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Autore: Sistxh    22/01/2018    4 recensioni
La prima cosa che dovete sapere leggendo queste pagine è che non vi è un vero e proprio inizio.
Né una vera conclusione, a dirla tutta. Questa è la mia versione dei fatti.
Questi sono i miei pensieri riguardo tutto quello che è successo e se state leggendo, quasi sicuramente è perché sono morto.
Qui non ci sono bugie -che è poi quello che vi aspettavate da me- solo la realtà dei fatti.
Diffidate di quello che vi è stato detto, l'Oscurità è una forza cosmica troppo vasta per comprenderla.
Datemi del cinico, freddo e disumano ma io non sono mai stato tipo da accettare le cose sulla parola,
e si dà il caso che sappia che la mia storia non è altro che trama e metafora, che è poi ciò di cui sono fatte tutte le storie.
E ciò che le rende un successo o una leggenda, è come la storia viene raccontata, e da chi.
Altri hanno già avuto l'occasione di raccontare la loro versione dei fatti.
Questa è la mia. Partiamo dal giorno in cui sono nato...
-Benjamin Solo.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Principessa Leia Organa
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Klelia and Kylo Trilogy.'
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                                                                                    III.

"Ho sempre apprezzato il mio equilibrio instabile fra saggezza e follia, serenità e rabbia, perché era l'unica cosa che mi dimostrava di essere reale... di avere un cuore. 
In un universo parallelo ero letale come un incendio, mentre per i miei genitori non riuscivo ad andare oltre l'essere quieto e solitario. Non sarei mai stato come loro. Prendiamo Han... io l'ho sempre guardato senza vedere in lui mio padre; forse perché lui si osservava allo specchio e non si vedeva genitore. 
Non ho mai pensato al futuro, non ho mai avuto un obiettivo preciso.
Ma quando Snoke prese il controllo sulla mia mente e sul mio corpo compresi il mio scopo. 
Finalmente trovai il coraggio di andare contro tutto quello che mi era stato autoimposto..."
 

Era il sorgere del giorno, quando ancora la natura era addormentata, una sensazione che rapisce la mente ed estasia gli occhi. Ascoltando i suoni, fu catturato da mille sensazioni che in quell’istante lo circondarono, perdendosi pensando a quello che avrebbe dovuto affrontare quel giorno.
Guardò fuori dalla finestra, ed i raggi del sole nascente gli colpirono la faccia e il torso nudo, tonico, inusuale per un ragazzo della sua età. Il chiarore dell’alba accarezzava dolcemente gli alberi, campi, boschi e vallate facendoli riaffiorare dall’oscura luce della notte. E lui era lì, sentendosi parte della natura, ad assistere al lento risveglio di quest'ultima in un susseguirsi di ombre e luci che davano origine a un nuovo giorno, trasformando il paesaggio in un’immensa tavolozza di colorate emozioni.
Ben passò dall’oscurità della notte ai primi sorrisi del mattino, vedere la natura che piano piano prendeva vita scrollandosi di dosso le scure ombre della notte, gli diede una sensazione di libertà allo stato puro, era ossigeno che arriva al cuore. 
Quando il sole sorse, la vide. La luce del nuovo giorno, quindi decise che era ora di alzarsi; si sollevò, il cuscino zuppo di sudore tratteneva i ricordi della nottata infernale che aveva passato... di nuovo lo stesso incubo. Le uniche cose che riusciva sempre a ricordare erano il volto sfocato di una ragazza, una terribile sensazione di freddo e Snoke che gli girava intorno... per poi strappargli il cuore.
 
