Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Liveandlove    26/01/2018    4 recensioni
Abito all'ultimo e settimo piano della mia palazzina. A quest'altezza uno si aspetterebbe di essere circondato da tetti popolati da antenne tv e piccioni appollaiati su cornicioni e mattonelle, invece la mia vista è otturata da un altro palazzo. Da un paio di settimane a questa parte in quell'appartamento si è trasferito un ragazzo che ha deciso di mettersi contro la persona sbagliata. Si sbaglia di grosso se pensa che basti una leccata al suo ghiacciolo per fottermi.
ATTENZIONE: la storia contiene un linguaggio/scene violente e di sesso. Ho impostato il rating arancione solo per permettere anche a chi non ha un account di poter accedere alla storia.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Right in front of you

Otto


Quella probabilmente era la serata più noiosa e più vuota a cui avesse mai assistito quel locale. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte e si erano presentate letteralmente un paio di persone, - potevo addirittura contarle sulle le dita di una mano - tutte con un’età media di 40 anni. A quanto ne sapevo io, quel sabato non era giorno di festa e nessun altro locale aveva aperto nelle vicinanze, perciò quell’assenza rimaneva ancora inspiegabile; per di più, Jungkook aveva chiesto di fare a cambio di turno con quella scriteriata di Kim Seo-Hyun lasciandomi sì, la possibilità di farle una bella strigliata dopo quella serata, a cui lei aveva risposto con un insignificante “scusami” a testa bassa, - se la voce fosse arrivata al boss come minimo avrebbe avuto un taglio allo stipendio - ma anche lasciandomi il tempo di dar sfogo ai miei pensieri, ed in quel momento era l’ultima cosa di cui avevo bisogno, considerando gli ultimi eventi. 
Erano passati solo due giorni da quando mi ero risvegliata sul divano al fianco di quel ragazzo, il quale se ne era andato solo dopo avermi preparato la colazione. Quei gesti che potevano risultare banali, in un qualche modo mi confortavano e sedavano il mio petto in subbuglio; tuttavia con la sua assenza realizzai che nel sopraffare quei tedi e strazianti pensieri sul mio passato e sui miei “genitori”, si era fatto spazio un gran caos che lui stesso aveva innescato. Avevamo deciso di essere amici, ma il vero problema era che - dopo un’attenta ricerca su internet - tutto quello che provavo in sua presenza non combaciava affatto con il concetto di “amicizia”, lasciandomi titubante su come comportarmi. Forse ero io a farmi troppi problemi, e forse Google aveva toppato nel farmi comprendere quella nozione. Dunque, sono arrivata alla conclusione che avrei provato a non pensarci troppo e a continuare a comportarmi normalmente ma in modo più affabile; chissà, magari il consiglio di Jeon Jungkook si sarebbe rivelato veritiero. 

Lanciando ancora un’ultima occhiata verso la porta, tiro fuori il cellulare collegato al wi-fi, ed inizio a vagare sulle mete turistiche in Corea. In quegli anni avevo compreso che c’era solo una soluzione ad una mente annebbiata: un paio di giorni isolata da tutti, circondata solo da un bel paesaggio e attività interessanti; aveva sempre funzionato, anche nei momenti più disperati.
“Vai da qualche parte?” Alzando lo sguardo dal telefono ritrovo quei due pozzi ammalianti del mio vicino di casa, aka amico; anche quella sera era pericolosamente attraente con i suoi capelli argentati più mossi del solito e con quella camicia mezza sbottonata, ma era davvero l’ultima persona che volevo incontrare in quel momento. “Che ci fai quì?” Gli chiedo quasi stizzita, non avevo molta voglia di parlare con lui, sapevo che avrebbe aggravato quella matassa di pensieri. “Sono venuta a trovare una mia amica. Non posso?” Scacco matto. Mi ero promessa di continuare a comportarmi normalmente, e già mi ero fatta prendere dal panico; gli avevo promesso che saremmo diventati amici e già ero stata scontrosa. Inoltre, anche se difficile da ammettere, la sua presenza in quei giorni mi aveva aiutato molto e quindi mi sentivo in debito con lui.
Mi passo una mano fra i capelli e sospiro “scusami, non è una bella serata. Non c’è anima viva e non penso che riceverò alcuna mancia.” Gli racconto una mezza verità, non potevo certo confessargli che non avevo idea di come funzionasse un’amicizia, e che la nostra non andava d’accordo con quella definita da Google. Evito il suo contatto visivo e continuo a scorrere le varie mete sul mio smartphone, purtroppo non trovando nulla di interessante. “Non ti preoccupare, posso avere una birra qualsiasi?” Mi distacco dal telefono lasciandolo lì acceso e mi destreggio con la manovella. Una volta riempito il bicchiere fino all’orlo, glielo piazzo di fronte. “Grazie Shin-ae.” Torno a schiantarmi nei suoi occhi color pece, attratta da come il mio nome suona così melodico pronunciato - per la prima volta - da lui. “Ehm… di niente.” Cerco di non arrossire e torno ad evitarlo. Da quando mi facevo prendere dalla commozione per questi piccoli dettagli? Sarebbe stata davvero una lunga notte. 

