Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: VvFreiheit    21/01/2018    5 recensioni
La Mikandy più lunga che sia mai stata scritta.
La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015.
1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione.
.
Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercando da quella posizione i suoi occhi, che ancora se ne stavano in contemplazione del pavimento della stanza. “Scusami” disse scandendo con dovizia ogni suono di quella parola.
“Grazie” rispose Mika inaspettatamente. Andy sorrise chiudendo gli occhi e lasciando che nella maglia del moro si celasse la sua emozione, stringendolo più forte a sé. Un grazie che esprimeva tanto, che possedeva nel profondo tutti le ragioni per cui era venuto alla luce in quel preciso istante.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Meno male…” commentò Mika, prendendo posto meglio su di lui, di nuovo pervaso da quella sensazione di quiete che precedeva il sonno.

“Meno male un corno!” si lamentò Andy, tirandogli un riccio, respirando anche lui quell’aria di rinnovata tranquillità, e fregandosene beatamente dell’orologio che segnava le 9:30, chiudendo gli occhi e tornando a dormire come aveva avuto in programma di fare da quando si era coricato.

-*-*-*-*-*-

“Ricordami di chi è stata l’idea di invitare la mia famiglia?” chiese Mika chiudendo con uno sbuffo il cellulare dopo la chiamata della madre.

Andy alla guida della loro auto si voltò per un nanosecondo verso di lui con un ghigno divertito.

“Hmmm, fammi pensare… tua?” chiese palesemente imputandogli le colpe del suo lamentarsi.

“Appunto, chi è causa del suo mal pianga sé stesso…” ammise infatti il moro, sprofondando nel sedile con un sospiro.

Fermarsi all’autogrill con quella mandria era già sconvolgente di suo, dover essere anche il referente linguistico per ogni desiderio anche minimo e inutile, espresso da ciascuno di loro, per Mika era davvero insormontabile.

Si fece coraggio, ricordandosi che avevano solo una settimana da trascorrere in terra italiana, dopodiché avrebbe potuto finalmente sbolognare la patata bollente a Andy.

“Spiegagli che io il caffè lo voglio lungo con poco latte e una lacrima di sambuca” chiese la zia, prendendolo per un braccio e trascinandolo davanti al bancone del bar, dove il barista squadrava i suoi numerosi e rumorosi clienti con sguardo tra lo spaventato e lo spazientito.

“Ma che schifo zia!” le fece presente con una smorfia, sbrigandosi poi a tradurre, prima che la donna gli inveisse contro.

Dopo aver ordinato ed aver accontentato anche suo fratello, sua mamma, il compagno di Yasmine e sua nonna, si voltò trovando Andy che con un pollice in su e un sorriso annuiva alla barista, che teneva tra le mani esattamente la focaccia imbottita che il ragazzo le aveva indicato e la bottiglietta di acqua frizzante che gli aveva richiesto con un “blue water” scandito piano, riferito al colore della bottiglietta che la distingueva dalla naturale di colore trasparente.

Le passò una banconota da 20€, sicuri sarebbero bastati e preso il resto, ringraziò con un “grazie mile” per poi rifugiarsi in un tavolino a sgranocchiare.

Mika copiò esattamente le sue mosse, andò dalla barista, ordinò una focaccia ed una bottiglietta di coca cola e lo raggiunse prima di venir rapito di nuovo.

“Mi sto chiedendo come mai non possono essere tutti come te… Seriamente!” sussurrò Mika, facendosi intendere solo da lui, spigando le richieste articolate e strane dei suoi parenti, facendolo ridacchiare.

“Voi Penniman siete una razza complicata per definizione…” lo sbeffeggiò, tornando a sorseggiare la sua acqua. “In te vedo qualche spiraglio di miglioramento di tanto in tanto, sai a stare con me… ma sei ben lontano dal perdere questa peculiarità solo vostra…” gli ricordò, rimarcando le sue stranezze che quotidianamente aveva imparato a sopportare.

“Ti stavo facendo un complimento, non puoi semplicemente ringraziarmi senza puntualizzare oltre…?” gli chiese Mika roteando gli occhi verso il cielo, ricevendo un occhiolino complice.

“Tra una settimana tocca a te bello mio…” gli ricordò in risposta, assumendo una faccia di chi sa già avrà la propria rivincita.

