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Autore: Myra11    26/01/2018    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 32
 
-Mentre si sfregava le braccia, cercando di placare il bruciore, pensò che non c’era momento migliore per lui di ricevere una notizia del genere.-
 
Meno di un anno dopo quel momento, Nyx era fuggito dal Palazzo.
Era una fresca sera autunnale, e lui si era rifugiato nella grande arena rotonda che le guardie avevano usato per allenarsi.
Nessuno andava più lì, tantomeno a quell’ora, eppure lui non si sorprese quando sentì i passi claudicanti alle sue spalle.
«Ciao Libertus.» Mormorò, distendendo la schiena contro la piglia mentre il suo amico si sedeva a fatica accanto a lui. Nyx non si voltò nemmeno a guardarlo: gli faceva male vederlo con i capelli completamente bianchi e il viso rugoso, e ricordare com’era stato quando tutta quella storia era iniziata.
«Tutta la città festeggia l’eroe che ha salvato il re, e l’eroe scappa?»
Quel rimprovero divertito gli strappò una risata. «Noctis è stato fortunato che io fossi lì.»
«Già, ma questo non toglie che gli hai salvato la vita. Di nuovo.»
Nyx piegò le labbra in un mezzo sorriso, ripensando a quel momento.
La riunione con i rappresentati dell’Impero era in corso, e nonostante sia Noctis che Victoria fossero presenti, Regis conduceva i negoziati.
Nyx era in silenziosa attesa accanto al trono, a pensare a come Crowe stava studiando le guardie imperiali quando percepì qualcosa che non andava.
Da quando aveva condiviso la sua magia con coloro che lo circondavano li percepiva come piccole fiamme nel buio, e in quel momento ce n’era una che sembrava svanire.
L’attimo dopo Noctis si era portato una mano al petto, respirando a fatica, e Nyx aveva capito.
Mentre Victoria chiamava a gran voce i medici, sostenendo il marito, e l’intera stanza li osservava in silenzio, Nyx era intervenuto.
Aveva scostato la regina, sostenendo Noctis al suo posto, gli aveva piantato una mano sul cuore e gli aveva spedito una scarica elettrica nel corpo. Qualche anno prima quello stesso gesto gli aveva quasi distrutto il cuore, ma ora Nyx riuscì a controllare l’intensità, e sfruttò il fulmine per far ripartire il cuore del re, interrompendo brutalmente l’infarto in corso.
Aveva sentito una fitta di rimpianto nel ricordare chi gli aveva permesso di assumere quel controllo così preciso della sua magia, e poi era stato distratto dall’applauso dei rappresentati imperiali.
«Ehi, terra chiama Nyx.»
Scosse la testa, scacciando quell’opprimente sensazione che gli aveva chiuso i polmoni da quel momento. Per un solo, folle istante aveva temuto che Noctis gli sarebbe morto davanti agli occhi.
«Scusami. Mi sono distratto.» Confessò con una stretta di spalle.
Libertus gli posò una mano sulla spalla. «Immagino. Nyx, stai bene? Non abbiamo più avuto occasione di parlare.»
«Lo so, e mi dispiace. Sto bene, comunque.»
«Certo.»
Si guardarono un attimo, e Nyx cedette. «Una volta una…persona mi ha detto che o muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo. E io sono immortale, amico mio.»
«Tu non diventerai cattivo, Nyx. Non lo sei mai stato.»
Libertus gli diede una spallata amichevole. «Devi smetterla di tormentarti, eroe. Che importa se sei immortale? Vivi, e vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo.»
Nyx rimase in silenzio un attimo, lasciando che i ricordi di cui quel posto era intriso lo invadessero, e poi sospirò voltandosi verso l’amico. «Hai ragione.» Gli concesse. «Ora basta parlare di me. Come sta la tua famiglia?»
Quella semplice domanda sbloccò la situazione, e si ritrovarono a parlare come non facevano da anni, e furono di nuovo solo loro due, i rifugiati di Galahd dal passato burrascoso.
Fu una serata così pacata che il mattino dopo Nyx si svegliò particolarmente rilassato, come non gli succedeva da molto.