“Scusami, sai dove posso trovare la signorina Min?”
Un ragazzo dai capelli scuri, dalle labbra piene e dalla carnagione chiara, si presenta al mio cospetto. Metto via il cellulare e gli presto più attenzione: è davvero un bel giovane con i lineamenti delicati e raffinati, vestito molto bene; pareva poco più grande di me. “La proprietaria al momento non c’è. Ha appuntamento con lei?” Che fosse stato un suo collega? Un suo famigliare? Sicuramente non suo figlio, - a detta di lei - sarebbe morta sola ma soddisfatta di se’ stessa. “Sì, ho un appuntamento per le 12. Sono quì per il posto da aiuto cuoco.” Annuisco lentamente e riprendo il telefono. Con quell’aria sofisticava appariva come un ragazzo con la puzza sotto il naso, ma a quanto pare mi sbagliavo. Avvio la chiamata ed il mittente risponde dopo uno squillo. “Sto arrivando, sto parcheggiando la macchina.” “Va bene.”
Il moro si posiziona su una delle sedie al bancone, proprio a poca distanza dal mio vicino di casa che, nonostante le labbra posate sul bicchiere a prosciugarne il contenuto, fino ad allora non aveva staccato gli occhi da me. Il suo sguardo oscilla fra me e l’altro ragazzo, e gradualmente assume un tono contrariato. Non appena scola anche l’ultimo sorso, lo vedo aprire bocca ma viene interrotto dal fragoroso cigolio della porta da cui la donna fa la sua entrata. “Eccomi ragazzi!” Mettendo in bella mostra i suoi denti bianchi, sorride e ci raggiunge. Era quasi un mese che non si faceva vedere, e come al solito appariva sempre più raggiante. Era una bella donna dai capelli di un color corvino lucente e dai tratti procaci, senza alcuna ruga, come se fosse ancora nel fiore degli anni - eppure aveva l’età per essere mia madre. “Ma guarda chi si vede” commentò girandosi verso Yoongi. Osservo gli occhi brillanti della mia direttrice e riscontro una luce… insolita. Non avevo idea che si conoscessero, ma riflettendoci su non dovrei esserne così stupita. Come potevo essere così stupida? Lei era certamente una donna piacente e lui un giovane casanova. Una forte sensazione di malessere si insedia inspiegabilmente nel mio petto. Ricordo di aver provato questo fastidio solo un paio di volte in vita mia: quando i miei genitori avevano regalato quelle bellissime stelle fosforescenti alla nostra vicina di casa, - che sapevano io desiderassi da moltissimo tempo - e quelle volte in cui trovavo una qualche ragazza a casa del mio vicino di casa; Jungkook l’aveva definita… gelosia?
“Zia” risponde atono, giocando con il boccale fra le sue mani. In un baleno rilevo le somiglianze fra i due: i capelli color pece in contrasto alla pelle pallida, il naso morbido e le labbra simmetriche; con un sospiro rilascio finalmente quella spiacevole sensazione. Dio, sembravo un’idiota. “Ho bisogno di parlarti, spero tu possa concedermi 10 minuti” pronuncia lei con il suo solito tono mansueto e professionale. “In realtà avrei da fare.” Al suo contrario, Yoongi sembrava molto inespressivo ed indifferente, discorde al suo solito atteggiamento furbo e sagace. “E’ importante, riguarda la nonna.” Dopo aver studiato a fondo lo sguardo della zia, si arrende ed annuisce. “Mi serve mezz’oretta, farò presto. - e si girò immediatamente verso l’altro ragazzo - Allora Seokjin, giusto?” Questo annuì scavallando le gambe. “Perdonami l’attesa, iniziamo subito.” Dopo aver fatto slittare gli occhi per il locale, si ferma su di me. “Shin-ae, ho bisogno di te. Dove diavolo è Seo-Hyun?” Parlando del diavolo, questa sbuca