Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Janey    28/01/2018    5 recensioni
INTERATTIVA
Mi sono candidato sindaco perché credevo di poter cambiare le cose e di fare qualcosa per aiutare la mia gente e il mio distretto, avevo ancora fiducia nell’umanità, pensavo in una risoluzione, ma ero solamente un giovane inesperto che non sapeva niente del mondo e della sua corruzione. Ero pieno di ideali che non sono riuscito a realizzare. Sono solamente un povero fallito, uno strumento di Capitol City che si è cacciato in qualcosa di più grande di lui.
Vivo in un mondo orrendo dove regna il male e io non posso fare niente per fare la differenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sto diventando più intelligente, ogni giorno
sempre di più
 
 

Meno di un’ora all’inizio degli Hunger Games
 


Remember Kinraid, mentore e vincitrice dei 32° Hunger Games, Capitol City


Due Pacificatori spalancano la porta per permetterci di uscire dal palazzo e avvicinarci all’hovercraft, che ci aspetta in mezzo alla pista di atterraggio. 
Guardo Liam e Allie, gli occhi smarriti e allucinati dalla paura. Anche quanto fu il mio turno di partire per l’arena, mi ricordo di aver provato la stessa sensazione di abbandono. Non posso di certo biasimarli. Anche se sono passati anni, quando arrivo a questo punto mi sembra sempre di rivivere la mia partenza. Kitty torna ad essere Kendall, Ryan prende il mio posto come mentore, mentre Linus si incarna in Liam e Allie diventa me. È una strana emozione, come se subissi uno sdoppiamento.                                                                                                                                                                           
“Mi raccomando, siate i miei nuovi vincitori”, esclama l’accompagnatrice abbracciando falsamente commossa i due ragazzi.     
Allie e Liam guardano un attimo l’hovercraft in lontananza e poi si rivolgono a me. “Non fermatevi mai, non guardatevi indietro per nessun motivo al mondo”. Che cos’altro posso fare? Sono stata sempre abbastanza brava con le parole, ma qui proprio non so che dire. Come ogni volta che si arriva a questo punto, del resto. “Ricordatevi che ne resta solo uno, quindi… non esitate”.
 


Inizio della Quarantesima Edizione degli Hunger Games, giorno 1, ancora ventiquattro tributi in vita
 


Julivan Sánchez, tributo del Distretto 8, da Capitol City all’arena


“Addio, Julivan”, sussurra Rio, baciandomi delicatamente sulla guancia e allontanandosi lentamente verso l’uscita. Come “addio”? Nessun ultimo consiglio salva-vita?
“Aspetta!”, la chiamo. “Nient’altro da dire?”, domando rivolto verso l’accompagnatrice.     
Lei guarda un attimo per terra, poi si rivolge a me. “Io non l’ho fatto contro di te, mi dispiace…”. Rio sta per dirmi qualcos’altro, ma le pareti del tubo si richiudono e mi è impossibile intendere le sue ultime parole.                                                                                                                       
Cerco disperatamente di mantenere la calma, ma mi risulta impossibile non pensare a cosa ci sarà fuori da qua. Come sarà l’arena? Freddo oppure caldo? Essere rinchiusi in un tubo poi non aiuta granché.                                                                    
Improvvisamente sento uno scatto metallico e la pedana incomincia a sollevarsi con lentezza. Automaticamente alzo lo sguardo verso l’apertura sopra la mia testa per tentare di intravedere un segnale o qualcos’altro di simile, ma ora c’è solamente un’accecante luce bianca. 
Riesco a capire che sono uscito dal tubo perché avverto un leggero cambio di temperatura: qui è meno umido. La cosa preoccupante è che continuo a vedere una luce bianca che proviene da tutte le parti e ci confonde… No, aspetta… Non è luce. In realtà quello che vedevo prima dal tubo era il soffitto. E le pareti, e il pavimento.  Siamo circondati da bianco: non riesco a notare la distinzione tra il soffitto e il pavimento, e anche le pareti sembrano non avere una fine; la Cornucopia sembra fluttuare nel bianco sterile, così come le pedane.
L’unica cosa positiva è che non sono ancora presenti tutti i tributi, il che mi lascerà più tempo per analizzare l’ambiente. È proprio in quel momento che avverto uno strano ronzio mentre, qualche secondo dopo, una parte del “soffitto” incomincia a diventare azzurra, come un cielo che spunta tra le nuvole.
I volti di noi tributi sono tutti rivolti verso quella macchia che continua ad espandersi, fino a quando non riprende il ronzio e, allora, tutto torna ad essere bianco. Che cosa sta succedendo?                                                                                                                                                                                                                                             
“Signore e signori, che la Quarantesima Edizione degli Hunger Games di Panem abbia inizio! Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!”, esclama l’annunciatore. Tutti i tributi devono essere sulle loro postazioni: a breve inizierà il conto alla rovescia. E infatti…  

60, 59, 58…

Devo concentrarmi, decidere dove andare, anche se non c’è nessun posto in cui nascondersi.

