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Autore: Cris Malfoy    25/01/2018    1 recensioni
Kevin e Theodore, dopo un battibecco avvenuto qualche giorno prima, devono dividersi durante l'ultima battaglia di Hogwarts.
Il destino sarà crudele, ma dopo la tempesta esce sempre il sole.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Hymn to us

 
Tutto intorno al castello di Hogwarts era silenzioso. Una leggera brezza fredda smuoveva le chiome degli alberi, facendole danzare in un ballo lento e romantico, tuttavia il Lago Nero era piatto come una tavola. Il buio abbracciava ogni tratto del parco, eccezion fatta per alcuni sprazzi di luce provenienti dalle vetrate immense della struttura. Nessun suono spezzava quel pacifico silenzio, la notte era calma e addormentata. Ma solo in apparenza.
All’interno del castello, infatti, centinaia di persone fra studenti e professori si dirigevano in massa verso la Sala Grande, come era stato ordinato loro dalla professoressa McGranitt. I più piccoli, svegliati nel bel mezzo della notte per correre all’incontro, si guardavano attorno confusi, impauriti, mentre con le maniche del mantello da viaggio indossato sopra il pigiama si stropicciavano gli occhi per risvegliarli dal sonno. Le scalinate in marmo erano completamente affollate, continuamente in movimento per trasportare tutti gli alunni che ne richiedevano l’utilizzo. Anche i fantasmi delle Case e i personaggi dei dipinti erano in fomento, mentre cercavano di capire quello che stava succedendo, così come tutti.
I primi a raggiungere la Sala Grande furono i Serpeverde guidati dal professor Lumacorno che subito dopo vennero raggiunti dai Corvonero con il professor Vitious, dai Tassorosso e la Sprite e infine dai Grifondoro. Dopo tanto frastuono, nel castello stava ritornando il silenzio: i passi rumorosi sui gradini delle scale erano diventati leggeri scricchiolii di panche, e le voci prima squillanti dei ragazzi ora erano bisbigli e fruscii.
Kevin raggiunse l’incontro qualche secondo prima che Minerva McGranitt iniziasse a spiegare il motivo di quell’improvvisa radunata. Raggiunse il tavolo dei Corvonero e si sedette nell’unico posto libero, quello più lontano dal tavolo dei professori, rivolgendo lo sguardo verso di loro. In piedi dietro alla McGranitt c’erano alcuni membri dell’Ordine della Fenice e gli insegnanti rimasti. Iniziò a parlare senza usare mezzi termini: da lì a poco sarebbe scoppiata una guerra, tutti gli alunni minorenni sarebbero stati evacuati dai Prefetti delle proprie Case, mentre quelli maggiorenni potevano rimanere a combattere. Kevin rivolse lo sguardo dietro di sé, verso il tavolo dei Grifondoro, guardando per un istante Harry Potter, appoggiato al muro dietro i suoi compagni.
Dal tavolo dei Serpeverde si alzò un’ombra che iniziò a camminare accucciata verso il tavolo dei Corvonero, più precisamente verso Kevin. Theodore si posizionò proprio dietro di lui, rimanendo il più nascosto possibile.
“Spero che tu abbia il buonsenso di andartene, prima che scoppi l’inferno” la sua voce fredda e profonda soffiò contro il retro del collo di Kevin, che trattenne un brivido a malapena. Si girò verso il moro e fulminò i suoi occhi glaciali con i propri.
“Non ho bisogno della babysitter e grazie al Cielo non ho un briciolo di buonsenso. Lasciami in pace.” Detto questo, si rigirò verso la pedana, dove Minerva stava rispondendo alle domande degli studenti, ormai in completa agitazione.
La mano forte di Theodore si strinse allora attorno al braccio di Kevin, strattonandolo appena così da farlo girare di nuovo verso di sé.
“Kevin andiamo, sei un Corvonero, sii intelligente e vieni via con me.”
“Sono intelligente, Theo, ma non sono un codardo. Non lascerò che…” Kevin non riuscì a finire la frase, perché proprio in quell’istante una voce fredda e acuta rimbombò all’interno della sala e senza capirne la fonte sembrava che fossero i muri stessi a parlare. In un secondo, il panico si dilagò fra gli studenti, alcuni iniziarono ad urlare, altri invece si strinsero spaventati contro i propri compagni, mentre sia Kevin che Theodore rimasero immobili e si guardarono, prima che Theodore ritornasse al proprio tavolo.
Voldemort stava lanciando un avvertimento: o gli sarebbe stato consegnato Harry Potter entro mezzanotte, oppure niente avrebbe fermato l’inizio della fine. La voce cessò di parlare e il silenziò inghiottì l’intera Sala, così pesante da dare quasi fastidio.
Qualche attimo dopo, Pansy Parkinson si alzò dal tavolo dei Serpeverde e indicò dritto verso Harry, che immediatamente era finito sotto gli occhi di tutti, cercando di intimare qualcuno alla sua cattura.
Non appena finì di parlare, tutti gli studenti di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero si alzarono anche loro dalle panche, fronteggiando Pansy, tutti con le bacchette alla mano. Kevin fu il primo del suo tavolo a scattare in piedi, ma non guardava la ragazza, bensì i suoi occhi erano puntati su Theodore, che non appena incrociò il suo sguardo infuocato abbassò la testa.
Dopo quell’intromissione da parte della ragazza, la professoressa McGranitt, con voce gelida e tono fermo, intimò a Pansy e al resto della sua Casa di uscire dalla Sala Grande per primi. Kevin seguì con lo sguardo tutti i Serpeverde lasciare il loro tavolo e dirigersi verso l’uscita. Vi fu un breve contatto visivo fra lui e Theodore, il quale cercò di supplicarlo con lo sguardo di seguirlo, ma l’unica risposta che ottenne fu un freddo e distaccato “no” con la testa da parte di Kevin, che subito dopo si sedette di nuovo, in attesa di ricevere successivi ordini. I loro occhi rimasero fissi gli uni negli altri fino a quando Theo non raggiunse il portone e in un secondo che sembrò un’eternità si diedero un silenzioso addio.
E così, piano piano, anche gli altri tavoli si svuotarono, lasciandoli occupati solo dai maggiorenni che decisero di restare per combattere.  Nel tavolo dei Corvonero, oltre a Kevin, rimasero solo in sei, mentre quelli di Tassorosso e, soprattutto, di Grifondoro erano molto più affollati. Quando anche gli ultimi minorenni che cercavano di restare, nascondendosi fra i più grandi, vennero indirizzati verso il luogo dell’evacuazione, Kingsley salì sulla pedana rivolgendosi a coloro che erano rimasti per combattere. Spiegò che i professori McGranitt, Vitious e Sprite avrebbero condotto gruppi di combattenti sulle torri più alte del castello, per ottenere una migliore visuale sugli assalitori, mentre alcuni membri dell’Ordine si sarebbero occupati di condurne altri all’esterno della scuola. George e Fred Weasley si proposero per la difesa dei passaggi segreti conducenti alla scuola, e così ebbe inizio la divisione delle truppe, mentre Potter, dopo un richiamo da parte della McGranitt, si precipitò fuori dalla Sala per “cercare qualcosa”.
