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Autore: deminamylove    24/01/2018    1 recensioni
Spesso la vita ti illude, facendoti credere che tutto ciò da te desiderato si avveri. Eppure, purtroppo, nulla dura per sempre, né un'amicizia, né un amore. O forse tutto ciò è falso? Forse la chiave di tutto è saper aspettare? Chissà.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 31
 
3 settimane dopo
 
DEMI’s POV
Erano passate 3 settimane da quando Mary era partita. Trascorrevo il mio tempo libero in quella stanza che un tempo era la nostra, distesa sul letto ad abbracciare il cuscino morbido che utilizzava lei. Riuscivo quasi a sentire ancora il suo profumo impresso in esso.
Quando le avevo confessato ciò che avevo fatto, lei era corsa via, sconvolta. Io mi ero trascinata nella direzione da lei presa e avevo origliato dalla porta del bagno in cui era entrata. Aveva vomitato molto probabilmente, e ne era seguito un silenzio tombale che mi aveva fatto accapponare la pelle. Volevo entrare, ma non avevo la forza nemmeno di alzarmi in piedi, o ruotare la maniglia e spingere la porta. Così mi ero raggomitolata lì sul pavimento, aspettandola, pensando alla stronzata che avevo fatto poche ore prima, e alle conseguenze che avrebbe comportato. Mi ero svegliata qualche ora dopo, indolenzita più che mai. La porta del bagno era aperta, ma questo era vuoto. Dopo aver perlustrato tutta la casa, mi ero resa conto che tutto quel che apparteneva a Mary, tutto quel che aveva donato finalmente vita e senso a quella casa fin troppo grande per me, era ormai scomparso.
Fu da quel giorno che iniziai a riempirla di messaggi e telefonate, ma a vuoto. Mi odiava, e non la biasimavo. Dal canto mio, avevo un cuore talmente pesante e logorato dal senso di colpa che non riuscivo a parlare con nessuno, nemmeno durante le registrazioni in studio. Tutto ciò che facevo era entrare, ascoltare le direttive del vocal coach e del produttore, ed uscire da lì. Non dormivo. Impiegavo, ormai, la notte a scrivere parole su parole, versi su versi. Trascrivevo su carta, attraverso delle canzoni, tutto il dolore che desideravo confessare a qualcuno per un supporto o, semplicemente, per il bisogno di buttar tutto fuori dal mio corpo per non esplodere. 
Desideravo solo prendere il primo volo per Milano ed andare da lei, vederla almeno un’ultima volta, magari abbracciarla e chiederle perdono… ma avevo paura. Fu dopo il passare di 21 giorni che mi venne l’idea.
 
“Pronto?...” iniziai.
“Pronto? Demi?”
“Sì, sono io. Come va Giuly?” la mia voce tremava, non la sentivo da fin troppo tempo e, dopo tutto ciò che era successo, non sapevo davvero l’idea che Giuly si fosse fatta di me.
“Ehm, bene, sì.. ehm.. perché mi hai chiamata?”
“Giuly, io… ho bisogno di parlare con lei.” Sospirai fortemente, con una tremenda ansia che iniziò a  farsi spazio nella mia voce tremolante.
“Demi io… non posso, lo sai”
“Giuly, ti prego…”
“Demi, Mary non sta bene… e io non posso fare altro che incolpare te per tutto questo. Non ho niente contro di te, ma non puoi chiedermi un favore del genere. Sarebbe davvero troppo per lei e io non ce la farei a vederla crollare ancora di più. Queste tre settimane sono state davvero orribili.” A quelle parole sentii una crepa formarsi nel mio cuore. Mary stava male, ed era tutta colpa mia.
“Giuly, so che ho combinato un casino e che ho fatto soffrire Mary fin troppo… ma devo parlarle, devo sentire la sua voce, devo almeno provare a risolvere questa situazione… non posso vivere più così.” Una lacrima solcò il mio viso a quelle parole, ed iniziai davvero a pregare dentro di me che Giuly mi aiutasse a mettermi in contatto con lei.
“… va bene, ti darò il mio indirizzo, attualmente Mary vive da me… ma se dovesse andar male qualcosa, sarò io stessa a buttarti fuori da casa mia a calci, intese?” la sua voce prese una piega molto più dura e forte a quest’ultima precisazione, e fu lì che capii quanto Giuly tenesse davvero alla sua migliore amica.
“Mio Dio Giuly grazie, non te ne pentirai, te lo prometto.” Un enorme sorriso comparve sul mio viso facendosi strada tra le lacrime. Non appena terminai la chiamata mi adoperai per trovare un volo per Milano, sarei partita anche quel giorno stesso, avevo bisogno di raggiungere la persona più importante per me in quel momento.
 
