Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Andrea_Vitali    25/01/2018    2 recensioni
"Tutti i mali del mondo si riversarono sul villaggio come turbini marcescenti, investendo e strappando, corrodendo e mutilando.
Alakin rimase immacolata, come se il bianco accecante del suo abito le facesse da scudo contro quella morbosa tempesta."
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“... E, come il Vostro Onore e la giuria tutta ha potuto assistere poc'anzi, le testimonianze della signorina Buveaut e dell'illustre e amato Cavaliere Nascimant collocano esattamente il signor Olivier Galand sulla scena del crimine più tenebroso e orribile mai perpetrato in tutta la storia di Levoillette!”

La gola cadente dell'avvocato Saliman tremava ed ondeggiava a ogni parola. Il furore del suo discorso era scandito dai lenti e continui movimenti della sua pappagorgia.

Era consapevole che i segni del tempo avevano ormai segnato in modo indelebile il suo corpo paffuto, ma era altresì consapevole che l'immagine grottesca che aveva assunto la sua fisicità avrebbe avuto dei risvolti positivi nel lavoro da lui svolto. Quando varcava le soglie del tribunale si sentiva imponente, autoritario, invincibile. In verità non tutto era un dolce calice: la moglie, Sarah, aveva diminuito la propria generosità notturna in maniera inversamente proporzionale al lievitare del ventre di lui. Girava voce ad Levoillette che, infatti, l'avvocato Saliman fosse diventato così spietato e irriducibile per colpa dell'indisponibilità della moglie di concedersi al proprio marito durante i convenevoli riti notturni. Il popolo mormorava e sghignazzava, ma stavano ben attenti a non farsi scoprire dall'avvocato; l'ultimo mese aveva mandato trenta uomini e un cane (reo di aver strappato a morsi i drappi esposti sulle mura della casa del giudice Carada) alla forca. Uno strano e singolare primato.

Iniziò a guardare uno ad uno i membri della corte, infiammando lo sguardo e soffermandosi qualche secondo in più sui componenti più malleabili. Infine si girò verso la corte, dalla quale carpì dei rassicuranti e piacevoli segnali di approvazione.

“Vostro Onore, in qualità di avvocato dell'accusa, e a nome di tutte le persone per bene che ogni giorno permettono ad Levoillette di progredire e prosperare, chiedo, anzi, invoco la pena capitale per l'imputato Olivier Galand.”. La chiusura perfetta di un'arringa perfetta.

Il giudice Carada era, quel giorno, capo e voce della giuria. Era un uomo molto anziano, con la palpebra calante e un broncio onnipresente sul volto asimmetrico. In alcuni momenti era persino difficile capire se fosse sveglio (o addirittura vivo) o no.

Un colpo di tosse tolse questo dubbio a buona parte dei presenti.

“Avvocato Saliman, a nome mio e di tutta la giuria, la ringraziamo per averci portato a conoscenza di fatti – coff! - che ahimè sarebbero stati nascosti e avrebbero permesso al colpevole di evadere la giusta punizione. Tuttavia non possiamo accogliere in questo preciso momento, per ovvi motivi, la sua richiesta. La grandezza di Levoillette risiede nella nostra più totale neutralità ed oggettività. Ci ritireremo brevemente a deliberare, ma le assicuro, caro avvocato, che Olivier Galand riceverà la punizione più consona al suo reato”.

Lentamente, molto lentamente, il giudice Carada si alzò, seguito dagli altri membri della giuria. Il piccolo gruppo di ottuagenari si spostò senza fretta nel piccolo salottino affianco al banco degli imputati. Il ritmo rallentato dei loro passi striscianti sembrava quasi una danza rituale di qualche tribù d'oltremare; probabilmente il tempo stesso si sarebbe stancato di tutta questa lentezza e sarebbe sceso in terra a spingere singolarmente ogni singolo giudice. Il tutto aveva assunto un certo nonché di macabro e goliardico.

Saliman ritornò al proprio tavolo e si girò a guardare Olivier Galand incatenato e stranamente... tranquillo! Come poteva essere tranquillo? Quasi sicuramente l'avrebbero appeso dal campanile e lasciato penzolare per una settimana intera sotto la pioggia! Sarebbe diventato mangime per i corvi, avrebbe esalato l'ultimo respiro consapevole della sua mediocre esistenza, ma lui, colpevole, era tranquillo!

Questi pensieri mandavano in ebollizione il sangue nelle vene dell'avvocato, manifestandosi attraverso una macchia rossa purpurea dalla forma bizzarra sul suo doppio mento.

Olivier guardava avanti a se, non nascondendo una piccola smorfia che lasciava trasparire sicurezza e, appunto, tranquillità.