57, 56, 55…

Il suono di quella voce continua a essere fissa nella mia testa come un chiodo. La capitolina mi chiama e io vengo portato sul palco dalle guardie.    
Sento gli occhi di tutti puntati su di me: quello pieno di amara compassione dei Pacificatori; quello imbarazzato di Rio, quello disperato della mentore; quello ripugnato dall’orrore della situazione della ragazza accanto a me; quello indignato del pubblico.            
Non riesco a togliermi i loro sguardi dalla mente. Perché mi guardavano tutti così? Papà dove sei?                       
Finalmente la porta dello studio si apre ed entra mio padre, sconvolto e distrutto. Attendo parole di conforto e di incoraggiamento, ma lui continua a singhiozzare ininterrottamente.  “Mi dispiace… Non lo meriti… Io non avrei mai voluto che le cose andassero così…”.       


42, 41, 40…

Il tempo per decidere del mio destino è sempre meno, anzi, sembra che quei secondi indichino proprio quanto mi resta. Chi voglio prendere in giro? Ormai è chiaro: la mia vita terminerà oggi. Lo sapevano tutti fin dall’inizio, in fondo: papà, Rio, Kayoko, Kim, i capitolini, il Distretto 8, l’intera Panem. “ Io non l’ho fatto contro di te, mi dispiace…, “Non lo meriti…”, “Io non avrei mai voluto che le cose andassero così”.                                                                                                                                                                                                     
38, 37, 36… 

Nessuno ha mai creduto, o minimamente riposto un po’ di fiducia in me: la loro stupita compassione era nascosta dietro a quei sorrisi che ogni volta mi rivolgevano. Lo si leggeva negli occhi. Mi trattavano tutti come se fossi il poveretto con cui bisogna essere gentile perché altri ti hanno ordinato di farlo: sorridi e sii gentile con quel ragazzo sfortunato.  

30, 29, 28…

È stato così fin dall’inizio. Probabilmente in questo momento a un qualche cuore sensibile starà scorrendo una lacrima sulla guancia “Povero ragazzo. Che qualche animo caritatevole abbia pietà di lui e smetta di farlo soffrire!”. Sì, me lo immagino.

23, 22, 21…

Be’, io non aspetterò nessun animo caritatevole. Sono stufo della loro pietà e della loro commiserazione. Almeno come morire sarà una mia decisione: non ci sono altre alternative.

17, 16, 15…

Dicono che sia così rapido da non accorgersene e così veloce da non riuscire neanche ad avvertire la fine. Sta lì la differenza.

