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Autore: DarkLatias2000    21/01/2018    1 recensioni
La figura dell'Oscuro leggendario Darkrai è da sempre avvolta in una coltre di mistero; nessuno ha mai saputo veramente quale sia la sua vera natura: spietata? Fredda? O semplicemente piegata ad una realtà spietata che non può accettarlo?
I fatti rivelati nell'Ascesa di Darkrai' sono estremamente contraddittori. Inizialmente quest'essere sembra avere un'indole ostile, ma ciò che è scritto nel diario di Godey sembra spiegare che si tratta solo di una mera apparenza: si tratta forse invece di un essere solitario e ferito, rifiutato da mondo a cui appartiene e che tuttavia sembra incapace di sopportarlo, che ha forse più bisogno d'amore di quanto non lo abbia qualunque altra creatura vivente che lo abita?
Cosa ha determinato l'incontro tra l'Oscuro leggendario e una ragazzina diversa e innocente che si rivelò la chiave per salvare la propria patria dalla furia dei titani leggendari del Tempo e dello Spazio?
Ciò che mai fu raccontato del passato fra Darkrai e Alicia è qui raccolto e ideato dalla mia immaginazione, se siete pronti a scoprirlo, procedete pure...
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Darkrai, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
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“Hai sentito?”
“Cosa?”
“Pare che Alicia abbia avuto un contatto con un Darkrai.”
“Cosa?! Davvero?!”
“Sì, è successo qualche giorno fa. Ne parlano tutti, qui a scuola!”
“Beh, in effetti quella lì è sempre stata un po’ strana…”
“L’unica a cui poteva capitare era lei. Sempre a parlare con i Pokemon…”
“Sì, è vero, sta sempre a parlare coi boschi con quelle sue foglie… sembra quasi figlia loro, non fa che difenderli…”
“Infatti, sta sempre dalla loro parte! Ti ho raccontato di cosa mi è successo due settimane fa?”
“No, cosa?”
“Stavamo giocando a palla in quattro nel cortile, e a un certo punto è sbucato dal nulla uno Shinx che si è messo in mezzo al campo a cercare chissà cosa miagolando. Siccome l’intervallo finisce sempre presto gli ho dato un calcio per mandarlo via, ma invece di scappare mi ha soffiato contro. Allora ci siamo messi tutti a tentare di cacciarlo. E allora quell’animale impertinente mi è saltato addosso, mi ha graffiato e mi ha morso!”
“Ahia… il mio gatto quando fa così è tremendo…”
“Fortuna che non si è infettato niente, con tutte le schifezze che toccano le sue zampe. Quando poi sono uscito dall’infermeria della scuola ho incrociato per caso quella lì che tornava dai suoi giardini. Lei ha visto la fasciatura e mi ha chiesto che era successo; tu sai che non mi piace rispondere male alle ragazze, anche se quella è un caso strano… così le ho detto che era stato quello Shinx a ridurmi in quello stato. E lei sai che mi ha risposto?”
“Cosa?”
“ ‘E tu cosa gli avevi fatto?’ ”
“Wow… solo lei poteva dare una risposta così…”
“Ma infatti! Sta sempre dalla parte dei Pokemon, e scommetto che continuerebbe a farlo anche se le ammazzassero la madre! Comincio a pensare che sia più vicina a loro che a noi…”
“Anche tu? Io lo penso da quando la conosco… Al non è proprio umana. Ogni volta che la vedo mi sembra più simile a un Pokemon che a un essere umano.”
“Dopo questa storia ormai non capisco più nemmeno io che cosa sia quella là… non è una di noi, e non viene neanche dalla natura. Se ha avuto davvero un contatto con quel Darkrai…”
“È stata maledetta.”
Dio mio, basta!
No, non era per via delle dicerie sul suo conto che andavano via via spargendosi sempre più velocemente per tutta la città. Alicia non ci faceva il minimo caso, era come se i pettegolezzi fossero stati divulgati in una lingua a lei del tutto incomprensibile. O forse non li udiva proprio. Era diventata come sorda.
Quando un essere umano ancora impreparato ad affrontarlo è sottoposto a un dolore ancora troppo grande per lui, sul momento diventa incapace persino di piangere. Così era stato per Alicia: la notizia tanto improvvisa che chi l’aveva messa al mondo aveva appena cessato di vivere, proprio quando tutti i suoi cari avevano ricominciato a sperare, aveva abbattuto le sue emozioni in maniera così inaspettata che non era riuscita neanche a versare una lacrima. Dopo che il visitatore che aveva causato quella situazione aveva levato finalmente il disturbo, la piccola suonatrice era diventata sull’attimo completamente apatica: ed era rimasta a fissare il nulla di fronte alla porta come una bambola per più di mezz’ora, finché un abbattuto e compassionevole Godey non aveva deciso di prenderla per un polso per trascinarla via da lì. A quel punto Alicia si era apparentemente ricordata dell’esistenza del suo tutore, e in lei per un attimo la vita era sembrata tornare parzialmente: poi però aveva fissato l’architetto con due occhi così disumanamente persi da farlo rabbrividire. E se ne era andata da sola nella sua stanza senza dire niente. Nessuno, neanche Godey, seppe mai cosa avesse fatto davvero in quella stanza durante quella sera e quella notte: per un momento all’architetto sembrò di sentire un paio di suoni senza armonia provenire da quella camera, che però furono di così breve durata che pensò di esserseli immaginati.
La storia di Darkrai non fu più menzionata. Il giorno seguente fu poi pubblicato l’atteso articolo di giornale che annunciava il sofferto abbattimento dell’odiato Pokemon leggendario da parte della pattuglia che era riuscita a sparargli: a quanto pareva la città era stata convinta che la temuta bestia portatrice di incubi che la terrorizzava fosse diventata finalmente un semplice e spiacevole ricordo. Ciò salvò sia Alicia che l’essere che aveva avuto contatto con lei.
Il coinvolgimento di quella ragazzina nella faccenda era stato divulgato facilmente nella zona in cui vivevano lei e il suo tutore tramite pettegolezzi scaturiti, forse involontariamente, forse no, dalla bocca di Joy. Tuttavia, a quanto pareva, l’opinione pubblica aveva evitato, per qualche contorto miracolo, di prenderlo in seria considerazione: probabilmente nessuno sospettava che una bambina così piccola, da sola, fosse stata in grado di salvare la vita di un Pokemon leggendario in punto di morte, per di più rimanendo miracolosamente illesa dopo un contatto con una bestia come quella. Così avevano preferito credere direttamente alle testimonianze dei cacciatori. E se nessuno evidentemente si era fatto molte domande sulle tracce della disperata operazione che il Chansey della clinica e quella ragazzina incomprensibile avevano lasciato nel Centro, forse dai colleghi di Joy era stato dato per scontato che quelli non fossero altro che i resti di un’altra operazione ufficiale avvenuta da poco. E avevano ripulito prima che qualcuno cominciasse a insospettirsi. Per fortuna quell’esperto e prudente Chansey, che Alicia aveva assistito solo in minima parte, aveva usato solo lo stretto indispensabile per estrarre quel proiettile: avrebbe passato un brutto momento anche quella rara creatura dalle conoscenze umane se i suoi padroni avessero scoperto che aveva disobbedito agli ordini e compiuto una pazzia come quella.
In ogni caso, grazie al cielo, tralasciando i pettegolezzi sparsi della bassa borghesia, la situazione sociale si era mantenuta miracolosamente tranquilla. Ciò permise a Godey di tirare un sospiro di sollievo: la peggiore cosa che poteva capitare a quella bambina in un momento come quello era l’assedio dei media.
In quei giorni, l’architetto fece forza su se stesso e lasciò in pace la sua protetta: Alicia doveva trovare da sola la maniera di andare avanti. Era una bambina forte abbastanza per superare quel trauma, Godey non aveva motivo di avere dubbi al riguardo. In ogni caso lui sapeva di non poter fare nulla di sua iniziativa che potesse aiutarla: l’avrebbe solo caricata ulteriormente di preoccupazioni immeritate. Nel tempo trascorso insieme aveva imparato che Alicia aveva il vizio di preoccuparsi per gli altri anche quando era lei ad essere messa peggio di loro; se lui avesse adottato atteggiamenti che avrebbero potuto farle pensare che le sue condizioni attuali rendevano triste e preoccupato anche lui, ostacolando quindi anche il suo lavoro, Godey avrebbe solo peggiorato il suo stato emotivo. Lo scatto per reagire Alicia lo doveva ritrovare da sola in se stessa, ed era sicuro che lo sapesse anche lei. Lui doveva solo avere pazienza: ci sarebbe stato se lei avesse chiesto il suo sostegno, ma per il resto doveva solo attendere. E aveva fiducia che Alicia non avrebbe reso poi così lunga quell’attesa.
Forse però ne avrebbe avuta un po’ meno se avesse controllato attentamente le sue condizioni. Dopo quel fatto, Alicia era come appassita: viveva, si muoveva, agiva, ma sembrava che il suo spirito si fosse rinsecchito. Il giorno dopo aveva già ripreso a muoversi e a svolgere i suoi compiti di tutti i giorni come aveva sempre fatto, il che sulle prime avrebbe fatto pensare che non mancasse molto al suo recupero: ma era diventata ancora più pallida del normale e appariva persino più scheletrica, ed era diventata praticamente incapace di comunicare. L’unica cosa che si poteva arrivare a ottenere da lei in quelle ore erano sguardi persi o pieni di senso di colpa. Per questo anche lei faceva del suo meglio per evitare contatti umani: era consapevole che probabilmente, se l’avesse vista in quelle condizioni, a un individuo sensibile sarebbero sbiancati i capelli. Per sua fortuna era nel bel mezzo di una settimana di ferie quando accadde quel fatto, e ciò le permise di non perdere lezioni.
Soltanto lei conosceva ciò che in quei giorni stava accadendo nella sua mente crepata: fra tutti i sentimenti che aveva iniziato a provare dopo quel terremoto emotivo prevaleva un senso di sconfitta totale.
Tu non hai vinto niente. Hai perso. Tutto, hai perso.
L’unica sfida che aveva sperato davvero di vincere l’aveva persa su tutte le linee al momento di ottenere il punto finale. Era uscita dal Centro con una consapevolezza fittizia e fasulla, di cui solo i perdenti potevano godere. Aveva salvato un Pokemon leggendario maledetto, e aveva pagato quel gesto con tutti i centesimi. Aveva provato pietà per lui perché l’aveva trovato simile a lei, e si era illusa ingenuamente che lo fosse davvero: un errore imperdonabile che solo una bambina così ingenua e sciocca poteva fare. Da questa sua presa di coscienza era nato un pensiero odioso e virulento che aveva cominciato a infettarle la mente, e che lei, nonostante sapesse bene quanto fosse marcio, non era stata capace di respingere.
È stata colpa sua.
No, non era vero. Come poteva essere stata colpa sua? Lui non aveva avuto alcuna parte in quello che le era capitato: lo aveva trovato in una condizione pietosa, inerme e più morto che vivo. Era questione di logica, anche volendo quella creatura non avrebbe mai potuto farle una cosa simile in quelle condizioni e in così poco tempo. E soprattutto, lei non gli aveva dato alcun motivo per farsi odiare da lui, quella creatura non aveva motivo di farle un torto così grande: al contrario, lei gli aveva fatto un favore. E nessun essere vivente pugnala alle spalle il proprio salvatore quando non ha motivo di odiarlo.
Eppure…
È stato lui. È colpa sua!
Gli hai salvato la vita. E nello stesso giorno tua madre è morta.
Ti ha maledetta, e tu lo sai!
Godey aveva ragione, tutti avevano ragione. Non avresti dovuto salvarlo!
Lui ti ha fatto questo, perché è con te che è venuto a contatto!
È tutta colpa sua. Hai salvato il demone d’Incubo, lui ti ha maledetta.
È stato quel Darkrai a farti pagare per quello che hai fatto, sciocca!

