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Autore: Civaghina    22/01/2018    1 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Venerdì, 13 luglio 2012

È la quarta mattina che mi sveglio qui, e oggi la routine è finalmente cambiata: non arriva nessun infermiere a svegliarmi presto per prendersi il mio sangue e la mia pipì, così riesco a dormire fino alle 8, quando entra un'inserviente con la colazione; una vera colazione: tazza di latte (caldo e senza caffè, ma pazienza), una banana, e due fette di pane con la marmellata di fragole; niente a che vedere con il tè annacquato e i tre biscotti senza sapore di ieri mattina; comincio a mangiare la banana, mentre aspetto che il latte si raffreddi almeno un po'.

Un messaggio di Giulia mi avvisa che lei e gli altri sono già all'aeroporto, in attesa del volo per Milano che dovrebbe partire tra circa un'ora.

Io sarei dovuto essere con loro, e invece no.

Mi abbandono contro i cuscini e rimango a fissare il soffitto, mentre vengo assalito improvvisamente dalla tristezza, dalla malinconia e dalla rabbia, facendo passare in secondo piano il fatto di aver potuto dormire un po' di più, di non essere stato bucato, e la mia vera colazione dopo tanti giorni.

La familiarità che comincio a provare in questa stanza, non fa che alimentare il mio malessere: non voglio che questo luogo diventi familiare.

E poi ho paura di perdere Giulia. Ho pensato che tenerla lontana avrebbe reso tutto più facile, ma forse non mi sono mai sbagliato così tanto.


Buongiorno Leo!” esclama Ester entrando nella stanza, circa mezzora più tardi.

Ciao...” risponde lui senza troppo entusiasmo.

Beh?! Hai insistito tanto per avere da mangiare... e lasci tutto lì?!” gli chiede lei, notando il vassoio con la tazza ancora piena di latte, e il pane con la marmellata intatto.

Mi è passata la fame” dice Leo, piegando le labbra in una smorfia di disappunto.

Ester si siede sul letto, vicino a lui, e lo guarda con tenerezza: il Leone senza corazza sembra così piccolo, fragile, indifeso; la fissa, con i suoi splendidi occhi verdi, ma rimane in silenzio.

Che succede?” gli domanda facendogli una carezza sulla fronte, spostandogli un po' indietro i capelli; sono così belli i capelli di Leo, e all'idea che presto li perderà, Ester si sente invadere da un profondo senso di ingiustizia. “Ti senti bene?”

Sì… sto bene…” risponde lui sfregandosi un occhio. “Sono solo…”.

Distrutto.

Annientato.

Fottuto.

Stanco. Sono solo parecchio stanco di stare qui.”

Capisco...” sospira lei. “Ed io che pensavo di trovarti di buon umore oggi: niente prelievo, niente flebo, super colazione...”

Sì, infatti era così... Ma dopo...” dice lui agitando in aria una mano che lascia poi ricadere contro il materasso. “Dopo mi sono ricordato che a quest'ora dovevo essere all'aeroporto, per andare a Londra con i miei amici, e invece sono costretto a stare qui. E quando loro torneranno chissà io come sarò ridotto...”

Beh, è normale che questa cosa ti preoccupi, però...”

No! Non sono preoccupato! Sono incazzato!” esclama Leo alzando la voce. “Mi son già rotto le palle di tutto! Delle analisi, delle visite, di stare male, di non potermene andare da nessuna parte, di non poter dormire nel mio letto, di non poter mangiare a casa mia! Sono stufo!”

Leo, tu hai ragione ma...”

E che me ne faccio della ragione, eh?! Sempre qua sto! Con questo odore schifoso di disinfettante, con questo coso piantato nella mano! E sono solo all'inizio! Mi aspettano veramente mesi di merda. Di stra-merda. La Lisandri è stata fin troppo onesta con me..., ma del resto gliel'ho chiesto io...".

Leo distoglie lo sguardo e si morde nervosamente il labbro inferiore; Ester non sa se dirgli qualcosa possa davvero servire, ma ci prova lo stesso: “L'importante è guarire, no? L'importante è venirne fuori!”.

