Imbolc
Nella
notte inoltrata la foresta giaceva in un sonno profondo. Il gelo
dell'ultima notte di gennaio l'aveva abbracciata delicatamente,
proteggendola dalla neve per un altro anno.
Le
zone intorno a Magix, del resto, non venivano spesso colte di
sorpresa dall'inverno a tal punto da vedere una vera e propria
nevicata; spesso i fiocchi cadevano talmente fini da non riuscire a
coprire nemmeno la strada con il loro velo bianco.
Il
suolo umido restava così scoperto e vulnerabile alla brina.
Un
sottile strato di condensa si innalzava dal terriccio meno freddo
dell'aria, celando leggermente alla vista le radici degli alberi;
questi ultimi, eretti e silenti, assistevano senza fiatare al passo
in avanti ancora da compiersi durante la lunga notte.
Il
giorno era stato un feriale qualunque, gli abitanti della metropoli
erano di gran lunga troppo occupati per potersi godere una piacevole
visita alle foreste e si vedevano costretti a dedicarsi solo ed
unicamente al proprio lavoro, o alle proprie mansioni quotidiane.
L'enorme territorio naturale rimaneva quindi un privilegio di pochi,
ai quali era toccato il compito di preservarlo dal crogiolarsi nella
propria solitudine.
E
quando calava il buio la segretezza della natura si faceva massima;
salvo per alcune ore ed una sessantina di candele accese nell'atto di
riflettere le proprie luci e le proprie ombre sulle fitte chiome
degli alti aghifoglie. Il vento, leggero ed appena accennato, ne
faceva ondeggiare le fiamme abbastanza da minacciare di estinguerle;
tuttavia si era guardato bene dal farlo.
Per
quanto riguardava tali ore, i primi scricchiolii di foglie calpestate
avevano turbato la quiete verso l'una e dieci: dal rumore prodotto si
potevano udire sei paia di piedi muoversi velocemente fra le radici
che sporgevano dal terreno, il vociare si faceva più flebile
ad ogni
metro percorso. Seppur volessero agire in gran segreto, il silenzio
stabilitosi prima del loro arrivo non le stava di certo aiutando.
“Non
sto ancora capendo perché non ci trasformiamo. E' da almeno
un'ora
che stiamo camminando, io sono stanca!” protestò a
bassa voce
Stella, appesantendo leggermente il passo in segno di profondo
disappunto.
“Se
ci trasformiamo si accorgeranno che siamo vicine, stupida.”
le
rispose Musa, il tono tagliente parve lacerare l'aria in direzione
della bionda. Sarebbe scoppiata una lite non da poco se Aisha non
fosse prontamente intervenuta prendendo fisicamente posizione fra le
due. Queste ultime si scambiarono qualche sguardo, promettente una
rinviata vendetta, e poi ripresero a camminare a debita distanza.
Del
resto la loro unica condizione vincente stava nel dare il minor
vantaggio possibile ad i loro bersagli.
Non
ci era voluto molto a comprendere che le Trix non dovessero essersi
stabilite troppo distanti da Magix dopo l'ultima trovata di Stormy
–
di certo non era stata gradita nemmeno dalle sorelle per ovvi motivi
– e ciò aveva aiutato non poco a restringere il
campo delle
ricerche. Del resto non era la prima volta che le vedevano nei pressi
della metropoli ed usare sempre e troppo spesso il teletrasporto
avrebbe lasciato nell'ambiente una traccia magica troppo forte per
chi non voleva assolutamente farsi trovare.
Le
fate avevano iniziato con l'aiutarsi a vicenda nell'analizzare gli
indizi, tuttavia si erano imbattute in un vicolo cieco dopo l'altro;
le nemiche non avevano lasciato alcuna traccia della loro direzione e
l'area boschiva intorno a Magix era pressoché immensa e
capace di
nascondere anche una villa intera laddove la vegetazione si faceva
più fitta.
