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Autore: PattyOnTheRollercoaster    27/06/2009    1 recensioni
Ellen ha perso la memoria e ora vive a Daret. Quando due sconosciuti si presentano nella città lei ha un flashback. Siccome nulla la può convincere a restare a Daret, città devastata e che verrà presto invasa dagli Urgali, li segue. Così Brom ed Eragon si ritrovano appresso questa ragazza, dalla memoria perduta e dalle straordinarie capacità nell'arte della spada. Grazie al suo viaggio Ellen scoprirà il suo passato, legato con un filo sottile, ma indistruttibile, a quello di Eragon e Brom.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato Presente & Futuro'
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Capitolo 14: Di nuovo sulla strada

  Io credo che dovresti assolutamente venire. Vedere gli elfi sarà bellissimo!
  Mha … non saprei.
  Daai, altrimenti che farai? Starai qui ad annoiarti senza di noi!
  Ovviamente. Senza di voi non c’è divertimento.
“Seriamente, Ellen, io credo che dovresti venire” disse Arya prendendo parte alla conversazione. “Eragon ha bisogno di te! E’ forse l’unica persona, oltre a Saphira, che conosce veramente bene”.
  E ci tengo a ricordare che io non sono del tutto una persona.
“Si b’è … sai cosa voglio dire” disse l’elfa guardando la dragonessa con rimprovero. Ellen si limitò a rosicchiarsi un unghia e a fissare il tavolo intorno al quale lei e Arya erano sedute.
Erano passate quasi due settimane da quando Arya era tornata dal tunnel dicendo che non aveva trovato traccia di Murtagh o degli Urgali. Ora Eragon e Saphira dovevano partire per Ellesmera, con Arya e Orik. Prima del rapimento di Murtagh (perché si rifiutava di credere che fosse morto) pensava, addirittura sperava, che Eragon le chiedesse di viaggiare ancora con lui e Saphira. Ora non aveva voglia nemmeno di pensare all’eventualità di un viaggio. Forse, si diceva, Murtagh tornerà nel Farther Dur. Anzi, probabilmente tornerà qui, non ha nessun’altro posto dove andare! Aveva esposto questa sua teoria solo ad Eragon, che aveva gentilmente cercato di dirle di non avere troppe speranze. Quando la ragazza si era infuriata e, infine, intristita, il ragazzo aveva rinunciato a qualsiasi forma di consolazione che non fosse il semplice abbraccio o la frase fatta come: andrà tutto bene, vedrai.
  Dai Ellen! Non vuoi vedere gli elfi? E … Ellesmera? Lo sai che è fatta tutta di …
“D’accordo” la ragazza cedette all’improvviso. A dir la verità per sfinimento: erano giorni che Arya e Saphira la tormentavano! “D’accordo verrò! Ma solo se la smetterete di dirmi quanto è bella Ellesmera, di cosa è fatta, o altro, ok?”. L’elfa e la dragonessa annuirono all’unisono poi, quando Ellen non guardava, si scambiarono occhiate complici. Sapevano che alla fine avrebbe ceduto. Nessuno può perseverare come un elfo!

Era passata qualche settimana da quando erano partiti. Tutti pensavano che fosse stato meglio per Ellen. Forse perché ora aveva uno scopo: arrivare a Ellesmera! Forse non era uno scopo molto ambito, ma almeno sembrava che il viaggiare la aiutasse. Sembrava meno triste. Eragon ringraziava il cielo di questo tutti i giorni: una Ellen triste era una Ellen pericolosa.
Avevano viaggiato da soli fino alla città dei nani, Tarnag, per ricominciare subito dopo il viaggio insieme a due nani che li dovevano condurre sani e salvi fin fuori dalla catena montuosa dei Monti Beor. Quando avevano costeggiato le montagne e di fronte a loro c’era un piccolo tratto di pianura i nani si congedarono da loro. In tre giorni circa avevano velocemente percorso quel tratto per addentrarsi poi nella foresta Du Waldenvarden.
Viaggiavano lì da due giorni ormai, costeggiando un pulito corso d’acqua. La sera si fermarono a riposare, cenarono e si distesero intorno al fuoco.