10, 9, 8…


Gabriel Perseus Morgan, tributo del Distretto 4, arena


Una terribile esplosione rimbomba all’interno dell’arena, mentre noi tributi ci pieghiamo istintivamente come per proteggerci. Tutti ci voltiamo verso quelli che sono i resti della pedana, ormai avvolta dalle fiamme. A terra si vedono strisce di sangue e quelli che sembrano frammenti di una carrozzella, che risultano ancora di più sul pavimento lindo e bianchissimo.          
Il gong suona, ma sono solo pochi quelli a scendere dalle rispettive postazioni, troppo scioccati dai brandelli di carne sparsi sul pavimento. Cerco di ignorare l’iniziale stato di confusione intorno a me e di dirigermi al più presto verso la Cornucopia, come già alcuni tributi stanno facendo. Intravedo Jacob fiondarsi verso il centro del corno alla ricerca degli zaini, seguito da Shine. Non riesco a trovare il mio altro compagno, ma probabilmente la sua postazione era più lontana dalle nostre.
Ormai sono tutti scesi e si stanno avvicinando sempre di più alla Cornucopia per tentare di racimolare qualche zaino o almeno un’arma. Il terrore alberga in ognuno di noi: lo vedo da come tutti si stanno muovendo senza logica o piano specifico; dai loro occhi spalancati e vitrei. Sembra la fine del mondo.  Cerco di esternarmi dalle urla o dal rumore di armi e oggetti spostati e di focalizzarmi unicamente sulla spada su cui metterò le mani e sui miei alleati, che non posso assolutamente perdere di vista. Dobbiamo uscirne da qui tutti e quattro.        
Improvvisamente, come una benedizione dal cielo, riesco a notare una spada non poco lontano da me. Corro in quella direzione il più velocemente possibile, sperando che nel frattempo nessuno l’abbia notata. La sollevo senza alcuna difficoltà: è abbastanza leggera, e con il manico interamente decorato.    
“Gabriel!”, sento qualcuno chiamarmi e con gioia noto che è Kai. Ha in mano una lancia e gli occhi che gli saettano da tutte le parti. “Muoviti!”, mi riprende lui, afferrandomi per il braccio e trascinandomi via dal centro della Cornucopia, dove intanto alcuni gruppi di tributi hanno dato il via a delle piccole risse per guadagnare anche solo una bottiglia d’acqua o un sacco a pelo.                                                                            
Entrambi ce ne andiamo il più lontano possibile verso l’esterno dove, in mezzo al bianco più totale, ci attendono Shine e Jacob. La prima è pallida, con uno zaino in spalla e una spada, mentre il secondo ha invece un graffio sulla guancia e tiene stretti alcuni zaini. “Ce l’avete fatta!”,  esclama sollevata la mia alleata.                                                                                                                                                                                                                     
Sorrido di rimando per rassicurarla, ma l’osservazione di Jacob getta in noi altra preoccupazione. “Dove andiamo ora? Non possiamo stare qua!”.     
Incominciamo a guardarci ansiosamente intorno cercando un indizio o un qualcosa che ci possa aiutare, ma niente. Nessun nascondiglio, nessuna porta, niente di niente, se non la Cornucopia e il macello in lontananza. 
“Non può essere tutta questa l’arena”, osserva Kai, a fior di nervi.                                                                                                                                                   
Aspetta… E se avesse ragione? Se l’arena fosse qualcos’altro di più? Il ronzio inquietante, la macchia azzurra che continuava ad espandersi. Forse ho capito.    
“Ogni volta che si sente quel ronzio succede qualcosa all’arena”, affermo. Loro mi guardano dubbiosi. “Avete presente quando si è sentita quella vibrazione ed è apparsa una macchia sul soffitto?”, domando. “Che cosa vi sembrava?”.    
“Un cielo, credo”, indovina Shine.                                                                                                                                         
“Esatto! L’arena cambia forma ogni volta che parte quel rumore. Quindi…”.                                                                                                                                     
“Sì, ma non possiamo aspettare in eterno”, obbietta Jacob, animo un po’ più pratico.                                                                                                                                                                                                                                                                                          
Sto per rispondere qualcosa quando Kai ci ferma e ci costringe a voltarci verso la Cornucopia, o meglio, dove prima c’era la Cornucopia. “Che diamine…”.     
Il ronzio riparte, e in questo momento mi sembra il suono più bello che io abbia mai sentito. Avevo ragione.                                        
Poco dopo, il pavimento incomincia a colorarsi di grigio e il soffitto ritorna ad essere azzurro. Intorno a noi si materializzano grattacieli ed edifici di ogni tipo, pieni di schermi e striscioni colorati.
“Siamo a Capitol…”, sussurro, quando anche l’ultimo palazzo ricopre l’ultima macchia bianca.  
“No, c’è qualcosa di diverso…”, osserva Shine, indicando un cartello non poco lontano da noi, su cui è disegnata una macchina. All’inizio non ci trovo nulla di strano, poi capisco: le lettere sono le stesse del nostro alfabeto, ma sono disposte in un ordine strano, che formano parole a me assolutamente sconosciute.  
È solo allora che noto le persone: sono tantissime e di tutte le età. Camminano accanto a noi, ignorandoci deliberatamente nonostante i nostri abiti e le armi nelle nostre mani. Prima non c’erano, lo giuro.                                                                                                                                                                                               
Shine a quel punto si allontana, avvicinandosi a una donna che passa accanto a noi. Quest’ultima si ferma, e la vedo dire qualcosa alla nostra alleata. Quando lei torna a un gran sorriso sul volto.    


