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Autore: Koori_chan    28/01/2018    0 recensioni
"Si dice che gli amici siano la famiglia che ti scegli, in questo caso le scelte di entrambi sono più che discutibili."
Shackleton e Gwendolynn sono amici da sempre, e non che questo sia un gran vanto. Per Lynn, più che altro, perchè lui dovrebbe baciare il suolo su cui cammina.
Alistair si è portato dall'isola di Lewis un terribile accento scozzese e la speranza che la vita universitaria in una grande città possa finalmente realizzare i suoi sogni accademici. A volte è così ingenuo da far quasi tenerezza.
Ben per lo più sonnecchia, tanto agli esami riesce bene comunque. E si prende cura degli altri tre, ovviamente, perché qualcuno con la testa sulle spalle all'interno del gruppo ci vuole. Anche se non è del tutto certo di essere lui, quel qualcuno.
Il punto è che quando vai ancora al Liceo la vita da universitario fuori sede sembra sempre un gran figata.
Quando vai all'Università, fra affitti da pagare, take-away cinese dell'ultimo minuto e il più bizzarro assortimento di amici che potesse capitarti, vorresti solo tornare indietro nel tempo al giorno dell'iscrizione e prenderti a ceffoni finché non cambi idea.
O forse no.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Clarity
- 3° ANNO -
 
 



- Lasciatelo dire, Alistair, se ti aspetti chiarezza da Shackleton Cook morirai di fame. –
Quando Gwendolynn Wilson è arrabbiata è meglio starle alla larga. Ogni segno di dolcezza sparisce dal suo volto, i movimenti si fanno bruschi e gli occhi neri diventano due pozze di desiderio di morte.
Altrui, ovviamente.
Alistair sembra essere l’unico dispensato dal genocidio, quel giorno, forse perché entrambi gradirebbero brandire una falce, o almeno una mazza chiodata.
Si dice che gli amici siano la famiglia che ti scegli, in questo caso le scelte di entrambi sono più che discutibili.
- Shackleton Cook, devi sapere, è l’individuo che al mio sedicesimo compleanno si è ubriacato talmente tanto da tentare di limonare con me davanti al tipo che mi piaceva. E sai com’è finita la festa? Io sul divano a tenere il ghiaccio secco sulla fronte di quell’imbecille nella speranza che non mi macchiasse i cuscini di sangue e la love story della mia vita distrutta assieme al suo naso. –
- Io l’avrei ucciso. – commenta Alistair, scuro in volto.
- Gliel’ho rotto io, il naso. – è la pronta e inaspettata rettifica.
Sarebbe quasi una scena divertente, se non fossero in coda alla segreteria studenti di Giornalismo e Editoria circondati da ragazze che probabilmente sono finite a letto con Shackles almeno una volta.
- Shackleton Cook è inoltre la persona che trasforma tutti coloro che entrano in contatto con lui in dei perfetti idioti capaci solo di flirtare compulsivamente e calpestare a pié pari i sentimenti degli altri! – continua, sempre più livida.
Alistair questa volta sorride, facendole segno di avanzare nella fila quando l’ennesimo studente entra in segreteria. Sono lì da quaranta minuti e ormai tutti i presenti sono consapevoli del fatto che Lynn si è svegliata con la luna di traverso.
- Sei sicura che l’invettiva sia tutta per Cook? –
Magicamente la ragazza si calma, le spalle abbassate come lo sguardo.
- Ovvio che no. Sai benissimo con chi ce l’ho. – mormora.
Il ragazzo le prende dalle mani i fogli controfirmati e li riordina attentamente, controllando che tutti gli spazi bianchi siano stati compilati.
- Era solo una stupida scommessa, lo sai. E poi sii onesta, Ben non ti deve nulla. – sa che non è quello che Lynn vuole sentirsi dire, ma al momento si trova fra due fuochi e  probabilmente la verità è l’unica cosa che si possa concedere per non schierarsi né da una parte né dall’altra.