Ben si stiracchiò sbadigliando, poi scosse il capo cercando in qualche modo di sistemare la grande matassa di capelli che si ritrovava. Si diresse verso il bagno, una volta entrato si fermò ad osservare la propria immagine riflessa nel grande specchio orizzontale posto sopra al lavandino. Le poche ore di sonno erano estremamente visibili sul suo volto; le profonde occhiaie emanavano stanchezza da tutti i pori. Sospirò poggiando entrambe le mani sul bordo in marmo, rimase immobile per un attimo, i muscoli della schiena tesi, poi cominciò a slacciarsi i pantaloni, essi caddero a terra e lui ne uscì fuori.
Completamente nudo si mise sotto la doccia. L'acqua, a primo impatto fredda, gli fece venire la pelle d'oca; i capelli bagnati gli caddero sulla fronte. Li spostò all'indietro con una mano mentre con l'altra prendeva il bagnoschiuma per lavarsi. Se ne mise un po' sul palmo della mano e iniziò a sfregarsi le varie parti del corpo. L'aumento della temperatura aveva dato ai sui muscoli l'opportunità di rilassarsi; erano molli e Ben quasi non percepiva il tocco della mano sulla sua stessa pelle. Si sentiva come se si trovasse in una regione aspaziale e trascendentale; tutti i problemi che lo tormentavano erano scomparsi, ora c'era solo il rumore dell'acqua che continuava a scendere insistente dal soffione, bagnando il suo corpo tonico. L'acqua divenì bollente e il ragazzo si ritrovò circondato dal vapore, non vedeva più nulla e si lasciò andare.
Chiuse gli occhi e gettò il capo all'indietro, l'acqua rovente gli stava bruciando la pelle e gli provocava dolore, ma era un dolore sopportabile, anzi quasi piacevole, che gli fece sentire qualcosa, tipo una scossa. Era molto accaldato. Viaggiando con la mano, arrivò agli addominali, sotto ai quali sentiva un fuoco ardente come la sua anima che già aveva conosciuto nei primi anni della sua adolescenza. Piano scese con la mano verso il basso, vicino al suo sesso ancora dormiente. Sentì il bisogno di toccarsi, di liberarsi. Lo prese con la mano e cominciò a muoverla lentamente. Su e giù, su e giù... il movimento era lento, perpetuo, inarrestabile. Cercò qualcosa o meglio qualcuno a cui pensare; era indeciso, alla base c'erano molte ragazze ma la sua mente lo indirizzò verso un ricordo recente... la ragazza del sogno. Non avendo visto il suo volto si concentrò sul ricordo delle sue curve. La mano continuava a muoversi su e giù, su e giù; roteava il polso con movimenti lenti ma decisi, il respiro si fece pesante. Immaginò la ragazza nuda, inginocchiata davanti a lui, coi seni sodi completamente esposti, i capezzoli che lo chiamavano. Su e giù, il ritmo accelerò.
 
D'un tratto era come se lei fosse veramente lì con lui; gli accarezzava le braccia, i pettorali e riuscì ad avvolgerlo con il suo tocco veemente. Si appoggiò a lui, i seni premevano sul petto del giovane, quest'ultimo sperava di poter riuscire a vedere dei lineamenti formarsi sul volto della ragazza, ma niente. Di lei, di questa ragazza sconosciuta che sentiva così vicina vi era solo il corpo, che in quel momento lo stava facendo impazzire. Lei poggiò la mano su quella del ragazzo e iniziarono a muoverla insieme. Su e giù, il ritmò accelerò, ora senza sosta, all'improvviso accadde, serrò gli occhi ed emise un profondo gemito mentre raggiungeva il culmine. Il suo seme finì sulle pareti della doccia e continuò per altri secondi, durante i quali l'azione si affievolì fino a fermarsi del tutto. La mano cadde sul suo fianco, riaprì gli occhi e notò che la ragazza era svanita. Di nuovo. Era rimasta solo la sua figura a muoversi, assecondando il respiro che tornava normale; tutto si era svolto in un silenzio irreale ma presto tornò alla realtà.

                                                                                                                 ***

 
Appena uscito dalla doccia, si era messo un asciugamano intorno alla vita ed era passato sotto l'asciugatore, poi era tornato in camera per scegliere cosa indossare e preparare il borsone con le cose da portare all'Accademia. Ora invece si stava dirigendo verso la grande sala da pranzo dove sperava di trovare i suoi genitori ad aspettarlo per fare colazione.
 La prima cosa da fare era scusarsi con la madre per il comportamento che aveva avuto. Aveva sbagliato e lo ammetteva; Leila voleva che lui si aprisse con lei e le dicesse quello che stava passando, ma lui aveva preferito chiudersi in sé stesso, facendola preoccupare. Era una cosa che faceva spesso, quando accadeva qualcosa di brutto o anche quando veniva semplicemente sgridato dalla madre, abbassava la testa e si ammutoliva isolandosi nei suoi pensieri. 
 