dal bagno sistemandosi la scollatura della maglietta. “Kim Seo-Hyun, è già la seconda volta che ti trovo fuori dalla tua postazione. Sarà meglio che non riaccada più.” A questa si raggelò il sangue e con le mani dietro la schiena si scusò “sì, mi scusi signorina Min. Non accadrà mai più.” “Rimani tu al bancone, ho bisogno di Shin-ae. Inoltre controlla che questo ragazzo non scappi via” concluse indicando con il mento Yoongi. Di nuovo quella sensazione, cavolo. Non mi andava a genio l’idea di lasciarlo con quella vipera, avrebbe sicuramente cercato di adescarlo come aveva fatto con quel roscio. Tuttavia eravamo solo amici, pure se fosse, non mi sarebbe dovuto importare più di tanto… giusto?
Quest’ultima annuì ed io seguii a malincuore gli altri due che si dirigevano verso l’ufficio. 
“Allora Kim Seokjin, - cominciò una volta seduta sulla sua poltrona - ho letto il tuo curriculum vitae. Vorrei porti un paio di domande, prima di procedere.” Da lì proseguirono una sfilza di domande che persero progressivamente il mio interesse. Piuttosto mi chiedevo in che modo quella stolta stesse intrattenendo il mio “amico”. Che diamine, non riuscivo a smettere di pensare a ciò che sarebbe potuto accadere all’al di là di quella porta. Detestavo quella sensazione di oppressione.
“Spero che tu capisca che non ti sto dando questa possibilità perchè ti ha raccomandato Jeon Jungkook. In ogni caso, lei è Shin-ae e sarà il tuo punto di riferimento in mia assenza. Quando inizierai la prova ti sarà spiegato tutto in modo più dettagliato. - Si soffermò fissando il vuoto - Bene, Shin-ae tu puoi andare. Per piacere, fai entrare mio nipote.” Sollevata da queste parole, mi chiudo frettolosamente la porta alle spalle. 
Mi sembrò di avere un deja-vù: lei sporta con il davanzale in bella vista ed il ragazzo che cerca di prendere più distanza possibile. “Yoongi, la direttrice ti aspetta nel suo ufficio. - Interruppi quella insulsa scenetta assaporando con gusto l’espressione contrariata di lei - Adesso.” Senza farselo ripetere due volte si alzò e con passi veloci mi raggiunse soffermandosi all’altezza del mio orecchio. “Torniamo a casa insieme, va bene?” Una scia di scariche elettriche partono dal suo alito caldo che carezza la mia pelle. Senza aspettare il mio consenso questo entra nell’ufficio lasciandomi lì impalata. Recentemente il mio corpo aveva iniziato ad agire in maniera davvero incomprensibile: quella sensazione spiacevole nel petto, il piacere che avevo provato nel separare quei due ed i brividi che mi provoca qualsiasi contatto con lui. Era questa l’amicizia? Mi sentivo così vulnerabile; ripensando a quegli ultimi giorni era evidente come stessi perdendo mano a mano la mia autonomia, e stessi cominciando a fare affidamento su quel ragazzo, ad interessarmi a lui. Eppure, malgrado questa fragilità, non riuscivo nemmeno ad essere così arrabbiata con me stessa per aver abbassato le difese, poichè in un qualche modo ero quasi riuscita a rinchiudere la mia malinconia in un cassetto.
“Shin-ae, giusto? Credo sia meglio scambiarci i numeri.” Il ragazzo nuovo mi aveva seguito poco dopo, raggiungendomi alla postazione e porgendomi il suo iphone d’ultima generazione - dall’incontro di prima, è trapelato che viene da una famiglia ricca con cui ha tagliato i ponti per diventare più indipendente, confermando la mia prima impressione. “Hai ragione” digito velocemente il mio numero sul dispositivo e dopo un sorriso cordiale di congedo, varca l’uscio del locale.