Lui si gira di nuovo a guardarla, e ha negli occhi quella tempesta che lei ormai riconosce: “E quanto mi costerà venirne fuori, eh?!” le domanda con voce strozzata. “Quante cose dovrò perdere?!”

Ester gli risponde con tono fermo, ma pieno di tutta la sua dolcezza: “Leo, nessuno dice che sia facile. È difficilissimo, ma tu ce la farai.”

Non lo so...” dice lui scuotendo la testa con rabbia.

Sei arrabbiato, e va bene! Anche la rabbia è un modo per affrontare tutto!”

Ma io non volevo affrontare tutto! Io non voglio affrontare tutto! Odio non avere scelta! Io questa vita non l'ho scelta! Non la voglio!”; Leo è sul punto di piangere, ma stringe i pugni pur di non farlo; chiude gli occhi per un istante e scuote piano la testa, per poi riprendere a parlare, a fatica: “E poi... chi me lo dice che alla fine ne verrò fuori, eh?! Magari lotterò e soffrirò per niente, come mia madre!”; guarda per qualche istante davanti a sé, restando in silenzio, come se continuare a parlare fosse troppo.

Troppo pesante.

Troppo doloroso.

Ester resta lì seduta, immobile, fissando il pavimento, chiedendosi cosa fare, cosa dire; di pazienti lei ne ha conosciuti tanti, e le è sempre venuto facile affezionarsi, a volte anche troppo, perché Ester è fatta così: lei nel suo lavoro ci mette sempre tutta se stessa, senza riserve. Quando si tratta di bambini o di adolescenti poi, l'istinto materno, che ha innato da sempre, amplifica ulteriormente le cose, ma come Leo non c'è mai stato nessuno: da quando l'ha visto, la prima volta che sua madre è stata ricoverata, ha subito provato empatia per quel ragazzo sempre allegro e sorridente, ma con la tempesta in agguato dentro agli occhi; ci ha messo un attimo a volergli bene, e adesso le fa male vederlo così; d'istinto si sporge verso di lui, vorrebbe abbracciarlo, ma si trattiene: sa che, se lo facesse, non riuscirebbe più a tenere a distanza il dolore di Leo; lo assorbirebbe tutto e scoppierebbe a piangere, e il suo ruolo non glielo permette, così si limita a prendergli una mano.

Ho paura di morire”: la voce di Leo risuona incerta e smarrita, come l'espressione sul suo viso e, ancora una volta, ad Ester appare fragile come un bambino. “Come si fa a non avere paura?” mormora, quasi senza voce.

Questo non lo so” gli risponde lei con onestà. “Penso sia impossibile non avere paura, però so che si può andare avanti, nonostante la paura. Lo vedo succedere di continuo: persone che stanno così male da non avere più speranza, ma che nonostante tutto vanno avanti ancora, anche quando non ce la fanno più.”
“Sai, la Strega mi ha detto che comunque andrà a finire... la morte non mi farà più paura” dice lui ostentando un sorriso. “Forse dovrei farla a lei questa domanda.”
“Io non credo che la paura di morire possa passare, però si può imparare a conviverci. Penso fosse questo che intendeva la Lisandri.”

E pensi che io possa imparare a farlo? A conviverci?”

Non ne ho dubbi”.

Ester sorride e anche Leo sorride, di riflesso. “Perché sono il re Leone?”

Esatto” sorride ancora lei, stringendogli forte la mano.


Molto bene” dice la Lisandri leggendo la mia cartella clinica. “Vedo che stamattina sei sfebbrato, quindi l'antibiotico sta facendo il suo dovere. Nessun effetto collaterale? Niente mal di testa, stanchezza, dolori articolari?”

Niente.”

Ne sei proprio sicuro? Non mi sembri molto in forma.”

Sto bene” ribadisco con fermezza; di certo non mi va di parlare con lei dei cazzi miei.