E a ognuno di quei pensieri ignobili era scossa dai brividi. La matita che usava per scrivere e studiare per poco non le cadeva di mano, ed era costretta subito a interrompere il suo ripasso giornaliero così sofferto.
Non è vero.
Lui non è questo, non è colpa sua.
Come avrebbe potuto? In quelle condizioni!
Lui non ha fatto niente, non ha colpa in tutto questo!
Falsità odiose… andatevene, subito!

E sotto quello scontro feroce tra le sue convinzioni e il parere pubblico la sua testa andava inevitabilmente in crisi. Una piccola parte di lei rimasta lucida le ripeteva saggiamente che non importava più, che quello che era stato era stato e non serviva rimuginarci sopra, che doveva pensare ad andare avanti e non perdere tempo a tormentarsi in quella maniera. Come tutti sanno, però, dire e fare sono due cose molto distanti fra loro, e nelle condizioni emotive di Alicia lo erano ancora di più.
Mia madre non avrebbe mai voluto che pensassi questo di qualcuno.
Sei un essere spregevole, basta con queste idee ripugnanti!

Lei stessa faceva fatica a capire in che modo poi lei ritornasse capace di studiare. Poi capì che lo faceva perché quella era l’unica cosa che le permetteva di concentrarsi su altro. Per disperazione.
Le venne paura di dormire: una serie di orrendi incubi notturni la aspettava, essi attendevano solo che il suo fisico venisse meno. La notte precedente era stata uno strazio, ne conservava ancora tutti i ricordi, e per questo non osava cedere al sonno. La notte successiva riuscì a superarla in bianco, ma la ragazzina era troppo fragile per sopportarne due di seguito, e quella dopo la prese e la trascinò di nuovo nei suoi sogni distorti e pieni di crepe, a metà fra sonno e veglia.
Che ho fatto per meritarmi questo?
… e che ti importa?
Lei te lo ha detto quando era viva: ciò che non ci uccide ci rende più forti.
Tu sei forse morta?
E allora reagisci.

Doveva reagire da sola, ne era perfettamente consapevole: solo in lei era nascosta la chiave per riaggiustarsi da sola e andare avanti. Doveva solo cercare più a fondo, quella chiave era sicuramente nascosta in ciò che le era rimasto.
… ma quanto tempo mi resta ancora per trovarla?

 

Adesso ricordo!
Ecco dove l’aveva vista la prima volta: era stato l’inverno precedente, nella foresta collegata direttamente ai giardini di Alamos in cui un tempo lui cacciava abitualmente, poiché vi si concentravano la maggior parte delle tane delle sue prede. Certo, tutto questo prima che gli uomini gli tendessero quella trappola in cui l’avevano tirato dentro per fame e quasi ammazzato.
Era lei!
Aveva trovato quella bambina mezza congelata sulla neve ai piedi di un costone dell’altezza di almeno dieci metri: fortuna che, prima di piombare giù su una neve fresca salvavita, l’urto mortale che quella bimba avrebbe potuto fare era stato neutralizzato da un paio di rami innevati che il suo fragile corpicino aveva incontrato durante la caduta. Meglio ferita che morta, dopotutto.
Imbarazzante dirlo, ma anche allora sulle prime non si era neanche accorto che fosse umana. In effetti, il motivo per cui era andato a prenderla era di per sé piuttosto complicato e difficile da spiegare.