Luna se ne accorse immediatamente quando lui saltò gli ultimi quattro scalini e le dedicò un sorriso ampio.
«Vedo che qualcuno è allegro oggi.» Scherzò dopo che lui le ebbe rubato un bacio rapido.
Lo osservò stringersi nelle spalle. «Quella chiacchierata con Libertus ieri mi ha fatto bene. È stato…rilassante.»
«Bene.» Luna sorrise nel vederlo così tranquillo. «Il caffè è pronto, se vuoi.»
Lo osservò prendere la tazza mentre il campanello suonava per la prima volta, e quando lui aprì la porta intravide Drautos e Soleia.
Non sentì cosa dissero, ma l’attimo dopo la tazza di caffè si schiantò a terra, riducendosi in pezzi.
«Nyx…?» Lui non le rispose, e lei lo raggiunse sulla soglia. «Nyx, cosa…»
Cercò di farlo girare ma, quando gli posò una mano sulla spalla la scossa le attraversò il corpo e le fece rizzare i capelli.
«Mi dispiace zia.» Mormorò Soleia, e Luna capì. Capì perché erano entrambi lì, e capì perché la sola vicinanza di Nyx le provocava quella sensazione opprimente.
«Lasciateci…lasciateci un attimo per favore.»
Alla sua richiesta, Drautos e Soleia si congedarono, e Luna fu libera di concentrarsi sul marito.
«Nyx, mi dispiace così tanto.»
Quando lui non le rispose, lei gli fece scivolare le braccia intorno e lo strinse a sé, ignorando le scosse incontrollate che la colpivano. Lui aveva bisogno di lei, e null’altro importava.
Lo sentì tremare tra le sue braccia, incapace di parlare, di replicare, di scuotersi da quella sensazione che lo stava stritolando. Luna lo capiva, fino ad un certo punto, perché pochi minuti prima era pacifico e sereno, e ora la persona che gli aveva procurato quella sensazione, l’amico di una vita intera, non c’era più.
Non seppe mai quanto tempo passò prima che lui si allontanasse da lei e, senza una parola, uscisse di casa.
Fu il suo stesso corpo a portarlo dove doveva andare, perché la sua mente era come svuotata.
Sentiva il suo sangue rimbombargli nelle orecchie, l’inizio di un’emicrania con i fiocchi, e la sua magia che ribolliva sotto pelle.
Fu Soleia ad aprirgli la porta.  «Entra.» Lo invitò facendosi da parte, e si asciugò velocemente gli occhi mentre lui avanzava. Si rese conto di essere scalzo solo quando sentì quella che considerava una nipote sobbalzare guardando il pavimento e, imitandola, vide che i suoi passi stavano bruciando le piastrelle.
Avrebbe voluto scusarsi, e dirle che non se n’era nemmeno accorto, ma non riuscì a parlare.
Lei lo accompagnò nel salone, dove il fratello, la madre e molti dei loro amici erano già presenti.
Si fecero da parte mentre lui avanzava, un po’ per rispetto, e un po’ perché rischiavano di essere colpiti dalla magia che aleggiava intorno a lui.
Fu peggio di qualsiasi ferita.
Se con Cor la furia l’aveva sostenuto, in quel momento non aveva nulla a cui aggrapparsi per andare avanti.
«Ieri sera è tornato a casa, e stava bene, era felice. E stamattina…non si è svegliato.»
La voce di Drautos si perse appena lui parlò.
Libertus c’era sempre stato, pensò.
Il primo, roboante fulmine bruciò il lampadario in una pioggia di scintille che strappò un urlo alla vedova.
Era lì quando erano ancora a Galahd, ragazzi che cercavano di gestire un bar.
Era lì quando Galahd bruciava.
Un altro rombo, la finestra che esplodeva, voci concitate che non lo raggiunsero mai.
In tutti gli anni da profugo, negli anni di oscurità e di pace traballante.
Libertus era sempre stato lì.
Urlò.
Urlò mentre la stanza veniva invasa da una vera tempesta di fulmini che disintegravano qualsiasi cosa toccassero.
Quando Insomnia era andata distrutta, quando il buio aveva invaso il mondo.
