Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Minina    25/01/2018    0 recensioni
[Reincarnation!AU, Modern!AU]
Jean, un mediocre studente di giurisprudenza con la passione del disegno En Plain Air.
Marco, un giovane iscritto al conservatorio con il sonno tormentato da incubi di una vita passata.
Le loro vite si intrecceranno grazie ad un tentativo di trasloco notturno, portandoli a percorrere assieme una strada tutt'altro che priva di ostacoli.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 1.



 
“Finalmente”

La giornata era  volta al termine e con questo tutti i doveri che la vita impone ad un ragazzo dell’età di Jean Kirschtein:  le lezioni, lo studio, lo stare a sentire le idiozie di quella banda di idioti che incredibilmente chiamava amici. Tutto finito. Ora non ci sarebbe stato altro che lui, la doccia e chissà quale porcheria che avrebbero trasmesso in televisione, il tutto accompagnato da una ciotola bella grande piena di pop-corn.  Abbandonata la borsa con libri e appunti per terra si diresse verso il bagno iniziando a far scorrere l’acqua in attesa che diventasse calda, si spogliò dei jeans e della maglia scura, fece partire la sua playlist preferita e Ciao mondo!  
Non era stata un giornata terribilmente piena e stancate, tuttavia sentiva comunque il peso delle ore trascorse sulle spalle, lasciando così che l’acqua calda e il profumo del bagnoschiuma le portassero via.

Jean era uno studente della facoltà di Giurisprudenza, non uno dei più brillanti ma nemmeno tra i più scarsi. La sua schiettezza abbinata alla testardaggine facevano di lui un buon elemento all’interno dell’università, tuttavia peccava di impegno nello studio che risultava troppo approssimativo per l’entità degli esami. Insomma, era la personificazione del “Ha le capacità, ma non si impegna”  e ora che non aveva prove a ridosso il giovane decise di approfittarne per passare una serata all’insegna della tranquillità.
Così a petto nudo, pantaloni da ginnastica, capelli arruffati e bagnati, pop corn e senso di liberà,  Jean si lasciò cadere a peso morto sul divano prendendo al volo il telecomando che per il peso aveva fatto un piccolo balzo.

“Sta sera lo sfondo questo divano”  sospirò sorridendo  “Allora, allora, vediamo un po’ che squallori mi  proponete oggi”  borbottò iniziando a fare zapping da un canale all’altro alla ricerca di qualcosa che potesse soddisfarlo.
Telegiornali. “Ma neanche per idea!”  fece voce grossa.
Film romantici. “Sicuro nella vita reale le cose andrebbero cosi” commentò ironico iniziando a canzonare i personaggi cercando di imitarne la voce  -Hanna io ti amo-  ne uscì con tono baritonale -Ti amo anche io Franz!- proseguì la scenetta scimmiottando una voce di donna  -Ti prego prendimi con te nel tuo modo fatto di povertà e zero aspettative, facendomi lasciare il mio straripante di ricchezza, feste, vita da nababbo e uomini mille volte più piacenti e con più carattere di te!- “Ma fammi il piacere” rise a commedia conclusa.
Film comici. “Non fanno ridere”
Documentari. “Accidenti, come ho fatto a vivere fin’ora senza saper nulla sulla vita del Drago di Komodo? Beh ormai è tardi, continuerò nella mia ignoranza faunistica”
Reality Show. “C’è qualcuno che sta litigando?” Jean prestò giusto un pochino della sua attenzione verso lo schermo dove, raccolti attorno al falò, stavano sedute quelle che sembravano essere due squadre opposte. Una ragazza magrolina dai lunghi capelli neri si alzò di scatto lanciandosi conto un’altra concorrente che presa alla sprovvista finì per cadere gambe all’aria portandosi la corvina con lei. Nel giro di pochi secondi le squadre si erano divise in -quella che cercava di separare le due ragazze che si tiravano i capelli a vicenda- e –quella che inveiva a caso contro concorrenti a caso-.  “Oh là, finalmente!”
Jean si rilassò ingurgitando un pop-corn dietro l’altro mentre la lite tra quelli che a parer suo altro non erano che dei trogloditi non accennava a volgere al termine.
Pugno dopo pugno, sberla dopo sberla e urla dopo urla, si iniziò ad intravedere la fine della mastodontica lite correre parallela con la voglia di Jean di rimanere a fissare lo schermo, finendo per decidere di terminare la visione di quel programma dal profondo spessore culturale optando per un perfetto binomio “the caldo e brezza estiva”.

Si diresse vero il piccolo spazio dell’appartamento dedicato alla cucina porgendosi verso una delle ante della credenza dove afferrò una tazza che, teoricamente,  un tempo sarebbe dovuta essere di colore giallo. Vuoi o non vuoi ognuno di noi pur avendo in casa un quantitativo di tazze da the che va da un minimo di cinque a un massimo di infinito finisce sempre per scegliere la solita, quella preferita che sembra scaldare la bevanda e avvolgersi attorno alle mani come nessun’altra potrebbe mai fare.
Come di consueto Jean optò per un infuso al bergamotto. Il profumo sprigionato dalla miscela si fece strada nelle narici del ragazzo sin dal primo istante in cui intinse la piccola sacca nell’acqua calda spingendolo ad ispirarne profondamente l’aroma.
Aprì la porta finestra che dava al cortile del complesso condominale appoggiandosi al parapetto del piccolo poggiolo beandosi della leggera brezza estiva e perdendosi ad osservare il cielo nero trapuntato di stelle. Non vi era neanche una nuvola. “Domani splenderà il sole” pensò ad alta voce.
Dopo aver bevuto un sorso della bevanda fumante chiuse gli occhi alzando il volto verso il manto nero, rimanendo solo coi suoi pensieri e rilassando ogni singolo muscolo del proprio corpo. “Ah, che pace”.