Passare
subito all'azione non era ancora un ipotesi da considerarsi,
avrebbero solo sprecato parecchio tempo per nulla. Per il momento
potevano solo aspettare; eppure Stormy – nonostante non fosse
particolarmente sveglia – non aveva fatto nessun altro passo
falso.
Inoltre
Musa, tornando nel solito negozio di dischi, non aveva trovato
né
lei né i vinili che le aveva prestato: avrebbe ormai dovuto
darli
per dispersi ed affrettarsi a comprarne dei nuovi.
Ma
proprio quando stavano per interrompere ogni ricerca, come un fulmine
a ciel sereno, Stella era entrata in camera strillando senza sosta le
nuove notizie che aveva saputo dalle proprie fonti. Normalmente
nessuno l'avrebbe ascoltata con particolare attenzione, ma Tecna si
era presa la briga di considerare con cura ogni parola che fosse
uscita dalla bocca della bionda; ed effettivamente ne era valsa la
pena.
Qualcuno
aveva denunciato la scomparsa della propria auto il secondo giorno di
agosto: seppur il collegamento era completamente sfuggito alla fata
del Sole e della Luna stessa, a Tecna ci era voluto meno di un
secondo per collegare la vicenda al giorno precedente.
In
quel momento Bloom aveva dato man forte alla credibilità di
tale
teoria, convincendo sé stessa e le altre che
quell'informazione
poteva significare la ripresa delle ricerche.
Ed
in effetti, pur se a rilento, tutte e sei si erano rimesse al lavoro
con rinnovato entusiasmo. Del resto gli esami erano già
stati
superati e risolvere la faccenda prima delle festività
faceva
particolarmente comodo all'intero gruppo.
Perciò
non avevano mai pensato di agire nella notte di Imbolc, ma le
circostanze le avevano portate ad affrettarsi a tal punto da non
poter aspettare nemmeno un'ora. Rintracciare la macchina era stato
talmente complicato da necessitare persino l'aiuto di Timmy, senza il
quale non avrebbero mai saputo la posizione. Ed ora stavano
già
affrettando il passo verso la loro destinazione.
“Ci
siamo quasi” disse Flora, staccando delicatamente il palmo
della
mano dalla corteccia di un abete; qualche luce si era fatta visibile,
debole e fioca ma percepibile abbastanza per accendere una speranza
nel petto delle sei fate. Ancora qualche silenzioso attimo e si
sarebbero trovate nel bel mezzo di una battaglia contro le loro
acerrime nemiche.
Le
conseguenze potevano essere gravi oppure contenibili, il tutto
dipendeva da quanto le tre streghe si fossero preparate ad un
eventuale scontro accrescendo i loro poteri.
Non
vedendole con regolarità da quasi due anni risultava
alquanto
difficile fare una valutazione del livello della loro magia oscura
quando non ne osservavano una manifestazione da così tanto
tempo; di
certo era impensabile che fossero rimaste allo stesso livello.
Nonostante
fossero ben preparate ognuna delle Winx temette, nello stesso
istante, di non avere abbastanza forza per fronteggiare le streghe.
Era successo in parecchie occasioni, sicuramente sarebbe potuto
accadere di nuovo quella sera stessa.
Come
se non fosse bastato l'insolita quiete aveva contribuito a tendere
l'atmosfera come la corda di una chitarra. Non si udivano altri passi
oltre ai loro, le mura della piccola casa cominciavano a comparire
fra gli aghi di pino; l'illuminazione all'interno, tremante ed
instabile – con ogni probabilità composta
interamente da candele –
non rivelava alcuna ombra in movimento.
Che
le stessero davvero aspettando?
Il
vento spazzò con una folata le chiome degli alberi, il cielo
oscuro
non aiutava le fate a scrollarsi dalle spalle il pensiero di Icy,
Darcy e Stormy pronte ad attaccarle qualora avessero varcato la porta
della loro dimora. Tuttavia non risultava particolarmente utile
rinunciare dopo aver fatto così tanta strada; Aisha fu la
prima ad
appoggiare il palmo sulla scura maniglia di ferro, le dita tremarono
leggermente prima di stringerla.