Ancora non riesco a credere che sia una di loro.
Era accaduto durante una delle sue cacce notturne per procurarsi abitualmente qualcosa da mangiare: allora riusciva ancora a permettersi di nutrirsi con la selvaggina fresca dei boschi non lontani dai giardini di Alamos, niente a che vedere con l’insipido pollame allevato dalla razza umana. Quella notte aveva quasi preso un tasso, di quelli molto grassi e appaganti, mancava poco per tirarlo fuori dal suo buco. Prima di riuscire ad avventarsi sull’animale, però, aveva avvertito una sensazione sgradevole, che era riuscita persino a fargli passare la fame in secondo piano. Si trattava di un presentimento istintivo di cui era stato dotato per eseguire al meglio il suo scopo di vita: solo se ciò avveniva a distanza sufficientemente breve, era in grado di percepire se un membro della sua razza, o qualsiasi altro elemento della natura che non doveva essere toccato, stava soffrendo a causa di un comportamento dannoso da parte degli uomini, in modo da permettergli di rintracciare subito i colpevoli e punirli con l’incantesimo del sonno. Quel tipo di sensazione, con sua spiacevole rassegnazione, purtroppo aveva la priorità sul riempirsi lo stomaco: e aveva malvolentieri risparmiato la succulenta preda per andare a controllare di cosa quella volta si fosse trattato, augurandosi con una certa irritazione che fosse qualcosa di veramente grave per il quale valesse la pena saltare la cena. Conoscendo molto bene se stesso e l’impressione non esattamente piacevole che il solo vederlo faceva alle creature senzienti, aveva rintracciato e si era avvicinato alla vittima con la stessa andatura furtiva che usava per cacciare, socchiudendo gli occhi al limite del possibile per evitare che la loro luce penetrante, che gli permetteva tra le altre cose di vedere al buio, la spaventasse. Quando però si era trovato di fronte alla malcapitata creatura per frugare nella sua mente e capire chi era responsabile del suo stato, la sorpresa era stata così grande che non aveva potuto fare a meno di spalancarli: non si trattava di un Pokemon, ma di una bambina umana. Come ci fosse finita là sotto era intuibile, ma il motivo di ciò non altrettanto: perché gli uomini avrebbero dovuto gettare una di loro giù da un dirupo? Poi se ne era ricordato rapidamente: tutti gli uomini erano fatti così, lui lo sapeva meglio di chiunque altro. Evidentemente ai loro occhi quella cucciola d’uomo aveva costituito un peso che loro non avevano voglia di mantenere. Malformazione? Malattia mentale? L’aveva osservata con attenzione, ma non aveva trovato niente di tutto questo: anche allora appariva estremamente piccola e delicata, questo sì, ma a parte la ferita sul lato destro del corpo e qualche linea di febbre non gli era sembrata affatto malaticcia. E la sua mente era sana e ben sviluppata, non aveva alcun tipo di problema cerebrale. Ciò sull’attimo l’aveva lasciato piuttosto perplesso e indeciso su come comportarsi: chi doveva essere punito in un caso del genere? Inoltre l’errore di spalancare gli occhi di fronte a lei lo aveva fatto identificare, e c’era un’alta probabilità che se fosse sopravvissuta quella piccola umana avrebbe sparso la voce della sua presenza in quella zona, rendendogli la sopravvivenza impossibile. Era stato persino sfiorato dalla tentazione di terminarla.
E poi, ricordò l’Oscuro con interesse, aveva incrociato i suoi occhi: lì dentro aveva visto scorrere una vita incompresa e quasi malinconica, ma sorprendentemente sana e spumeggiante. Sotto la coltre di spavento che copriva quelle iridi aveva intravisto una sofferta solitudine, che però era assurdamente affiancata da un ardente desiderio di continuare a vivere. Lui aveva riconosciuto immediatamente quel tipo di vita, e per un momento ai suoi occhi quella bambina così diversa da lui era diventata uno specchio che rifletteva la sua immagine in miniatura.
Allora aveva fatto il colpo di testa più grosso della sua vita: si era piantato l’unghia acuminata nel palmo e aveva usato il fluido di porpora che ne era fuoriuscito sul quel corpo umano. E la piccola umana aveva ripreso colore in nemmeno un minuto di tempo.
Quella era praticamente l’unica regola che l’intera stirpe dei leggendari aveva il dovere di rispettare: mai, mai permettere che il loro sangue sacro toccasse gli uomini. Ciò che scorreva nelle arterie dei leggendari conteneva il segreto delle loro famose capacità di guarigione superiori che li distinguevano dai Pokemon comuni. A loro permetteva di guarire più velocemente dalle ferite, ma sulla specie umana aveva effetti ancora più  stupefacenti. Inutile dire che se gli uomini avessero scoperto una simile proprietà non avrebbero esitato a muovergli contro un’altra guerra, forse anche peggiore della prima. E far bere a un essere umano il proprio sangue equivaleva a far entrare nel suo corpo una parte di sé.
Aveva compreso la reale gravità di quella sua pazzia nello stesso momento in cui se ne era accorta anche l’umana. Allora era stato sommerso dalla paura e dalla vergogna.
Ed era scappato. Le aveva mostrato rapidamente la via del ritorno, e poi era scappato.

Devi essere completamente impazzito.
La benda che si era dovuto tenere addosso per due giorni non aveva fatto altro che dargli un fastidio madornale: non era abituato a stare tanto a lungo a contatto con cose artificiali, inoltre quella roba aliena gli limitava i movimenti. E anche se la ferita che aveva ospitato la pallottola non aveva ancora finito di cicatrizzarsi, non aveva potuto fare a meno di strapparsi tutto di dosso prima del tempo, esponendo all’esterno quell’odioso buco residuo ancora incrostato di sangue secco.
Mi spiace, ma no, non sono affatto impazzito.
Fissando quella antipatica cicatrice malformata, capì che, se quel giorno non avesse infranto quella regola, non molto tempo dopo di lei sarebbe passato all’altro mondo anche lui. Forse era per questo che non aveva ricevuto ancora alcun castigo dai leggendari Maggiori per quella sua pazzia. Tuttavia quei pensieri catturarono la sua attenzione solo per un attimo: per tutto quel tempo la mente dell’Oscuro era stata presa da una serie di dubbi e domande continue che riguardavano una sola persona.
… che starà facendo lei adesso?
Insieme a quello provocato da quella stoffa aliena, in quei due giorni l’Oscuro era stato perseguitato da un fastidio ossessivo provocato da ricordi e domande che non avevano che un soggetto: la ragazzina dai capelli biondi e gli occhi chiari che dominava sulla foresta.
A cosa stai pensando, principessa?
Prima di allora non aveva mai sperimentato la curiosità, per cui non sapeva definire da che cosa fossero provocate tutte quelle domande che non lo lasciavano in pace nemmeno per un minuto, né nel sonno né da sveglio.
Discende da uomini o dalla nostra razza?
Vive con loro o è figlia dei boschi?
E se fosse anche lei un essere a metà?
Se è così, a che scopo vive?
E perché ha fatto questo a me, che sono il brutto e odiato castigatore dei suoi padri?
In che modo riesce a farsi obbedire dalla nostra natura?
A che pensa? Che sta facendo? Dove si trova adesso?

Dio, che fastidio, non era mai stato tanto inquieto. Aveva tentato di dare la colpa alla tensione che provava all’idea che una creaturina innocua come quella gli avesse messo a nudo l’anima come se niente fosse, in un momento di fragilità che aveva fatto riemergere i resti della sua umanità perduta. Per di più tutto questo era successo a causa del suo imbarazzante errore di calcolo che lo aveva fatto mettere sotto tiro, e ciò gli risultava insopportabile. Perché ora si sentiva scoperto e vulnerabile: un’umana adesso conosceva i suoi segreti, e il suo popolo poteva usarli come arma contro di lui. Perché gli uomini erano così: se si apriva il cuore a uno di loro, questi ci entravano con un coltello. Perché ciò avrebbe potuto tornare loro utile.
E allora perché non ti ha finito? O non ti ha lasciato lì fino alla fine della tua agonia?
Non può mica aver deciso di salvarti la pelle per poi strappartela subito dopo!