Andy però scoppiò in una sonora risata e dopo essersi pulito la bocca dalle briciole gli fece presente due piccoli dettagli “Punto primo, non sarò il solo a parlare greco, ma ci sarà anche mio papà, mia sorella, e Nikolas, e punto secondo, sono i TUOI parenti… Con me non hanno la confidenza per rapirmi e trascinarmi a loro piacimento dove vogliono!” concluse con un piglio furbo.

Il riccio infatti aggrottò le sopracciglia e assottigliò gli occhi minaccioso “I libanesi sono molto espansivi, ci mettono un attimo ad entrare in confidenza, lo sai benissimo.” Lo liquidò quindi, approfittandone per recuperare la sua nonnina ultraottantenne e accompagnarla a salutare Andy.

Il biondo ricambiò il saluto sgarbato della donna, cercando di non farsi intimorire, sapendo da Mika come quel suo modo di fare dittatoriale fosse il suo modo quotidiano di approcciarsi alla gente.

Poi la carovana si rimise in marcia verso il Piemonte dove avrebbero trascorso due giorni prima di fare tappa verso il lago di Como e poi iniziare la discesa verso il sud Italia.

I due giorni a Santo Stefano di Belbo furono seguiti da complimenti su tutti i fronti. Non c’era un membro di quella grande famiglia che non fosse rimasto colpito dalla location, dal panorama, dal buon cibo, dalla cordialità della gente e Mika si sentiva assolutamente in paradiso.

La vacanza stava procedendo decisamente bene, c’erano momenti di convivialità condivisa e altri in cui i giovincelli se la davano a gambe dal resto della famiglia, per divertirsi per contro proprio senza madri e zie alle calcagna.

La confidenza mancante tra i fidanzati e le fidanzate dei Penniman, e il resto del gruppetto di ragazzi ci mise davvero poco ad instaurarsi e da quel momento quando erano tutti insieme, nessuno era certo di potersi voltare senza ricevere una goliardica coltellata alle spalle, che fosse sotto forma di palloncino d’acqua, di ciabatta o di qualunque altra cosa.

Lasciarono il bellissimo relais, dopo una colazione tutti insieme e il solito scambio di battute acide da parte della nonna verso i nipoti.

 
Andy alla guida manteneva lo sguardo attento alla strada senza proferir parola da almeno un quarto d’ora, percorrendo l’autostrada poco trafficata che li stava per condurre vero il lago di Como.

Mika, intento a leggere le news dal cellulare, all’inizio non ci fece caso, poi drizzò le antenne e notando il piglio troppo concentrato e pensieroso, per ciò che stava facendo, lo interrogò sicuro della legittimità della sua domanda.

“Qualcosa non va? Mia nonna ti ha spaventato?” chiese cercando di indagare su quel peculiare silenzio, facendo seguire la sua richiesta da una piccola battuta innocente, ricordando lo scambio di opinioni tra i giovincelli e la anziana donna di quella mattina.

Andy sorrise, ma senza troppa enfasi.  Mika l’aveva buttata lì come un atto di spiritosaggine, ma la verità era che la ottantaquattrenne lo inquietava davvero, non tanto per il suo modo di fare, quando per le sue opinioni primitive e obsolete convinzioni da donna dei primi decenni del secolo passato.

Quando qualche giorno prima era stato notiziato dell’aggiunta delle due zie, delle cugine e della nonna – con tanto di badante al seguito – era stato troppo preso dalle paranoie linguistiche di Mika, per pensare alle implicazioni che avere quella donna con loro in viaggio avrebbe potuto portare, e parlarne con lui.

Era indubbio che il compagno, nonostante il caratterino hitleriano, adorasse sua nonna, se non altro per il coraggio e la forza che aveva avuto a imbarcarsi su una nave dal Medio Oriente agli Stati Uniti e lì costruirsi una famiglia e una vita d’accapo.

Non gli sembrava quindi troppo giusto esporre le sue sensazioni dissonanti in un momento di tranquillità com’erano quei giorni di vacanza.

“Aspetta! Ci ho azzeccato? Ti spaventa mia nonna?” ma prima che potesse negare ridendoci su, inventandosi una piccola bugia, l’acume incontrastabile del suo ragazzo, colpì nel segno.

“Andy, davvero?” chiese di nuovo, mentre il biondo, intento a cercare una risposta da dargli, gli lasciava sempre più adito alle sue supposizioni, ormai innegabili. Mika aveva infatti collegato quel suo insolito tacere al piglio intimorito che non meno di mezz’oretta prima gli aveva visto in viso, durante lo scambio di opinioni con la nonna.