Dopo un attimo di esitazione Eragon prese in mano la spada e cominciò a maneggiarla con movimenti lenti che, man mano che continuava, si facevano più violenti e secchi. Dopo qualche minuto di quella strana danza aveva perso ogni insicurezza, ogni paura per il dolore procuratogli dalla sua ferita. Ellen lo guardava preoccupata, mentre Arya faceva finta di ignorarlo, indirizzandogli ogni tanto qualche occhiata contrariata. Non voleva dirgli di smettere, perché sapeva che prima o poi doveva riabituarsi a combattere, ma aveva anche paura che si facesse irrimediabilmente male.
Eragon torse il polso per girare la spada e, tenendo Zar’roc con tutte e due le mani, alzò improvvisamente entrambe le braccia verso l’alto. La fitta si fece sentire subito, gli attraversò la schiena come se la ferita di Durza fosse stata riaperta.
Ellen corse verso il ragazzo e cercò di confortarlo, ma non sapeva molto bene cosa doveva fare. Eragon gemeva e si agitava in terra, conscio di tutti i secondi che passavano. Anche se Saphira, condividendo il legame con lui, gli alleviava il dolore, e delle goccioline di sudore comparvero sulla fronte di Eragon. Dopo quasi dieci minuti l’attacco terminò, e il ragazzo si accasciò sull’erba con un sospiro, ansimante.
Quando si fu ripreso Arya gli mise davanti una tazza bollente di una bevanda ambrata.
“Tieni” gli disse porgendogliela. “Ti rimetterà in forze”. Eragon la prese e cominciò a bere lentamente, attento a non scottarsi.
Quando tutti furono andati a dormire Eragon si svegliò di soprassalto, sentendo qualcuno che lo chiamava sottovoce.
“Eragon! Ti vuoi alzare?!”. Il ragazzo mise la testa fuori dalla piccola tenda che avevano montato e scorse Arya ed Ellen che lo chiamavano a gesti, così uscì e le raggiunse.
“Che c’è?” chiese in un sussurro per non svegliare Orik.
“Arya ci deve dire qualcosa” disse la ragazza prendendolo per un braccio e conducendolo dietro all’elfa, che aveva già iniziato a camminare lungo il fiume. Giunsero dietro un grosso albero con nodose radici sporgenti e vi si sedettero sopra. Pochi secondi dopo giunse anche Saphira.
“Allora che c’è?” chiese nuovamente Eragon sistemandosi meglio sulle radici dell’albero e guardando Arya interrogativo.
“Prima di arrivare ad Ellesmera devo insegnarvi alcune cose”. Cominciarono così una lunga notte, nella quale Arya insegnò ad ognuno di loro tutti i saluti che gli elfi si scambiavano prima di una conversazione. La formula variava a seconda del rango della persona a cui ci si rivolgeva, del sesso, dell’età e di altri fattori. Inoltre, per segnalare che la conversazione non sarebbe stata impregnata da bugia, ci si doveva toccare le labbra con due dita. Eragon ci mise un po’ ad imparare tutti quegli schemi, ma Ellen, con stupore di tutti, li imparò subito al primo colpo.

Il giorno dopo Eragon ed Ellen ripassavano le formule da usare con gli elfi mentre camminavano per la Du Waldenvarden. Anche Orik ne approfittò per rispolverare il suo accento elfico. Era passato da poco mezzogiorno e camminavano costeggiando il fiume. Ad un tratto Arya, in testa al gruppo, si fermò e pose una mano davanti agli altri, indicandogli di non proseguire. Ellen sentì un fruscio proveniente dagli alberi e alzò lo sguardo. Non vide altro che verde e rami.
Ad un tratto una figura indistinta cadde davanti alla ragazza e si rialzò, fulminea più di un gatto. Ellen si ritrovò davanti l’essere più affascinante che avesse mai visto. Aveva la pelle di un dolce candore, gli occhi erano verdi e brillanti, i capelli lunghi e soffici, neri come l’ebano, ricadevano sulle spalle e lasciavano scoperte le orecchie a punta. Di fronte a lei c’era un elfo.
Pochi secondi dopo un’altra figura cadde affianco alla prima. Anche lui era un elfo, biondo e dagli occhi azzurri, come i principi delle favole che gli venivano raccontate da bambina. Subito, come da tradizione, si portò le dita alle labbra e pronunciò la formula voluta dalla cortesia degli elfi. Questi due rimasero sorpresi e soddisfatti che lei conoscesse il rituale e la salutarono a loro volta. Compirono il rituale anche con Eragon, Orik e Arya. Di fronte a lei rimasero fermi per qualche istante, poi le si lanciarono di scatto addosso, abbracciandola e ridendo con la voce cristallina. Quando arrivò Saphira in volo, atterrando accanto al tratto di fiume in cui si trovavano gli elfi si prostrarono alla sua presenza.
