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Autore: potterhead_slytherin    22/01/2018    0 recensioni
Secondo una leggenda molto antica, una strega, curiosa di scoprire i segreti della natura di questo mondo, si era imbattuta in tre esseri viventi: lupi, pesci e aquile. La donna rimase affascinata dalle loro doti, perciò convinse gli animali a lavorare per lei, permettendogli di esaudire il loro più grande desiderio. Alla fine chiesero tutti la stessa cosa: volevano un corpo umano. Il lupo divenne licantropo ma con dei denti aguzzi e affilati. L'Aquila divenne fata, mantenendo le sue possenti ali. Anche il pesce assunse sembianze umane pur avendo delle branchie sul collo. I servi della strega cercarono di adattarsi al mondo degli umani, ma questi non li accettarono. Il licantropo per vendicarsi delle ingiustizie dell'uomo iniziò uccidere chiunque avesse intralciato il suo cammino. La fata, al contrario, si impegnò per proteggerli. Il pesce rimase indifferente. La strega decise quindi di creare una nuova creatura, per riportare l'ordine: i cacciatori. Sono trascorsi diversi secoli dalla Rinascita, ma qualcosa è cambiato. Cosa succederebbe se un cacciatore decidesse di cancellare tutto ciò che gli era stato insegnato pur di stare con la donna che gli ha fatto riscoprire cosa significa amare e apprezzare ogni istante come se fosse l'ultimo?
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo
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CAPITOLO

4

 

Le sento. Sono nell'aria, sul pavimento, strisciano come vipere, nere più della notte che mi avvolge.
Lambiscono la pelle, lambiscono il mio cuore che freme dal terrore.
Mi sussurranno all'orecchio, tentano di circuirmi con belle parole e false speranze.

Eppure sono solo ombre.

So che non devo lasciarmi incantare. Non sono sicura di cosa accadrebbe se cedessi, per questo non posso concedermi il lusso di scoprirlo. Se mi lasciassi andare mi prenderebbero, ed é l'ultima cosa che voglio perciò devo scappare.

Fuggire.
Come una gazzella fugge dal leone.

Ascolto il mio respiro affannoso, l'unico suono a spezzare il silenzio di questa perenne notte senza stelle. E poi c'è il cuore. Lo sento battere ovunque. Nel petto. Nei polsi. Nella mente. Un tamburo sempre più rapido che si schianta con il rumore sordo prodotto dai miei passi.

Non so da quanto sto correndo. Non so dove sto andando. Forse non importa neanche.
Ma so per certo che fermarsi non é un'opzione che si possa prendere in considerazione e tanto basta per convincermi a continuare a mettere un piede davanti all'altro.

E quindi vado avanti. Percorro questa strada di arbusti. Sento le spine dei fiori appassiti che mi si conficcano nella carne. La mia pelle si riempie di ferite. Ma il dolore che mi provocano non è minimamente paragonabile alla paura che mi attanaglia lo stomaco.

E poi, non so ne come ne perchè, mi si parano davanti tre porte. Appaiono tanto confortanti quanto inquietanti. La prima è interamente coperta da rose rosse. A seguire ve ne è una di legno. Ed infine una grigio scuro.

Mi avvicino a quella situata all'estrema sinistra. I petali dei fiori sono iniettati di sangue, mentre le spine, le foglie ed i gambi incorniciano il serramento che si staglia innanzi a me. Il desiderio di toccarle, anche solo per un istante, mi attanaglia le viscere, perciò mi avvicino per esaudire il mio sogno proibito. Sono bellissime e nonostante sappia meglio di chiunque altro che le apparenze ingannano, non riesco a fare a meno che rimanerne affascinata.

I miei polpastrelli sfiorano la morbidezza dei petali di rosa, accarezzandoli con delicatezza.
Decido che questa è la porta giusta, ma non appena la mia mano entra in contatto con la maniglia, questa mi si sgretola tra le dita.

Il mio respiro si interrompe per un attimo interminabile e a questo punto mi rendo conto che non sempre seguire l'istinto è la scelta migliore, per quanto sia la via più facile.

Perciò punto l'attenzione alla mia destra.
La porta, interamente in legno scuro, è evidentemente danneggiata.
Nella sua parte più bassa sono presenti innumerevoli solchi.
Osservandoli attentamente, noto una cosa che mi fa gelare il sangue nelle vene.
Artigli. Quattro lunghi artigli affilati delineano ciascuna insenatura, distendendosi in striature irregolari e talvolta sovrapposte.
Con il cuore in gola e dita tremanti, mi avvicino alla maniglia.
La abbasso, ma di nuovo questa si tramuta in polvere non appena viene a contatto con la mia mano.

Non mi resta altro che fare un altro tentativo.
La mia ultima speranza ha la consistenza forte e duratura del ferro battuto.
Sono presenti diverse ammaccature e senza alcun dubbio non mancano le croste di ruggine sulle varie giunture e negli angoli. In alto vi è una piccola finestrella, simile ad una grata, dalla quale non si intravede altro che oscurità. Le sbarre in ferro che la compongono la rendono simile ai cancelli di una prigione.

Tutto ciò non fa altro che farmi sentire ancora più in trappola di quanto io non sia già.
E questo non mi piace, proprio per niente.
Ma la vita non è fatta solo di cose belle, e bisogna imparare ad accettarlo.
Così come bisogna rassegnarsi al fatto che non esistono le mezze misure.
Felicità e tristezza, gioia e dolore, giusto o sbagliato. Bene contro male.
Posso solo sperare in un intervento divino.

Abbasso la maniglia, composta da bulloni scassati assemblati alla meglio, mentre le mie labbra ringhiano per il terrore e l'agitazione. Il tempo sta per scadere, devo sbrigarmi. Un cigolio stridulo annuncia l'apertura di quella porta che potrebbe essere la mia salvezza come la mia disgrazia.

Non ho tempo per pensare ad altro.
Mi ci butto dentro, richiudendo il serramento alle mie spalle con un tonfo sordo.
Ma il sospiro di sollievo non fa in tempo a sfuggirmi dalle labbra, che vengo assalita dalle ombre.



NDA
A voi l'onore di commentare.
Ah, dimenticavo, tutti gli incubi verranno raccontati al presente.

 

   
 
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