“Non è che mi spaventa” rispose dando un segno di vita che potesse frenare un minimo le perspicaci deduzioni logico-emozionali che Mika stava tessendo ad arte.

“Ma prima di questi giorni, l’ultima volta che l’ho vista è stato a Beirut qualche anno fa, e se ben ricordo non era rimasta proprio contenta della notizia che gli avevi dato…” gli fece tornare alla mente, rievocando la cena seguita al concerto nella sua città natale, in cui aveva annunciato a tutta la famiglia di essere il suo compagno.

Lo sguardo truce della donna e di alcune delle figlie ce l’aveva ancora impresso a fuoco. Forse Mika l’aveva rimosso, ma lui no, se lo ricordava fin troppo bene.

“So che bene o male tutti hanno assimilato la cosa ormai, ma ho una certa paura a lasciarmi andare con te, anche solo a qualche battuta, quando lei è nei paraggi, figuriamoci sfiorarti…”

Gli confessò apertamente, esternando quel timore e quella sensazione di disagio che provava anche solo a sedergli vicino, in presenza della signora.

“Non vorrei riaprire dibattiti inopportuni” spiegò candidamente, sapendo che comunque nonostante le sue ammissioni, Mika non avrebbe potuto fare poi molto per ovviare a quel suo senso di inadeguatezza, che da troppo tempo aveva sepolto.

Dopotutto doveva solo tenere duro altri 5 giorni, e poi a Bari si sarebbe imbarcata insieme alle zie e alle cugine di Mika su un aereo verso gli Stati Uniti, lasciando campo libero a tutta la loro spontaneità di coppia.

Il riccio si diede dell’idiota per non aver colto prima quel suo sentimento e le sue difficoltà fino a quel momento, talmente sommerso dalla caciara della sua gente, da non accorgersi che la persona a lui più cara ne stava soffrendo.

“Sono stato un idiota a non capirlo amore, scusami” si lasciò andare Mika, scusandosi a cuore aperto per quella sua disattenzione.

“Non ha senso che ti scu…” iniziò Andy, ma Mika lo interruppe, poggiando una mano sulla sua.

“Non dovevo permettere a mia mamma di intromettersi nelle nostre vacanze e allargare l’invito. Avrebbe dovuto almeno parlarmene con un certo anticipo se proprio!” si accigliò momentaneamente, imputandole la colpa.

“Non colpevolizzarla, mettiti nei suoi panni” lo fece però riflettere il biondo, prendendo le difese della suocera. “Tua nonna ha più di 80 anni, vacanze con tutta la famiglia come queste le organizzate una volta ogni 10 anni se vi va bene.

Non è una sua colpa quella di volersi godere tutti quanti voi riuniti in questo modo in giro per il mondo. Non è detto che tra 10 anni lo possa ancora fare con lei” gli ricordò con una semplicità disarmante, portando a galla un ragionamento maturo e estremamente empatico che a Mika scaldò il cuore.

“La mia non vuole essere una critica. Hai voluto sapere cosa mi passasse per la testa e te l’ho detto. Non voglio un processo di colpa a nessuno.” Argomentò la sua spiegazione, mettendo bene in chiaro come non fosse sua intenzione intromettersi nelle vicende familiari dei Penniman, che sapeva essere complicate anche senza infiltrazioni esterne.

Mika percepì uno sfarfallio allo stomaco. Lui sarebbe stato pronto a recriminare a sua madre quella mancanza, ma Andy aveva saputo capire la situazione con un’empatia inarrivabile.

Non sapeva come dirgli quanto fosse grato del fatto che glie ne avesse parlato in quel modo e che avesse capito anche molto più di quanto avesse fatto lui, senza che nemmeno gli avesse chiesto di farlo.

“Ti amo da morire, lo sai questo vero?” gli disse solamente, ricordandogli con estrema semplicità e schiettezza, come proprio quella sua intelligenza empatica fosse quanto di più prezioso c’era in lui.

Andy si aprì in un sorriso, avvolto dallo stesso sfarfallio che aveva colpito anche lui, cogliendo la motivazione di quelle parole dette proprio in quel momento, nel bel mezzo di quella discussione. 

“Anche io, e so che, nonostante io capisca le ragioni di tua mamma, tu non lo avresti fatto se avessi avuto voce in capitolo” lo rassicurò, facendogli comprendere come fosse conscio che quella situazione non fosse stata creata volontariamente da lui.