Artemide White, tributo del Distretto 12, arena


Inutile dire che sono rimasta come una cretina a fissare imbambolata la pedana del ragazzo del Distretto 8. Non so cosa mi sia successo, ma il sangue, le fiamme, tutti quei frammenti di metallo e quei brandelli di carne mi avevano calamitato gli occhi. Non riuscivo a staccarmi da quel macello. Se ci ripenso mi vengono i brividi.                                                                                                                                                                                                                                          
Quando mi risveglio sono scesi quasi tutti, ad eccezione di qualche bambino. Cerco di andare a una velocità maggiore per rimediare al tempo che ho sprecato, ma ormai il danno è fatto. La gran parte dei Favoriti è già all’interno della Cornucopia, mentre gli altri tributi tentano di afferrare gli zaini sfuggiti allo sguardo di quelli più forti.                                               
Devo assolutamente trovare qualcosa di utile anch’io, altrimenti sarò fregata. E proprio nel mezzo del macello che vedo uno zaino di medie dimensioni, ma abbastanza promettente. Magari si sarebbe un fallimento, ma per me in quel momento era la cosa più bella e importante che ci fosse sulla terra.            
Mi sono fiondata in quella direzione, ignorando tutto e tutti. Avevo nella testa solo lo zaino e il corpo maciullato del ragazzo dell’8. Quando sono arrivata mi sono buttata sopra, afferrandolo saldamente  con entrambe le mani.                                                    
Mi sono accorta solamente dopo che c’erano altre mani a stringere le bretelle dello zaino: la ragazza dai capelli scuri del Distretto 8. Mentre io andavo nel panico, un sorriso si formava sulle sue labbra. Tento in ogni modo di strapparlo alla sua presa, quando la ragazza mi blocca, afferrandomi per il braccio.     
“Ferma! Non ti voglio fare niente”, mi rassicura lei, sorridendomi amabilmente. “Alleate?”           
Le sue parole entrano lentamente nella mia testa e l’idea di un’alleanza  mi pare per la prima volta una buona soluzione. Credo di potermi fidare, in fondo mi è sembrata una ragazza a posto. Avrebbe perfettamente potuto uccidermi con quel coltello che tiene nell’altra mano, quando invece mi ha proposto di affrontare tutto ciò insieme.
“Sì, ci sto”, annuisco, prendendo lo zaino e caricandomelo sulle spalle. Lei si alza, profondamente soddisfatta, stringendo sempre più forte il coltello.
“Bene, allora, andiamocene da qua”, propone Kim.                                                                                                                                                    
“Dove?”, domando, dando libero sfogo a tutti i dubbi riguardo a questa arena. Non c’è nessun possibile nascondiglio.                                                             
“Deve pur esserci un qualcosa, a meno che a Capitol non vogliano che i Giochi finiscano in un unico giorno”, osserva lei beffarda.                               
Decido di assecondarla e tutte e due incominciamo a correre per uscire da qua, quando vedo Marco,  impegnato in una lotta con il tipo del Distretto 3. Improvvisamente mi fermo, scatenando qualche sguardo di disapprovazione in Kim. Non posso abbandonarlo qua, in fondo non è così male. Non posso non ammettere che mi sia divertita con lui e con tutto quel casino che a combinato con Cesar Flickerman. Poveraccio, ha ancora un occhio nero.
“Marco!”, lo chiamo. Lui si volta, non perdendo però la stretta sullo zaino.                                                                                           
“Kim, dammi il coltello”, le ordino.                                                           
“Ma, Artemide…”, obbietta lei.                                                                                                                                                                                     
“Non posso lasciarlo qua: vedrai che andrà tutto bene”, le assicuro, mentre lei mi allunga il coltello titubante. 
Vado dal mio alleato, tenendo stratta l’arma. Solo se sarà necessario, mi ripeto. Solo per dare a noi il tempo di afferrare lo zaino e scappare.  
Quando arrivo lì, ogni mio buono proposito di aiuto sembra svanito. La mia mano sembra come se si volesse trattenere. La mia mente mi ordina di farlo, mentre il mio cuore e i miei muscoli intendono qualcos’altro.  
Ignorando tutto, spingo il coltello nella spalla del ragazzo, facendolo urlare. Marco strappa con violenza  lo zaino dalle sue mani e insieme raggiungiamo Kim. Penso che possiamo rimandare a dopo le presentazioni.                                                                                                                                                 
Tutti e tre ci addentriamo nel bianco sconfinato, mentre sento il sangue incominciare a seccarsi sulle mie mani.                    
Un ronzio, uguale a quello di prima, ci costringe a fermarci. Cosa sta succedendo? Poco dopo dal pavimento incomincia a fuoriuscire dell’acqua, che ci bagna le scarpe. Un po’ più in là sbucano degli alberi stranissimi e piuttosto alti, mentre un limpido cielo tinge il soffitto. Una brezza gentile ci accompagna alla spiaggia, dove intanto è spuntata della sabbia. Ci guardiamo indietro: la Cornucopia non c’è più.   