Pace che durò non più di pochi secondi.

Un tonfo sordo riecheggiò per il pianerottolo provocando un leggero sobbalzo nel giovane il quale, deciso a mantenere il suo stato di trance, non diede troppo peso a quel fastidio provocato sicuramente da qualche vicino che male aveva calcolato le misure del letto. Jean sospirò nuovamente, tornando a concentrarsi solo sul brusio delle cicale e delle foglie mosse dal vento.
Questa volta furono due i colpi, uno in successione all’altro.
“Giuro che se ne sento un altro io..”

Bom! Ed eccolo la, il terzo non tardò ad arrivare.

Jean abbandonò la tazza sul bordo del tavolo avvicinandosi alla porta d’ingresso con lunghe e seccate falcate.  “Che diamine sta succedendo?!” inveì aprendo la porta ritrovandosi davanti un quadretto che mai avrebbe preso in considerazione come possibile ipotesi.
Un ragazzo giovane e ben piazzato se ne stava davanti alla porta che dava all’appartamento di fronte al suo, con una pila di libri tra le braccia, scatoloni fra le gambe e un paio di borse riverse sul pavimento. Imbarazzatissimo in volto cercava di scostare con i piedi un paio di libri che, probabilmente, fino a qualche secondo prima erano la sommità della pila nonché la causa del frastuono, mentre con l’unica mano libera tentava di trovare la chiave giusta da infilare nella serratura. Missione miseramente fallita.
“E’ il tuo cellulare quello che tieni fra i denti?” Il giovane annuì con un lieve cenno della capo.
Jean, preso da un’ondata di pietà, gli si avvicinò quasi strappandogli le chiavi dalla mano ed iniziando a trafficare con la serratura alla ricerca della chiave giusta. Colto dalla temporanea assenza di oggetti all’estremità di almeno uno dei sui arti, il ragazzo dai capelli mori recuperò possesso del  suo telefono e del dono della parola. “Ti ringrazio infinitamente” sospirò  “spero di non averti disturbato troppo con tutto il mio trambusto”.
“Purtroppo invece è proprio quello che hai fatto caro mio” sputò Jean quasi a un passo da prendere a calci quella stramaledetta porta “Maledizione!” urlò fra i denti mentre con un colpo forzato finalmente riuscì ad aprirla.
Jean si voltò ad osservare meglio il nuovo inquilino dello stabile notando una sorta di sorriso che inglobava in se una gamma di emozioni che andavano dall’imbarazzo, alla frustrazione fino alla gratitudine, mentre i profondi occhi castani altro non facevano trasparire se non l’enorme stanchezza che il ragazzo portava con se da chissà quante ore.
“Di un po’,  a quest’ora ti metti a fare il trasloco?” gli domandò schietto con fare stizzito. Quel tono di voce gli uscì così naturale che nel ripensarci anch’egli si rese conto che, se si fosse trovato nelle condizioni del moro, due calci in culo non se li sarebbe per niente risparmiati.
“Purtroppo sono arrivato poco fa con l’ultimo treno perciò ecco, non ho molte alternative. Ma prometto che porto solo dentro questa roba e che non tocco nulla fino a domattina!”
Il fare di quel ragazzo era così gentile e pacato che al biondo quasi urtò il sistema nervoso.  Come diavolo era possibile che un essere umano dopo chissà quante ore di viaggio, tre piani di scale a piedi senza ascensore e caricato stile “mulo da soma”, all’una del mattino, con una serratura che non ne vuol sapere di scattare e il cellulare tra i denti,  si presenti come l’uomo più tranquillo e cortese del mondo?

Io al posto suo avrei già preso qualcuno a sprangate sulle gengive.

“Per quanto mi riguarda puoi anche tinteggiare il condominio per fuori, basta che non fai casino”
Jean voltò le spalle tornandosene dentro il suo appartamento, ma non prima di percepire un timido “Grazie”  prima che la porta si richiudesse dietro di lui.
Si coricò a letto incrociando le braccia sul cuscino poggiandovi la testa sopra, rimanendo qualche istante a fissare il soffitto nell’oscurità della camera mentre un pensiero iniziava a farsi prepotentemente strada all’interno della sua testa portandolo a non riuscire a chiudere gli occhi.

“Ma dalla stazione dei treni a qui, come diavolo c’è arrivato?”.





 
 
ANGOLO AUTRICE.
Halo! Allora, essendo questo il primo capitolo di una long story (spero non troppo long) mi rendo conto possa risultare un tantinello noioso, ma abbiate fede! Vedrete che con l'avanzare della storia la trama prenderà sempre più corpo; inoltre vorrei riuscire a dare a questo racconto un'impronta agrodolce, unendo l'umorismo del sarcasmo di Jean e "la banda di idioti" assieme ad una sfumatura drammatica dovuta agli incubi e alle allucinazioni di Marco che, poco alla volta, lo porteranno sull'orlo di un baratro.
Sono almeno quattro anni che non scrivo qualcosa perciò, che dire, è come se fossi nuovamente una novellina in questo campo. Appiate pietà. 
La chiave umoristica della storia si rifarà in minima parte allo stile di Aldo Giovanni e Giacomo e Fantozzi (dei quali ho inserito due citaizoni già in questo capitolo) in quanto parte del mio stesso umorimo deriva da loro. 
Che altro dire, spero di riuscire nel mio intento e completare questa mia piccola idea. 
Gli aggiornamenti, ahimè, non saranno troppo frequenti causa lavorofrequenti traslochialtre cose noiose che a voi sicuramente non interressano. 

Grazie per chi ha dedicato al primo capitolo di quest FanFicion parte del suo tempo!.
Minina.
   
 
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