“E poi non preoccuparti che nei prossimi giorni se mai ne sentissi il bisogno, potrei sempre essere io a rapirti per qualche ora e a sottrarti dalle attenzioni amorevoli dei tuoi familiari!” inarcò un lato delle labbra in un mezzo sorriso sornione, lanciandogli un’occhiata che gli raddoppiò lo sfarfallio e gli incrementò seppur di poco il ritmo dei battiti.

“Spero vivamente ne sentirai il bisogno allora…”  ricambiò lo sguardo malizioso, avvicinandoglisi e lasciandogli una traccia di tre baci delicati sul collo.

“Sto guidando Moosie, se ci tieni alle nostre vite, non andare oltre!” si raccomandò il biondino, passandogli una mano dietro la nuca, carezzandogli i ricci, sperando ascoltasse il suo consiglio e lo facesse alla svelta.

Mika trattenne gli istinti controvoglia e si lasciò andare sul sedile di nuovo, togliendo le scarpe e piazzando i piedi sul cruscotto, facendo sbuffare il compagno che lo liquidò con un “da un estremo all’altro tu eh” per poi sorridere e provocargli una risata birichina.

 
Il primo giorno a Como passò con l’allegra famigliola che si sistemò nella lussuosa villa che Mika aveva affittato e dove decisero di passare un pomeriggio in compagnia.

Il giorno successivo, Mika decise invece di animare un po’ di più le cose e uscito al mattino presto con Andy, si recò presso il noleggio non distante, prendendo in affitto una stupenda barca a motore a due piani con tanto di skipper per fare il tour delle isolette e delle ville del lago, tornando raggiante ad annunciare la cosa a tutta la combriccola.

Poche ore dopo erano infatti tutti in mezzo al lago, dapprima ammirando Villa Oleandra e compagne, per poi sbarcare su un paio di piccole isolette e pranzare con ottimi piatti di pesce in un ristorantino con vista mozzafiato, da cui si alzarono alle 2 passate, sazi come mai.

Era una giornata stupenda e Mika iniziava un po’ ad annoiarsi, o forse annoiarsi non era il termine più appropriato. Sentiva come un bisogno di solitudine, qualcosa che molto spesso bramava, quando passava periodi circondato da gente, ma allo stesso tempo si sentiva l’argento vivo addosso e iniziava a bramare una corsetta in solitudine. Corsetta che vedeva assai impossibile su una barca in mezzo a un lago.

Non ci mise molto però l’idea del secolo a venirgli. “Vieni a nuotare?” chiese a un Andy spaparanzato al sole sul tetto della barca, nel reparto giovani.

Il greco aprì un occhio riparandosi dal sole, “Ho mangiato un sacco, non ce la posso fare al momento e nemmeno tu dovresti” rifiutò mettendolo in guardia. La sola idea di schiodarsi da dov’era, gli faceva infatti venire la nausea.

“Sto qui a vedere se riesco finalmente a battere la tua abbronzatura.” Tornò alla loro vecchia questione.

“Sì e poi ha una partita a poker in sospeso con me!” gli ricordò Fortuné alzando appena gli occhiali da sole.

“Ok, allora ci vediamo dopo” annunciò lasciando il parentado e scendendo le scalette in cerca degli skipper.

La barca era infatti provvista di un gommoncino usato per raggiungere le piccole spiagge e uno skipper appositamente per quello.

Lei pensa che noi posiamo andare da una parte all’altra del lago, io nuotando e lei con gomone?” chiese al ragazzo, spiegandogli la sua idea della traversata da costa a costa. Il giovane annuì ben contento di potersi rendere utile e in un attimo si diressero al gommone pronti a partire.

L’idea di farsi un paio di chilometri a nuoto lo elettrizzava, quasi dovesse salire su di un palcoscenico.

Si buttò nelle acque trasparenti del lago e iniziò immediatamente a percorrere con ampie bracciate il tratto di lago che lo separava dalla costa, non era molto distante e l’idea di raggiungerla a nuoto lo faceva sentire potente, esattamente come quando aveva scalato quella vetta sull’Himalaya non troppi mesi addietro. 

Stile libero, rana, dorso, alternò tutti gli stili a lui conosciuti e azzardò anche un tratto a delfino, ricordandosi solo in quel momento quanto impegnativo fisicamente fosse.

Si sentiva libero e carico, in un’ora scarsa arrivò dall’altro lato del lago e decise senza pensarci due volte, di invertire la marcia e tornare dall’altra parte, allungando però il percorso aggirando una isoletta piuttosto distante.