“Aspetta
– bisbigliò Bloom, prendendosi un momento per
guardarsi attorno
con fare guardingo – Prepariamo un attacco nel caso stessero
aspettando che noi apriamo la porta.”
E
quando la fata di Andros spalancò la porta l'incantesimo di
convergenza doveva solo essere lanciato; ma finì per sparire
senza
svolgere la propria funzione.
Il
silenzio era derivato dal fatto che all'interno, effettivamente, non
ci fosse nessuno; allo stesso tempo niente faceva pensare che le
streghe se ne fossero andate prima del loro arrivo in quanto gli
arredi parevano essere al proprio posto. La tavola era apparecchiata
con cura, le rosse bacche poste al centro tavola erano illuminate
dalla viva brace nel piccolo calderone adiacente; sopra ad ogni
verdeggiante tovagliolo giaceva un mazzo di bucaneve, gli steli
legati perfettamente con dello spago.
Il
salotto in sé, appena visibile come fosse stato un miraggio,
era
valso la lunga strada fino a lì: per una manciata di secondi
le sei
fate si erano dimenticate del loro compito, distratte dalla silente
meraviglia che riposava davanti ai loro occhi. Ogni cosa era
totalmente immobile, come se il tempo si fosse fermato. Le candele
accese erano molte, forse una trentina, ed era impensabile che
fossero accese da giorni senza che la cera si fosse consumata.
“Non
ha il minimo senso.” fu Tecna a rompere il silenzio, dopo
essersi
passata una mano sul volto incredulo.
“No,
è vero, a meno che...” cominciò Musa,
avvicinandosi alla candela
posta sulla tavola e concentrandosi sulla fiamma.
“A
meno che non siano candele incantate. Il risultato resta in ogni caso
poco logico.” finì per lei la fata della
tecnologia. Bloom
raggiunse l'asiatica, guardando attentamente la disposizione e
cercando di coglierne qualche particolare; le ricordava qualcosa che
doveva aver visto non troppo tempo fa, ma al momento era troppo
occupata a cercare di comprendere l'intera situazione.
Stella,
nel frattempo, era già intenta a ficcare il naso fra gli
affetti
personali delle streghe, facendo qualche commento a bassa voce quando
le fosse capitato fra le mani qualcosa che, secondo il suo modesto
parere, fosse totalmente di cattivo gusto. Nonostante sapesse chi
abitava in quel luogo, le era sembrato quasi più caldo ed
accogliente di Alfea stessa: gli aromi, ognuno etichettato in bella
grafia, erano posti in ordine su uno scaffale di legno chiaro sopra
al lavello in un'esplosione di profumi e di colori; poco più
a
destra il mortaio in marmo conteneva dei fiori di camomilla ancora
integri.
Forse
era la luce a dare alla fata quello strano senso di sicurezza
–
nonostante la presenza di qualche teschio animale – o forse
era
come era stata addobbata per l'occasione. Poteva definirla simile a
ciò che ricordava di tale festività, passata in
compagnia di
entrambi i genitori in un periodo felice e spensierato; la tavola,
nonostante non fosse lunga e sontuosa come quella del palazzo di
Solaria, era disposta pressoché nello stesso modo e nella
notte le
sale venivano illuminate a giorno da migliaia di candele, proprio
come la casa in cui si trovava al momento.
L'aroma
di fiori e spezie era la stessa, l'unica capace di riportarla
indietro a tali dolci ricordi. Nient'altro aveva la medesima funzione
e Stella si ritrovò a disprezzare le streghe per un motivo
poco
razionale. Non potevano saperlo, di certo non avevano preparato tutto
ciò di proposito; ma trovarsi in un ambiente simile la
faceva star
male a tal punto da vedere l'allontanarsi come unica fonte di
sollievo.