Galen Willblast, tributo del Distretto 1, arena


Non so se esistono parole per descrivere questo momento. Credo di aver raggiunto l’apice, non posso essere più felice di così. No, felice non è il termine giusto. In non sono un pazzo sanguinario come Prudence, ho i miei ideali: ho una motivazione più onorevole. Direi più che sono emozionato come lo si può essere in un giorno importante per la propria vita. Sento che questo è un giorno diverso.
Sono saltato giù immediatamente dalla mia postazione, agile e scattante, nonostante la fine brutale di quel ragazzo e l’esplosione. Non ho pensato ad altro che all’arma su cui avrei dovuto mettere le mani.
Quanto sono arrivato, c’erano sì e no una manciata di tributi, ma io mi sono preoccupato solamente della mia spada. Quando ne ho trovata una che sembrava adatta a me, l’ho afferrata senza esitazione.                                                                                                                                                      
Presto sono stato raggiunto anche da Phyllis e da Allie, la prima con in mano un coltello nella destra, mentre la seconda con un’ascia, anche se leggermente più spaventata.                                                                                                                                                       
“Pronto?”, mi domanda la mia alleata, scrutando la zona di fronte a noi. Annuisco. “Theo e Prudence hanno già preso le loro armi, li ho visti prima”, mi aggiorna lei. “Allie, resta con me”, ordina Phyllis alla ragazza. Prima di andarsene, lei mi fa un cenno del capo, ricordandomi della nostra altra-alleanza. Per ora abbiamo deciso di restare insieme per gli sponsor e tutto il resto, poi vedremo cosa fare.                                                                                        
Decido di allontanarmi anch’io alla ricerca di un qualche tributo da sconfiggere. Intorno a me tutti sono in preda ai loro istinti più primordiali, correndo da tutte le parti e cercando di trovare qualcosa di utile per la loro sopravvivenza. Molti stanno combattendo con pugni, calci e morsi ed è proprio un gruppo di tributi a catturare la mia attenzione: sono il ragazzo del 3 e quello problematico del 12. Mi avvicino a loro con passo sicuro, cercando di eliminare almeno uno, se non tutti e due i miei nemici. Una ragazza mi precede, però, piantando con foga un coltello nella spalla del tipo del Distretto 3. I due minatori rubano lo zaino e si allontanano nel bianco, affiancati da un’altra ragazza.
Bene, mi hanno solamente facilitato il lavoro. Mi avvicino al tributo rimasto ferito e lui non ha neppure il tempo di fuggire che la mia spada è già nel suo fianco. Spingo sempre più in profondità, fino a quando lui non si accascia su sé stesso. Estraggo l’arma, ignorando la chiazza rossa che macchia il pavimento bianchissimo e si dilata sempre di più.
È una sensazione strana, è come se mi sentissi diverso. Eccitato e colpevole allo stesso momento.  Sento come un’energia pronta a esplodere, dentro di me. E, contemporaneamente, un pensiero che non mi abbandona, che mi fa pressione sul cuore, ripensando al ragazzo e alla sua morte. Ci penserò dopo, ora ho altri pensieri.                                                                                                                                                
La cosa inquietante è che molti tributi sono spariti, letteralmente. Non ci sono nascondigli, quindi mi chiedo dove siano andati. Mi tornano in mente i due tizi del 12 e la ragazza del 8, mentre correvano nel nulla. Che li abbia inghiottiti? Dove sono Shine e Gabriel e i loro nuovi amici? Prima ero riuscito a individualizzarli…       
È proprio in quel momento che sento un peso venirmi addosso: mi volto e vedo il tributo del Distretto 10. Ha in mano una spada e mi pare agguerrito. Mi sorride beffardo, caricando l’arma e mirando al mio braccio.
Aspetto fino all’ultimo prima di schivare il suo fendente, riuscendo così a sbilanciarlo il tempo necessario per permettere a me di colpire.
Gli assesto un calcio nello stomaco, facendolo piegare in due dal dolore. Il tributo si volta rabbioso verso di me, ma io sono più veloce, più allenato, più capace. La mia spada entra nella sua schiena, mentre un rantolio di dolore esce dalla sue labbra. Un misto di saliva e sangue fuoriesce dalla bocca, mentre il tipo stramazza al suolo.                                                                                                                                                            
È in quel momento che tutto cambia: il bianco scompare improvvisamente e, mentre un inquietante ronzio vibra intorno a noi, maestosi alberi incominciano a spaccare il pavimento, circondandoci completamente. Il soffitto diventa azzurro, come la macchia di prima, mentre sotto i nostri piedi spunta dell’erba brillante. Ogni combattimento si ferma, mentre i pochi tributi rimasti incominciano a correre lontano, giù per la collina e verso i prati. Siamo solo noi, sono spariti anche i cadaveri.
“Che cazzo è successo?”, domando a Phyllis. Lei alza le spalle, guardandosi intorno.                                                                          
“C’è un problema più grande”, afferma Theo. “È sparita la Cornucopia”.                                  
Perdo un battito, guardandomi intorno in cerca delle nostre armi, delle nostre provviste!                                                       
“È probabile che la Cornucopia sia l’unico punto fisso”, osserva Allie.                                                                                                                                        
“In che senso?”, domanda alterata Prudence.                                                                                                                                                             
“Tutto ciò che c’entra con il corno non c’è più: le provviste, le pedane, i cadaveri. Lo spazio cambia, ma, secondo me, la Cornucopia, essendo nel centro, resta sempre “nel bianco””.                                                                                                             
Mi metto una mano sulla fronte: non abbiamo un singolo zaino.