Kevin non si era mai sentito così sotto pressione come in quel momento: venne inserito in uno dei gruppi che avevano il compito di difendere l’ingresso dalla Torre dell’Orologio. Insieme ad altri ragazzi, seguirono Bill Weasley e Fleur Delacour verso la scalinata di marmo, salirono fino al quarto piano e dopo aver svoltato per qualche corridoio raggiunsero infine la Torre. Quando furono in cima, si disposero ai lati della vetrata, bacchette alla mano ruppero i vetri e aspettarono. Il cuore di Kevin, ad ogni battito, gli saliva in gola per poi ripiombare con un tonfo nello stomaco. L’ansia stava iniziando a farsi sentire davvero.
Mentre aspettavano il pericolo, videro Neville Paciock e altri dirigersi verso il ponte di legno sotto di loro. Neville posò a terra degli enormi baccelli di qualche strana pianta e si diresse all’interno del ponte. Dopo qualche secondo vi fu un boato, e quando il ragazzo ricomparve all’interno del cortile, il ponte di legno iniziò a crollare su sé stesso. Lui, la professoressa Sprite e i ragazzi che li accompagnavano corsero di nuovo all’interno del castello e si diressero verso le loro postazioni, in un’altra ala.
A Kevin scappò un sorriso, forse non era il momento adatto per ridere di qualcosa, ma non riuscì a trattenersi. Era un sorriso nervoso, perché di lì a poco avrebbe capito se la sua abilità nei duelli era puramente accademica o un vero talento, e si sentì come se dovesse sostenere un esame di vitale importanza. Poi la sua mente viaggiò all’interno di un paio di occhi color del ghiaccio, estremamente familiari, e il viso del loro possessore gli si palesò in testa. Lui e Theodore non si salutarono nemmeno come avrebbe voluto. La loro relazione non era mai stata molto semplice, soprattutto per la convinzione di Theo che essendo figlio di un Mangiamorte non poteva  deludere suo padre e causargli un ennesimo dolore, dopo la morte della moglie e madre del ragazzo.
Kevin lo capiva, sapeva che Theo non condivideva lo stile di vita del suo genitore, ma dopo un po’ nascondere i propri sentimenti anche all’interno della scuola divenne frustrante. Per lui non era un problema così grave, dato che la sua famiglia lo aveva accettato ancora prima che si dichiarasse: suo padre era morto quando lui aveva solo dieci anni ed essendo figlio unico la madre lo accudì con tutto l’amore del mondo insieme ai propri genitori, e quando arrivò il momento in cui apprese a pieno la sua sessualità e decise di rivelarlo alla madre, questa gli disse che a lei non importava se per Natale avrebbe portato alla cena di famiglia un ragazzo o una ragazza, l’importante era che lui fosse felice. Quindi le loro situazioni erano molto diverse ma anche simili, sotto alcuni aspetti, e le complicanze fanno parte dei rapporti, Kevin lo sapeva bene, ma aveva tenuto a tacere sé stesso per troppo tempo e nell’ultimo periodo non riusciva più a non dare importanza alla cosa.
Tuttavia, pensò alle labbra del moro e al loro dolce-amaro sapore sulle proprie, e sorrise di nuovo, nostalgico. Scrollò leggermente la testa per non perdere completamente la concentrazione dalla battaglia e guardò gli altri, tutti che fissavano il parco al di là del ponte: le luci del castello illuminavano completamente il cortile, ma oltre il ponte il buio era talmente spesso da rendere invisibile qualsiasi cosa, tranne nei piccoli spazi illuminati dalle torce qua e là.
“Fleur, come faremo a vederli quando entreranno nel parco? Le torce non bastano, ci serve più luce” la voce gli tremava mentre lo diceva, un po’ a causa del nervosismo e un po’ per l’aria fredda che gli soffiava sul viso. La ragazza si girò verso di lui, visibilmente agitata, ma il suo tono di voce invece risultò calmo e concentrato.
“Le luci delle loro bacchette saranno ben visibili, se non dovessero bastare ci inventeremo qualcosa. Non riusciranno a sfuggirci, comunque.” La sicurezza delle sue parole infuse tranquillità anche in Kevin, che strinse il pugno attorno al manico della sua bacchetta di vite, determinato a ottenere solo una cosa: la vittoria.


L’orologio dal quale osservavano il parco sembrò aumentare il volume dei ticchettii, finché non scattò la mezzanotte e le campane iniziarono a suonare. Era giunto il momento. Si guardarono tutti, alcuni spaventati, altri, come Kevin, determinati a non lasciare che nessuno si avvicinasse troppo al castello. E poi lo udirono. Un urlo risuonò in tutta la valle, sembrava un lamento, scuoteva le vetrate. Lampi di luce squarciarono il buio della notte. La battaglia stava cominciando.
“BACCHETTE ALLA MANO, STATE PRONTI!” urlò Bill, per sovrastare il suono delle esplosioni che iniziavano ad invadere l’aria. Dai limiti del parco si iniziarono ad intravedere dei rivoli di luce che venivano dritti verso il castello, ma la cupola protettiva creata dal professor Vitious impediva che lo raggiungessero. Grazie a questo, Kevin iniziò a lanciare verso quella che sembrava la posizione degli assalitori e così fecero tutti. Gli Schiantesimi del gruppo sfrecciarono dalla Torre, illuminando tutto il loro percorso: a volte si notavano i corpi dei Mangiamorte che venivano colpiti, altre volte esplodevano contro un albero o continuavano il loro cammino all’interno della Foresta. Continuarono così per una buona manciata di minuti, dalla Torre partivano Schiantesimi che andavano a segno mentre dal parco gli incantesimi si bloccavano contro la difesa, finché un boato risuonò ovunque e la barriera iniziò a svanire lentamente. A quel punto tutti si appiattirono contro i muri ai lati dell’orologio, mentre le Maledizioni dei nemici iniziarono a colpire le vetrate e a mandarle in frantumi, oppure esplodevano contro il tetto e i muri iniziarono a tremare.
“VOGLIONO ABBATTERE IL MURO!” un ragazzo accanto a Kevin indicò una parte di muro che perdeva detriti, su cui si stavano scagliando sempre più incantesimi. Kevin allora si affacciò  dall’Orologio, cercando di capire chi stesse bombardando quella parte, ma dovette ritrarsi immediatamente, saette verdi che spostavano i suoi capelli biondi. Si abbassò fino al pavimento e cercò di regolare il respiro, mentre il cuore sembrava uscirgli dal petto per lo spavento. Bill invece si affacciò e la luce bianca di Bombarda Maxima partì dalla sua bacchetta, colpendo un ingente gruppo di invasori staccati dal resto che stava concentrando le proprie forze sulla distruzione delle mura. Kevin allora cercò di attaccare di nuovo e la sua posizione gli favoriva una copertura migliore, così rimase il più possibile vicino al pavimento ed iniziò a colpire ogni nemico in vista. Un Confringo schivato colpì uno degli alberi dietro di loro, che precipitò immediatamente schiacciando alcuni Mangiamorte. In quel momento, sopra al rumore della battaglia si distinse una specie di ruggito e dalla foresta avanzò un gigante, armato di un’enorme ascia. Kevin non ne aveva mai visto uno dal vivo e la mostruosità di quell’essere gli fece capire che non tutte le Creature Magiche erano affascinanti. Immediatamente, Fleur scatenò una raffica di incantesimi nella sua direzione, ma nessuno di questi sembrò abbastanza potente da scalfirlo. Poi, esasperata, lo bombardò con una serie di Expulso in pieno viso che lo fecero barcollare, ma nulla di più. Mirò, quindi, più in basso, sull’impugnatura dell’arma, creando una serie di esplosioni sull’elsa. Il gigante ruggì e passò l’ascia all’altra mano, dopodiché la lanciò in direzione del castello.