Per oltre due ore nuotò a varie velocità senza mai sentire la stanchezza, gli ultimi tre quarti d’ora però, iniziò ad avvertire un calo di zuccheri e dovette rallentare notevolmente la marcia. La sua barca non era troppo lontana e nonostante lo skipper gli chiese più volte se volesse salire a bordo del gommone, vedendolo affaticato, non si lasciò convincere, e determinato, si fece forza continuando senza mai fare nemmeno una piccola pausa, certo che se si fosse fermato sarebbe stata la sua fine.

L’ultimo chilometro dei quasi 10 percorsi, gli costò più fatica di tutti gli altri messi assieme. Il suo punto di arrivo gli sembrava rimanere sempre alla stessa distanza e le bracciate con cui si ritrovò a concludere, quasi gli mandarono a fuoco i muscoli di braccia, gambe, schiena e torace. Ma non mollò.

Quando raggiunse la scaletta della barca gli passò quasi per la testa di baciarla come un pellegrino con la sua terra tanto agognata, ma si rese conto di avere a malapena le forze per salirla.

Nonostante l’immane stanchezza fisica però si sentiva invincibile e assolutamente soddisfatto di sé stesso.

Quando lo skipper gli annunciò il traguardo dei 10 km, si lasciò cadere con un sorriso sul divanetto in pelle a poppa, fiero di sé stesso e finalmente a corto di quelle energie che per tutto il giorno si era sentito addosso come un animale in gabbia. Quella nuotata gli era valsa un benessere mentale inarrivabile.

Benessere mentale che fu però spazzato via quando il sole sul suo viso venne oscurato da una figura che in piedi con le mani sui fianchi lo osservava truce.

“Vado a fare una nuotata?? Tre ore??” gli chiese il biondo sibilando piuttosto adirato, picchiettando il dito indice sul polso in direzione di un orologio inesistente.

Mika lo squadrò con aria innocente, chiedendosi cosa avesse fatto di male, lo aveva anche invitato ma non era voluto venire.

“Ti ho chiesto se volessi venir…” rimarcò infatti, sicuro che fosse quello il problema che lo aveva fatto tanto innervosire.

Andy però si portò le mani in viso scuotendo la testa. “Come fai a non renderti conto della cazzata che hai fatto?!” sussurrò con sguardo torvo, mantenendo quella posizione di sfida marcata, mentre Mika si metteva a sedere non senza una certa fatica.

“Ma Andy cosa?” gli chiese tranquillamente, ignaro davvero di ciò che stesse blaterando.

“Non puoi andare a farti 10 chilometri a nuoto dopo nemmeno un’ora che ti sei alzato dalla tavola dove hai mangiato antipasto, primo, secondo, vino a volontà e dolci a buffet. Mai sentito parlare di congestione?!” gli chiese risoluto. Andy aveva praticato molti sport e prendeva la cosa molto seriamente, c’erano regole che odiava venissero prevaricate, e abbuffarsi prima di un’intensa attività fisica era decisamente in cima alla sua lista delle cose da non fare mai.

Quante volte aveva battibeccato con Mika, quando partiva senza riscaldamento per una corsa a perdifiato o si intestardiva a raggiungere un obbiettivo pur a energie esaurite. Conosceva il suo istinto, la perenne sfida con sé stesso di cui lo sport faceva parte, ma gli avevano sempre insegnato fin da piccolo che quando si tratta di grandi fatiche, la prudenza e la coscienza dei propri limiti devono venire prima di tutto.

Ma per Mika l’orgoglio e le sfide con sé stesso, venivano prima di ogni pensiero razionale, soprattutto quando era solo.

“Sì, hai ragione. Ma sto bene, vedi?” gli concesse, rivolgendo poi una mano verso sé stesso, indicandosi come a dimostrargli le sue parole.

“Ne parliamo tra qualche ora!” tagliò corto però il greco, tornando verso la sua postazione sul tetto insieme agli altri, mentre Mika si godeva la sua tranquilla dormicchiata post fatica, prima di rientrare in villa. Erano ormai le 6 di sera inoltrate e il noleggio era valido solo fino alle 7. 

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Buon pomeriggio!!
In questi giorni di latitanza dei nostri beniamini, finalmente la storia si anima con i vostri tanto adorati Penniman.
Attenendomi a fatti reali o quasi, immagino sapre già come andrà a finire questa storiella della gita sul lago... quindi non c'è gusto a tenervi sulle spine!
A presto e vi aspetto con le caramelle.
Vv
  
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