Dopo 10 ore infernali di volo arrivai in aeroporto. Ero distrutta, non dormivo da quasi 20 notti, ma non aveva importanza. Quando il taxi mi lasciò all’indirizzo che mi aveva dato Giuly, era tardo pomeriggio lì in Italia. Ogni singolo muscolo del mio corpo iniziò a tremare, tanto che arrivare di fronte all’ingresso del palazzo in cui vi era l’appartamento di Giuly mi costò non poca concentrazione. Quando suonai al citofono quasi sperai fosse proprio Mary a rispondermi, ma ovviamente non fu così. Dopo essere entrata ed aver preso l’ascensore per arrivare al quinto piano, finalmente mi ritrovai a bussare a quella porta. La proprietaria mi aprì con un sorriso stanco, ma dopo tutto sincero, che cercai di ricambiare al meglio.
“Demi…” mi disse abbracciandomi velocemente. Poco tempo prima, probabilmente, sarebbe scoppiata a piangere al solo sentire il mio nome, ma la situazione era totalmente cambiata. La vedevo sciupata in viso, con un sguardo talmente spento da crearmi un’ulteriore desolazione nel cuore.
“Ciao Giuly, mi sei mancata…” dopotutto era vero, non la vedevo dal mio ultimo concerto a Los Angeles.
“Anche tu, prego accomodati.” Mi rispose cortesemente. Non appena varcai la soglia, il mio sguardo iniziò a vagare ovunque, immaginando in quale delle stanze potesse essere Mary, sempre se fosse in casa. Nonostante il mio reale interesse nel trovarmi in quel posto, non potei non notare l’accuratezza che caratterizzava quell’appartamento, dove dominava un arredamento moderno di un colore estremamente scuro, ma notevolmente elegante.
“Prima che tu me lo chieda, sì, Mary è in casa, sta dormendo. In effetti è nella sua stanza da quando siamo tornate quella notte dall’America.”
“Vuoi dire che non è mai uscita da questa casa?” le chiesi con sguardo sconvolto.
“Demi, non è mai scesa da quel letto, se non per ovvie necessità…” quella risposta mi spiazzò completamente.
“Ma come…”
“Ha praticamente smesso di vivere. Mangia a malapena, passa quasi tutto il giorno tra le coperte per cercare calore, è stanca persino per parlare… io non so davvero più che fare. Per questo quando mi hai chiamata, una parte di me non faceva altro che sperare che mi convincessi a farti venire qui…” mi spiegò Giuly con una voce completamente spezzata dal dolore che stava vivendo nel vedere la sua migliore amica ogni giorno in quelle condizioni, senza riuscire a far nulla per lei.
“So benissimo che tu sei uno dei motivi che ha fatto scattare in Mary questo meccanismo di autodistruzione, ma sono ormai convinta che tu sia anche la sua unica speranza per aiutarla ad uscirne… quindi va’, è nell’ultima stanza a destra infondo al corridoio.” Terminò, indicandomi la direzione per raggiungere la persona che amavo.
Giunta davanti a quella porta, non sapevo più come si bussasse, così decisi di entrare e basta. Feci ogni movimento ed ogni passo con estrema lentezza, sentendo il mio cuore battere all’impazzata, ma quando vidi quel corpo esile su quel letto, quasi mi si fermò in petto. Di quel braccio che fuoriusciva da sotto le coperte, potei vedere unicamente una mano scoperta, quasi scheletrica. Era quasi di un grigio cadaverico, proprio come il suo viso. Sembrava semplicemente morta. Mi si strinse il cuore a quella vista, tanto che una lacrima rigò il mio viso. Senza pensarci ulteriormente mi distesi dietro di lei, che mi dava così le spalle in quanto girata da un lato, e la circondai molto delicatamente con un braccio, nel tentativo di stringerla a me. Non percepì la mia presenza, in quanto il suo corpo non si mosse di un centimetro nonostante il mio braccio, così decisi di non svegliarla ed aspettarla, cercando di trasmetterle tutto il calore del mio corpo, dandole magari un po’ di quella vita che stava ormai abbandonando. Passarono parecchi minuti, prima di addormentarmi, per la prima volta dopo tanto tempo.
 