Però gli uomini erano creature di spirito fragile e di scarso autocontrollo, e cambiavano idea in maniera orribilmente facile. Ecco perché non meritavano la fiducia della sua razza. Ed ecco perché era stato creato, brutto esteriormente e dentro marcio di incubi.
Ma la vuoi smettere di tralasciare che lei è umana solo in parte?
Ecco ciò che lo tormentava davvero: non era capace di spiegarsi l’esistenza di quella bambina. Per quante ragioni cercasse di trovare, non capiva proprio come potesse essere avvenuto quell’incontro, né come avesse trovato quella creatura così piccola e innocente assurdamente simile a lui. E ciò lo frustrava ai limiti del possibile.
E quello era un ennesimo segno che la sua parte umana riusciva ancora ad avere il sopravvento su di lui: è tipico degli uomini tormentarsi per ciò che non riescono a comprendere e dedicare tutto il tempo della loro vita alla ricerca di spiegazioni a tutto.

Confessalo e basta. La vuoi rivedere, glielo hai detto tu stesso.
Pensava a questo mentre se ne stava nascosto nei meandri di quei giardini ameni, aspettando che la ferita guarisse e gli permettesse di tornare a sorvegliare il popolo umano in maniera adeguata. E purtroppo dovette ammettere che sì, non c’era nient’altro in grado di calmare la sua inquietudine. C’era solo un piccolo problema: mettersi a cercarla sarebbe stata una follia grossa quanto quella che aveva fatto quando aveva avuto la pazza idea di donarle il proprio sangue.
Se tutto era andato liscio, l’intera città lo credeva morto. Sarebbe stato già difficile continuare a mandare i suoi sogni oscuri alle menti umane senza smentire le convinzioni della gente, ma cominciare una ricerca come quella sarebbe stato quasi impossibile. E aveva imparato anche troppo dall’errore che gli era quasi costato la vita, non sarebbe mai più stato tanto imprudente.

Ma voglio capire. Io voglio, voglio sapere.
Chi sei? Cosa mi hai fatto?

Come volevasi dimostrare, la sua parte umana ebbe di nuovo il sopravvento, facendogli preferire i desideri alla saggezza. E decise contro ogni logica che l’avrebbe cercata.
Quella notte stessa sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio improvvisato e si diresse fuori dai giardini, verso la patria delle persone. Non aveva indizi su come trovarla, ma la telepatia che gli era stata concessa era una garanzia più che sufficiente. Una volta entro i confini di quel centro abitato così odiato, ammantatosi d'ombra, incominciò a seguire e a frugare nelle menti di ogni essere umano che incrociava, sperando di trovare un ricordo che avesse a che fare con la sua principessa.
All’inizio non ebbe molta fortuna, e a questo era preparato. Tuttavia gli indizi che cercava valsero la sua pazienza e gli arrivarono in tempo per impedirgli di addentrarsi rischiosamente nel cuore della città: nella testa di una giovane donna, che tornava allora a casa da un incontro con le sue simili, trovò un ricordo interessante. L’umana aveva visto, due giorni prima, una bambina dai riccioli biondi di piccola statura correre lungo la via come se la stesse inseguendo un pazzo assassino, tanto da farla preoccupare e pensare di chiamare qualcuno. Poi però quella bimba minuta era scappata via ed era scomparsa così velocemente che il suo proposito era sfumato del tutto. L’Oscuro penetrò in quella mente più in profondità fino a capire in che direzione l’aveva vista fuggire: non era andata, con sua somma soddisfazione, nel pericoloso centro della città, ma verso una zona al confine proprio con i suoi giardini. Inconsapevolmente, quella ragazzina lo aveva salvato di nuovo, impedendogli di addentrarsi troppo nella tana del lupo.
In effetti, man mano che lui si avvicinava alla zona del borgo in cui aveva motivo di credere vivesse la sua piccola driade, le fonti delle sue informazioni aumentavano: molti l’avevano vista fare regolarmente avanti e indietro fra i giardini e la sua casa, e da loro riuscì ad avere il luogo esatto in cui si trovava. Ci si diresse a tutta velocità.
Tuttavia non poté fare a meno di notare che, più si avvicinava alla dimora della principessa, più i ricordi della gente a suo riguardo diventavano sgradevoli: ciò lo lasciò del tutto confuso. Una donna pensava a lei con un misto di pietà e timore, in un’altra casa un ragazzino la ricordava con fastidio, e in un’altra ancora addirittura una bambina riservava alla sua immagine esclusivamente appellativi offensivi. La sua confusione dopo qualche minuto si era trasformata in sgomento.

Tutto questo non ha senso. Come può quella principessa essersi guadagnata tutto questo disprezzo?
Alla fine, riuscì a trovarla: la sua dimora rispetto alle altre era davvero molto vicina ai giardini in cui era stato soccorso da lei, anche se probabilmente per un essere umano ci sarebbe voluta una buona mezz’ora per raggiungerli da lì usando le proprie gambe. Il posto in cui viveva era sorprendentemente semplice: era una casa piccola di appena due piani, di aspetto ordinario e poco appariscente, costruita di certo per poche persone. L’Oscuro si sarebbe aspettato di tutto tranne che una ragazzina di nobile stirpe come lei doveva essere vivesse in un edificio così modesto.
Di certo ora starà dormendo.
Se solo ci fosse un modo per conoscere i suoi sogni senza rovinarli…

La curiosità lo aveva vinto da tempo, non aveva senso tirarsi indietro proprio allora. Così raggiunse quelle mura povere e modeste e cominciò a girarci furtivamente intorno, alla ricerca di una qualche apertura che potesse permettergli di vedere dentro quell’edificio senza pretese. Ma ogni porta gli si presentò davanti più che serrata, e tutti i vetri rettangolari presenti su quelle mura, quelli che gli uomini usavano per far entrare la luce all’interno delle loro case, erano oscurati e chiusi dall’interno. L’Oscuro non fece alcuno sforzo per trattenere l’esasperazione.
E andiamo, non puoi chiudermi fuori dopo che ho fatto tutta questa strada!
Tuttavia, quando passò a controllare il piano superiore, riuscì a individuare un unico vetro, chiuso, ma ancora trasparente, attraverso il quale avrebbe potuto concedersi di spiare almeno un frammento di vita della sua giovane salvatrice. Sulle prime la cosa gli trasmise una certa eccitazione: ma non appena si fu avvicinato di più, essa si spense sul colpo.
Da quel vetro sentiva provenire delle onde emotive sgradevoli e fredde, che pungevano la sua mente e gli infiacchivano persino i muscoli delle ali. Dalla stanza su cui dava quel rettangolo trasparente sentiva trasudare un’aura di malinconia e solitudine che gli faceva provare la stessa sensazione che avrebbe provato sotto una battente pioggia invernale: era come se stesse percependo l’odore di un fiore che un tempo doveva essere stato molto bello e profumato, ma che ora era sul punto di marcire. Da lì proveniva una tale emozione di smarrimento totale da far sentire perso anche lui.

Non può essere oltre quello strato. Non può essere suo questo odore malato.
Questa non può essere lei!