Eppure
non riusciva a muovere un solo muscolo, restava ferma e rigida
davanti all'ordinata cucina, con gli occhi fissi sui barattoli in
fila, le braccia lungo i fianchi e la bocca appena dischiusa. Ci
volle Flora a svegliarla dal suo torpore, altrimenti sarebbe rimasta
fino all'alba in balia delle proprie memorie.
“Tutto
bene, Stella?”
“Uh,
sì certo. Stavo pensando a quanto devono essere malate per
mettere
le spezie in ordine alfabetico, quelle tre.” fece
velocemente,
coprendosi la bocca per fingere un'aspra risatina nel tentativo, in
parte fallimentare, di convincere l'amica che non ci fosse nulla di
cui preoccuparsi. Ma, date le circostanze, la fata della natura
decise di non approfondire: l'avrebbe fatto in seguito, quando
sarebbero state al sicuro nel loro alloggio della scuola per fate.
“Forse
sono uscite da poco, non credo abbiano addobbato la casa come un
altare per lasciarla vuota. Se le aspettassimo qui?” disse
Musa dal
soggiorno, alzandosi dalla propria posizione. Ogni cosa sembrava
nell'ordinario, tuttavia controllando con cura il giradischi alla sua
destra non aveva scorto nessuno dei propri cd. Il sospetto che le tre
streghe sapessero del loro arrivo si era fatto più concreto
a causa
di tale dettaglio: nell'ordine della dimora era certa che nessuna
delle altre avrebbe notato una stranezza simile.
Tuttavia
la fata della musica decise di tenere la scoperta per sé.
Del resto
l'assenza dei vinili che lei stessa aveva consegnato a Stormy era un
prova insufficiente a confermare la teoria che, seppur con
intensità
diverse, ognuna delle sei fate aveva elaborato nella propria mente.
“Sì,
alla fine siamo arrivate fino a qui senza trasformarci per
sorprenderle. Io non mi do per vinta finché non rientrano,
anche a
costo di stare sveglia fino all'alba.” le rispose decisa
Aisha,
mentre cercava un qualsiasi indizio sulla posizione delle streghe in
tutto il salotto; era arrivata ad esaminare la credenza con l'anta in
vetro, ma non aveva trovato altro che dei fiammiferi, un posacenere
vuoto ed una polaroid.
“Questa
casa è più normale di quanto pensassi.”
commentò, accostando
nuovamente l'anta prima che potesse anche solo pensare di portarsi
via la macchina fotografica. Tecna si voltò verso di lei,
staccandosi dal muro al quale si era momentaneamente appoggiata.
“Ti
aspettavi pareti nere e trappole ovunque?”
“A
dir la verità sì. – ammise,
ridacchiando appena – Vado a vedere
come se la sta cavando Bloom di sopra.”
“E'
di sopra?” fece Musa, leggermente allarmata; era
così concentrata
nella ricerca dei tre vinili che le appartenevano da non essersi
nemmeno accorta che la fulva si fosse allontanata. Il fatto che
avesse salito le scale per andare a controllare le camere non era per
nulla rassicurante: Bloom non aveva ancora accettato il proprio
fallimento, ed evidentemente era giunto per lei il momento per
riscattarsi. Tuttavia ciò che, con ogni
probabilità, aveva
intenzione di fare comportava un rischio non esattamente
trascurabile.
E
la mora lo stava infelicemente realizzando.
“Vengo
anch'io. Ho un brutto presentimento.”
Lo
sguardo teso che le rivolse la fata di Zenith non fece altro che
incrementare la sua sensazione di inquietudine, spingendola ad
affrettarsi lungo la corta scalinata.
“Non
so voi, ma a me girano i coglioni a sapere che quelle stronze ci
stanno ribaltando la casa. Se entrano in camera mia le
ammazzo.”
Stormy
non era evidentemente di buon umore, ma, fortunatamente, il suo
atteggiamento non sarebbe durato a lungo: il pasticcio fatto con le
code mozzate di agnello era quasi pronto e già diffondeva il
suo
profumo in tutta la radura nella quale si erano accampate per la
notte di Imbolc. E se c'era una cosa che Stormy adorava più
di tutte
era la carne.