Flame Fealton, tributo del Distretto 11, arena


Appena ho sentito l’esplosione sono saltata giù dalla pedana: non mi importava minimamente che cosa fosse successo. È stata un po’ come una spinta, un motivo supplementare per farmi scendere e correre verso il centro del corno. All’inizio è stato un po’ difficile procedere sul bianco, dato che sembrava non ci fosse un pavimento, ma poi ci ho fatto l’abitudine e ho continuato ad andare avanti.
Mi servivano uno zaino e un’arma, assolutamente. Un unico obbiettivo continuava a martellarmi il cervello: tornare da Ester e dalla mia famiglia. L’importante è uscirsene vivi da qua, il resto poi si vedrà.                                                                                                             
La prima cosa su cui ho messo le mani è stato un set di coltelli da lancio: ho preso tutto l’involucro, mentre uno me lo sono tenuto fuori. Per ogni evenienza, mi sono detta.                                                           
Stavo per andare alla ricerca di uno zaino, quando ho visto la ragazza del Distretto 4 e il tributo del Distretto 2. Ho cercato di ignorarli il più possibile, ma poi quando ho notato che il ragazzo  con cui se la stavano prendendo era Creedence, sono stata invasa da una gran rabbia.  Non ci ho pensato due volte ad andare verso di loro con il coltello stretto in mano: non sapevo quanto avrei potuto spaventarli, ma in quel memento non ci ho assolutamente pensato.                                                                                                                                                                                                                 
A volte ci sono cose che non si possono tollerare: avrei potuto voltarmi e andarmene per i fatti miei, ma non ce la facevo. Probabilmente adesso non sarei ridotta così, ma pazienza, sarà per un’altra volta.                                                                                                                                                     
Loro due mi vedono e sul volto della Favorita si forma un sorriso di sfida, mentre il ragazzo del 2 affonda la lancia nel petto del mio compagno. 
Sento le lacrime scendere dai miei occhi, per Creedence e anche per ciò che ho appena visto. Resto lì, a guardare la scena come in uno stato di trance ed è per questo che non mi accorgo della ragazza del Distretto 4, o meglio me ne accorgo troppo tardi. Faccio per voltarmi, ma lei è troppo forte e veloce, e pianta la sua sciabola nel mio fianco.                                                      
Un dolore allucinante mi pervade quando lei estrae l’arma, poi tutto ciò che avviene dopo è un misto di suoni confusi e colori che sbiadiscono.
Ad un certo punto tutti scompaiono e restiamo solo noi mezzi cadaveri. Che    