Ma qualcosa gli diceva che invece dietro quel vetro c’era proprio l’umana che stava cercando. Ne rimase sconvolto: quella non poteva essere la principessa che conosceva. Lei aveva un profumo dolce e sapeva di bosco, poteva sentire ancora il suo spirito vitale percorrergli le vene. Non poteva essere sua quell’aura carica di tristezza e malattia.
Dimmi che non sei tu, questa.
Solo a fatica riuscì a vincere la tensione che l’aveva preso a quella spiacevole percezione: appiccicò le iridi blu al vetro e guardò dentro.
Era una stanza semplice quanto l’impressione che l’edificio dava all’esterno, ordinata e pulita. Solo poco oltre il vetro individuò una serie di foglie ammucchiate alla rinfusa una sull’altra, di cui non capiva minimamente l’utilità. Per sua sfortuna, individuò l’oggetto della sua ricerca anche troppo presto.
La piccola umana che lo ossessionava da due giorni era rannicchiata nel buio in quello che doveva essere il posto in cui dormiva: dall’esterno ne intravedeva la forma esile del corpo. La vide chiusa su se stessa come un porcospino gracile e infreddolito, e tremava. Non era possibile definire se stesse rabbrividendo per il freddo o per la profonda piaga psicologica che l’Oscuro percepì come se fosse sua.
Sì, confermò lui con orrore e profondo sconvolgimento, quell’aura di incurabile smarrimento era proprio della principessa. Era abbandonata sul suo letto a soffrire come un cane, e la sua mente straziata da un sonno cattivo e spietato gli aveva dato la sensazione di avere la testa piena di spine. Il suo silenzio gli irrigidiva le ossa: quella esile creatura non emetteva né singhiozzi né lamenti. Stava lì, tutta raccolta su se stessa, e soffriva intensamente in un silenzio assoluto. E ciò era la caratteristica peggiore.

Non è possibile. Colei che mi ha ridato la vita appassisce.
Cominciò a sentirsi anche lui mezzo rinsecchito: la tempesta di emozioni negative che proveniva da quella fragile figura lo investiva con la stessa potenza con cui lo aveva abbattuto la dolcezza che lei gli aveva mostrato quando lo aveva trovato ai giardini mezzo morto. Non doveva andare così, lei non doveva avere il sonno tanto inquieto.
Chi ti sta facendo questo, principessa?
Dimmelo. Gli darò io quello che si merita, pagherà per questo oltraggio.

Ma non c’era nessuno da accusare per il grande dolore con cui la ragazzina lo stava avvolgendo: non trovò nomi colpevoli nei suoi pensieri, così confusi, trafitti e smarriti da non riuscire a capirne il significato. E soprattutto, comprese lui con una frustrazione dolorosa, in ogni caso i suoi poteri non l’avrebbero aiutata. Se anche ci fosse stato un responsabile per quelle sue condizioni, punirlo non sarebbe stato di alcun aiuto per guarirla. Non si era mai sentito più impotente di allora.
E se lei invece stesse così male proprio per colpa tua? Ci hai pensato?
Era una possibilità che faceva fatica a prendere in considerazione, ma la verità era che ciò era effettivamente probabile. Lui stesso in passato aveva riscontrato difficoltà di controllo sugli incantesimi del sonno, e per legge della natura chiunque gli dormisse così vicino soffriva di incubi. Era un motivo addizionale per cui nemmeno la sua razza aveva motivo di sopportarlo.
E certo, idiota, se le stai così vicino è ovvio che stia avendo gli incubi! Ma ti rendi conto almeno di che creatura sei?!
Per un momento se ne convinse, e pensò di tornare sui suoi passi, sperando che i suoi sospetti si realizzassero e che la sua lontananza bastasse a far smettere a quei sogni cattivi di importunare quella creatura indifesa. Purtroppo però la ragazzina smentì subito anche quei dubbi.
Un attimo prima di allontanarsi dal vetro, due unici pensieri, chiari e distinti, partirono dalla principessa e squarciarono la mente dell’Oscuro in maniera così improvvisa da farlo trasalire: erano due accuse, violente e opposte, che si contrastavano fra loro dentro la giovane umana. E la cosa più sorprendente era che il soggetto di quei pensieri accusatori non era altri che lui stesso: una delle due convinzioni che si scontravano nel cuore di quella triste bambina attribuiva a lui una colpa che non riusciva a definire, ma che sembrava essere piuttosto grave; eppure un altro pensiero, altrettanto tenace, si opponeva con ferocia a quella accusa e si ostinava a difenderlo. Il risultato di quello scontro acceso fra idee era il caos psicologico che regnava nella mente della principessa e che le rendeva il sonno insopportabile.

… ma di che cosa mi accusi, bambina?
Di certo lo avrebbe capito se fosse penetrato più a fondo nei pensieri frammentati della ragazzina. Eppure, per la prima volta, l’idea di abusare della telepatia per soddisfare la propria curiosità gli risultò a dir poco sgradevole.
Tanto per cominciare, per una lettura più accurata e profonda di quella mente umana sarebbe dovuto avvicinarsi di più, e quindi entrare pericolosamente dentro l’edificio, per di più infilandosi sotto quel vetro in maniera che non avrebbe potuto essere più scomoda. Il secondo problema era che si trattava di una mente molto provata e nel caos emotivo più totale, che era necessario trattare con estrema attenzione per non peggiorarne la delicatissima situazione. La terza complicazione era costituita dal fatto che, nel caso di quell’unica umana, si sentì davvero un ospite indesiderato che stava ficcando il naso in fatti intimi che aveva il dovere di lasciar stare. Il quarto motivo era forse il più importante: se avesse deciso di penetrare tanto a fondo in quella mente umana, quel gesto sarebbe equivalso a far entrare in lei un frammento di sé, che avrebbe potuto marchiarla permanentemente. E se avesse deciso di affondare completamente nei suoi pensieri fragili e privati si sarebbe esposto al rischio che la piccola umana si accorgesse che qualcosa stava effettivamente frugando nella sua testa. E quello sarebbe stato il primo passo per farle raggiungere la pazzia. Dannata mente umana, non esisteva al mondo niente di più complicato.

Come se la tua fosse tanto diversa.
Aver paura di questi rischi significherebbe che non sei all’altezza di quello che sei. Che hai fatto finora? Non è forse tuo scopo di vita entrare nelle menti umane?
E poi dov’è il motivo di queste preoccupazioni ridicole? Hai già fatto entrare in lei un frammento di te: la tua linfa vitale di sicuro è ancora presente nel suo corpo.
È dopo esserti inguaiato da solo che ti fai prendere da tutto questo zelo?
Sei davvero il miglior campione della contraddizione.

… ma sì, in fondo avrebbe dato solo una sbirciata, non sarebbe rimasto a lungo a frugare in quella mente ferita. E uno come lui non avrebbe dovuto avere tanta paura dei rischi di ripercussioni psichiche sul cervello delle sue vittime: averla avrebbe significato dichiararsi incapace di controllare i suoi stessi poteri. Non entrava e corrodeva le menti della gente da tutta la sua lunga vita, dopotutto?
… darò solo un’occhiata. Una sola, velocissima.
Farò in modo di non danneggiarla minimamente.

La tentazione lo vinse.
Ispirò a fondo, si appiccicò alla parete e trasformò la propria carne e le proprie ossa in un’ombra amorfa e impalpabile. E affrontò lo sgradevole ingresso; trattenendo il fiato si infilò a fatica nella fessura che separava vetro e muro, attraverso la quale solo un’ombra sarebbe potuta passare. E nemmeno in quella forma risultava particolarmente comodo superare quell’odioso ostacolo: nonostante il suo spessore fosse ridotto al minimo, rimaneva sempre una creatura vivente separata dalla materia. In quella maniera il suo corpo si appiattiva e si adattava semplicemente agli oggetti che lo circondavano. Ciò significava provare dolore se veniva ad esempio colpito o calpestato. Certo però questi erano difetti ben trascurabili in confronto ai vantaggi che questa abilità conferiva.
Quando finalmente riuscì a far passare oltre quello strettissimo pertugio anche le ali, l’Oscuro poté finalmente recuperare la propria forma originale. Una volta all’interno non aveva potuto fare a meno di guardarsi intorno con curiosità ancora maggiore: non aveva mai visto tutti gli oggetti presenti in quella piccola camera, per lui era un piccolo mondo tutto nuovo. Inutile dire che non gli era mai passato neanche per la testa di infiltrarsi in una casa umana prima di allora. Tuttavia si ricordò rapidamente del motivo che lo aveva spinto a compiere quella pericolosissima entrata: e i suoi occhi tornarono a posarsi sulla figura raccolta della principessa, che continuava a dormire proprio accanto al vetro.