Il tempo passa piuttosto lentamente: per le prossime due ore, la porta del locale viene riaperta solo due volte e l’ufficio della direttrice rimane sigillato. Nel frattempo riprendo la mia ricerca, ma a fine turno mi ritrovo a prendere in considerazione una meta già visitata: Busan. “Io vado” mi saluta Seo-Hyun a cui io rispondo con un cenno con il capo. 
Yoongi mi aveva chiesto di tornare a casa insieme, eppure all’ora di chiusura lui era ancora lì dentro. Normalmente avrei lasciato perdere e me ne sarei tornata a casa, ma in un qualche modo intuivo che un’amica avrebbe aspettato, e così una volta pronta, mi siedo pazientemente lì su una delle poltroncine. Dopo un quarto d’ora decido che la mia di amicizia non è molto paziente, e che perciò è arrivato il momento di tornare a casa. Contemporaneamente allo scrocchiare delle mie ginocchia che si stendono, la porta dell’ufficio viene spalancata rivelando un Yoongi paonazzo ed accigliato. Questo incrocia subito il mio sguardo e con passi veloci mi raggiunge, per poi prendermi per il polso e trascinarmi fuori dal locale. Appena fuori, veniamo investiti dal venticello primaverile ed immediatamente strattono il mio polso per sciogliere la sua presa. Avevo addirittura sprecato il mio tempo ad aspettarlo poichè mi aveva chiesto di tornare a casa assieme, e lui mi trattava in quel modo? Probabilmente avevo sbagliato di grosso con lui; non mi sarei dovuta far convincere in quel modo. Amicizia? Che idiozia, tutti gli esseri umani sono uguali.
“Si può sapere che diavolo ti prende?!” Studio il suo volto arrossato e le narici che espirano ed inspirano alla ricerca di ossigeno; la sua espressione mette un freno alla mia agitazione. Non lo avevo mai visto in quel modo, sembrava tormentato e molto scosso. I suoi occhi color pece non erano più scintillanti, ma solamente cupi. Improvvisamente avrei preferito vedere il suo stupido sorrisetto da pervertito.
“Scusami tanto. - si sofferma sul mio polso con aria sinceramente dispiaciuta - E scusami se ti ho fatto aspettare.” Nonostante la voce pacata, la sua trepidazione aleggia pesante nell’aria, ma prima che io possa studiarlo per bene, si volta e mi chiede “andiamo?”
Raggiungo il suo fianco e con la coda dell’occhio lo osservo tirare dalla tasca una sigaretta che accende con un fiammifero, procedendo a passi lenti. Il suo sguardo è perso nel vuoto, e avidamente aspira dal filtro cercando di consumare la sua agitazione. Sembrava la mia copia di qualche giorno fa, solo in versione maschile; anche se comprendevo molto bene la situazione, non avevo idea di come comportarmi; alla fine decido di rimanere in silenzio e di lasciarlo ai suoi pensieri.