Lei sbuffa, rotea gli occhi e si riappropria dei documenti. Non risponde subito, sta valutando le parole dell’amico e deve convenire che, come al solito, Alistair è il più saggio della baracca.
- Lo so. Lo so che è libero di farsela con chi vuole, ma mettiti nei miei panni! E quel deficiente di Shackles che lo sfida a duello davanti a me come se non sapesse! Diamine, li eviscererei entrambi! – qualche istante di pausa, poi sbuffa ancora.
- Spero che questi tre mesi mi facciano sbollire la rabbia. – fa con un cenno ai fogli della mobilità.
Ora come ora tutto ciò che desidera è filare a Brest per lo scambio internazionale e non pensare a Ben fino a data da destinarsi.
- Io spero di sopravvivere, in questi tre mesi. – borbotta Alistair, non del tutto rassegnato a farsi abbandonare dall’unica persona sana di mente del gruppo.
L’amica gli rivolge uno sguardo affettuoso e gli porta un braccio attorno al collo, poggiando la testa sulla sua spalla in un abbraccio bizzarro.
Fra i due, in effetti, quello messo peggio è lui.
- Sono sicura che ce la farai! E dopotutto sei tu il padrone di casa, se Shackles passa il segno hai tutto il diritto di sfrattarlo! – scherza, stringendolo un po’ di più nell’abbraccio per infondergli coraggio.
Alistair alza al cielo gli occhi chiari e poggia la testa sulla sua, portandole una mano su un fianco.
- Così poi verrebbe a stare abusivamente da te! Io gli ritirerei la copia delle chiavi, Lynn… - e ridono entrambi, il nervoso della mattina che pian piano va via mentre la coda avanza ed è quasi il loro turno.
Gwendolynn non dice più niente.
Per quanto Shackleton sappia essere inopportuno, imbarazzante, fastidioso e casinista, sa benissimo che Alistair non lo caccerà mai di casa. Lo sanno tutti, a dire il vero, eccetto i due diretti interessati.
Sospira, prima di lasciare il suo fianco e scivolare dietro la porta della segreteria studenti per consegnare gli ultimi moduli prima della partenza.
Fra i due, quello messo peggio è decisamente lui.
 

 


 
“Gwendolynn Wilson, sei una gran codarda.”
Shackleton se lo ripete per ore, in bagno davanti allo specchio con l’acqua che scorre nel lavandino.
Non le ha ancora del tutto perdonato l’essere fuggita Oltremanica mollandoli tutti e tre nel peggiore momento possibile, ma la verità è che lui, senza Lynn, è completamente perduto.
Ben è intrattabile da quando la ragazza è partita per la Francia e Faraday lo sta palesemente evitando, cosa che, vivendo nello stesso appartamento, sa essere davvero snervante.
Probabilmente ce l’ha ancora con lui per quella faccenda della scommessa, quando quella sera al pub aveva sfidato Ben a chi riusciva a rimorchiare per primo con il solo risultato di far tornare a casa Lynn in un groviglio di imprecazioni due ore prima del dovuto.
Faraday, gentiluomo come sempre, l’aveva accompagnata in taxi ed era stato ad aspettare Shackleton in cucina, la luce accesa e la caffettiera da due abbandonata sul fornello spento.
Inutile dire che anche la conquista di Shackles per quella sera era rientrata a casa sul sedile posteriore di un’auto non sua.
I toni si erano alzati immediatamente, perché Faraday non aveva alcun diritto di rispedire la giovane a casa, ma il coinquilino gli aveva subito imprecato contro. “Non me ne frega niente delle tue conquiste, ma se Lynn se ne deve tornare a casa in lacrime un’altra volta a causa tua ti giuro che ti spedisco dritto in mezzo alla strada!” era stata la risposta, accompagnata da un minaccioso passo in avanti. Ed erano volati insulti e anche qualche spintone e per un allucinante momento Shackles aveva avuto l’impressione che non stessero più parlando di Lynn. Ma tutto quello era assurdo, così com’era stata assurda la richiesta di maggiore “chiarezza” da parte sua.