Spero per te che ne sia valsa la pena, specie di suicida mancato.
Represse una tensione che rischiava di farlo scoprire, e in silenzio si avvicinò piano al giaciglio di quell’esile e misteriosa creatura. Non poté fare a meno di concedersi un minuto per osservarla con interesse.
… è proprio lei.
Ora che se la trovava proprio davanti non gli fu difficile confermare che si trattava di una ragazzina minuta e davvero magrissima, per non dire quasi scheletrica. La pelle aveva assunto un pallore che, non fosse stato per i suoi tremori, l’avrebbe fatta passare tranquillamente per un cadavere. E i capelli biondi alla luce lunare apparivano spenti e rinsecchiti, proprio come i petali di un bucaneve appassito. A quella visione a un uomo molto sensibile probabilmente si sarebbe stretto il cuore; l’Oscuro per fortuna aveva visto cose ben peggiori. Tuttavia non nascose a se stesso che nel vedere quella piccola driade ammalata un brivido interiore l’aveva attraversato, forse di paura, forse no.
Come è piccola…
Non ho mai visto creatura vivente con aspetto più fragile di questo.
Come ha fatto a non spezzarsi per tutto questo tempo?

Forse si stava spezzando proprio in quel momento. L’idea gli suscitò una tale indignazione da provocargli il desiderio a malapena contenuto di mettersi a ringhiare come una bestia.
Vuoi scherzare?! È rimasta intatta fino ad ora e adesso comincia a rompersi?!
Guarda che non ho fatto tutta questa strada per vederla spegnersi!

Si avvicinò solo un altro poco a quel ramoscello di forma umana: subito la tempesta di smarrimento e dolore che imperversava nella testa di quella bambina tornò a picchiargli contro come una bora. Peggio di quanto avesse immaginato.
Non le avrai fatto bere col tuo sangue anche la tua autostima, vero?
Fallo. E muoviti, prima che qualcuno colga la possibilità di smentire la tua morte.

Quando finalmente riuscì a distogliere l’attenzione da quella figurina rannicchiata, affrontò con cautela quella bufera di pensieri frammentati e distorti che vorticavano pericolosamente intorno alla principessa. La cosa non risultò impossibile, ma di certo neanche facile: raramente gli era capitato in vita di dover dare fondo a tutta la sua esperienza e abilità per leggere una mente umana, e questo era uno di quei casi. Con un minimo sbaglio, un ipnotizzatore normale avrebbe potuto creare in quei pensieri fragili una frattura che, per quanto piccola, avrebbe potuto avere conseguenze psichiche permanenti sul soggetto: ma lui non era un ipnotizzatore normale. L’ingresso in quella mente provata lo fece sudare non poco, ma l’Oscuro riuscì a superare quell’ostacolo di incubi e ricordi caotici senza intaccarne nemmeno uno: la principessa non si accorse di lui. Il castigatore di uomini però non si fermò certo lì, e si immerse con prudenza ancora più a fondo, dove credeva di trovare le risposte allo strazio emotivo che imperversava in quella testa che aveva osato violare. E le trovò.
Subito dopo schizzò fuori da quella mente in crisi appena in tempo per evitare che la sua presenza non invitata iniziasse a corroderla. Quando rientrò in se stesso gli girava persino un po’ la testa.

Sacrissima Terra, quante me ne fai passare…
Mentre recuperava il controllo di sé la osservò per assicurarsi di non aver sfiorato la sua già fragile lucidità mentale: la principessa continuava a dormire, non era cambiato niente in lei, né la sua posizione, né il suo sonno inquieto. Era rimasta intatta, la sua mente non lo aveva percepito frugare tra i suoi ricordi come un ladro. Tutto era andato liscio. Eppure l’Oscuro non provava alcun sollievo; al contrario, dopo aver carpito ciò che aveva trovato nella testa della ragazzina si era ritrovato quasi più smarrito di lei.
‘Mia madre non esiste e non esisterà più’.
Che significa? Chi te l’ha uccisa? Chi ha osato infliggerti una simile piaga?

L’Oscuro per tutta la vita non aveva fatto altro che seguire, punire e ammonire colpevoli di qualcosa: non era in grado di capire che alcune disgrazie accadevano anche senza che qualcuno le provocasse. D’altra parte tutte le sofferenze che aveva osservato e vissuto erano sempre state causate dagli uomini. C’erano sempre loro dietro a tutto, vincevano sempre, e ormai invecchiavano così lentamente che quasi tutta la sua razza, lui compreso, aveva dimenticato che potessero morire anche senza ammazzarsi fra loro. Quindi l’Oscuro non comprendeva il significato dei pensieri di quella creaturina martoriata.
‘È scomparsa per sempre. Subito dopo averlo toccato. Ma non è colpa sua. Lui non può averlo fatto in così breve… no, sì… sì, oppure no… no, cioè sì… cioè no! Mi ha maledetta lui? O no? Perché mi hai fatto questo, Darkrai?’
Non è stata colpa mia!

Più cercava di capire quegli acuminati pensieri rubati più essi gli risultavano incomprensibili, e al contempo lo facevano sentire tirato in causa.
Non sono stato io a farti questo!
Io ti giuro sulle mie ali che non ho mai pensato di infliggerti questo dolore! Perché avrei dovuto? Che colpa avevi, tu, per meritartelo?
Tu, creatura innocente, che sei stata l’unica ad avermi mostrato pietà?
Ti aiuterei, se solo potessi!

Ma il fatto era che lui non era stato creato per aiutare, ma per rovinare. Conteneva il male facendo del male, la sua esistenza era una contraddizione, come quella degli uomini. E non c’era male da fermare col male dei suoi incubi in quel caso, non c’era alcun colpevole da punire. Avrebbe maledetto i suoi creatori, se ciò gli fosse stato permesso.
Le è stato inferto un dolore immeritato.
Il mondo le ha dato un castigo che non merita.
Non dovrebbe sopportare questi incubi, perché non li merita.
Perché è lei che soffre? Perché lei che non ha fatto niente?
Non merita questa punizione, non è giusto!

E a lui, punitore di uomini per eccellenza, la cosa risultava così inconcepibile da farlo impazzire: quella situazione non rientrava nelle leggi naturali. Per tutta la sua vita era stato convinto che a ogni azione dannosa dovesse corrispondere un castigo, castigo che nella maggior parte dei casi doveva infliggere lui di persona. Mai in vita sua si era confrontato col caso di un danno inflitto a una creatura innocente del tutto arbitrariamente e per di più assurdamente senza colpevoli. Era innaturale, sbagliato, non era in grado di capirlo e tantomeno di spiegarlo, e ciò lo faceva diventare pazzo.
Fatemela aiutare, solo lei, sono in debito con lei!
E se non merito questo onore, fatelo voi per me: voi leggendari dai poteri superiori potete farlo!

… no, non potevano. Non stava agli altri leggendari agire sugli uomini, non era area di loro competenza. Non sarebbero state di alcuna utilità né le tempeste del sommo Lugia, né il dominio dei cieli del grande Rayquaza, né l’energia dei lampi di Zapdos e Raikou. Era lui il guardiano degli uomini, nessun altro poteva intervenire su quel popolo complesso e imprevedibile. E Cresselia… Cresselia non era in grado di far smettere le sofferenze che gli uomini provavano spontaneamente. Non sarebbero bastate le sue piume lucenti, che dalla natura avevano ricevuto il potere di bloccare i suoi pericolosi poteri, a far sparire il dolore della principessa.
Certo, sarebbe comodo lasciare alla figlia del quarto di luna tutto il peso di questa responsabilità.
Ma se sei tu che vuoi agire, dal momento che nessuno te lo ha chiesto, da solo devi farlo.