“TUTTI A TERRA!” Fleur si gettò di lato, coprendosi la testa con le braccia e gli altri l’imitarono. Kevin si appiattì sul pavimento qualche secondo prima che l’ascia colpisse il tetto della Torre, distruggendone una parte, per poi scivolare su di esso e distruggere un’altra ala del castello, più in basso. Il tremore fu tanto forte e il colpo tanto dannoso che le campane si staccarono dai loro sostegni sopra le loro teste e precipitarono lungo tutta la costruzione, fracassando al suolo con un tonfo assordante.
I detriti del tetto crollarono piano, per tutta la durata dell’attacco, ferendo Kevin ad un braccio e una ragazza accanto a lui a una gamba. La Torre, tuttavia, sembrava resistere ancora.
Nel frattempo, altre esplosioni e tuoni si sentirono provenire da altre parti del castello, e Kevin riuscì a vedere alcuni Mangiamorte entrare in sella alle loro scope da un tetto distrutto più in là.
“Stanno entrando nel castello!” gridò agli altri, Bill allora comandò ad un ragazzo vicino a lui di controllare dalle porte che conducevano ai corridoi se la situazione in quell’ala fosse più o meno grave. Il ragazzo si alzò e, schivando gli Schiantesimi che volavano attraverso l’ormai inesistente vetrata, si avvicinò ad una delle porte che conducevano ai corridoi del quarto piano.
“Qui è tutto calmo, non c’è nessuno” disse ritornando alla propria postazione. Bill gli fece un cenno con la testa e tornò a lanciare verso gli aggressori, che si disposero fra gli unici nascondigli possibili, mentre il gigante continuava a ruggire lanciando di tanto in tanto qualche tronco d’albero che fortunatamente non riusciva a superare il baratro fra parco e castello.
Kevin Schiantò un Mangiamorte in scopa che cercava di avvicinarsi alla loro posizione, quando dal cortile della Torre arrivarono alcuni lampi. Bill si affacciò e in un secondo, con un rapido movimento della bacchetta, allontanò tutti dal muro, gettandosi a sua volta il più lontano possibile. Kevin volò attraverso la stanza, atterrando fortunatamente su una pila di vecchie tende che gli attutirono la caduta e un istante dopo il muro dal quale stavano attaccando poco prima franò in un’esplosione. Tenendo stretta la bacchetta, lanciò Protego per evitare che i detriti gli finissero addosso, ma vide la ragazza che era stata ferita poco prima venire trafitta in pieno petto da un pezzo di lamiera esploso dall’orologio, prima di cadere al suolo, senza vita.
La gola di Kevin si chiuse e invece di un urlo uscì solo un macabro rantolo, le guance solcate da calde lacrime. L’esplosione rimbombava ancora nelle sue orecchie e non riuscì a sentire Bill chiamare tutti per andarsene, i suoi occhi erano ancora incollati sul corpo inerme della ragazza quando Fleur lo strattonò da una manica della felpa e solo allora si rialzò, seguendo gli altri attraverso i corridoi all’interno del castello.
Corse senza sapere dove stavano andando, Bill impartiva ordini e suggerimenti ma lui non riusciva ancora a sentirlo, nella sua mente riviveva la scena di poco prima ancora e ancora, senza interrompersi. Con la manica si asciugò il volto, continuando a correre dietro agli altri nei corridoi vuoti e semibui.
Fu la prima volta che vide qualcuno morire. Per la battaglia si era preparato psicologicamente alla possibilità della propria morte, di subire gravi ferite o di usare qualche Maledizione, ma non aveva mai pensato alla possibilità di assistere involontariamente alla morte di qualcuno. Era ancora scosso quando, con un minimo di lucidità riacquisita, si accorse del luogo davanti a lui: la scalinata principale. Si sentivano esplosioni provenire da ovunque, urla, l’aria era squarciata da lampi di luce e le prime vittime giacevano qua e là. Si rese conto che la battaglia all’interno della scuola stava andando avanti da molto più tempo di quanto credessero tutti i membri della propria squadra. Quando un fulmine rosso sfiorò Bill, che rispose al fuoco facendo precipitare il Mangiamorte dalla tromba delle scale, si rimisero in moto, schiantando chiunque capitasse a tiro. Scesero la scalinata, inusualmente immobile, mentre le Fatture schizzavano sopra le loro teste e raggiunsero il terzo piano, svoltando per il corridoio che portava al ponte sospeso e all’aula di Difesa Contro Le Arti Oscure. Dovettero attraversare il Ponte, il rischio di venire colpiti da qualsiasi cosa era talmente alto che sarebbe stato più sicuro affrontare un drago a mani nude. Rientrati dalla parte opposta, sopravvivendo ad una pioggia di detriti e di incantesimi, imboccarono il secondo piano. Alla fine del lungo corridoio, la porta che lo divideva dal cortile di Trasfigurazione era esplosa e ora giaceva a terra, rivelando uno sciame continuo di scintille. Kevin, col fiato corto, afferrò saldamente la propria bacchetta e si preparò al combattimento diretto.
Il cortile, ricoperto di detriti, ospitava una battaglia fra un gruppo di Mangiamorte e alcuni studenti. Distesi per terra si vedevano i corpi di un paio di ragazzi e di qualche aggressore, mentre alcune colonne del porticato che circondava il cortile erano state distrutte e il tetto iniziava a cedere, rendendo ancora più pericoloso lo scontro. Bill e il suo gruppo si lanciarono allora verso gli studenti in loro aiuto, mettendo così i nemici in inferiorità numerica. Kevin si posizionò dietro un blocco di pietra caduto da una torre vicina e iniziò a lanciare Schiantesimi contro i Mangiamorte, rischiando più volte di venire colpito dalle loro Maledizioni che non smettevano di infestare l’aria.
“Morirete tutti, il Signore Oscuro non vi lascerà in vita finché continuerete a opporvi alla sua forza! Sporchi Mezzosangue, morirete!”
L’urlo della Mangiamorte irritò ogni nervo del corpo di Kevin che, ancora nascosto dietro il masso, si alzò e lanciò contro il suo petto, facendola volare a qualche metro di distanza, per poi colpire una parete e cadere a terra, priva di sensi. L’orgoglio invase ogni fibra nell’essere del ragazzo, che continuò a combattere allo scoperto. Con il Sortilegio Scudo deviò alcuni dei colpi lanciati dai nemici, ma un’esplosione contro il suo nascondiglio lo fece indietreggiare di qualche passo, rompendo anche lo scudo. Un getto verde venne in sua direzione e Kevin seppe in anticipo quello che sarebbe successo. Ma, comparso all’improvviso, qualcuno gli si lanciò contro, gettandolo a terra prima che l’Anatema lo colpisse. Riaprì gli occhi, senza essersi accorto di averli chiusi, e vide un ragazzo corvino disteso sopra di lui che lanciava contro il suo quasi assassino.