«Nyx!»
Quando Ifrit li aveva quasi annientati, quando lui era in punto di morte dopo aver battuto Ardyn e negato la profezia.
«Basta!» La voce cristallina precedette le braccia di Luna intorno a lui, la sua stretta che sembrava l’unica cosa in grado di impedirgli di crollare.
Lei ignorò il dolore lancinante, ignorò l’odore di bruciato, ignorò i fulmini incontrollati che apparivano e svanivano in pochi secondi.
«Basta, ti prego…ti prego.»
La sentì piangere contro la sua schiena, stringerlo come se non volesse mai lasciarlo andare, e si rese conto che la stava ferendo di sicuro, e che nonostante quello lei non si muoveva.
«Va tutto bene, Nyx. Sono qui.»
Scivolarono in ginocchio insieme, stretti in silenzio, e Nyx intrecciò le dita a quelle della moglie, svuotato del dolore che aveva causato quell’esplosione di magia.
Non c’era più nulla.
Solo il vuoto dove un tempo c’era stato Libertus.
 

 
Nessuno gli aveva contestato la decisione di seppellire Libertus a Galahd, nemmeno i suoi figli.
Era là che era nato, ed era là che avrebbe riposato per sempre.
Andò da solo, dopo che la famiglia gli ebbe detto addio.
Andò da solo perché era giusto che facesse almeno quello, per lui.
Scavò la buca nel cimitero sotto l’incessante pioggia autunnale, senza quasi sentirla.
Lei tornò quando ebbe finito, confusa tra le gocce d’acqua.
«Nyx.»
Sembrava un’ombra nel buio, eppure lui individuò i brillanti occhi scuri che lo fissavano.
Fu una sensazione strana, ritrovare quel fantasma che pensava che non avrebbe mai rivisito, e gli procurò una fitta al cuore di dolore e gioia.
«Crowe. Hey.»
Lei abbassò lo sguardo sulla tomba fresca, e rimase in silenzio per qualche istante.
«Dovrai essere forte, amico mio.»
La osservò muoversi per venire a sedersi accanto a lui. Fu come un soffio di vento fresco in estate, una sensazione quasi impalpabile ma certa.
«Lo so.»
«Almeno non sarai mai del tutto da solo, no? Ci sarò sempre io.»
Quella consolazione gli strappò una breve, amara risata. «Grazie, Crowe.»
«Figurati. Se ti lasciassi solo finiresti con il fare qualche cavolata da eroe.»
Piegò le labbra in un mezzo sorriso, e poi tacquero di nuovo.
Morta o no che fosse, pensò Nyx, era bello avere accanto la sua vecchia compagna d’armi e, quando lei gli posò la testa sulla spalla, fu terribilmente reale.
«Grazie per averlo riportato a casa, Nyx.»
 

 
Luna trattenne il fiato mentre la figlia scioglieva delicatamente le bende, scoprendo le ustioni sulle braccia. Nonostante bruciassero e pungessero come l’inferno, non le rimpiangeva.
Nyx aveva avuto bisogno di lei, e nient’altro era importante.
«Sono preoccupata per papà.» Confessò la futura regina con un sospiro, e Luna s’intenerì.
Nonostante, almeno fisicamente, assomigliasse di più a lei, c’era qualcosa che specchiava Nyx nel suo viso, e nelle sue espressioni. «Cosa ti tormenta, tesoro?» Le chiese delicatamente, osservandola mentre disinfettava le sue ferite.
Crowe esitò un istante, poi sollevò lo sguardo sulla madre. «Tu e papà avete…qualcosa di speciale. Non fraintendermi mamma, amo Regis da morire, ma quando guardo voi…» Le si mozzò la voce; non riusciva a trovare le parole. Non era facile descrivere come, quando era bambina, le si stringeva lo stomaco quando Nyx tornava a casa e i suoi occhi s’illuminavano posandosi sulla moglie, o il modo in cui si muovevano l’uno intorno all’altro, come ingranaggi di un meccanismo perfetto composto solo da loro due.
