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Autore: Steboh6    20/01/2018    0 recensioni
Settantotto anni prima l'inizio di questa storia le sei città del regno di Raula trovarono la pace tra loro. Ci vollero secoli per mettere da parte il rancore, dimenticare i conflitti passati e la creazione di una nuova città, Silka, che potesse fungere come nucleo della loro unione. A capo di essa venne messa una figura superiore ai Re delle città chiamato ravuo. Pur non essendo considerato un sovrano egli è l'uomo importante del regno, l'unico vero giudice e protettore.
L'attuale ravuo Maki e la figlia Irakua. Il generale supremo Hammerstone e un giovane la cui famiglia è caduta in disgrazia... nessuno di loro sarà preparato alla minaccia che sta arrivando, una forza esterna nata anni prima e che metterà alla prova la città intera.
L'era del dominatore è alle porte.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRE INIZIO 1_2

La notte portò un po' di quiete alle porte del castello. Il giorno appena passato aveva appena visto moltissime persone passare per il ponte, per lo più comandanti ed alti rappresentanti del regno. Tutti volevano comprendere quanto la minaccia fosse reale. 


Insieme al compagno di guardia al cancello, Boyed era rimasto in quella postazione dal mezzodì in poi, fisso a sorvegliare il cancello mentre il fuoco dietro di lui gli riscaldava la schiena. Nella sua testa ripeteva gli ordini di Hammerstone, senza sosta.

Le decisioni del generale erano sinonimo di fiducia assoluta, frutto di ragionamento e intelletto che nessuno avrebbe messo in dubbio, o per quanto si ricordasse Boyed, ne avesse mai avuto motivo. Lui stesso faticava a credere di essere in quella situazione. Per quanto ci provasse, non riusciva a trovare un senso.

Presentatosi al castello in mattinata, il generale stesso venne a parlare con gli uomini pronti a iniziare. Spiegò che gran parte delle guardie erano state mandate di pattuglia per la città. In tutto il perimetro delle mura e nel castello avrebbe vigilato poco più di trenta uomini, nemmeno un quarto di quelle che erano state assegnate dopo l'episodio del mercato.

Se venire a sapere ciò aveva spaventato Boyed, la parte dopo fù inconcepibile. Nessuno prima dell'alba sarebbe dovuto scendere nel sotterraneo, tanto meno avvicinarsi alla scala. Il sospetto comune era che il generale avesse sottolineato con maggiore attenzione l'ultima parte.

Il calore alle sue spalle sembrò diventare più forte.

Prossimo a ricominciare la lista di indizi, qualcosa distrasse Boyed. Un gruppo a cavallo aveva preso la strada del castello e procedeva a galoppo leggero. Viste le scarse difese di cui erano disposti pensò subito ad una minaccia, scartando subito l'ipotesi. Nessuno sarebbe stato così stupido da introdursi proprio dall'ingresso. Il suo compagno non parve essere d'accordo, alzando la lancia.

Dopo aver visto lo stemma dell'esercito sulle loro armature Doyeb lo intimò di calmarsi, ponendosi di fronte all'uomo che si era fermato a capo del gruppo.

- Spiacenti. - disse Boyed con calma. - Per ordine del generale supremo nessuno può entrare nel castello. Temo che dobbiate tornare domani. -

L'uomo aveva la pelle scura ed un fisico possente. Svettava sul

cavallo che stava cavalcando. - Sono il comandante Grifon. Siamo qui per udienza del generale stesso. -

Grifon? Il nome non gli sembrò nuovo.

- Vi ho già spiegato che non è possibile. - ribattè, infastidito.

Il comandante non aggiunse altro ma continuò a fissarlo come se volesse convincerlo con gli occhi. Poi si chinò per recuperare qualcosa dalla sacca attaccata alla sua sella. Non era possibile che ciò che stesse dicendo Grifon fosse un incongruenza con gli ordini che avevano ricevuto. Intimorito, Doyeb provò a porre la lancia tra loro. I suoi sospetti furono ovvi quando i movimenti del comandante si fecero più rapidi.

- Dannazione! -

Era troppo vicino per poter sperare di difendersi. Il possente guerriero si portò la cerbottana alle labbra, conficcandogli un dardo nel collo.