“Theo…” la sorpresa nella sua voce fece sorridere l’altro, che lo trascinò fin dietro la roccia, rimettendolo al riparo. Il Serpeverde continuò a lanciare contro i Mangiamorte, sorpresi anch’essi nel vedere un loro “alleato” tradirli in questo modo.
“Nott, sei un infame impostore! Il Signore Oscuro punirà te e tuo padre per questo affronto!” lo avvertì uno dall’altra parte del cortile, mentre le Fatture si scagliavano ovunque, colpendo muri, colonne e detriti.
“Il vostro Signore verrà sconfitto questa notte, sarà per un’altra volta!” rispose allora Bill, sorridendo a Theodore e Kevin dietro il suo nascondiglio, prima di alzarsi e colpire un muro dietro i nemici, facendolo crollare su di essi e stendendoli tutti. Theo ricambiò il sorriso e si accucciò nuovamente accanto a Kevin, prendendogli una mano e guardandolo negli occhi. Il cuore di Kevin perse un battito e si disperse nello sguardo glaciale del moro.
“Sei ferito?” gli chiese allora quest’ultimo, scrutandolo in cerca di tagli o abrasioni.
“No, sto bene, ora” rispose il biondo con un sorriso dolce. Il taglio sul braccio ormai non faceva più male, ma Theodore puntò la sua bacchetta e pronunciò “Epismendo”, che bloccò immediatamente il sanguinamento, e successivamente “Ferula”, che fece apparire una benda attorno alla ferita, così da proteggerla.
“Cosa ci fai qui?” chiese Kevin, guardando i suo vestiti e il suo viso completamente puliti, non come i propri. “Credevo che te ne fossi andato con il resto dei Serpeverde” aggiunse, abbassando la voce. Gli altri si erano alzati per immobilizzare i nemici svenuti, mentre loro due rimasero seduti dietro la roccia.
“Non potevo andarmene” disse il moro, mentre si rimetteva in piedi, tendendo una mano a Kevin per invitarlo a fare lo stesso. Quegli attimi di pausa dalla battaglia furono una grazia, per Kevin, che poté tranquillizzarsi un po’. “Non dopo quello che mi hai detto in Sala Grande. L’idea che restassi a combattere qui, da solo, per una causa in cui credo anch’io non mi andava a genio. Così, prima di raggiungere il passaggio al settimo piano, mi sono nascosto dietro un arazzo e ho aspettato.”
Quando Kevin colse tutto il significato della frase (quindi anche Theodore era dalla parte di Harry, nonostante suo padre), spostò lo sguardo dalle sue mani agli occhi del ragazzo, sorpreso. Theo allora riprese “Sì, Kevin, sono dalla parte di Harry Potter e soprattutto non potevo lasciarti qui. Sei il mio ragazzo, dopotutto” Kevin sorrise un po’ in imbarazzo a quelle parole, un imbarazzo dolce e goffo, che non si addiceva al suo temperamento particolarmente acido e sicuro. Theo sorrise a sua volta, senza distogliere gli occhi da quelli del biondo.
“Theo, mi dispiace per prima. Ero nervoso e agitato e tutto stava succedendo così velocemente e-” il flusso di parole, abbastanza nevrotico, si bloccò quando le labbra dell’altro si posarono dolcemente sulle proprie, dopo che Theodore posizionò due dita sotto il suo mento per alzarlo leggermente così da raggiungerle meglio. Il corpo di Kevin venne scosso da un brivido lungo tutta la spina dorsale, un calore confortante che scaldò le guance fredde. Il bacio durò qualche secondo, ma a Kevin parve molto di più. Si sentì finalmente, completamente, indubbiamente felice in quella relazione, perché dopo tanto tempo non si erano nascosti in un angolo buio del castello per baciarsi ma lo fecero spontaneamente, davanti a tutti.
Riaprì gli occhi che si tuffarono nel mare di quelli dell’altro. Fleur, da lontano, fischiò e iniziò ad applaudire, seguita dai ragazzi, mentre Bill dopo una breve risata li richiamò: si trovavano nel bel mezzo di una guerra e il cortile era un punto decisamente pericoloso.
Così, dopo essersi scambiati uno sguardo languido e un sorriso divertito, raggiunsero il resto degli altri mano nella mano e si posizionarono sotto il porticato, per ottenere copertura da possibili attacchi dall’alto.
“Bene, Theodore, benvenuto a bordo” disse Bill, sorridendogli. “Ora dobbiamo stare attenti, potrebbero esserci Mangiamorte ovunque, perciò propongo di non esporci troppo. Per cui, eviterei di raggiungere le serre di Erbologia e passare per il parco, ma per ritornare all’interno del castello dovremmo oltrepassare il Ponte di Pietra o tornare verso quello sospeso.”
Mentre si stavano consultando per decidere quale strada prendere, un’esplosione al di sopra delle loro teste li spinse a guardare da dove provenisse. Un muro del settimo piano era esploso, e delle enormi ombre nere si stavano arrampicando dalla base del castello per raggiungere quell’apertura.
“Sono… ragni?” chiese Fleur, inorridita da quella visione.
“Acromantula, molto peggio dei ragni” rispose Kevin, da degno Corvonero. Theodore gli strinse ancora più forte la mano e Kevin ridacchiò, ricordandosi del suo immenso terrore per i ragni. Bill rise a sua volta, pensando ad una possibile reazione di Ron.
In pochi secondi, però, si trovarono sopraffatti: un ragno enorme era appena saltato nel centro del cortile e non appena li vide sputò un ammasso di viscide ragnatele contro di loro. Per l’ennesima volta, Theo spinse Kevin di lato, separandosi dal resto del gruppo. Kevin allora lanciò verso il mostro, rendendosi conto però di aver commesso un errore. Infatti questo caricò e iniziò a muoversi nella loro direzione. Bill, che stava cercando di raggiungere i due, colpì per più volte le sue lunghissime e pelose zampe, ma non ricevette nessuna reazione.
“CORRETE!”
Theo scattò nella direzione opposta a Bill, trascinando Kevin dietro di sé. Il terrore lo energizzò e Kevin si sforzò di non ridere, sarebbe stato chiaramente fuori luogo. Raggiunsero la fine del porticato e fecero esplodere la porta per poter entrare nel corridoio successivo senza dover rallentare. Non appena vi furono dentro, si girarono per guardare la reazione del mostro che essendo troppo grande non riuscì a varcare la soglia, quindi girò su sé stesso e caricò Bill e gli studenti. I lampi di luce allora iniziarono nuovamente a colorare il cortile.