I lampioni illuminano questa notte scura, spezzata dai soffi di vento e dalle foglie degli alberi che stanno ricominciando a prosperare; il silenzio viene riempito dal fruscio dei rami e dai nostri passi che vanno a rilento. “Prima non mi hai risposto.” Mi volto verso di lui e lo vedo più calmo: l’espressione non è più contorta in una semi-smorfia e le sue guance hanno ripreso il loro colorito originale. Malgrado tutta questa situazione, la sua pelle candida contornata da quei capelli scintillanti, ed il suo abbigliamento aderente lo rendono sempre dannatamente affascinante. “A cosa?” “Prima ti ho vista passare in rassegna varie mete turistiche. Vai da qualche parte?” Una volta finita la sigaretta, spenge la cicca a dovere contro un muro e la butta nel cassonetto. “Oh. Sì, ho bisogno di staccare un po’ la spina, ma ancora non ho deciso dove andare.” Annuisce lentamente e punta direttamente gli occhi nei miei - ora sono più limpidi, più quieti ma sempre bellissimi. “Perdonami per prima, non ho avuto una bella conversazione con mia zia.” “Non ti preoccupare.” Anche se non fossimo stati “amici”, sarei stata la prima a comprendere la situazione. 
Mi accorgo che siamo arrivati al suo porticato ma quando faccio per fermarmi, sento nuovamente una presa trascinarmi - questa volta però, è la mia mano ad essere coinvolta. “Ti accompagno fino a sotto casa.” La sua mano vellutata incastrata nella mia mi traina sino alla meta, senza nemmeno attendere una mia risposta, e dopo pochi passi arriviamo a destinazione. “Grazie, per avermi aspettato.” Il calore del suo palmo a contatto con il mio mi distrae troppo, perciò mi sfilo dalla sua presa. “Non ti preoccupare. - esito, riflettendo su cosa avrei voluto sentirmi dire io in quella situazione - Stai bene?” Nelle sue iridi noto un accenno di sorpresa, ed in un certo senso anche io sono stupita dalle mie stesse parole; sino ad allora non mi era mai importato di nessun altro, non avevo mai conosciuto quell’emozione chiamata empatia. Annuisce con il capo ed ammicca un lieve sorriso.
“Sai, quando ero piccolo ogni estate andavo da mia nonna che abita in periferia. Adoravo stare con lei, aveva una casetta modesta che dava sul mare e soprattutto, aveva il cagnolino più adorabile del mondo: Holly.” La sua espressione si ammorbidisce in un modo che non avevo mai visto, ma i suoi occhi continuano a riflettere malinconia. “Un’estate, quando avevo circa 14 anni, aspettavo assieme a mio padre ed Holly l’arrivo di mia nonna che era andata a fare delle compere. La piccola Holly, al rombare della vecchia macchina rossa le va incontro felice scodinzolando con la sua codina paffuta, ma a causa della carente vista di mia nonna questa non la vede ed il suo piccolo corpicino viene ridotto in mille pezzi, proprio davanti ai nostri occhi.” La tristezza che prima era velata, ha preso il sopravvento sulla sua espressione. “Da allora non ho mai più avuto il coraggio di tornare in quel posto, per di più mio padre detestava la nonna - definiva il suo stile di vita rurale, inappropriato per la nostra famiglia - ed utilizzò questo pretesto per allontanarmi sempre di più da lei. Ero solo un ragazzino, avevo bisogno di un capro espiatorio e non avevo la forza di oppormi a mio padre.” Senza rendermene conto sono ad un passo da lui e la mia mano carezza delicatamente la sua spalla. “Lo so, sono stato uno stupido. Ho tagliato fuori mia nonna, proprio l’unica che mi aveva cresciuto con amore, solo perchè ero un ragazzino immaturo, e a causa di questo non ho potuto osservarla invecchiare e lei non mi ha potuto vedere crescere. - Emette l’ennesimo gran sospiro. - Le è stato diagnosticato un tumore al cervello già al terzo stadio, non le rimane molto. Conoscendola avrà ignorato il dolore per anni credendo che non fosse nulla. Come dice mia zia, se io fossi stato al suo fianco avrei potuto fare qualcosa.” Lo vedo tirare fuori un pesante sospiro e non so con quale istinto e coraggio, lo avvolgo in un abbraccio lasciando che il suo capo si arrenda sulla mia spalla, permettendo al suo profumo di inebriare deliziosamente le mie narici e la mia pelle. “Non lo sapevi, sicuramente sei stato un idiota, e ancora lo sei a dirla tutta, però ora puoi cercare di recuperare questi anni e farti perdonare passando gli ultimi momenti con lei.” Un altro sospiro pesante carezza la mia spalla, inumidendola del suo fiato ma non versando nemmeno una lacrima. Vederlo in questo stato creava una certa malinconia anche nel mio petto, facendomi desiderare davvero di riveder comparire quell’espressione maliziosa. “Ho intenzione di andarci questo weekend.” Solleva il capo affondato nella mia spalla e pianta il suo sguardo nel mio. Questa vicinanza mi mette in soggezione in modo… strano, ma non spiacevole.