Doyeb lanciò un urlo. - INVASORI! -

Provò a colpirlo ma la lancia venne parata da una lama. I suoi sensi cominciarono ad assopirsi. Era finito, bastò poco per capirlo. Eppure il suo ginocchio toccò il suolo senza che qualcuno cercasse di colpirlo.

- INVASORI! - gridò un altro uomo dalle mura.

Prima di accasciarsi e perdere completamente i sensi Boyed riconobbe altre urla provenire dall'alto, un eco infinito di zoccoli che pestavano il suolo e quello che sembrò il fischio.

Maledetti, pensò prima di perdere conoscenza.

Pagherete tutto.


Ci sarebbe voluto del tempo affinchè le guardie riuscissero ad organizzare l'inseguimento. Arrivati circa a metà del ponte Astra colpì una delle lanterne poste ad illuminare la strada, facendola precipitare nel Silkiavran.


Munito di binocolo, Kilik seguì il puntino di luce spegnersi nel fiume. - Ci siamo. -

Grifon lasciò passare qualche minuto di precauzione. Insieme ad altri quattro uomini avevano ormeggiato la barca sull'altra sponda del fiume, abbastanza distanti per non farsi notare ma non troppo, per attraccare rapidamente. Non avevano alcuna armatura, dovevano muoversi rapidamente.

- Ora! -

Garen, Kimistro, Jojer e Kilik cominciarono tempestivamente a remare. Dal quel lato delle mura non erano rimasti molti uomini a sorvegliare, grazie all'esca lanciata dal resto del gruppo. A dimostrare la benevolenza dei loro scopi l'attraversata venne favorita da calme correnti, permettendogli di arrivare al canale di scolo. Il bordo della piccola imbarcazione sbattè con violenza al bordo di mattoni mentre Kimistro si aggrappò all'inferriata. Con l'aiuto degli altri uomini si occupò di disfarsi delle sbarre mentre il comandate sorvegliava il ponte. Cedettero facilmente, confermando ulteriormente la veridicità del racconto della ragazza.

Nel vedere la strada aperta Grifon si sentì più nervoso che mai. Ormai non c'era più nessun ostacolo tra loro e il castello. Chiese la comprensione di Silk, ricordandosi il motivo delle loro azioni. Entrò nello stretto passaggio per primo.

- Dopo essere passati da qui, per mettere tutti al tappeto basterà la nostra puzza. - l'unica cosa che riuscì a dire per tutto il percorso. Continuò a strisciare con cautela, evitando anche di alzare la testa ogni volta che incontravano fasci di luce che illuminavano l'acqua salmastra. Ormai si fidava ciecamente delle informazioni che gli erano state date, tutto ciò che gli rimase da fare era contare: prima svolta a a destra poi...tre, quattro, ed un altra a sinistra. Cinque, sei e sette. Illuminato dalla luna fece segno alle retrovie e si attaccò al bordo della scala.

La grata si spostò senza alcuna difficoltà. Sbucati nel primo cortile il gruppo si nascose nella stalla. L'attenzione delle guardie rimase al cancello mentre il gruppetto li sorvegliava da dietro dei cumuli di paglia.

- Dove siamo diretti? - chiese Kilik.

- C’è un salone sotterraneo. - rispose il comandante, sempre vigile in prima linea. - Una vecchia stanza usata per i dibattiti dei primi consigli. -

Kimistro alzò lo sguardo, controllando le mura. Libero. - Tocca a noi adesso. - Lanciò un segnale agli altri che si posizionarono alle sue spalle. Si rivolse a Jojer. - Pronto? -

Anche se annuì, i muscoli sul viso del ragazzo sembravano bloccati. Al raduno per la missione non erano mancati commenti di stima nei suoi confronti, giovanissimo e nuovo membro della squadra senza il minimo segno di ripensamento.

- Kimistro... -

- Niente spada. Solo colpi all'addome o alle braccia. - solo dopo il soldato si rivolse a Grifon con aria colpevole. - Mi dispiace, non volevo interromperla. -

Il suo modo di parlare nascondeva sempre una sottile ironia. In quel caso mancò un sorriso d'accompagnamento.