Proprio a causa di questi, probabilmente, un paio di Mangiamorte raggiunsero il luogo dello scontro. Atterrarono con le loro scope nel punto esatto in cui poco prima era caduto il tetto, a causa dell’attacco del ragno. Da quella posizione Kevin e Theo vennero individuati subito, e i due assalitori lasciarono che il ragno pensasse al gruppo di Bill, mentre loro iniziarono a lanciare in direzione dei due ragazzi, che ripresero a correre verso l’interno del corridoio, evitando le Fatture che sfiorarono le loro teste.
Quell’ala del castello fino a poco prima era silenziosissima, ora invece il rumore delle esplosioni che partivano dalle loro bacchette rimbalzava su ogni parete. Svoltarono per varie volte lungo il corridoio, cercando di depistare i loro inseguitori, ma non riuscirono ad allontanarsi abbastanza. Raggiunsero così il Ponte di Pietra che conduceva al primo piano. Appena lo raggiunsero, Kevin bloccò la porta alle loro spalle. Ripresero a correre e quando entrarono nell’altro corridoio, la porta esplose e uscirono sul ponte anche i Mangiamorte.
Theo lanciò un Bombarda vicino ai piedi dei due, che vennero sbalzati all’indietro. Si affacciò alla balaustra e, puntando sui pilastri che sorreggevano il ponte, li fece esplodere. Corse velocemente verso Kevin, rimasto all’interno, e riuscì a raggiungere una superficie solida mentre il ponte dietro di lui precipitò nell’oscurità, trascinandosi dietro gli inseguitori.
“C’è mancato poco” disse allora il moro, respirando a pieni polmoni. Kevin lo fulminò con lo sguardo.
“Cerca di evitare mosse suicide, d’ora in avanti” lo avvertì, poi gli prese la mano e iniziarono a inoltrarsi nel corridoio del primo piano.
La situazione nella zona centrale del castello stava degenerando. Studenti e insegnanti erano tutti alle prese con i Mangiamorte, assetati di omicidio.
Le vittime, distese a terra,  venivano evitate a malapena a causa della frenesia della battaglia.
Stavano per immergersi anche loro nel combattimento quando una mandria di gargoyle di pietra sfondò una porta vicina, caricando verso i nemici. Quelli alati planarono contro le teste dei Mangiamorte, graffiandoli con gli artigli o mordendoli. Gli altri invece si scontrarono contro le loro gambe affondando le zanne, per gettarli a terra. Grazie a quell’aiuto, i maghi presenti riuscirono a capovolgere la situazione, iniziando a sconfiggere gli uomini di Voldemort.
Kevin e Theodore, allora, li oltrepassarono, raggiungendo la scalinata principale, dove oltre alle urla e alle esplosioni si udivano anche le voci provenienti dai personaggi dei quadri che inneggiavano i difensori di Hogwarts.
Iniziarono a scendere, evitando Fatture e lanciandone altre. Una Mangiamorte sbucò all’improvviso davanti ai due ragazzi, che furono costretti ad abbassarsi per evitare le Maledizioni. Kevin la colpì prima al petto, costringendola a indietreggiare, e successivamente la scagliò oltre il corrimano della scala, facendola precipitare. Scesero ancora qualche gradino, raggiungendo un pianerottolo. Le mura del castello tremarono, probabilmente colpite dagli ennesimi attacchi dei Mangiamorte. Dai piani superiori si sentì un’esplosione, poi urla e una pioggia di detriti insieme ad alcuni corpi caddero, passando accanto alla piattaforma su cui si trovavano i due ragazzi. Un tonfo, e Kevin si affacciò oltre il colonnato di pietra: i cadaveri appartenevano a due Mangiamorte. Alzò la testa e dal piano superiore si affacciarono due studentesse che guardarono i corpi con fierezza, prima di scambiarsi una stretta di mano con un sorriso compiaciuto sul volto. La terra tremò ancora e Kevin si aggrappò alla ringhiera.
“È un bel salto. Non vorrei essere in loro” disse Theodore, avvicinatosi per osservare anch’egli. Kevin lo guardò e gli sorrise.
“Avanti, continuiamo a scendere.”
Si presero ancora per mano e si avviarono verso l’ennesima rampa di scale. Quel contatto infondeva sicurezza nel cuore di Kevin. Pensò a come insieme a lui si sentisse più forte, al meglio delle proprie capacità. Intorno a loro la situazione sulla scalinata si stava tranquillizzando, per così dire. I Mangiamorte rimasti a combattere in quel punto erano diminuiti notevolmente, probabilmente consapevoli della pericolosità di quel luogo, e gli unici scontri si stavano tenendo molti piani più in su.
Raggiunsero l’ultima piattaforma, che si estendeva lungo tutta la parete fino all’unica rampa di scale rimasta che conduceva ai sotterranei e quindi anche alla Sala Comune dei Serpeverde. Theo si affacciò e osservò la porta che aveva usato ogni giorno per tutti gli anni precedenti.
“Mi mancheranno l’odore di umidità e i drappeggi verdi e argento della Sala Comune” disse al suo compagno, tenendolo ancora per mano, mentre con l’altra impugnava la bacchetta.
“E a me mancherà la Torre” rispose l’altro, guardando verso l’alto, dove tuttavia si riconoscevano solo i getti di luce della battaglia in corso.
Theo l’osservò per qualche secondo, poi si guardò intorno e si rivolse ancora a lui.
“Qui è dove ci siamo parlati per la prima volta. Ricordi?”
“È difficile dimenticare come uno spilungone dei Serpeverde possa anche essere così gentile da raccogliere i tuoi libri, dopo averteli fatti cadere” ridacchiò Kevin, in modo dolce.
Il moro, allora, strinse la sua mano nella propria.
“Sei tu che hai il vizio di non guardare dove vai, non è colpa mia, né della mia altezza” ribatté, sorridendogli amorevolmente. Kevin si sciolse, come sempre, nel caldo che il suo sorriso gli provocava ogni volta, ricordando quell’incontro avvenuto, oramai, cinque anni prima. Quel momento così perfettamente romantico venne interrotto quando, oltre l’arcata dietro di loro, il portone che conduceva all’ingresso esplose rivelando un gruppo di Mangiamorte mascherati. Entrarono di corsa, Kevin e Theodore dovettero staccarsi velocemente da quel semi-abbraccio per raggiungere i lati dell’arco e proteggersi dagli Incantesimi che stavano piovendo su di loro. Kevin ne colpì subito uno, facendolo roteare per aria. Un’esplosione contro il muro lo costrinse ad abbassarsi.
Theo, a sua volta, Schiantò la strega che aveva lanciato contro Kevin, la quale colpì rovinosamente la parete alle sue spalle. Per qualche minuto vi fu uno scambio di Schiantesimi-Maledizioni che non colpì nessuna delle due parti. Ad un tratto, dal salone d’ingresso arrivò in soccorso una decina di statue, la quale dimezzò  i Mangiamorte, lanciandoli contro le pareti o colpendoli con le spade. Solo uno di loro riuscì ad evitare l’attacco. Fece esplodere uno ad uno i soccorritori, dando le spalle ai due ragazzi. Theo sorrise a Kevin e si sporse completamente dal muro, puntando la bacchetta contro il superstite. Prese al meglio la mira, quando accadde l’imprevedibile.