Killian Boston, sindaco, Distretto 9


La ragazza del Distretto 3 continua a trascinarsi sul terreno tenendosi il fianco, dove è ancora piantato il coltello della ragazza del Distretto 2. Poi incomincia ad accasciarsi su sé stessa, fino a che il primo cannone non spara. Ne seguono altri cinque. Sei morti in tutto, mi chiedo se toglieranno i cadaveri o li lasceranno lì, dato che tutti i tributi sono stati spostati in altre realtà. Probabilmente sì, lo faranno lo stesso.     
Le telecamere ora si spostano su ragazzino del Distretto 6, l’unico ancora non “trasportato”. Poveretto, è da mezz’ora che sta procedendo letteralmente terrorizzato nello spazio bianco.  Come se avessero udito le mie preghiere, gli Strateghi attivano il ronzio, segno che presto anche quella parte di arena comincerà a mutare. Il ragazzino si ferma, mentre delle gocce incominciano a scendere dal soffitto, che poco dopo aumentano, trasformandosi in un vero e proprio temporale. Alcuni massi incominciano a spuntare dal pavimento formando, a poco a poco, una  scogliera, dove sotto si infrangono le onde e il mare si muove tempestoso. Continua a piovere e il cielo è sempre più nero.     

Guardo l’orologio: Blight ed Henry stanno parlando da più di venti minuti. Capisco che debbano discutere di cose importanti, ma sono pur sempre mia moglie e il mio migliore amico, mi aspetto un minimo di coinvolgimento. 
Mi avvicino alla studio quando, prima di aprire la porta, avverto le loro voci e così decido di ascoltare.   
“Sei riuscita a pagare davvero tutto?”, domanda Henry.                                                                                                                         
“Certo, tu?”.                                                                                                                                                                 
“Sì. Io sono stato contattato dal colonnello Hamilton, che mi domandava dell’arma: gli ho detto che quelli dei Distretti 3 e 5 stanno facendo il più veloce possibile”. Pagare cosa? Chi è il colonnello Hamilton?  Che cos’è l’arma di cui si stanno occupando quelli del 3 e del 5? Basta, ho sentito abbastanza. Apro la porta, lasciando mia moglie e il mio migliore amico sorpresi dalla mia entrata.                            
“Che cosa mi state nascondendo?”, domando acido, aspettando una spiegazione.                                                                                                    
“Niente, Killian”, tenta di salvare ancora qualcosa mia moglie.                                                                                                                    
“Chi è il colonnello Hamilton  e che cos’è l’arma?”, replico, sperando di fargli vuotare il sacco. “Vi ricordo che sono il sindaco, esigo una risposta”, ordino.         
Loro si guardano ansiosi. “E va bene, Killian, ma devi prometterci di non aprire bocca con nessuno”, mi prega Henry. 
“Io e Blight stiamo finanziando una nuova bomba  in fase di costruzione da un gruppo di scienziati nei Distretti 3 e 5”, inizia lui. “Il gruppo di scienziati sta operando illegalmente, donando poi questa bomba ai ribelli del Distretto 13”, termina lui.
“Il Distretto 13 non esiste più”, controbatto, lasciandomi sfuggire una risata isterica.
“No, Killian, esiste ancora. Il colonnello Hamilton viene proprio da là, ed è il responsabile per il distretto di questo progetto”, aggiunge Blight.   
“Siete impazziti?”, replico. “Avete pensato alle conseguenze se vi dovessero scoprire?!”, esclamo.         
“Proprio non ti capisco, Killian”, continua Blight, guardandomi critica. “Non eri forse tu quello che si era candidato sindaco con la speranza di cambiare Panem? Anche io ed Henry, e tante altre persone vogliamo fare qualcosa, solo che a differenza tua, non stiamo a piangerci addosso”.
La sua dichiarazione mi ferisce profondamente, facendomi ricordare tutti i miei sogni andati infranti. Non mi sono mai sentito così un perdente come adesso.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                                                                                                                          
 
 
 
Sorpresa! Ecco il Bagno di Sangue, sperando che vi sia piaciuto, nonostante le morti…                 
Mettendomici d’impegno, ho scritto tutto prima di partire.

Morti  nel capitolo

Julivan Sánchez
Aaron Joshua Sanders
Creedence Ramsay
Flame Fealton
Greg Grint
Arienne Selene Dioneide
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Janey