Per soddisfare il suo desiderio non poteva chiedere aiuto a nessuno; d’altra parte, non c’era nessuno a cui potesse rivolgersi un essere aborrito come lui. E anche se gli altri leggendari non sarebbero mai intervenuti per un esserino tanto insignificante, nessuno di loro aveva il diritto di condannarlo se lui avesse deciso di agire di testa sua sulla sorte della sua salvatrice.
Quella ragazzina stava subendo senza motivo un castigo che lei non meritava: ciò andava contro l’ordine naturale delle cose. Non avrebbe infranto alcuna legge della natura né mancato di rispetto a nessuno dei suoi signori se avesse deciso di lenirle le ferite.
O almeno di provarci.

Certo, genio, perché esattamente come pensi di fare?
Il suo tempo stava per scadere, non poteva rimanere lì dentro ancora per molto. Rifletté: lui non aveva il potere di farle dimenticare i dolori né tantomeno di farli sparire. Però c’era una cosa che l’Oscuro meglio di chiunque altro conosceva: se c’era una cosa in grado almeno di anestetizzare gli affanni del corpo e dell’animo, questo era…
Il sonno.
E chi più di lui ne era esperto?
Ecco, questo lui poteva fare: se non poteva farle dimenticare la perdita che aveva subito, poteva almeno dare ordini, lui che ne era il padrone, a quegli incubi che rendevano insopportabile a quella bambina distrutta un sonno che avrebbe dovuto essere ristoratore. Vista così sembrava una gran bella idea, peccato che…

Tuo compito è diffondere incubi, non cancellarli.
Non può far smettere un incubo ciò che ne è la stessa fonte.

… però lui aveva il potere di decidere quali incubi mandare. Non poteva cancellarli, ma poteva distorcerli, cambiarli, intrecciarli fra loro. Su questo non aveva limiti: poteva modellarli secondo il suo volere, avrebbe fatto in modo che la principessa sognasse quello che meritava.
E lei merita… merita…
cosa merita?

… no, un limite enorme c’era, purtroppo. C’era un altro motivo molto chiaro per cui l’Oscuro non era mai stato capace di dare gioia o soddisfazione al sonno degli uomini. Come poteva qualcuno trasmettere qualcosa come speranza e serenità ad altri se lui stesso non sapeva cosa significassero? Darkrai non conosceva quelle parole: sapeva che si riferivano a qualcosa di astratto che gli uomini gradivano, ma l’idea di ‘speranza’ e ‘gioia’ per lui era inesistente, quelle parole gli risuonavano vuote, in testa. Non le comprendeva, tantomeno era capace di trasmetterle. Perciò si incaponiva come un matto su cosa far vedere in sogno a quella bambina di abbastanza potente da farle passare almeno una notte tollerabile.
… una cosa che piace agli uomini.
Ah, geniale: e cosa piaceva agli uomini?
… no, non va. Tu non sai cosa piace a loro… cosa piace a lei.
Non era possibile plasmare in testa a qualcun altro immagini che lui stesso non aveva mai visto. Le uniche cose che poteva mostrare in sogno agli altri erano cose necessariamente viste e conosciute di persona.
… ma non lo conosco! Io non conosco ciò che lei desidera.
Ma si era così intestardito sul portare a termine quella sua missione personale che decise comunque di passare velocemente in rassegna le sue discutibili esperienze personali, sperando scioccamente che tra loro ci fosse un qualche indizio su cosa la principessa avrebbe considerato ‘bello’, e che lei avrebbe voluto sognare.
Ovviamente la sua rassegna generale si rivelò piuttosto deludente: l’Oscuro degli uomini non aveva visto che il marcio, perché era ciò di cui si doveva occupare e di cui doveva far sognare. E tra lui e il popolo degli uomini non c’era che odio reciproco. Quando mai in vita sua aveva visto e giudicato ‘bello’ qualcosa che apparteneva al mondo degli uomini? Un’unica volta il suo odio antico per l’umanità era stato sospeso: era stata proprio la principessa a cacciarlo via, quando lo aveva guardato con quegli occhi lucidi di compassione e lo aveva toccato con le sue dita piene di vita. Lei era tutto il suo ‘bello’, lei era tutto ciò che di piacevole conosceva.

Non ho che te, solamente te…
… certo!

E allora ebbe finalmente il colpo di genio di cui aveva bisogno.
Ho capito! So cosa farti vedere.
Gli incubi che quella notte stavano perseguitando la giovane umana erano creati dalla sua consapevolezza di aver perso per sempre ciò a cui lei teneva di più. La principessa stava male perché, come lui, era rimasta sola, e pensava, senza darsi pace, a ciò che aveva perduto.
E non si rendeva conto di ciò che le era rimasto.
L’Oscuro si chinò piano sopra di lei: tremava ancora, non aveva smesso un secondo di agitarsi sotto quei sogni persecutori. Fissò con ammirazione quel corpicino così apparentemente fragile che, nonostante tutto, non si era mai spezzato sotto i pesi che aveva dovuto sopportare.

Sono sicuro che sei capacissima di guarirti anche da sola. Non ho motivo di dubitarne, dal momento che sei arrivata fino a questo punto.
Hai salvato me, perché non dovresti essere capace di salvare anche te stessa?
… ma non offenderò la tua dignità se ti do solo un piccolo aiuto, no?

Stese il lungo braccio nero sopra il suo capo abbandonato, e pensò. Dalla pericolosa zampa a tre dita si staccò lentamente un’impalpabile e piccola sfera nera, che scese piano sopra di lei fino a toccarle la fronte candida. Per un momento il fisico della principessa fu avvolto da una grande camera sferica del colore della notte profonda. E quando essa si dissolse, l’Oscuro osservò con un piacere che non aveva mai provato che l’espressione tesa che aveva sul volto aveva cominciato lentamente a distendersi. Sull’attimo una vibrante emozione sconosciuta lo aveva scosso, e per un momento era stato attraversato dalla inspiegabile tentazione di mettersi sbattere le ali con la frenesia di un colibrì; per sua fortuna, prima di abbandonarsi a gesti decisamente indecenti per un leggendario, un rumore sospetto proveniente dall’esterno della stanza gli aveva fatto allarmare tutti i nervi.
Va bene, grande eroe, inchini e congratulazioni.
Ma ora fila via!

Il suo tempo era scaduto da un pezzo. Si inabissò in fretta e furia nel pavimento, corse a infilarsi sotto il vetro da cui era entrato e sfrecciò via da quell’edificio con un tale fuoco in corpo da fargli credere di poter combattere ad armi pari con Giratina in persona.
Per la prima volta in vita sua, aveva reso felice qualcuno.