In meno di pochi secondi il Mangiamorte frantumò l’ultima statua rimasta e si girò repentinamente verso il ragazzo, lanciando un incantesimo esplosivo poco lontano dai suoi piedi, sui gradini che li dividevano. Theodore barcollò pesantemente, andando a sbattere con la schiena contro la balaustra in pietra, ormai disarmato. L’uomo iniziò a salire i gradini che lo separavano dalla sua vittima designata. Kevin cercò di colpirlo, ma con un rapido movimento della mano venne scaraventato dal Mangiamorte contro la parete alle sue spalle. Cadde di faccia sul freddo pavimento roccioso, ma cercò quasi subito di rialzarsi per raggiungere la bacchetta che gli era caduta dalle mani. Incespicò e colpì nuovamente il pavimento con il petto, alzando lo sguardo verso il suo ragazzo e l’aggressore. Il tempo sembrò rallentare.
Una formula a lui sconosciuta uscì dalla bocca di quest’ultimo, una leggera luce bianca colpì il petto di Theodore, che tremò per un istante, prima che la sua camicia e il mantello iniziassero ad imbrattarsi di sangue, proveniente dalle ferite profonde che la Maledizione aveva provocato. Rivolse un ultimo sguardo a Kevin, che guardò la scena con la bocca spalancata, gli occhi pieni di lacrime e il dolore in tutto il corpo che non gli permetteva di alzarsi. Poi cadde all’indietro, precipitando oltre la ringhiera.
“NO!”
L’urlo gli uscì senza poterlo impedire. Il Mangiamorte, convinto di averlo sistemato, lo guardò sorpreso. Con la rabbia che ribolliva nel sangue e l’odio che divampava, Kevin scattò velocemente verso la sua bacchetta, in un movimento quasi innaturale. La raccolse e senza che l’uomo davanti a lui potesse nemmeno cercare di contrattaccare gliela puntò contro.
“AVADA KEDAVRA!” il lampo verde scaturì dalla punta come un fiume in piena e velocemente esplose contro il petto dell’altro che, dopo qualche secondo di barcollamento, colpì la pietra dura del pavimento, senza vita.
Con le lacrime che ormai scorrevano impetuose sulle sue guance, Kevin si precipitò verso le scale che conducevano in basso. Raggiunse Theodore, il petto coperto di sangue, e lo prese dolcemente fra le braccia. Puntò la bacchetta contro di lui e pronunciò “Epismendo”, la voce rotta dal pianto. Purtroppo, quella Maledizione sconosciuta, era troppo potente per lui. Le ferite profonde rallentarono solo la fuoriuscita del sangue, senza però placarla del tutto. L’alzarsi e l’abbassarsi del petto del moro rallentò sempre di più, fino a risultare quasi impercettibile.
“Non mi lasciare, Theo…” iniziò, ma dovette fermarsi per schiarirsi la voce, roca e tremante. “Ho bisogno di te, non posso farcela se mi abbandoni. Devi-” il ragazzo sotto di lui allungò una mano e gli accarezzò il viso, cercando di contenere il tremolio, per asciugargli le lacrime che non smettevano di cadere. Con gli occhi socchiusi, li fissò nei suoi, un debole sorriso sulle labbra.
“Ti amo, Kevin” furono le sue ultime parole, prima che la mano sollevata cadesse sulla pietra.
E l’oceano nei suoi occhi venne invaso dalla nube oscura che portò via la vita dal suo corpo.
Rimase lì ad abbracciare il corpo senza vita del suo ragazzo per una quantità di tempo indefinita mentre le esplosioni attorno a lui continuavano, la guerra incessante. Accovacciato sul suo petto, le lacrime continuavano a scorrere senza placare il flusso nemmeno per un attimo. Il dolore che sentiva stringergli il cuore era più insopportabile del dolore fisico provocato dalla caduta.
Si sentiva svuotato, come se un Dissennatore avesse appena usato il Bacio su di lui, togliendogli l’anima. Il mondo sembrava essere finito, eppure nessun altro sembrò accorgersene. Theo fu il suo primo ragazzo, il Primo Vero Amore, e senza di lui non sapeva come avrebbe vissuto, di lì in avanti.
Ancora chino sul suo petto, si sentì toccare una spalla. Scattò all’indietro, brandendo la bacchetta verso la persona che l’aveva toccato, il volto ancora pieno di lacrime. Fleur era davanti a lui, insieme ad un paio di ragazzi. I boati della battaglia nella scuola erano cessati, ma lui non se n’era accorto fino a quel momento.
“Kevin, mi dispiace…” la ragazza si inginocchiò vicino a lui, accarezzandogli un braccio, gli occhi lucidi. Il biondo allora si tuffò su di lei, abbracciandola e scoppiando in un pianto straziante. I singhiozzi scuotevano il suo corpo. “Voldemort ci ha parlato” continuò la ragazza. “Ha detto che abbiamo un’ora per curare i nostri feriti e radunare i nostri morti. Ti dispiace se portiamo Theo in Sala Grande?”
Mentre gli parlava accarezzò la sua nuca, confortandolo un minimo. Kevin mosse leggermente la testa appoggiata contro la sua spalla, lei si girò allora verso gli altri ragazzi e con un cenno diede loro l’ordine di raccogliere Theo e portarlo con gli altri.
La Sala Grande aveva un aspetto completamente diverso da come si era soliti vederla. I tavoli delle Case erano spariti, in fondo alla stanza Madama Chips e alcuni volontari stavano curando i feriti, disposti sulla pedana. Al centro della Sala, invece, i caduti erano disposti in file. I sopravvissuti si abbracciavano, la famiglia Weasley piangeva il loro figlio deceduto, e non appena Fleur finì di aiutare a sistemare anche Theodore, tornò da suo marito, abbracciandolo.
Kevin, barcollando, raggiunse il punto dove avevano disteso Theo. Si accucciò accanto a lui e gli prese la mano. Doveva aver finito le lacrime, perché smise di piangere nonostante il dolore continuo al petto. Per cercare sollievo, portò le ginocchia contro il torace e con la mano libera vi si schiacciò contro, appoggiando la testa e osservando il cadavere del moro. Sembrava addormentato, solo questo. Fleur, dolcemente, l’aveva ripulito dal sangue.
Il flusso di pensieri di Kevin corse per tutto il tempo ricordando i tempi passati insieme e si maledisse per non essersene andato con lui quando era giunto il momento dell’evacuazione. Sarebbero rimasti insieme, così facendo. Avrebbero passato l’estate insieme in Francia, come gli aveva proposto Theo.
Ma quella vita non ci sarebbe stata. Non avrebbe più incrociato quello sguardo di ghiaccio, non avrebbe più assaporato quelle dolci labbra, le sue braccia non l’avrebbero più stretto, facendolo dimenticare del mondo intero. Nonostante il dolore, però, Kevin doveva sopravvivere per entrambi. Sapeva già quello che avrebbe dovuto passare per i primi anni, l’aveva già provato quando morì suo padre, ma sapeva anche che non serve a niente crogiolarsi nel proprio dolore e dimenticarsi di vivere. Perché nonostante tutto la vita va avanti. Avrebbe sofferto, quello sì. E anche tanto. Ma prima o poi avrebbe trovato la serenità.