Ben raggiunse la sua meta, ritrovandosi di fronte alla porta della sala da pranzo. Il ragazzo subito udì una risata, quella della madre. Era un suono bellissimo che gli rallegrò il cuore; la madre rideva di rado anzi lo faceva solo quando era con suo padre. A passi incerti entrò nella sala; era molto grande e luminosa dato che vi era una grande vetrata attraverso la quale si poteva vedere tutta la base di Yavin IV. 
 Un profumo gli inondò le narici, facendogli venire l'appetito. Esso proveniva dalla grande tavola, sulla quale vi erano posate in oro e piatti di porcellana, sui quali erano servite le pietanze che stavano facendo impazzire il ragazzo. Posò lo sguardo alla fine della tavola e finalmente li vide; suo padre e sua madre intenti a mangiare e a scherzare gioiosamente. Erano passati anni dall'ultima volta che li aveva visti così.
 "Forse sono felici che io me ne vada?" pensò, ma subito scacciò via i pensieri negativi e si concentrò sul volto del padre, seduto a capotavola che avendolo notato ora lo stava chiamando.
"Ben, Buongiorno! Forza non stare lì fermo impalato, vieni a fare colazione" 
Han aveva il sorriso stampato in faccia ed era più felice che mai.
Ben invece aveva il volto impassibile e guardava la madre come per chiederle se potesse veramente sedersi lì con loro dopo tutto quello che le aveva fatto passare. 
Leila gli sorrise leggermente "Forza, vieni a sederti." lo incoraggiò, indicandogli la sedia di fronte a lei.
"Madre, io volevo chiedert-"
"Non c'è bisogno che tu mi dica nulla."
"Ma io devo chiederti scusa, il comportamento che ho avuto è stato inaccettabile."
"Ben, per me già il fatto che tu sia qui mi dimostra qualcosa."
"Ma almeno lasciami-"
"No, va bene così. Scuse accettate, ora vieni a sederti e mangia prima che il cibo si raffreddi." gli disse amorevolmente.
Ben annuì, tuttavia prima di sedersi andò dalla madre e l'abbracciò.
"Grazie." le sussurrò all'orecchio. E a Leila questo bastò.
Ben si sedette e sospirò guardando entrambi i genitori sorridendo.
Sembravano una famiglia normale. 
 
                                                                                                                       ***
 
Dopo circa una mezz'oretta, un ufficiale entrò nella sala riferendo che tutto era pronto per la partenza; il Millenium Falcon era stato controllato da cima a fondo."Grazie, ora può andare." pronunciò Leila e l'uomo uscì a passo svelto.
Ben si alzò in piedi emozionato "Viaggeremo sul Millenium Falcon?"
"Ovvio, è l'unica astronave sulla quale mi sento al sicuro." rispose Han.
"Quel pezzo di ferraglia..." mormorò Leila sottovoce.
Han si alzò di scatto "Cosa hai detto!?" 
Leila rise "Ho detto che quello è un pezzo di famiglia!"
"Sono sicuro che questa non sia la verità." Han le si avvicinò e le diede un bacio veloce sulla guancia.
La madre come sempre era bellissima; come una stella brillava di luce propria. 
Han si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla "Un giorno ti insegnerò a pilotare." 
Ben non rispose, semplicemente lo abbracciò forte.
Leila li guardava incantata e ricordò di aver già visto una scena del genere.

 
Quando Ben aveva all'incirca sei anni, tutte le volte che Han tornava a casa passava ore a giocare con lui sul letto. Han si stendeva, prendeva suo figlio e lo sollevava sulla sua testa; poi lo faceva ondeggiare mentre imitava il suono di un motore. Ben inconsapevolmente usava la Forza, facendo fluttuare i suoi giochi in aria.
Ed era quella l'immagine che Leila ricordava; quella di suo figlio e suo marito felici che giocavano mentre la Forza li circondava proteggendoli. Aveva le lacrime agli occhi. Tutti erano al corrente del suo caratteraccio, ma nessuno notava che nelle situazioni peggiori lei cercava sempre di forzare un sorriso, continuando a lottare per mostrare a tutti che era una combattente. Andava avanti come se si trovasse perennemente in un campo di battaglia, e sperava che un giorno avrebbe cominciato a vivere invece si sopravvivere. 
   
 
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