D'accordo” sospira lei passando la cartella allo Spilungone. “Se dopo pranzo sei ancora sfebbrato dirò ad Ester che può lasciarti libero di andartene in giro, va bene?”

Certo che va bene! E posso andare anche agli Ulivoni o in palestra?”

No, non esageriamo”.

E ti pareva!

Lo sa che se continua a obbligarmi a stare a riposo... diventerò tutto flaccido?!” esclamo alzando la voce.

Sei giovane e forte. Non diventerai flaccido in così poco tempo. Il tuo tono muscolare mi pare sia messo benissimo, stai tranquillo. Adesso ci sono altre priorità.”

Sopravvivere, ad esempio?” le chiedo con tono di sfida.

Lo Spilungone mi guarda allibito, mentre la Lisandri non si lascia minimamente turbare. “Ad esempio” mi risponde sostenendo il mio sguardo, per poi voltarsi verso lo Spilungone: “Dottore, per quanto crede sia necessario continuare con la cura antibiotica?”.

Lui come sempre diventa di mille colori: “Quante somministrazioni sono già state fatte?”

Tre” gli rispondo io.

Tre” gli conferma la Lisandri. “Due volte al giorno a partire da ieri mattina.”

Direi di completare il ciclo di sei, con l'ultima somministrazione domani sera.”

Sì, sono d'accordo”; lei trattiene un sorrisetto soddisfatto, e poi guarda di nuovo me. “E se rimani sfebbrato fino a domenica mattina, potrai andartene a casa per un paio di giorni, d'accordo?”

Quindi niente chemio lunedì?” le chiedo sorpreso.

No. Abbiamo preferito rimandarla a mercoledì, dato che sono subentrati i problemi al fegato e la febbre”.

Dopodomani posso andarmene a casa.

E avrò due giorni in più di respiro prima della chemio.

Ci devo credere per davvero o faccio meglio a non illudermi?

Quando arriva la cattiva notizia?

Uno dei tre farmaci, quello che ti ha causato l'intossicazione epatica, verrà sostituito da un altro, che tende ad avere effetti collaterali meno gravi ma che si manifestano con più frequenza”.

Ecco la prima!

Quindi? Ancora vomito?”

È probabile, sì.”

E poi? Che altro?”

Nessuno può saperlo con esattezza, Leo.”

Ma andiamo, sì che lo sa! Non stia a raccontarmela!”

Non te la sto raccontando. Sono tre farmaci diversi e ognuno ha il suo effetto. Lo stesso farmaco in persone diverse ha effetti diversi. C'è di più: lo stesso farmaco nella stessa persona ha effetti che non sono sempre uguali. Magari il tuo corpo la prima volta ha reagito in un modo e la seconda reagirà in modo diverso. È inutile che adesso io ti elenchi tutti gli effetti possibili, senza sapere quali avrai.”

Oh grazie! Mi lascia l'effetto sorpresa!”.

Lei ignora la mia battuta, prende di mano a Carlo la mia cartella, scrive qualcosa, poi la mette a posto. “Stavolta preferisco ricoverarti il giorno prima per poter ripetere gli esami del sangue, tenere monitorata la febbre e fare un'ecografia al fegato per accertarci che sia tornato tutto a posto. E ti anticipo già che voglio tenerti monitorato anche dopo la chemio, quindi dovrai fermarti almeno per un paio di notti”.

Ed ecco la seconda cattiva notizia!

Almeno per un paio di notti.

Come minimo mi terranno di nuovo qui per altre quattro.

Quando oggi viene tuo padre mandalo in studio da me”.

Se oggi viene mio padre.


Come previsto, mio padre non viene; pare sia molto impegnato sul lavoro negli ultimi giorni, ma io so benissimo che si tiene impegnato apposta.

Per avere una buona scusa.

Per non dover vedere me chiuso qui, come lei.

Per non dovermi guardare negli occhi e rivedere il dolore che ha passato lei.

Per non doversi scontrare con la mia forza, che ho preso da lei.

Per non dovere accettare il fatto che mi sono ammalato e che potrei morire, proprio come lei.