Era assorto nei suoi pensieri quando vide qualcuno sedersi acanto a lui. Scosse la testa e si girò, sorpreso nel vedere Hermione Granger. Erano amici, non quel genere di amicizia che aveva lei con Potter o con Ron, ma spesso si erano trovati a parlare, mentre studiavano nella biblioteca della scuola.
“Hey” il suo sorriso era dolce, così come il suo sguardo, arrossato dalle lacrime.
“Ciao, Hermione” Kevin sorrise, un sorriso un po’ forzato ma che infondeva sicurezza.
“So che è una domanda stupida, ma come stai?” chiese la ragazza, accarezzandogli la mano che stringeva ancora quella di Theodore. Lui le guardò, poi rivolse il suo sguardo di nuovo sulla Grifondoro.
“Ora come ora male, ma starò bene” le sorrise, convinto di quelle parole. Lei ricambiò il sorriso.
“Te lo auguro” rispose la ragazza, con un tono dolce e gentile.
“Ce lo auguriamo tutti…” Kevin abbassò lo sguardo sulle loro mani, nella stessa posizione da quando Hermione era arrivata. “Mi dispiace per Fred” continuò “porgi le mie condoglianze a Ron e alla sua famiglia, lo farei di persona ma in questo momento non riesco” i suoi occhi si spostarono sul viso del moro disteso accanto a loro, e una fitta al petto gli fece capire di essere ancora vivo, nonostante ogni fibra del suo animo fosse in frantumi.
Hermione si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano libera, portandola subito dopo sulla spalla del ragazzo e accarezzandogli delicatamente la schiena.
“Non ti preoccupare, lo farò io al posto tuo.”
Kevin allora portò lo sguardo ai suoi occhi, sorridendole appena. Lei si sporse lentamente verso di lui, con un sorriso accennato sulle labbra, e gli baciò dolcemente la fronte, stringendolo un poco a sé, prima di staccarsi da quel tiepido abbraccio e rialzarsi, tornando verso la famiglia Weasley.
Rimasto solo, la mano di Kevin continuò ad accarezzare quella di Theodore, mentre nella Sala entrarono ancora un paio di ragazzi, stendendo un altro corpo insieme agli altri. Alzando leggermente lo sguardo verso di loro, notò che uno dei due ragazzi che avevano trasportato il cadavere fino a lì corse fuori dalla stanza non appena l’ebbe posizionato al suolo, le mani che si coprivano il viso. Lo seguì con lo sguardo fino a vederlo scomparire oltre la soglia, così tornò ad osservare la pelle biancastra del suo amato, le ciocche corvine che gli incorniciavano il viso.
Si soffermò in quella posizione per un lasso di tempo piuttosto lungo. Di tanto in tanto, faceva correre lo sguardo lungo tutta la Sala Grande, dove professori, studenti, famigliari e Auror si sparpagliavano per tutta la stanza. Il soffitto incantato mostrava le prime timide luci dell’alba, nonostante l’oscurità fosse predominante. Era passata un’intera nottata dall’inizio della battaglia, ma a Kevin erano sembrate solo un paio d’ore. I feriti, ancora sulla pedana insieme a Madama Chips, ormai avevano ricevuto tutti le cure necessarie ed ora erano seduti sul gradino oppure appoggiati ai muri lungo il perimetro.
Quando tutto sembrava pressoché tranquillo, un boato acuto proveniente dall’esterno del castello attirò l’attenzione di tutti i presenti, e in Kevin sorse un sentimento simile alla nausea.
Voldemort parlò e di tutto il discorso insulso e privo di umanità, l’unica frase che riecheggiò nella mente di Kevin e presumibilmente anche degli altri ascoltatori, fu la prima: “Harry Potter è morto”.
Alzò lo sguardo freneticamente, anche un po’ terrorizzato, verso Hermione e gli altri, vedendo la ragazza riccia coprirsi la bocca con entrambe le mani, mentre gli occhi le diventavano lucidi.
Quando la voce incorporea di Voldemort cessò di tuonare, Kevin vide la professoressa McGranitt voltarsi verso gli altri professori e gli Auror, tutti pallidi in volto come se fossero morti con Harry.
Qualche istante dopo, la McGranitt si precipitò verso l’arcata della Sala diretta al portone d’ingresso. Passò un attimo interminabile e la voce della donna che gridava “NO!” tremò oltre le mura. In una manciata di secondi, tutte le persone in grado di muoversi che si trovavano all’interno della Sala Grande scattarono verso l’ingresso.
Kevin lasciò a malincuore la mano gelida di Theodore e corse anche lui verso il portone. I difensori di Hogwarts si riversarono sui gradini oltre il portone, e le urla degli amici di Harry diedero il via ad un insieme di insulti e grida rivolte ai Mangiamorte e al loro capo. Kevin urlava a squarciagola insieme agli altri, quando una sensazione di soffocamento gli fece capire che il Signore Oscuro li stava zittendo con l’ausilio di una magia.
Il corpo di Harry Potter giaceva ai piedi del suo assassino, esanime, e insieme a esso anche tutte le speranze degli abitanti di Hogwarts che venivano calpestate dal Signore Oscuro, mentre si crogiolava nella disperazione dei presenti discorrendo su quanto nemmeno il famoso “Bambino Che Era Sopravvissuto” fosse stato in grado di sconfiggerlo.
Mentre Voldemort continuava a parlare, il dolore di Kevin si trasformò in rabbia. Aveva appena perso una delle persone più importanti della sua vita e il solo pensiero gli stringeva lo stomaco in una morsa infernale, spingendolo quasi a vomitare. Insieme a lui aveva perso anche la sua innocenza, ricordandosi lo sguardo del Mangiamorte mentre veniva colpito dall’Anatema scagliato dalla propria bacchetta. Aveva perso anche un rifugio sicuro, Hogwarts, che in quel momento sembrava più un cimitero che una scuola. Quei muri non l’avrebbero più rincuorato, quando la vita gli metteva i bastoni fra le ruote.
Aveva paura. Paura che quella sensazione di vuoto e di dolore che stava provando in quel momento se la sarebbe portata dietro per tutta la vita, facendolo svegliare nel bel mezzo della notte con la fronte sudata e il cuore in gola, impedendogli di ritornare a vivere.
Era arrabbiato, perché nessuno meritava di morire solo per il malsano desiderio di potere di un folle. 
Né Harry.
Né Theodore.Kevin venne richiamato da quello stato di trance, in cui non si era accorto di essere caduto, dalle grida di un ragazzo immobile in mezzo al cortile che indossava il Cappello Parlante ghermito dalle fiamme. Un ghigno spettrale stampato sulla faccia di Voldemort.