“Ti va di venire? Mia nonna abita in periferia, circondata dal mare. E’ molto bello lì, ci sono anche molte cose da fare. Siccome volevi un po’ staccare la spina, potresti approfittarne.” La sua proposta mi coglie totalmente alla sprovvista, lasciandomi con la bocca aperta. Avevo deciso di allontanarmi da Daegu per svuotare la mente, ma soprattutto per distaccarmi da lui; in quel modo avrei fatto tutto tranne che allontanarmi  da quel ragazzo. Inoltre sarei stata solo di disturbo, dovevano recuperare tutti quegli anni assieme. “Non credo sia una buona idea, penso sia meglio che tu e tua nonna passiate del tempo da soli.” In un certo senso gli ero grata per questa offerta, ma non mi sembrava opportuno, ma più di ogni altra cosa, passare dei giorni con quel ragazzo non mi avrebbe aiutato affatto.
“E’ perchè penso che l’aiuto di un’amica mi farebbe comodo ed in realtà vorrei cogliere quest’opportunità per passare del tempo assieme. E’ questo che fanno gli amici.” Amici. Ancora e ancora questa parola; mi stava cominciando a dare la nausea. Ne aveva così tanti di amici, eppure si era impuntato su di me. “Allora perchè non chiami quel Park Jimin o quell’altro Taehyung? Ma soprattutto, rispondi a questa cavolo di domanda, perchè vuoi essere mio amico? Io proprio non ti capisco, non ti bastano quelli che hai?” Avevo accettato la sua proposta dopo una lunga riflessione, ma ancora adesso non avevo ancora trovato un motivo valido. Si era impegnato per avvicinarsi a me: era stato al mio fianco nei momenti più bui, era venuto in mio soccorso nei momenti di necessità e mi aveva abbracciato quando ne avevo avuto bisogno, ma allo stesso tempo aveva cercato continuamente di portarmi a letto e aveva fatto l’idiota sin dal primo giorno; ma tutto questo a che scopo? Perchè un bel ragazzo benestante, pieno di ragazze e di amici, voleva stare proprio al mio fianco? “Perchè né Jimin, né Taehyung né nessun’altro sono te. Nessuno mi fa sentire bene e libero di essere me stesso come te: con te non mi vergogno di piangere per un cane, non mi vergogno di svelarti quanto sono stato stronzo con mia nonna, non mi vergogno di parlarti di quanto mi ripudiano i miei genitori. - Facendo una pausa si passa la mano fra i capelli in modo agitato - Non lo so perchè voglio essere tuo amico, so solo che ultimamente ti ho sempre nella mente e prima di rendermene conto sono lì a fissarti dalla finestra come un idiota; ogni volta che ti vedo soffrire ci sto male anche io e se ti vedo con un ragazzo sono fottutamente geloso. Non mi è mai successo, quindi non so dartela una cazzo di spiegazione.” Dopo aver letteralmente sputato quelle parole, tenta di recuperare il fiato con il petto che balza all’impazzata. Non so cosa dire, mi rispecchio perfettamente in tutto e alla realizzazione di ciò, improvvisamente il mio cuore batte più velocemente, le sue labbra rosee sembrano sempre più allettanti e per poco quegli occhi così penetranti non mi affogano. Prima che il mio cervello possa formulare una risposta di senso compiuto, mi ritrovo quelle soffici labbra attaccate alle mie ed il suo respiro a combattere contro il mio. La sua mano poggiata leggermente sulla mia guancia, mi risveglia da quello stato di trance e lentamente inizio a seguire il corso delle sue labbra che inumidiscono ed accarezzano le mie; con più avidità prende il mio labbro inferiore e lo mordicchia per poi far accedere sinuosamente la sua lingua, esplorando la mia cavità in ogni suo angolo ed inseguendo la mia che allo stesso tempo è attratta dal calore e dalle scariche che le provoca. Con l’altra mano raggiunge il mio fianco e mi tira più a se’ approfondendo il bacio. Estasiata dal contatto con il suo corpo socchiudo gli occhi, e le mie mani raggiungono il suo capo alternando strette e carezze fra i suoi capelli setosi. Dio, quanto mi era mancato il sapore della sua bocca. Di tanto in tanto inspiro profondamente per riprendere fiato ed ogni volta il profumo della sua pelle mi fa perdere la testa, come se fosse una droga. In tutto ciò la mia mente è leggera, svuotata di ogni pensiero ed il mio corpo viene percorso da piccoli brividi che convergono in piccole farfalle nelle stomaco. Che cos’erano tutte quelle sensazioni? Di ragazzi ne avevo baciati davvero tanti, ma nessuno mi aveva mai causato tale commozione. Nessuno era stato capace di farmi perdere la testa in quel modo e farmi abbassare tutte le difese. La cosa più bizzarra era quell’immenso piacere che ne traevo; non ero arrabbiata con me stessa, non ero triste perchè cominciavo a dipendere da qualcun altro. Mi sentivo strana.