Asia invece arriva.

Asia arriva sempre.

Stanca e stravolta, dopo una giornata passata all'università per dare un esame, ma arriva. E ha avuto persino il tempo di preparare i miei biscotti preferiti: quelli al cioccolato super burrosi che le vengono così bene.

Da' qua che li nascondo subito, prima che mi dicano che non posso mangiarli!” esclamo prendendo il contenitore.

Lei ride: “Guarda che l'ho già chiesto ad Ulisse se puoi mangiarli, altrimenti, senza permesso, mica te li davo!”

Ah, ecco...” dico mangiandone uno. “Mamma mia, che buoni! Sei troppo brava!”.

Asia intanto comincia a raccattare i vestiti che ho lasciato in giro, infilandoli dentro una borsa di plastica. “Li porto a casa a lavare. Il resto dov'è?”

C'è un sacchetto in bagno, appeso dietro la porta” rispondo mangiando un altro biscotto.

Lei va in bagno, recupera il sacchetto con la roba sporca, e lo infila dentro alla borsa. “E la maglietta rossa con il leone?”

Se l'è portata via Giulia...”

Oooh! Che cosa dolce!” esclama lei poggiando la borsa con i vestiti sporchi vicino alla porta, per non dimenticarsene. “È partita stamattina, vero?”

Sì...” sospiro malinconico mentre addento un altro biscotto.

Vacci piano! Tra un po' ti portano la cena!”.

Io mi stringo nelle spalle: “Nel mio stomaco c'è sempre posto per i biscotti al cioccolato!”

Ti dispiace che sia partita?” mi domanda poi sedendosi sul mio letto. “Avresti preferito che non andasse?”

Sono stato io ad insistere. Sono state settimane massacranti... e ho pensato che con lei lontana sarebbe stato più facile.”

Ma adesso ti manca già...” dice Asia sfiorandomi una mano.

Ho paura che la nostra storia non ce la fa... a resistere a... questo...”.

Asia mi abbraccia ed io la stringo, respirando lentamente, cercando di mandare via questo fastidioso groppo che ho in gola.

Le storie vanno come devono andare, fratellone” mi dice lei staccandosi da me e accarezzandomi un braccio. “A prescindere da tutto. A volte non si riescono a superare nemmeno ostacoli piccolissimi, altre volte invece si superano anche quelli enormi.”

Sì ma..., mi fa rabbia non poter sapere come sarebbe andata... senza la Bestia di mezzo”.

Asia mi appoggia le mani sulle spalle e indietreggia un po', cercando il mio sguardo: “Questo non potrai mai saperlo, ed è inutile tormentarsi. Non è questo il momento di fare il bilancio sulla vostra storia. Sono giorni che sei costretto a stare qui, sei stanco, nervoso, rimanda i pensieri a un'altra volta. Aspetta.”

Aspetterò” dico con aria corrucciata, mentre lei mi accarezza la nuca.

Asia sorride, poi mi prende una mano: “Vuoi che rimanga qui con te, stanotte?”

No, non ce n'è bisogno, grazie” le rispondo stringendo la sua.

Come vuoi. Non insisto perché tanto so che con te è inutile!” esclama alzandosi dal letto. “Adesso vado dalla Lisandri, Ulisse mi ha detto di passare da lei.”

Pare che domenica mi lascia venire a casa, se non mi torna la febbre.”

Oh, bene!” sorride lei, dandomi un bacio.

Sì, ma solo per un paio di giorni, poi si ricomincia con la chemio e tutto il resto...”

Forza fratellone! Dai, domenica ti preparo tutti i tuoi piatti preferiti!”.

Sarà bello essere finalmente a casa, anche se due giorni sono davvero pochi.

Ma non voglio pensarci adesso.

Adesso voglio godermi il presente.

Pensare che tra due giorni dormirò nel mio letto, mangerò le squisitezze preparate da Asia, nessuno verrà a svegliarmi, e sarò libero di andare dove mi pare.

Al futuro ci penserò poi.

Il futuro può aspettare.

   
 
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