Appoggiò
i vinili che si era portata dietro e si avvicinò al fuoco,
inspirando profondamente.
“Sembri
un maniaco. Allontanati.” fu la risposta di Darcy, che non
alzò
nemmeno lo sguardo sulla sorella mentre sistemava dei ceri
lì
accanto. La minore sbuffò e tornò seduta al
proprio posto,
appoggiando con fare annoiato i gomiti alle ginocchia.
“Fa
pure freddo qui, cazzo.”
“Per
quanto mi sarebbe piaciuto schiacciare quelle inutili fatine,
allontanarci è stata la scelta migliore. Non voglio che
interferiscano nel mio piano prima del dovuto.”
La
mora si voltò verso la sorella maggiore, immobile accanto al
fuoco
ad attendere che la cena fosse perfettamente cotta, e le rivolse uno
sguardo di sfida che non prometteva nulla di buono.
“Che
codarda di merda che sei, eviti lo scontro con Bloom perché
hai
paura che ti faccia il culo?” sputò, ghignando
della propria
considerazione. La strega delle illusioni le rivolse uno sguardo
severo, come a ricordarle che tale argomento non doveva essere mai
toccato, soprattutto in occasioni simili.
“Ecco
perché mi manca la selezione naturale in questi
momenti.” Icy non
si scompose minimamente e passò i piatti alle sorelle, come
se non
avesse udito nessun commento particolarmente fastidioso. Tuttavia
l'abbassamento della temperatura parve dire il contrario.
“Cazzo,
il mio pasticcio è freddo!” fece la strega delle
tempeste in un
ringhio, avvicinandosi al fuoco per riscaldare sia il proprio piatto
che il proprio corpo.
“Una
troia permalosa, ecco cosa sei.”
“Taci
ed impara a riflettere prima di parlare. Sempre che tu ne sia
capace.”
In
tutto ciò Darcy scosse la testa ed assaggiò la
pietanza.
“C'è
da dire che te le cerchi, Stormy.”
“Oh
non metterti dalla sua parte, stronza. Lo sai che è
vero.”
“Stai
zitta e mangia, sorellina.”
Bloom
salì le scale lentamente ed in punta di piedi, attenta a non
produrre alcun rumore che avrebbe potuto allarmare le altre: sapeva
di quanto poteva essere rischiosa come mossa, in quanto non sapeva
ancora se le streghe le stessero aspettando al piano di sopra.
Tuttavia
la voglia di metter fine a certi dubbi che si portava dietro da mesi
superava perfino il buon senso; prima che potesse sentire la paura
attanagliarle la bocca dello stomaco aveva già socchiuso la
porta di
una delle camere. Non vi entrò, il cumulo di vestiti che
copriva
completamente il letto bastò a farle capire che non fosse la
stanza
che cercava. Così si spostò a destra e socchiuse
anche la seconda
porta, questa volta muovendo almeno un passo al suo interno: come in
salotto ogni cosa era immobile, dalla sfera di cristallo posta sulla
scrivania alle erbe ordinatamente allineate sul comodino accanto al
letto.
La
tenda grigia si muoveva a ritmo con la brezza che entrava timidamente
dalla finestra dischiusa, lasciando intravedere qualche spiraglio di
scura foresta. La fulva si prese qualche momento ad osservare come
l'enorme libreria occupasse tutta la parete destra e, nonostante
ciò,
alcuni romanzi erano stati impilati a terra, accanto alla scrivania e
sopra di essa, in quanto non avevano altro posto dove stare. Una
copia dell'Ulisse di Joyce occupava lo spazio del
comodino
lasciato libero dai barattoli di erbe, mentre sopra al letto
– il
piumino cadeva in modo morbido ma allo stesso tempo lineare sul
materasso – giaceva, aperto ad una delle ultime pagine, il Faust
di Goethe.