- Fai il tuo dovere e verrai perdonato. -

I due volontari recuperarono i bastoni a mezzo braccio dalle proprie cinture e uscirono allo scoperto. Non appena vennero avvistati al centro del cortile le guardie si lanciarono nello scontro.

Secondo le informazioni tutte le forze difensive al palazzo sarebbero state impegnate all'esterno. Garen, Kilik e Grifon scattarono nel passaggio alla loro sinistra prendendo poi un corridoio che portava alla sala dell'accoglienza. A capo del trio Grifon era l'unico ad essere passato tra quelle stanze più di una volta. Non vi era il tempo per fermarsi a riflettere, solo quello necessario per raggiungere Maki. Un numero esiguo di persone sarebbe bastato.

Garen e Kilik non fecero alcuna domanda, nemmeno quando il comandante procedette un corridoio più stretto.

- EHI! - Due uomini a metà della scalinata scesero rapidamente per affrontarli. Nessuna sorpresa. A meno che non fossero sordi, avevano sicuramente sentito l'allarme lanciato dalle mura.

I due soldati di frontiera si misero a protezione di Grifon. Garen non lasciò nemmeno il tempo al suo avversario di estrarre la spada, bloccandogli la mano sul pomello e colpendolo al naso con un pugno debole ma preciso. Il movimento di Kilik fù ben più veloce: schivò un fendente orizzontale abbassandosi e passando al lato della guardia, colpendo tre volte con il manganello in ferro: sotto alla costola, collo e nuca.

Altri tre uomini sopraggiunsero dal primo piano.

- Quanto manca ancora al salone? - chiese Garen. Nel pieno dell'azione si stava innervosendo. Anche senza l'intento di uccidere, l'idea di colpire un onesto soldato non gli piaceva per niente.

- Un altro corridoio ed una rampa di scale. - rispose gli comandante.

- Allora vada! Basterà lei per parlare con Maki, lasci noi il resto. -

I due soldati si lanciarono una rapida occhiata e si capirono al volo. Entrambi avevano intuito che non sarebbero arrivati a destinazione.

E così capì anche Grifon. - Non fate sciocchezze. -

- Abbia fiducia. -

Le loro strade si separarono; Grifon corse verso una porta sotto alla scalinata mentre Kilik e Garen impattarono con le guardie.

Grifon pregò per la salvezza di tutti.

E non solo per i suoi uomini.




- è quasi completo. -

La stanza del sotterraneo doveva essere grande quanto quella del trono ma quello era l'unico particolare a renderle simili. Non vi erano spalti a due piani, nulla a che vedere coi divisori posti per chi veniva ad ascoltare i discorsi di Modus. Inoltre i quattro pilastri posti agli angoli erano molto più imponenti, a supporto dell'intero edificio.

L'area non era stata pulita interamente. Non ve ne era stato il tempo. L'intenso odore di polvere era ancora così forte da sembrar essere fuso all'aria che respiravano e le ragnatele negli angoli più remoti così fitte da poter sembrare una minaccia anche ad un uomo di media corporatura. Dinnanzi ad anni di reclusione una veloce apertura quella mattina non era bastata per renderla meno opprimente. E tetra.

Maki non badò a quegli aspetti, esattamente come ciò che aveva appena detto Ommanion. Le poche attenzioni che riusciva a concentrare erano tutte per il gigantesco contenitore di metallo posto al centro della sala, oppresso tra oscure preoccupazioni e uno sfinimento che gli pareva eterno. Quando si accorse della sua assenza i suoi occhi si spostarono di scatto.

- Greguar...Ricordi l'ultima volta che siamo stati qui? -

- Eravamo poco più che bambini... -

Hammerstone era rimasto vicino alle scale, freddo come granito.

Maki, rappresentante di pace di Raula che infrangeva una legge emessa alla nascita si Silka, prima ancora che i nomi delle loro famiglie valessero qualcosa. Gli era stato più volte sottolineato quanto fosse importante una soluzione immediata, un imperativo più che condivisibile sebbene non seguito da una scelta esemplare.

Già combattuto con sé stesso il quadro che si stava delineando davanti ai suoi occhi non gli rendeva la vita facile: mentre accendeva le torce posizionate sulle colonne Ommanion sussurrava antiche ed incomprensibili parole, spargendo oli sui muri di cui era l'unico a conoscerne origine ed uso. L'intero scenario era lo stesso che immaginava quando gli era stato insegnato che riti di quel genere erano grotteschi e spaventosi.