“Squame di Luce” disse il primo elfo dai capelli neri, di nome Lifaen, “E’ per noi un onore conoscerti” disse dopo che entrambi ebbero scambiato i saluti d’obbligo.
“Siamo lieti di vederti, finalmente. Sei la creatura più splendente di questa foresta” disse l’altro, di nome Narì.
  L’onore è mio, incantevoli elfi. Vi sono grata per tutte queste attenzioni, che, a dir la verità, non sono abituata a ricevere.
“Il nostro popolo capisce la vera natura della tua razza. Sei più importante del più ricco dei nostri nobili, e ti consideriamo al pari della regina stessa” disse Lifaen. Saphira grugnì soddisfatta ed emise una flebile scintilla di fumo, osservando Eragon con sguardo a metà fra il divertito e il lusingato.
“Allora, signori elfi, resteremo qui tutta la giornata a scambiarci convenevoli?” chiese Orik.
“Certo che no, mastro nano, siamo venuti apposta per guidarvi ad Ellesmera” disse Narì, l’elfo biondo. “Vogliate aspettare solo un secondo”. Lui e Lifaen sparirono nel folto della foresta, per ritornare pochi secondi dopo ognuno con in mano una piccola barchetta. Eragon si chiese quanto dovevano essere forti per riuscire a sollevare una barca ognuno, ma poi si ricredette quando, per aiutare a mettere le barche sull’acqua, ne prese una. Era leggerissima. Quando furono tutti sulle barche partirono. Orik ed Ellen viaggiavano con Lifaen, l’elfo dai capelli d’ebano, mentre Eragon e Arya viaggiavano con Narì. Saphira li seguiva in volo.
“Come fanno queste barche ad essere così resistenti?” chiese Ellen passando un dito sul legno liscio della barchetta. “Sono così leggere”.
“L’aspetto e il peso non dicono nulla sulla fattura dell’oggetto” rispose Lifaen. “Nemmeno tu sembri molto forte, eppure mi dicono che sei una delle migliori spadaccine”. Le sorrise, continuando a remare.
“Già … suppongo che tu abbia ragione” disse Ellen strofinandosi la punta del naso. “E penso di essere forte abbastanza da battere Orik in un braccio di ferro!” disse piegandosi in avanti  e poggiando il gomito su un’asse delle barca.
“Tu credi?” chiese Orik girandosi verso di lei. “Vediamo” disse tirandosi su le maniche. Si misero in posizione, prendendo l’uno la mano dell’altra.
“Pronta?” chiese Orik sogghignando.
“Io? Pronto tu, piuttosto?”. I due cominciarono improvvisamente a fare forza sull’avambraccio. Orik era indubbiamente più forte, ma per un po’ Ellen riuscì a tenergli testa. Dopo qualche minuto, alla ragazza il braccio bruciava e la mano che stingeva quella di Orik si stava intorpidendo per la stretta ferrea del nano.
“Ti arrendi o devo proprio sconfiggerti?” chiese il nano.
“Non sia mai che io abbandoni una battaglia” disse Ellen, quasi rassegnata.
“Io ti ho avvisato” disse Orik. La forza che inchiodava il braccio Ellen si fece più forte e poi la superò. Il braccio della ragazza cominciò lentamente ad inclinarsi e, dopo pochi secondi, toccò il legno della barca.
“Ah!” gridò Ellen, lasciandosi andare e sdraiandosi sulla barchetta. “Lo sapevo fin dall’inizio che era una perdita di tempo”.
“E perché hai voluto provare lo stesso?” chiese Lifaen.
“Non lo so” disse Ellen scrollando le spalle.
“Quando ti metti in testa qualcosa però, cerchi sempre di portarla a termine. Onorevole” disse Orik battendole una mano sulla gamba. “Ma un nano è fatto di pura roccia!” e rise sguaiatamente.
Quella sera si accamparono al calar del sole e cenarono. Ellen notò che anche Lifaen e Narì, come Arya, non mangiavano carne. Notò anche come l’elfa sembrava a disagio nonostante aver rincontrato i suoi simili. Pensava che, comunque, i due elfi erano ancor più delicati e misteriosi di lei. Forse era per questo che si sentiva fuori luogo. Probabilmente stare molto tempo con i Varden l’aveva cambiata.
