARE ASSOLUTAMENTE IL POLIZIOTTO. PERCHE’ SONO CONVINTA CHE TU ABBIA VERAMENTE DEL TALENTO. E SAREBBE UN PECCATO SPRECARLO, CREDIMI.”

La volpe sbuffò di nuovo.

Era dunque così difficile da capire?

Era davvero così difficile FARSI CAPIRE?

POSSIBILE CHE DOVESSE ESSERE SEMPRE COSI’ OTTUSA?

“Ma devi tener presente che le squadre sono sono già formate da un pezzo. L’unica ancora disponibile sono io. E non credo che troverai qualcuno disposto a fare cambio, a questo punto. Perciò...”

“CAROTINA!!”

Judy, a quel richiamo, si ammutolì.

Finalmente, pensò lui.

“Se – senti...non credo che troverò la forza per dirti un’altra volta ciò che sto per dirti, quindi...STA' ZITTA UNA BUONA VOLTA E LASCIAMI FINIRE DI PARLARE.” le ordinò. “Stammi a sentire, ti prego. Temo...temo ci sia stato un grosso equivoco.”

“E – equivoco? Ma di cosa...”

Nick posò un ginocchio sull’asfalto e la sua mano destra afferrò delicatamente quella della coniglietta.

“N – Nick! M – ma c -che...”

“Lascia che te lo richieda un’altra volta.”

Portò la zampetta all’altezza del suo viso e la baciò.

“JUDY” disse, semplicemente. “VUOI DIVENTARE LA MIA COMPAGNA?”

“AH...”

Il cuore di lei fece un tuffo. Recuperò la mano con un leggero strattone e se la portò a coprire il volto, insieme alla sinistra.

“E’ il motivo per cui sono venuto a trovarti” le confessò. “L’arruolamento, il corso alla scuola di polizia...devi sapere che tutto quello...tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te. SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PER TE.”

Altro giro, altro tuffo.

“TI AMO.”

Ennesimo tuffo carpiato all’indietro del muscoletto cardiaco. Ancora uno e avrebbe finito per uscirle dal petto.

“Carotina” aggiunse lui, con un lieve sorriso. “IL TUO PELO STA DIVENTANDO PIU’ ROSSO DI UN CESTO DI LAMPONI.”

Anch’egli si era sentito avvampare, a seguito delle sue ultime dichiarazioni. Ma, a differenza di colei che aveva di fronte in quel momento, era riuscito a mantenere una certa dose di calma. Tutto merito della sua innaturale freddezza. Da quando gli era capitata quella brutta disavventura da piccolo, ben presto aveva imparato a gestire le situazioni più spinose con la giusta dose di distacco. Forse era vero quando sostenevano che non tutto il male viene per nuocere. Specie se, alla fine di tutto, ti porta A QUESTO.

“Sciocco...” balbettò Judy da dietro la cortina composta dalle sue minuscole zampe anteriori. “Sciocco che non sei altro...BRUTTO SCIOCCO DI UNA VOLPE...”

Era come paralizzata. E Stava tremando.

Lui la prese per le minuscole spalle. E cominciò a sfregare il suo muso contro il collo della coniglietta. E, successivamente, a lato della sua guancia.

“Non devi avere paura di me.” le sussurrò. “Sai che non ti farei mai del male. Non potrei mai farti del male. NON TI FARO’ MAI DEL MALE.”

Chiuse dolcemente i suoi palmi attorno ai suoi polsi e restituì il suo musino all’aria fresca e alle prime luci della sera. E ai suoi occhi che subito cercarono avidamente ed incrociarono quelli di lei, lucidi e frementi di emozione come il resto del suo corpicino. E si bearono della ritrovata visione di quelle due splendenti e magnifiche gemme color dell’ametista.

Esitò per un istante, poi la punta delle sue nere labbra cominciò a sfiorare ripetutamente quelle rosa della coniglietta, proprio nel centro dove si univano ermeticamente, incitandole ad aprirsi. Come un’ape che danza tra le corolle in paziente attesa di trovare un varco per infilarsi tra esse e suggerne il prezioso nettare…

Uno, due, tre agguati...e la ebbe vinta. I suoi ripetuti quanto insistiti tentativi ebbero la meglio, ringraziando il cielo.

Le labbra di lei si dischiusero sotto alle sue come un fiore stupendo. La sua lingua, morbida e bagnata, entrò e cominciò a passarle lentamente lungo gli incisivi ed il resto dei denti, si soffermò per un attimo ad assaporarle il palato e poi si lanciò decisa all’inseguimento dell’ultimo pezzo dell’incastro, della parte necessaria a completare quel languido ed intimo abbraccio. Quella parte che tanto desiderava e che sentiva attendere là, in fondo, così piccola e dolcissima…

Non c’era più bisogno di attendere il domani.

Che venisse pure, il domani.

NON C’ERA NEMMENO PIU’ IL DOMANI, PER LORO DUE.

C’era solo il QUI. L’ORA. L’ADESSO. Il momento in cui era iniziato il loro rapporto, la loro storia.

QUEL PRECISO MOMENTO.

Una storia che avevano appena iniziato a scrivere con i loro corpi ed i loro cuori bollenti, e con le loro mani e le loro bocche che danzavano ormai come impazzite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Uff, ce l’ho fatta, alla fine!

Come vi avevo promesso, ecco una one – shot dedicata di nuovo alla nostra coppia preferita!

Una bella occasione per rimettere finalmente insieme Judy e Nick (sarò ripetitivo, ma non sopporto più di vederli separati!), e per tornare alle belle atmosfere dolci, sognanti e romantiche delle mie storie precedenti.

Chiedo scusa per il MOSTRUOSO RITARDO, ma tanto per cambiare sono incasinatissimo. E tra le novità di questo inizio anno, sul lavoro mi hanno cambiato di posto col risultato che ho ancora meno pause e quindi...ancor meno tempo per scrivere.

Proprio un pensiero carino, non c’é che dire.

Ma il sottoscritto non molla!!

Dopo questa pausa di languida tenerezza, si torna alla mia long. Avevamo lasciato Nick, Maggie e Finn in procinto di sferrare una bella gragnuola di mazzate, e ho intenzione di tornarci al più presto!!

E, a proposito di quest’ultima...ringrazio intanto Plando, hera85, Bloody_Mary_25 (complimenti di nuovo per la tua storia, che sto seguendo) e Sir Joseph Conrard per le recensioni all’ultimo capitolo. E Freez shad, EnZo89 e Devilangel476 per le recensioni ai capitoli precedenti. Di quest’ultima autrice vi RI – CONSIGLIO caldamente le sue storie sulla serie di FINAL FANTASY, davvero stupende. Ma anche la sua one – shot su ROCKY JOE. Del resto, é proprio all’interno di quel fandom che ho fatto la sua conoscenza!!

Prima di chiudere, l’ANGOLO DELLA COLONNA SONORA: all’inizio, mentre Nick si dirige verso la centrale, ascoltatevi il brano CATCH THE FOX (ma guarda un po'…) di Den Harrow.

Durante la scena del bacio invece, ascoltatevi I AM THE WIND di Cynthia Harrell, la canzone di chiusura di quel MONUMENTO di videogioco chiamato CASTLEVANIA – SYMPHONY OF THE NIGHT.

 

 

 

 

Grazie ancora e...alla prossima!!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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