«Ricordi quando ero piccola, e volevo volare come papà?» Chiese, cambiando approccio all’argomento, e vide la madre sorridere lievemente.
«Certo che me lo ricordo. Ci hai fatto spaventare a morte, e tuo padre si è quasi spaccato la schiena quando sei caduta dal balcone e ti ha salvato.»
Crowe fece una smorfia. «Quello è stato l’unico momento in cui papà si è arrabbiato con me. Era una furia, eppure quando tu mi hai vista piangere e mi hai difeso, lui si è calmato. La tua voce, la tua vicinanza, sembra che tu sia il centro del suo mondo.»
Luna sorrise, e alzò una mano ad accarezzare il volto della figlia. «E lui è il centro del mio. Io e Nyx ci siamo conosciuti in un momento molto brutto, tesoro, e ne abbiamo passate di tutti i colori. Niente forgia l’amore come rischiare di morire. Ecco perché siamo così, perché tu ci vedi così.»
Crowe si accigliò, ma non replicò e riprese a bendare le braccia della madre che, vedendola confusa, riprese a parlare.
«Conosci la nostra storia, Crowe. Sai cosa abbiamo fatto l’uno per l’altra. Sappi che faremmo anche di più per te.»
«Non ho mai messo in dubbio il vostro affetto, mamma. Ed è proprio questo che mi preoccupa, questo amore assoluto che lega te e papà. Non per…per portare sfortuna, ma cosa succederà quando tu sarai vecchia? Cosa succederà quando tu andrai nell’unico posto dove lui non può seguirti?»
Luna socchiuse gli occhi, sentendo le lacrime pungere per uscire.
Sapeva benissimo cosa sarebbe successo, ma sperava di sbagliarsi.
Si sporse a dare un bacio sulla fronte della figlia. «Non pensare a queste cose piccola. Fanno male al bambino.»
Vide Crowe diventare da un delicato rosa perla ad un violento rosso pomodoro mentre si alzava. «M-mamma!»
Vederla così imbarazzata strappò una risata alla donna, che la osservò con tenerezza mentre lei incrociava istintivamente le mani sul grembo. «Credi che papà la prenderà bene?»
«Che domanda è? Diventerà nonno, come vuoi che la prenda?»
Prima che lei potesse rispondere, la finestra si aprì in apparenza da sola, e un pugnale ornato si piantò nel muro di fronte. L’attimo dopo un Nyx bagnato fradicio e avvolto in un pesante mantello fece la sua comparsa in una nuvola di cristalli argentei, e Crowe si lasciò scappare un breve urlo di sorpresa.
Luna, invece, tirò giù le maniche della maglia, a coprire le bende, e gli si avvicinò senza esitare.
«Sei tornato.» Lo salutò, e Crowe sentì di nuovo quella stretta allo stomaco quando vide il modo in cui si guardavano.
Nyx si sporse a dare un bacio lieve alla moglie, e poi si voltò verso di lei. «Ciao bambina.»
Non aveva mai smesso di chiamarla così, nonostante avesse vent’anni e fosse la futura regina, ma le stava bene; detto da lui, quel termine affettuoso la faceva sentire protetta.
«Chi deve dirmi cosa, a proposito?»
«La tua è proprio un’abitudine, vero Nyx?» Scherzò Luna, dandogli una breve gomitata divertita.
Qualcosa dentro di lei si rilassò nel vedere lo sguardo di suo marito accendersi di uno scintillio ironico.
Qualsiasi cosa fosse successa a Galahd, doveva averlo aiutato.
Crowe si morse il labbro inferiore finché lui non la guardò.
Lasciò che i suoi occhi passassero dal suo viso alle sue mani, intrecciate sul grembo, e poi a Luna, e poi di nuovo a lei.
Quando la indicò, incapace di parlare, Luna annuì con un sorriso. «Esatto.»
Alla sua conferma, lui si sbloccò e abbracciò la figlia d’istinto, con un sorriso che era uguale a quello che aveva avuto quando aveva saputo che sarebbe diventato padre.
Mentre si sfregava le braccia, cercando di placare il bruciore, pensò che non c’era momento migliore per lui di ricevere una notizia del genere.
  
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