Avevano finito per mandarsi a quel paese a vicenda e chiudersi ognuno in camera propria sbattendo la porta, e Shackleton, roso dal senso di colpa e da qualcos’altro che non riusciva a capire, non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
Con Lynn aveva chiarito il pomeriggio seguente, quando era andato a prenderla all’uscita dai corsi con un vasetto di nutella da tre chili e sei tonnellate di scuse, con Faraday, nonostante i suoi tentativi di sdrammatizzare, era stato silenzio stampa fino ad allora.
Si sciacqua ancora una volta la faccia, chiude il rubinetto ed esce dal bagno, filando a capo chino verso la porta con le scarpe in mano.
- Esci? –
La voce di Faraday arriva dalla cucina. Non ha nemmeno alzato gli occhi dal suo libro.
Shackles è ancora inginocchiato nel fallito tentativo di infilare le All-Star prima che il coinquilino si accorgesse di lui.
- Porto Ben a fare un giro. Non ho alcuna intenzione che passi l’intero week-end chiuso in casa a dormire e fumare come ha fatto per il resto della settimana. Lo sai come diventa, poi. –
Non aggiunge altro, prende le chiavi e sguscia fuori di casa alla velocità della luce. Nella fretta nemmeno si accorge che Alistair sta sorridendo.
Per convincere quel pigrone di Ben a uscire di casa gli ha dovuto offrire il pranzo e due pinte, e adesso il suo portafogli piange miseria. Ma l’amico sembra un po’ più di buon umore, e questo basta a fargli dimenticare la spesa.
Sono andati a fare una passeggiata al parco e onestamente fa un freddo cane; Ben però non patisce nemmeno le bastonate, quindi Shackles non può fare altro che seguirlo con le mani ficcate sotto le ascelle e appoggiarsi alla balaustra una volta che raggiungono il vecchio gazebo di marmo.
- Wow, Ben! Sotto il gazebo come le coppiette? Se me lo avessi detto mi sarei messo i vestiti carini! – commenta in falsetto sbattendo le ciglia, lo scappellotto dell’amico che colpisce con precisione chirurgica.
- Quanto sei cretino! Mi domando come faccia Alistair a non averti ancora cacciato di casa! – esclama ridacchiando. Non sa di come stanno andando le cose all’appartamento, Shackles ha preferito non dirglielo. In effetti l’unica ad esserne al corrente è Lynn, ma quando le ha scritto in cerca di consiglio si è limitata a visualizzare senza rispondere.
- Non mi caccia perché a differenza tua lui mi ama davvero! – continua a scherzare, ma il sorriso gli muore veloce sulle labbra, il capo chino a contemplare il lago plumbeo.
E’ arrossito nel pronunciare quelle parole, e sa che Ben se n’è accorto. Grazie al cielo ha la decenza di non aggiungere nulla e, proprio come lui, si appoggia alla balaustra, il cappellino di lana che gli schiaccia i capelli incolti sulla fronte.
Passano qualche minuto in silenzio, a guardare i pesci grassi nuotare avanti e indietro e ogni tanto venire a galla in cerca di briciole.
- Sai, l’ho conosciuta qui, Lynn. – incomincia all’improvviso Ben, senza essere stato interpellato.
- L’anno scorso, in questo periodo. Diluviava. –
Shackleton annuisce e basta. E’ un po’ in imbarazzo, perché quella è la prima volta in un anno che affrontano direttamente il discorso e il fatto che si tratti proprio di Lynn rende tutto ancora più strano.
- Sei stato un po’ un coglione a non venire a salutarla all’aeroporto. – ammette senza mezzi termini per poi stringersi nelle spalle.
Se Ben gli tirerà un cazzotto ne avrà tutte le ragioni.
Ma Ben lo sorprende, accendendosi una sigaretta, l’ennesima, e tirando piano.
- Lo so. E’ che non avrei saputo cosa dirle. –
Shackles inarca un sopracciglio e si volta interamente verso di lui.