Maki era il ravuo, ogni sua richiesta ordine.

Condivideva le sue preoccupazioni e, anche se Maki non lo aveva rivelato apertamente, le vittime per le strade lo avevano sconvolto. Il suo volto parlava da solo, come quei movimenti pesanti che sempre più lo facevano assomigliare ad un vecchio. Era peggiorato progressivamente negli ultimi giorni e non poteva essere lucido per una scelta tanto folle. Come poteva?

Dopo aver sentito del rito per la prima volta, Hammerstone era anche arrivato alla conclusione di mandare una lettera ai Re e decidere di destituire Maki per un breve periodo. Cercare di dissuaderlo non era servito a niente e un azione del genere poteva sembrare un vero e proprio tradimento...

Non poteva. Hammerstone non poteva fare niente.

Dopo aver cosparso anche l'ultima colonna Ommanion lasciò il barattolo di vetro a terra e si avvicinò al contenitore.

- Ci dev'essere un altra soluzione. - si lasciò scappare Hammerstone.

- Credi che a me vada bene? - chiese Maki con voce piatta.

- No… -

- Allora abbi fiducia. -

Per la prima volta da quando erano scesi nei sotterranei la voce di Ommanion si elevò col progredire della formula.

- FERMI!! -

Ebbero reazioni diverse nel vedere l'uomo sulle scale: Ommanion si interruppe con spavento, Maki sembrò addirittura sconvolto come se ad interromperli fosse stato il fantasma del padre. Solo il generale non sembrò colto in flagrante, preoccupato solo dal dubbio di come un volto fidato fosse arrivato fino a lì.

- Grifon? Che ci fa qui? -

- Sono venuto a fermare questa follia. - dichiarò. - Generale, ma lei... -

Il ravuo non gli diede tempo di continuare. - Nessuno dovrebbe sapere… -

Da lì in poi produsse balbettii senza senso.

Vedere Maki in quelle condizioni lasciò Grifon spiazzato. Provò ad intuire cosa stesse pensando. - Non tema quello che so, quanto perchè lo sta facendo… -

Mantenne un atteggiamento pacato, cercando di riflettere la sua calma al resto della sala. Il generale fece lo stesso con lui, assolutamente sicuro che non potesse costituire una minaccia. - Come ha fatto ad entrare? -

- Alcuni uomini della mia squadra sono venuti con me col solo scopo di parlare. Spero che una spiegazione sia bastata, in ogni caso ho dato l'ordine di difendersi . -

Hammerstone tentò di comprendere l'intero schema. Peccato che le sue parole non stupirono Maki allo stesso modo. - Greguar, controlla se corrisponde al vero. -

L'ordine arrivò rigido ed autoritario. Una lieve smorfia comparì sul viso di Hammerstone prima che si incamminasse sulle scale. Si fermò a pochi passi da Grifon, attento a farsi sentire solo da lui. - Dopo tutti questi anni non ho mai sentito di un gesto così pericoloso, stupido e allo stesso tempo ammirevole. Per quanto lo apprezzi temo che tu abbia fatto un errore. -

Il comandante non fece altro che rivolgergli uno speranzoso sorriso. - Ognuno di noi è conscio di ciò che giusto e dei rischi che sta correndo. Il resto va risposto solamente in Silk. -

Le sue parole fecero sprofondare Hammerstone in una vergogna che cercò in tutti i modi di nascondere. Procedette verso il suo compito, dando la possibilità a Grifon di ritornare al suo. - Mi rendo conto di essere andato contro al suo volere ma ascolti quello che voglio dirle. Sono un semplice uomo di Silka e in questo ripongo tutto il mio essere, così come nei valori che mi sono stati tramandati. -

Scese a passo lento, incontrando Maki al centro della sala.

Solo trovandoselo così vicino si accorse di quanto il ravuo sembrasse sfinito e del suo sguardo freddo al suo cospetto.

- Grifon... Il suo nome è corretto? -

Il comandante annuì.