Come se si fosse preparato a questo tutto il giorno, Narì cominciò a cantare, prima a bassa voce, come per non disturbare nessuno, poi il suo canto crebbe d’intensità, divenendo parte della natura. Anche gli animali lì intorno sembravano partecipare alla musica. Uccelli, scoiattoli e altri animali che si nascondevano nel bosco avevano unito il loro verso alla voce dell’elfo completando quella strana ma piacevole sinfonia. Senza nemmeno accorgersene, anche Ellen iniziò a canticchiare un motivetto tutto suo, distendendosi con le mani dietro la testa, a formare un cuscino, e osservando un brandello di cielo stellato che si intravedeva tra gli alberi. Quando la musica finì lei si era addormentata.
“Principessa Arya, siamo molto lieti di averti ritrovato” disse Narì a tarda notte sedendosi affianco all’elfa, parlando a bassa voce per non svegliare nessuno.
“Anche io sono lieta di rivedervi” rispose Arya cortese.
“Raccontaci cosa ti è successo da quando ci hai lasciato” aggiunse Lifaen unendosi a loro. Arya cominciò così il racconto di come aveva perso l’uovo di Saphira, della prigionia e del salvataggio di Eragon e degli altri. Poi disse del viaggio, incosciente, fino ai monti Beor e poi dai Varden, raccontò di Murtagh e della battaglia del Farthen Dur. Quando ebbe finto Narì l’abbracciò.
“Siamo molto dispiaciuti per ciò che hai dovuto passare Arya. Ti prego, resta per sempre con noi d’ora in’avanti, e ti proteggeremo”. Sciolse l’abbraccio e lei sorrise.
“Ti ringrazio, ma non credo di poter promettere una cosa del genere. Ormai parte della mia vita appartiene ai Varden, non potrei mai abbandonarli. Fra di loro ho conosciuto personalità davvero straordinarie”. Posò per un secondo gli occhi su Ellen, poi distolse lo sguardo, ma Narì se ne accorse.
“Perché quell’umana ha seguito il Cavaliere Eragon e il drago Saphira? E’ forse un’esponente della sua razza?” chiese allora.
“No. L’ho convinta io a venire. E’ una buona amica del Cavaliere e di Saphira, e si è meritata il mio rispetto. Oltretutto, vorrei tenerla d’occhio. Non posso permetterle che faccia qualcosa di sciocco: passa un momento doloroso”. Restarono in silenzio per un po’, poi Narì si alzò e si distese, poco dopo si addormentò.
“Perdonami se sono curioso, Arya” disse allora Lifaen, “ma posso sapere cosa turba un’amica del Cavaliere?”.
“Ha recentemente perso l’uomo che amava” sussurrò Arya. “Non volevo che restasse sola. E’ meglio che faccia qualcosa e che non rimugini troppo sul passato”.
“Nemmeno tu dovresti farlo, Arya” le disse l’elfo. “Comunque … i dolori di cuore si posso sempre guarire, no?” disse guardando la figura esile di Ellen che si muoveva al ritmo del suo respiro.

Avevano viaggiato per altri quattro giorni. Erano stati rallentati dal cammino che dovevano compiere nella Du Waldenvarden, con radici  e rami d’impiccio ma, all’inizio del quinto giorno, entrarono ad Ellesmera.




Ta-daaan! Siete soddifatti? Ed ecco uno spoiler sul prossimo capitolo: il titolo è Le origini ritrovate, e capirete quindi che verrà svelato il segreto di Ellen. Siete ansiosi? Siete curiosi? .... dovrete aspettare u_u Mamma mia quanto sono cattiva! XD
B'è, passiamo ai ringraziamenti:
KissyKikka: grazie della recensione! Ormai sta diventando un appuntamento sia per te scriverle che per me riceverle! XD Comunque ... ci hai proprio azzeccato quando hai detto che il dolore di Ellen non si può esprimere a parole, infatti inizialmente avevo scritto qualcosa su cosa pensasse, ma mi sembrava scontato e poco veritiero, così ho riscritto tutto concentrandomi su Eragon. Riguardo ai pensieri di Saphira verranno nella continuazione della storia, quindi dovrai ancora aspettare per sentirli, ma nel frattempo spero di riuscire ad accontentarti con il prossimo capitolo, nel quale scopriremo il (torbido?) passato di Ellen. Un bacio, ciao!
Al prossimo capitolo;
Patty. 
   
 
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