I pensieri di morte ed epurazione dell'avvocato furono interrotti dal ritorno in aula della giuria. Un lungo, lento, inesorabile, pigro ritorno in aula.

Il giudice Carada prese parola, indossando degli occhiali vetusti quanto il campanile della piazza centrale, si schiarì la voce e, sibilando sinistramente, iniziò a leggere la sentenza.

“La corte qui riunita si è – coff!- ritirata per esprimere il proprio giudizio sulla causa “Levoillette contro Galand”. Alla luce dei fatti che ci sono stati resi noti da membri affidabili ed essenziali della nostra società, e in virtù – coff! - della carica da me assunta e della responsabilità ancestrale che mi ha investito, proclamo l'imputato colpevole!”

“Colpevole! Colpevole! Ora non ridi più, lurido rifiuto?!” pensò Saliman, voltandosi per cogliere ogni singola lacrima di Olivier. Con somma sorpresa, però, non notò differenze rispetto al volto precedente; anzi, riusciva quasi a cogliere una maggiore sicurezza nel suo dannato sguardo impavido e nella sua velenosa bocca sogghignante.

“La giuria ordina che l'imputato venga portato seduta stante presso la forca della piazza centrale, e li venga posta fine alla sua vita. L'imputato – coff! - ha qualcosa da dichiarare prima che venga eseguita la sentenza?”

Tutti gli sguardi si spostarono su Olivier. Ogni singolo occhio di Levoillette fissava quel giovane uomo incatenato al muro dell'aula.

Olivier sorrise e prese parola.

“Vostro Onore, conseguentemente alla vostra condanna che trovo, in verità, un poco eccessiva, non posso che rassegnarmi ed accettare quanto da lei detto. Tuttavia dei dubbi mi colgono i pensieri e desidererei rendere partecipe lei e tutta la corte di una lieve congettura che ha attraversato la mia mente”.

L'aula tornò a mormorare, mentre i giudici sui banchi iniziarono a cercare comprensione negli sguardi dei vicini. L'avvocato Saliman fissava a bocca aperta la sfrontatezza del giovane Galand.

“Sì, certo, ovviamente. Ci illumini, signor Galand”.

Olivier riprese a parlare, sogghignando sempre più.

“È invero che la giustizia sia cieca quanto essenziale, a volte commette errori, ma questi sono soffocati dalla necessità estrema di portare rettitudine nelle nostre anime, e possa cadermi la lingua se affermassi il contrario; tuttavia questo piccolo impasse giudiziario ci pone di fronte a un problema piuttosto singolare. Ovvero, io non sono Olivier Galand”.

Il giudice Carada venne colpito da un attacco di tosse senza precedenti.

“Co-come dice, prego?”

“Io dico solo ciò che è vero e che, tra breve, potrete tutti verificare. Io non sono Olivier Galand, sebbene non le nascondo che mi trovo esattamente, in modo maniacalmente preciso, nell'esatto luogo dove voglio essere e nessun rimpianto flagella la mia anima”.

Lo sguardo del giudice era attonito.

“Io... Lei... È conosciuto in tutto il paese da anni. Come... come...E chi sarebbe, di grazia?”

“Io sono la morte.”

Nell'aula calò il silenzio, tanto che il silenzio stesso diventò rumore. Poi esplose in un'unica, fragorosa e intrattenibile risata.

Tutti gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani di Levoillette ridevano a crepapelle.

Il suono della risata era talmente assordante da essere percepibile con dolore anche dalla piazza centrale, a qualche decina di metri dall'aula di tribunale.

La gente rise, rise. Poi, lentamente, le risate diminuirono, lasciando palco al rumore del vento che sferzava dalle montagne vicine.

La porta del tribunale che si affacciava sulla piazza si aprì, trasudando un lezzo putrescente e, saltellando e fischiettando, fece capolino il giovane uomo.

“Ah, il mio lavoro riesce sempre a compiacere le mie voluttà! Ordunque, temo che sia già ora che io torni a...”

“Morte!”

L'uomo si voltò e trovò davanti a se una donna possente e con un lungo vestito di un biancore quasi stridente. Dei lunghi capelli biondi le facevano da cornice e pure il sole, forse curioso di questa bizzarra presenza, si affacciò tra le nubi, illuminando dolcemente la donna con un sottile contorno dorato.

Morte inclinò il volto; la guardò e cercò di capire dove l'avesse già vista. Era sicuro che si erano già conosciuti.

“Buongiorno, donna in bianco, il destino ci ha concesso il delizioso piacere di incontrarci in passato?”

La donna estrasse una lunga spada lucente dai propri abiti, la alzò al cielo, riflettendo la luce del sole sugli occhi di Morte.

“Io? Sono Alakin, e sono tornata per riportarti alla tua prigione, cavaliere”.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Andrea_Vitali