- No, Shackles, seriamente! Cos’avrei dovuto dirle? “Scusa”? Perché? Mica stiamo assieme, dopotutto! – sbotta alla fine.
E’ strano vedere Ben alterato. Di solito le uniche cose in grado di fargli aumentare i decibel sono le partitone interdipartimento a PES o i caffè annacquati a colazione.
E Lynn. Ovviamente Lynn.
- Io credo che dovresti dirle le cose come stanno. – anche la serietà sulle labbra di Shackleton è strana, e fa più impressione di qualsiasi altra cosa.
Segue altro silenzio, un pesce cerca di attirare l’attenzione con un guizzo, me nessuno dei due lo degna di considerazione.
- Vorrei solo più chiarezza in questa faccenda. – sospira alla fine Ben, un’altra boccata alla sigaretta e gli occhi sempre cerchiati più stanchi del solito.
Ha un aspetto orribile, sembra un barbone.
- Chiarezza? Ma se passate ogni nanosecondo a flirtare! Vi siete visti? – sbotta lui, a metà fra il divertito e l’oltraggiato.
Ma la replica di Ben lo lascia senza parole per un motivo completamente diverso, un motivo che gli manda le guance in fiamme e gli fa spalancare la bocca come i pesci.
- D’accordo, ma questo non significa che la cosa sia seria. A flirtare siamo capaci tutti, ma come fai a capire se dall’altra parte c’è vero interesse? –
E’ una doccia fredda, quella domanda. Uno schiaffo in pieno viso.
- Perché c’è Lynn, dall’altra parte. E lei è una persona seria, non come me. –
Shackleton si volta e si sfrega le mani l’una contro l’altra, una nuvoletta di vapore appena accennata che lascia le sue labbra.
- Dai, facciamo due passi che mi si sta congelando il culo. E fammi una cortesia, scrivile quando arrivi a casa. –
Ben lo guarda incamminarsi lungo il sentiero e si accorge dalla postura rigida e dal passo veloce che ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire.
Non ce l’ha con lui, è evidente. Ce l’ha con se stesso.
Lo segue, battendogli una pacca sulla spalla e cambiando bruscamente discorso, perché di melensaggine per quel giorno ne hanno già avuta abbastanza.
Non riesce a capire a cosa stia pensando, mentre discutendo di mille altre cose lo precede verso l’uscita con aria distratta, ma può immaginarlo.
Chiunque potrebbe immaginarlo.
Chiunque, tranne Shackles.
 


 

 
Quando ha mollato Ben allo studentato gli ha promesso che sarebbe tornato subito a casa, ma Shackleton Cook è un gran bugiardo e soprattutto è abbastanza idiota da non dare retta al miglior studente di Medicina dell’intera facoltà.
Non che ci voglia un genio per capire che alle sette e mezza, con il sole già sotto l’orizzonte da un pezzo, tutto quello che la sua giacca di pelle può offrirgli è un’ipotermia in tempo zero.
I denti gli battono così forte che si è già morso la lingua due volte, ma è come se non si rendesse nemmeno conto del tempo che passa.
Sta rientrando a piedi, e il gelo gli passa le suole delle All-Star irradiandosi in tutto il corpo, fino al cuore, ma non fa una gran differenza.
Capita, di tanto in tanto, che la vita gli metta di fronte l’evidenza, e quello che Shackleton ha imparato a fare meglio di ogni altra cosa è aggirarla e passare oltre. Forse è per questo che sta continuando a camminare da due ore, perché spera di seminare l’evidenza e lasciarsela alle spalle.
Eppure, se le gambe sfidano gli otto gradi della sera senza demordere, la testa non collabora allo stesso modo.
Il primo anno all’Università era stato come vivere in un film.
Condividere la stanza in studentato con Ben era una continua avventura, fra partite alla play, Just Eat delle quattro e mezza e sbronze epocali. Era come se finalmente avesse trovato il fratello che non aveva mai avuto, e sentimentalismi a parte, credeva davvero, ormai, che Ben facesse parte della famiglia.