- Io capisco le sue intenzioni ma non cambierà il mio volere, contro la mia e la sua volontà. Deciderò successivamente quali saranno le conseguenze delle vostre azioni. Questo è quanto. -

Forse era stata quella noncuranza a prenderlo così alla sprovvista, quanto il come avesse ignorato totalmente l'importanza del loro gesto. Semplicemente ne rimase ferito.

Quello non era Maki. Lo aveva visto di persona in rare circostanze e mai avevano avuto una conversazione, ma quello non poteva essere l'uomo in cui la città riponeva tanto rispetto. Il suo intento di proteggere era ovvio ma il suo sguardo e la sua voce non lo dimostravano. Per niente.

- Non me lo faccia ripetere una seconda volta. - ribattè Maki.

Il solo pensiero di concludere così la missione gli fece ritorcere le budella. Per il momento Grifon si sforzò di trattenersi. - Capisco. -

Lo disse a fatica e per Maki fù abbastanza. Con noncuranza tornò a guardare Ommanion. - Prosegui. -

Rimasto fuori dalla faccenda Ommanion riprese da dove aveva lasciato. Impietrito Grifon cercò di trovare frettolosamente una soluzione, distratto solamente dalla ricomparsa del generale nella sala. Silenziosamente Hammerstone si pose al fianco di Maki. - Pare che non ci siano state vittime da entrambi i fronti. Tutti i soldati di Grifon sono stati incatenati e lasciati nel cortile. Attenderanno i nostri ordini. -

- Attenderanno... - ripetè Maki.

Grifon si sentì sollevato. Almeno la squadra era salva! Ma la grande gioia servì a poco...

Come poteva il generale accettare tutto ciò? La pensava come Maki?

Si sentì sul punto di esplodere.

- Vi prego fermatevi! - esclamò. - CI DEV'ESSERE UNA SOLUZIONE MIGLIORE! -

Solo Hammerstone si voltò a guardarlo.

- Portalo via. - ordinò Maki al generale. - Portalo dai suoi uomini. -

Ancora una volta il generale annuì. Non trattò Grifon come un prigioniero, era fuori luogo. Gli fece un cenno col capo e si lasciò seguire, dandogli le spalle.

Solo per qualche passo.

- Mi perdoni... -

Ai piedi della scala Grifon recuperò la spada e corse verso Ommanion. Ben più agile di lui Hammerstone lo superò. Inamovibile si parò tra lui e il suo obbiettivo.

- PERCHè? IO NON VOGLIO COMBATTERLA! -

Non gli rispose. Non poteva. Per Hammerstone l'unica cosa rimasta da proteggere erano proprio Grifon e la sua squadra.

Oramai Maki era impazzito, almeno era quello che stava pensando, e quel gesto sconsiderato non avrebbe fatto che peggiorare la situazione. Forse il rito avrebbe portato nuovamente la pace a Silka, quello era ancora in dubbio, ma di certo degli uomini coraggiosi non ne avrebbero pagato il prezzo.

La spada di Grifon tremava come quella di un giovane che la impugnava per la prima volta. Il suo spirito combattivo si spense. Nella sua disperazione si accasciò sul pavimento polveroso. - Maledizione... -

Sofferente Hammerstone continuò a tenerlo sotto tiro. Nel mentre Ommanion cominciò a gridare. - MUJE, SEVET, SAFAT! -

Il curatore si interruppe, facendo calare la sala nel silenzio assoluto.

I secondi successivi lasciarono Maki basito. L'attesa lo innervosì ma prima ancora di chiedere spiegazione ad Ommanion si accorse della corrente d'aria. La leggera brezza crebbe come se si fossero imbattuti in una forte tempesta, il vento tra i solchi nei vecchi mattoni fischiò tutta la sua potenza. Nessuno di loro riuscì ad evitare di proteggersi gli occhi. La polvere presente era ancora troppa.

Con gli occhi ben protetti non vennero abbagliati dalla potentissima luce che si levò dal centro della sala. Durò pochi secondi appena. Tutto ritornò come prima ad eccezione delle torce che rimasero spente.

Avvolto dall'oscurità Maki cercò invano gli altri.

- è finita? - chiese alla cieca.

- Si. - confermò Ommanion con voce tranquilla. - è finita. -

- E…cosa è successo? -

- Ora la città è al sicuro. -

   
 
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