Pian piano, iniziai a percepire leggeri soffi di aria calda contro il mio viso, così iniziai ad aprire lentamente gli occhi. Dovetti sbattere ripetutamente le palpebre per rendere nitida la figura davanti a me. Fu così che potei ammirare due grandi occhi castani fermi lì, a fissarmi. Non appena realizzai a chi appartenessero quelle iridi, due lacrime scesero lente sul mio viso, e la stessa Mary iniziò a piangere copiosamente.
“Demi…” sussurrò tra i singhiozzi e fu in quel momento che la strinsi forte a me, rischiando quasi di farle del male per quanto fosse diventata piccola ed fragile, come fosse pronta a spezzarsi da un momento all’altro.
“Ssh, amore sono qui, sono qui…” poggiai il mento sul suo capo, mentre la sentivo rannicchiarsi sempre di più contro di me.
“Demi…” continuava a ripetere, per non so quanto tempo, ed io non facevo altro che abbracciarla e piangere in silenzio per quanto mi fosse mancata. Dopo un po’ i singhiozzi terminarono e calò il silenzio in quella stanza. Io continuavo ad accarezzarle la schiena da sopra la maglia, arrivando a sentire le vertebre sporgenti che la attraversavano.
“Tesoro?” chiesi, all’improvviso.
“Mhmh?”
“Puoi anche mollare il colletto della mia maglia, non scappo mica.” Affermai divertita da quel suo gesto. Mi stava quasi strangolando per quanto lo tenesse stretto nel pugno della sua mano. A quelle parole lo lasciò immediatamente, e quando mi scostai leggermente per vederla in volto, un leggero rossore colorava le sue quasi inesistenti guance.
“Scusa…” io sorrisi inevitabilmente a quell’imbarazzo che trapelava dal suo sguardo basso. Istintivamente poggiai una mano sul suo viso, ed iniziai ad accarezzarlo delicatamente col pollice. Sentii il suo corpo irrigidirsi, e le labbra serrarsi a quel mio gesto.
“Che ore sono?” chiesi quasi tra me e me, cercando con lo sguardo un orologio in quella stanza.
“Ha importanza?” chiese in risposta lei, cercando di allontanarsi da me, ma le mie braccia non avevano la minima intenzione di lasciarla andare.
“Beh, io ho fame.”
“Forse c’è Giuly in cucina, chiedi a lei.” Ormai era diventata una vera lotta tra lei, che si dimenava cercando di liberarsi dalla mia stretta, ed io, che non glielo permettevo.
“Io volevo mangiare qualcosa con te”
“Non ho voglia di mangiare”
“Perché no?”
“Lasciami!” sbottò lei, ormai scura in viso per il nervosismo.
“Ti lascerò se verrai in cucina e mangerai qualcosa con me.” Risposi io convinta. Lei mi guardò e non appena realizzò che non aveva speranze di liberarsi, sbuffò rumorosamente. A quel punto la lasciai, e mi alzai felice dal letto, aspettando facesse lo stesso. Mary si mise a sedere con fatica, e portò le ginocchia al petto, abbracciando le proprie gambe piegate.
“Cosa aspetti?” le chiesi confusa, mentre il mio sguardo passava in rassegna tutto il suo corpo. Era davvero troppo magra, e la preoccupazione che sentii dovette percepirla anche lei, in quanto tirò improvvisamente le coperte su di lei, per nascondersi alla mia vista.
“P-puoi… chiamare Giuly?” mi domandò piano, distogliendo lo sguardo dal mio.
“Perché?”
“Puoi chiamarla e basta?" la fissai per qualche secondo, continuando ad avere uno sguardo confuso. Vedendo che non mi decidevo a chiamare la sua amica, sospirò frustrata.
“Devo cambiarmi i vestiti” disse alla fine, quasi imbarazzata.
“Hai bisogno di aiuto?”
“Sì, ma non del tuo.” Rispose, ancora più imbarazzata di prima. Ci rimasi tremendamente male, non si fidava più di me ed era una situazione che non riuscivo proprio ad accettare. Nell’ultimo periodo in cui era stata a casa con me, l’avevo sempre aiutata a fare cose del genere, mentre ora sembrava quasi avere timore di me, come se fosse una completa sconosciuta a doverla svestire.
“Mary, ti prego, so di aver tremendamente sbagliato, sono venuta qui per questo, ma…”
“Non è questo…” mi interruppe subito lei “…solo che… ti prego, puoi far venire Giusy?” mi supplicò, ora facendo incontrare il mio sguardo con il suo. Alla vista di quegli occhi così affranti, non potei fare altro che sospirare ed uscire dalla stanza, più triste che mai, per raggiungere Giuly.
Ritornammo da Mary insieme, solo che la sua amica entrò in stanza dirigendosi con passo sicuro verso di lei, mentre io rimasi sullo stipite della porta.
“Tesoro, tutto okay?” le chiese subito.
“Sì, devo solo cambiarmi” a quelle parole, vidi Giuly annuire convinta e girarsi verso di me per raggiungere la porta ed iniziarla a chiudere, dicendomi di aspettarle in cucina, che avrebbero fatto subito, finché la mia visuale su Mary non fu totalmente coperta. Rassegnata ed a pugni stretti, non potei altro che fare come mi aveva detto, aspettando con un macigno nel cuore che sarebbe stato difficile da eliminare.

Spazio autrice: sinceramente non ho idea di come finirà la storia, non ho idea di quanti capitoli scriverò prima della fine e soprattutto quando li scriverò dato che ho davvero poco tempo per lo studio, ma proverò a continuarla  e ad aggiornarla al più presto :)
Mary
  
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