Ma rientrare in studentato dopo un giro in città era diverso da tornare a casa, Faraday sul divano a leggere o a guardare qualche documentario del National Geographic che il resto del mondo credeva perso nella notte dei tempi.
Tornare a casa significa sempre avere qualcosa in caldo, dopo gli allenamenti di scherma o le partite di basket coi ragazzi dell’Uni, significa avere qualcuno che lo aspettava sveglio la sera, perché “prima o poi ti sbronzerai talmente tanto che dovrò venire a pagare la cauzione in galera”, significa venire accolti dalla luce accesa e non dal rumoroso russare di Ben.
Se lo studentato era stata una parentesi di folle libertà, l’appartamento ha il gusto meno elettrizzante ma più confortevole di casa.
E questo, Shackleton, non sa proprio come prenderlo.
Vorrebbe prendere le chiavi, ma ha le mani impegnate dal cestello del Cinese e in ogni caso trema troppo forte per riuscire a centrare la serratura. Suona il campanello con il naso, e per un terribile istante ha il terrore che possa staccarsi e cadere sullo zerbino.
Quando Faraday apre la porta vede nel suo volto il riflesso delle sue condizione.
- Santo cielo, Cook! Ma sei pazzo?! Hai le labbra viola! Per carità, entra dentro prima che ti venga un accidente! – gli grida quasi in faccia, afferrandolo per la manica e trascinandolo nell’ingresso senza la minima grazia.
- Pensavo ti fossi fermato a cena da Ben! Non sarai mica andato in giro a piedi? Vieni qua, mettiti davanti al calorifero, ti preparo qualcosa… - è il fiume di parole che l’aspirante Fisico continua a vomitare.
- Ho pre… pre… preso il Cinese… Mi era ri… masto qualcosa dietro la… la tessera del bus… - sorride, le r mangiate dal freddo.
Negli occhi chiari di Faraday vede una preoccupazione che gli scalda il cuore meglio di qualsiasi calorifero. Forse non è più arrabbiato con lui.
- E ho anche noleggiato il dvd di Morgan Freeman che racconta lo Spazio! – aggiunge, cercando di tirare fuori la scatola dalla sua borsa nonostante le mani tremino ancora.
- Mi avevi detto che avevano cancellato gli streaming, no? –
- Sei un cretino, Cook. –
Ma Faraday sta sorridendo, mentre si leva l’orribile maglione di lana e lo infila a forza in testa a Shackleton.
- Hai le braccia corte. – biascica lui, un po’ in imbarazzo per tutte quelle attenzioni ma comunque guardandosi bene dal restituirglielo. Il calduccio che trasmette quell’aborto è incredibile.
Faraday inserisce il dvd nel lettore e si siede sul divano, piazzando le buste del Cinese sul tavolino e indicando con un cenno della testa al coinquilino di sedersi accanto a lui.
Shackles non se lo fa ripetere due volte e si rannicchia sotto il plaid, le gambe lunghe strette al petto e una mano ancora intirizzita che si allunga verso gli involtini primavera.
- La prossima volta che mi vai in ipotermia per farti perdonare ti chiudo la porta in faccia. – è il brusco commento di Alistair, ma entrambi sanno che sta sorridendo, entrambi sanno che non lo farebbe mai.
Quando si risvegliano completamente anchilosati attorno alle quattro, la tv in stand by e nei cartoni del Cinese solo le briciole, hanno troppo sonno per rivolgersi la parola.
Filano entrambi in camera, grati che sia Domenica e non abbiano sveglia presto.
Shackleton non chiude la porta immediatamente, dopo il “notte” biascicato del coinquilino. Lo guarda sparire in fondo al corridoio e solo allora scivola anche lui dentro la sua stanza.
Apparentemente è tornata la pace.
Il buon senso direbbe a Shackleton di fare chiarezza, ma è una parola che lo ha sempre terrorizzato.
Per ora, finchè svegliarsi assieme sul divano a dividere una sola coperta non suona eccessivamente ambiguo, può andar bene così.
Per tutti e due.
  
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