Dopo chissà quanto, ci stacchiamo per riprendere fiato e poggiamo la fronte una sull’altra. “Google diceva che gli amici non si baciano.” La mia voce scossa dai respiri suona quasi stupida. “Questo è perchè per me tu non sei solo un’amica.” “Che vuol-“ Senza lasciarmi finire questo si riprende le mie labbra e con irruenza mi stende letteralmente sul muro, facendomi dimenticare momentaneamente le parole appena pronunciate. Non mi importava affatto di essere in un luogo pubblico, poiché ciò che ci circonda è a malapena illuminato dai lampioni, come se esistessimo solo noi due. Seguo con passione il movimento dei suoi intensi ed infuocati baci, e mano a mano la distanza fra i nostri corpi si accorcia a tal punto da percepire attraverso i vestiti i suoi muscoli tonici e anche qualcos’altro. La sua proprompente rigonfiatura preme sul mio bacino, creando in me lo stesso calore e la stessa voglia del ragazzo. All’ennesima spinta, il fuoco espanso per tutto il mio corpo si convoglia in un gemito strozzato, a cui lui sorride malizioso sulle mie labbra. Dolcemente scivola con piccoli baci umidi per la mia mandibola, succhiando e leccando, smanioso della mia pelle e del mio profumo.
E’ in quel momento che la razionalità torna alla mente. 
Sin dal nostro primo incontro era stato capace di tenermi in pugno, tanto da farmi infrangere tutti i miei principi morali, abbassare le mie difese e rendermi vulnerabile, proprio come in quel momento. Avevo infranto una delle regole più importanti: mai stringere legami; un’altra eccezione. Avevo accettato perchè tutto ciò che chiedeva era un’amicizia; pensavo che dopotutto anche io - come tutti - avrei potuto avere al mio fianco un amico. Tuttavia quelle sensazioni esaltanti, quei baci e quei tocchi così focosi, - finalmente me ne stavo rendendo conto - non erano da amici. Lentamente capivo, e ne ero terrorizzata. Lentamente capivo le farfalle allo stomaco di Jungkook, capivo quegli sguardi romantici e quelle promesse eterne che si facevano nei film, capivo la mano di mia “madre” stretta così forte in quella di mio “padre”, come se fosse la sua scialuppa di salvataggio.
Stavo per infrangere anche il mio ultimo precetto: mai innamorarsi. Quando mi posi questi fondamenti non ero esattamente sicura di cosa volesse dire, ma avevo capito che nessun legame era più forte dell’amore; e tanto quanto ti può rendere felice, ti può solo che distruggere il doppio.
Per quanto volessi continuare ad assaporare quelle labbra, per quanto volessi toccare la sua pelle bianco latte ed annusare il suo magnifico profumo alla menta, per quanto volessi portarlo nel mio appartamento ed assaggiarlo in tutto e per tutto, non volevo soffrire. Mai più. Non sarei andata incontro all’autodistruzione, non avrei buttato nel nulla tutti quegli anni di sofferenza. Alla lenta realizzazione di ciò che stava realmente accadendo, la paura si impossessò di me.