 

Nei sogni non si comprende mai di star sognando. Si perdono anche i ricordi del proprio passato immediato, a volte ci si dimentica perfino di chi si è. Vale per i sogni, come per gli incubi. E nei suoi sogni frammentati e avvelenati Alicia ricordava solamente due cose della sua realtà: che aveva freddo ed era sola. Nel sonno non decifrava più nitidamente la consapevolezza di aver fatto un gesto folle e illegale per il nemico giurato degli uomini o che subito dopo sua madre aveva smesso di respirare: gli incubi che la straziavano da tutta la notte erano confusi, traduzioni imprecise dei suoi sentimenti, da cui riusciva solamente a capire di star soffrendo.
Nei sogni il tempo non esiste, per cui è impossibile definire quanto tempo passa da uno all’altro. Alicia non seppe mai in quale momento e perché, all’improvviso, il carattere di quei sogni cattivi avesse cominciato a mutare. Semplicemente, dopo un ultimo incubo di cui ricordava solamente di essere inspiegabilmente morta senza accorgersene, all’improvviso le era calato sugli occhi come un sipario nero e pesante, che aveva cancellato tutto ciò che le stava infestando la testa sottoforma di sogni insensati.
E la sua coscienza era stata misteriosamente trasportata senza preavviso in un luogo buio e vuoto, in cui non c’era che lei sola, non altre creature viventi, non altri oggetti inanimati, non un minimo rumore. Di norma un bambino della sua età avrebbe probabilmente provato paura nel trovarsi all’improvviso da solo in un luogo tanto silenzioso: eppure in quella indefinibile, immisurabile camera nera c’era un tepore vivo e accogliente, che l’aveva fatta inspiegabilmente smettere di rabbrividire, portandola persino a credere assurdamente che quel luogo senza fondo né contorno fosse casa sua. Istintivamente aveva cominciato a camminarci dentro per un po’, ammirando quel nero senza fondo che sembrava una creatura viva dotata di volontà propria.
Poi in quel nero aveva fatto all’improvviso la sua comparsa un dettaglio: aveva una forma riconducibile a quella ovale, e per qualche motivo assurdo, nonostante non ci fosse alcuna luce a interrompere quel vuoto oscuro, pareva brillare. Ci si era avvicinata, come la sua curiosità di bambina la invitava a fare, e aveva osservato quello strano oggetto senza capire. Appariva piatto e liscio, e sembrava essere vuoto anch’esso: solo che il suo interno le ricordava per qualche motivo una superficie acquatica, e rifletteva assurdamente una luce tenue, luce che però in quel buio non era presente. Pareva quasi un lago in miniatura messo in verticale di fronte a lei, attraverso il quale tuttavia si rifletteva un sole o una luna che non esistevano. Non aveva resistito all’impulso di toccarlo: allora la superficie si era rapidamente increspata, e ciò che era riflesso dentro di essa aveva cominciato rapidamente a modificarsi. Quando finalmente le increspature erano svanite, Alicia era rimasta a bocca aperta.
All’interno della nuova superficie era apparsa, senza dettagli né sfondi particolari, una figura diafana e aggraziata, che emanava uno splendore degno di un’aurora boreale. Sembrava provenire da un altro mondo: la sua luce era talmente celestiale che Alicia ne rimase incantata, e ci mise parecchio a capire che si trattava di una figura umana.
Era una creatura bellissima. Il suo corpo, dai capelli lucenti e sani alla punta delle esili dita femminili, era di una semplicità perfetta e splendente, la quintessenza della vita: Alicia pensò subito che fosse stata partorita dal paradiso. La sua luce era talmente abbagliante da far dimenticare completamente a chi la guardava anche quelli che qualcuno avrebbe potuto giudicare difetti corporei. La magrezza di quella figura, avvolta in quello splendore non terreno, appariva graziosa e delicata, come il gambo di un bel bucaneve appena uscito eroicamente dal ghiaccio che si innalza sotto il sole dell’alba per gridare a tutti che la primavera è vicina. Quella pelle tanto chiara sembrava essere stata plasmata da neve fresca, fragile e che si scioglie facilmente, ma con la purezza e la sofficità delle nuvole. E quei suoi due occhi cristallini erano talmente accesi, luminosi ed espressivi che avrebbero potuto addomesticare un Gyarados inferocito solo guardandolo.
Alicia ne era rimasta così rapita da dimenticarsi di respirare: per sua fortuna nei sogni niente avviene secondo le leggi della fisica. L’unica cosa che era riuscita a fare di fronte a quella meravigliosa creatura era stato sorridere: era un istinto naturale, una reazione del tutto spontanea e automatica davanti a quella creatura, che doveva essere senz’altro di rara e nobile stirpe. E la splendida principessa le aveva restituito un sorriso che aveva raddoppiato la sua bellezza. Alicia sentì il dovere di inchinarsi di fronte a quella regina così gentile, e lo fece nella maniera più educata ed elegante che conosceva, sperando che ciò la compiacesse almeno un poco. Con suo sommo piacere lei sembrò gradirlo molto, tanto da restituirle subito un grazioso e rispettoso inchino che l’aveva fatta sentire molto gratificata: era il suo modo di dirle che erano sullo stesso livello, che erano amiche da sempre. Non avevano nemmeno bisogno di parlarsi, non era necessario per capirsi a vicenda. Essere l’amica del cuore di una così pura creatura era tutto ciò che Alicia potesse desiderare.
Sentendosi molto più in confidenza con lei, le aveva dunque teso la mano per suggellare definitivamente la loro amicizia. La principessa le aveva dato subito la mano a sua volta, senza smettere di mantenere il sorriso su quel suo volto diafano incorniciato da capelli che sembravano fatti di raggi di sole intrecciati. Il fatto che lei avesse i capelli biondi non fece che farla sentire ancora più vicina a lei: erano capelli proprio come i suoi.
… proprio come…?
Solo allora Alicia fu raggiunta da un bizzarro sospetto.
Alzò il braccio sinistro a fare un gesto di saluto: la principessa subito glielo restituì.
Piegò la testa di lato: anche l’altra fece la stessa cosa.
Sbatté le palpebre: la regina luminosa fece lo stesso.
Ma…
Infine si portò la mano al petto e indicò se stessa: la creatura che, ormai lo capiva, era riflessa in quello specchio, si indicò a sua volta.
… sono io, questa?!
Allora aprì gli occhi con violenza e si ritrovò nella sua camera inondata dalla luce del mattino.





 

Continua...





 

Nota dell’autrice: la stesura dell’ultimo capitolo è stata veramente infernale. Mi sento di dare la colpa all’università, da quando ci sto dentro non riesco più a scrivere come prima.
Qualcuno avrà capito che la sottoscritta ha un carattere leggerissimamente pendolare: a volte la mia radice sadica mi riempie dell’irresistibile desiderio di sangue che mi porta a scrivere a raffica di scannamenti degni dell’Aliens di Cameron, altre volte ho un bisogno irrefrenabile di anestetizzarmi e farmi quaranta pagine di linguaggio dell’interiorità. Beh, ora lo sapete XD
E anche se fra le note c’è scritto ‘introspettivo’, il che dovrebbe preparare a sufficienza la pazza gente che decide di leggere, mi sono spaccata l’anima per ridurre il superfluo che potrebbe rendere la lettura troppo lenta e noiosa. E sinceramente non credo di esserci riuscita.
Ma anche se sto passando un periodaccio decisamente indesiderabile, tra esami da rifiutare, hard disk resettato (con tutti i file irripetibili che ci stavano dentro), uno studio che farebbe impallidire Leopardi e un canale squartato da un qualche aborto umano che non aveva niente di meglio da fare che segnalarmi e farmi rimuovere 15 video a caso… non sentitevi in colpa a darmi il colpo di grazia (tanto non credo che attualmente le cose mi potrebbero andare peggio XD), se lo ritenete necessario. Tutti noi autori emergenti abbiamo bisogno delle vostre critiche, non c’è niente di offensivo nel farle, al contrario: tutti sono capaci di fare un complimento, la critica invece richiede sincerità e cervello. Io l’ho capito soprattutto dopo l’uscita di settima generazione (sempre se quella si possa chiamare generazione…). E se, invece, questa storia vi è piaciuta e vi piace ancora adesso, lo devo anche e soprattutto a un ferocissimo utente che venne anni fa su uno sperimentale e malfatto primo capitolo (è la sindrome da prima pagina, sta dappertutto, non solo su EFP XD) e non si fece problemi a sbattermi in faccia tutto ciò che c’era da aggiustare (anche se invece di aggiustare io ho proprio ricominciato da zero).
Detto questo, per il momento mi ritiro nel mio letargo di studio matto e disperatissimo a tempo indeterminato; ma non preoccupatevi, il tempo per osservare di nascosto i vostri movimenti più sospetti lo trovo, sempre e comunque ;-)

   
 
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