Poi avvenne qualcosa che aveva dell’incredibile: dal limitare del parco si alzò un frastuono, centinaia di persone correvano verso il castello in difesa dei suo abitanti, un gigante apparve da dietro la scuola e si scagliò contro i giganti di Voldemort, che nel frattempo erano stati attaccati da un ippogrifo e alcuni cavalli alati che Kevin non aveva mai visto prima, i centauri scoccavano frecce contro i Mangiamorte, costretti a disperdersi. Regnava il caos, quando gli occhi di Kevin e di tutti quelli che lo circondavano vennero attirati da uno scintillio: Neville Paciock, il ragazzo che stava andando a fuoco poco prima, si era liberato dall’incantesimo Pietrificus e brandendo una spada apparsa da chissà dove mozzò la testa del serpente di Voldemort.
Lo spettro bianco e nero aprì la bocca come in un urlo tremendo, ma nessun suono uscì dalle sue sottilissime labbra.
Kevin impugnò la sua bacchetta e iniziò a lanciare Schiantesimi contro ogni nemico che gli venisse a tiro, mentre con il resto della folla indietreggiava di nuovo all’interno del castello. Come loro, però, anche Voldemort camminava in direzione dell’entrata, lanciando Incantesimi contro chi lo circondava.
Quando anche Kevin finì nella traiettoria della sua bacchetta, un Sortilegio Scudo si alzò prima che l’Anatema lo colpisse. Si guardò intorno per cercare di capire chi l’avesse protetto ma il suo difensore non era così semplice da individuare.
Continuando a muoversi non si accorse di aver raggiunto la Sala Grande: i corpi dei caduti erano scomparsi e la battaglia aveva preso il loro posto, con insegnanti, studenti e Auror che combattevano fianco a fianco contro Voldemort e i suoi seguaci. Kevin schiantò un paio di Mangiamorte, evitò qualche Fattura e si guardò in giro.
Voldemort stava fronteggiando la McGranitt, Lumacorno e Kingsley da solo, mentre Bellatrix Lestrange si stava scontrando con tre ragazze, ovvero Hermione, Luna e Ginny. I Mangiamorte restanti fuggivano, colpiti da incantesimi, frecce e rallentati dagli Elfi domestici che li colpivano alle caviglie.
La paura e l’istinto di sopravvivenza stavano facendo una danza all’interno del corpo di Kevin, che osservava i due scontri rimasti dal perimetro della Sala. Una luce verde mancò per poco Ginny Weasley e sua madre corse in aiuto, sfidando a duello Bellatrix, così le tre ragazze si allontanarono.
Le bacchette e le urla continuarono, gli occhi di Kevin si spostavano freneticamente tra i due gruppi di duellanti , quando uno scoppio sul petto di Bellatrix la fece cadere a terra, senza vita. Voldemort scatenò la sua furia e lanciò i suoi sfidanti lontano da lui, indirizzando successivamente la bacchetta verso Molly: ancora una volta, però, il suo incantesimo si infranse su uno Scudo apparso all’improvviso fra la donna e lui. Le due fessure rosse che aveva al posto degli occhi vagarono per la stanza cercandone l’origine, quando il cuore di tutti si fermò.
Harry Potter apparve in mezzo alla Sala, faccia a faccia con Voldemort.
 
Epilogo
 
Il vento gli soffiava sul viso, spostandogli una ciocca di capelli sulla fronte. Le fronde degli alberi danzavano sotto di lui, mentre il Lago Nero si muoveva sinuosamente, creando increspature sulla riva. Dalla Torre si riusciva a vedere tutto il parco e anche oltre, quasi fino a riconoscere in lontananza i tetti di Hogsmade. Il sole caldo di settembre abbracciava ogni angolo del castello, rendendolo iridescente.
Kevin non voleva ritornare ad Hogwarts, inizialmente, ma aveva passato un intero anno a studiare per i N.E.W.T. che alla fine non era riuscito a superare, dopo la guerra. Il suo orgoglio da Corvonero era profondamente ferito, quindi convenne che la cosa migliore da fare era iscriversi nuovamente e ripetere l’anno. Pensava, affacciato dalla Torre di Astronomia, che quell’anno sarebbe stato molto più complicato di quello precedente. Non avrebbe più incontrato Theodore per i corridoi e non si sarebbero più nascosti dietro gli arazzi per scambiarsi qualche bacio fugace, non avrebbero più organizzato pic-nic romantici vicino alla Stamberga Strillante, non avrebbe più assaporato quelle labbra morbide, o rivisto i suoi occhi glaciali. Gli sarebbe mancato tutto di quel ragazzo per il resto della vita, lo sapeva bene, e ritornare in un posto che racchiudeva così tanti bei ricordi ma anche il più terribile di tutti avrebbe messo a dura prova il suo cuore, ancora completamente distrutto. Spesso, di notte, si svegliava di soprassalto quando nei suoi sogni un ragazzo corvino gli accarezzava il volto. Si alzava dal letto e correva in bagno, lo stomaco attorcigliato e le lacrime che scendevano senza che lui potesse fermarle in alcun modo. Piangeva, urlava, si strattonava i capelli e affondava i denti nelle nocche fino a farle sanguinare. E poi, come un temporale estivo, tutta quell’angoscia svaniva, lasciandolo sdraiato sulle mattonelle vicino al lavandino come un pezzo di carta tagliuzzato e gettato nel fango.
Ma si rialzava.
Ogni volta si rialzava, si puliva dal fango e dalla polvere e riattaccava ogni pezzo al suo posto, trascinandosi di nuovo sul materasso per continuare a dormire per quelle poche ore prima dell’alba.
Quella mattina, prima di prendere il treno per tornare alla scuola, l’aveva fatto ancora. Si era alzato, preparato e incollato i pezzi prima di uscire.


Sobbalzò quando una mano gli accarezzò la schiena.
“Scusa, non volevo spaventarti” disse Hermione Granger, i capelli che svolazzavano nel vento e un sorriso tenue sulle labbra.
“Non ti preoccupare, ero distratto e non mi aspettavo di ricevere visite” rispose lui con un tono dolce, molto diverso dal suo solito acidume. “E non mi aspettavo nemmeno di vederti qui, che ci fai a scuola?” chiese, cauto.
La ragazza si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si avvicinò alla balconata, appoggiandovi i gomiti.
“Ho passato l’ultimo anno alla ricerca degli Horcrux, ma a differenza di Harry e Ron non potevo sopportare di lasciare Hogwarts senza portare a termine gli studi.” Il suo sguardo si spostò dal ragazzo all’orizzonte. Era chiaro che anche per Hermione stare di nuovo fra quelle mura rappresentava sia un sollievo che una sorta di pericolo. Aveva perso molti amici anche lei, durante la Battaglia, e il ricordo doveva farle male quanto lo faceva a Kevin.
“Beh” il ragazzo imitò la sua posizione e allungò una mano attorno alla sua spalla, stringendola appena “sono felice di sapere che avrò una degna compagna di biblioteca, quest’anno.”
Entrambi risero, stringendosi in un amichevole abbraccio e osservando le barche dei nuovi studenti navigare sul Lago in direzione del castello.


In quel momento Kevin capì, stretto contro Hermione, che voleva combattere, perché alla fine era questo, un combattente. Aveva combattuto per tutta la vita, prima per suo padre, poi per sua madre e infine per Theo.
Doveva farcela.
Doveva combattere ancora una volta.
Una battaglia che non aveva bisogno di vincitori o di vinti.
Solo una.
Per sé stesso.
  
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