“Yoongi.” Il mio tono serio lo fa distaccare dalla mia scapola, lasciando che il vento asciughi con freddezza le scie impresse dalle sue labbra. “Che succede?” “Non posso.” Il suo sguardo confuso penetra nel mio, studiando e cercando di scovare il problema. Non avrebbe mai capito appieno, lo so. “Tutto questo, io… non posso farlo. Solo ora mi rendo conto che non siamo amici, stiamo diventando qualcosa che non posso affrontare.” Faccio una lunga pausa per trovare le parole giuste, ma queste fanno anche fatica ad uscire. “Sai, anche tu mi fai sentire diversa, con te posso essere me stessa senza nascondermi perchè sento che non mi giudicherai e che mi ascolterai. Sto capendo che nemmeno tu per me sei solo un amico, perchè la prima cosa a cui penso la mattina è controllare se sei a casa, perchè ho voglia di baciarti ogni santa volta, perchè ho voglia di andare a letto con te ogni volta che mi tocchi e perchè mi urta da morire vederti con altre ragazze. - I suoi occhi bruni scintillano felici a queste mie parole. - Però io non posso e non voglio… innamorarmi.” Le mie mani si fermano sospese nell’aria dopo aver gesticolato in varie direzioni ad ogni singola parola, al contrario del mio cuore che batte freneticamente. La sua espressione passa dalla sorpresa, alla presa di coscienza delle mie parole, ed infine alla confusione. “Perchè?” “Perchè so come andrà a finire, so che dopo essermi affidata del tutto a te, prima o poi tornerò sola e più devastata di prima. E sempre da sola andrò incontro una sconfitta peggiore di quella che ho già affrontato.” I suoi occhi tristi cercano di convincermi che non sarà così, che ho torto; ma ormai sono tornata in pista, credo solo in me stessa. “Questo non lo puoi sapere, Shin-ae. Non ci abbiamo nemmeno provato!” Le sue mani raggiungono le mie spalle e le stringono lievemente, come se in quel modo avesse potuto scuotermi da quella paura. “Meglio prevenire che curare Yoongi. Meglio fermarci quì, prima che sia troppo tardi.” Metto una mano sul suo avambraccio per togliere le sue mani a contatto con la mia pelle. “Shin-ae, è gia troppo tardi. Io mi sto già innamorando di te.” A quelle parole vengo attraversata da una scossa che si riversa nel mio stomaco in un groviglio di emozioni. Il mio cuore perde un battito e vorrei davvero fiondarmi ancora una volta su di lui. Era la prima volta che sentivo quelle parole, ed era la prima volta che percepivo tale sincerità nei miei confronti.
“Sapevi sin dall’inizio che non volevo avere a che fare con te, eppure hai insistito sull’essere amici. Ho accettato finché si trattava di amicizia, era ben chiaro che non volessi andare oltre. Perchè l'hai fatto? Perchè mi stai facendo- Ugh, lascia perdere.” Lentamente sfuggo dal suo campo visivo e mi catapulto al cancello, cercando sbrigativamente le chiavi nella mia borsa. “Dacci una possibilità, Shin-ae. Non ti farò soffrire.” Le sue suppliche sembrano tirarmi indietro con una corda ad ogni parola, e quando sento la sua mano voltarmi verso di lui, con le gambe deboli e le labbra serrate, ho paura che si prenda anche l’ultimo brandello della mia forza di volontà. Il suo viso così bello su cui è disegnata quell’espressione implorevole, per poco non mi fanno cadere ai suoi piedi; ma il terrore che provo di fronte alla vastità dei miei sentimenti, è più grande.
“Yoongi, dimenticati di tutto ciò che è successo fra di noi. Dimentichiamoci di tutto.” Prima che possa dire un’altra parola, riesco a trovare le chiavi, aprire il portone e chiudermelo alle spalle. Con il petto straziato e gli arti che perdono forza, arrivo nel mio appartamento in fretta e furia. Termino l’ultimo briciolo di energia buttandomi sul letto fissando il soffitto scuro. Tutto il mio corpo: dal capo, al petto, ai piedi pulsano doloranti. Non riesco a formulare nessun pensiero, perchè qualcosa di più forte, si sta frantumando in un miliardo di pezzettini. Sento di aver preso la decisione più giusta per me stessa, però non ne traggo soddisfazione; mi sento devastata. Non avrei mai pensato che una scelta del genere mi avrebbe ridotta in questo modo. Il suo volto avvilito dall’impotenza di non poter far nulla, è impressa nella mia mente, e le sue parole risuonano disperate. “
Io mi sto già innamorando di te.” Poggio l’avambraccio sugli occhi per scacciare quelle parole che il mio cuore vorrebbe sentire ancora e ancora. 
Anche io mi stavo già innamorando di lui.

 


Ben ritrovati a tutti 💓

Siamo finalmente alla coppia principale Yoon-ae/Shoongi (?) okay, non sono molto brava ad inventare i nomi per le ship.

In ogni caso, tornando alle cose importanti, in questo capitolo succede il casino. C’è davvero di tutto e di più, dall’introduzione del nostro Seokjin (un altro mio bias wrecker 💖), alla gelosia di Shin-ae, a Yoongi che si apre ed infine la nostra protagonista che si rende conto dei suoi sentimenti e che la spaventano a morte.
Ma gliele diamo due belle sberle, così si sveglia?

Spero di non aver messo troppe cose tutte insieme 🤔 comunque spero vi piaccia!



Le sue broad shoulders mi fanno impazzire.



Mi sento aggredita.

E auguri ai nostri bellissimi ragazzi per la vincita del Daesang Award 👏

Alla prossima xx

 
  
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