Avvicinarsi
non sarebbe stata una cattiva idea, se tale curiosità non
fosse
stata totalmente inutile allo scopo che Bloom si era prefissata;
inoltre i gusti di Darcy in fatto di libri collidevano fortemente con
i suoi. Non aveva idea come qualcuno potesse leggere in modo
interessato un testo con pochissima punteggiatura ed al quale
bisognava prestare una considerevole attenzione come l'Ulisse.
Fece
scattare lentamente la serratura, procedendo ulteriormente nel
corridoio. La porta che aveva di fronte doveva essere allora quella
giusta, dato che le precedenti erano delle altre due streghe. Si
chiese se dovesse averne paura, se avesse dovuto abbassare la
maniglia con un movimento lento e controllato, oppure eseguire tale
movimento tutto in una volta, come nello strappare un cerotto.
Optò
per la seconda, trovandosi in una frazione di secondo davanti ad una
camera pressoché sterile.
Le
pareti erano bianche, così come le tende ed i mobili. Se non
fosse
stato in penombra – evidentemente si erano curate di
posizionare
candele ovunque – era certa che tale candore l'avrebbe
abbagliata.
Osservare a lungo la stanza ingannava gli occhi, dando loro
l'impressione di aver rivolto lo sguardo verso un film in bianco e
nero, nel quale però non vi era alcuna ombra.
Perfino
le copertine dei libri, posizionati su delle mensole in ordine di
gradazione, erano in scala di grigio, il che finì per
affascinare,
ma allo stesso tempo inquietare la fata che aveva osato introdursi
nel luogo. Un posacenere in ceramica sostava sul tavolo in vetro
temperato, avvicinandosi poté notare che conteneva solamente
due
mozziconi e pareva esser stato pulito da poco. Oltre a ciò
non vide
nulla di particolarmente personale, ma ogni oggetto era stato scelto
accuratamente sia per il proprio uso pratico che per l'aspetto
esteriore.
Tuttavia
non era la
semplice
e pura curiosità ad averla
spinta fino a lì;
altrimenti, dopo che avesse fatto scorrere velocemente il proprio
sguardo su ogni angolo della stanza, sarebbe tornata di sotto insieme
alle altre. Invece scrutò con attenzione
l'oscurità, avvicinandosi
all'armadio dalle lattee ante ed allungando una mano per aprirlo.
C'era
una plausibile possibilità di trovare dei cadaveri al suo
interno,
oppure oggetti di tortura nascosti alla perfezione del locale;
immaginò una mazza ferrata celata dietro ai vestiti di
velluto ed ai
jeans a vita bassa, una mannaia che penzolava tra il trench coat in
pelle e la pelliccia sintetica. Oppure un'intera vergine di ferro sul
fondo.
Decise
in fretta di dare un taglio alla sua fervida immaginazione e
controllare lei stessa cosa ci fosse; con sua lieve sorpresa non
trovò altro che tessuti. Seppur la sua ricerca stesse
prendendo una
piega deludente ad ogni vestito che analizzava con lo sguardo,
l'angolo in fondo a destra presentava un considerevole premio per la
sua perseveranza: confezionato con cura e protetto da un velo di
plastica, un familiare abito nero restava immobile davanti ai suoi
azzurri occhi.
Come
se fosse stato una creatura vivente, la fulva lo prese delicatamente
fra le mani, stringendolo appena a sé; era decisamente
l'indizio
migliore che potesse trovare, in verità contava su qualcosa
di più
frammentario, dato il soggetto in questione. La costanza nei suoi
studi aveva finalmente deciso di darle una gratificazione.
“Bloom?”
Sentendo
la voce di Aisha chiamare il suo nome la fata della Fiamma del Drago
tornò bruscamente alla realtà, trovandosi a
piegare velocemente
l'abito – con tanto di gruccia – allo scopo di
nasconderlo nella
propria borsa. Due paia di passi si stavano avvicinando troppo in
fretta, ma non sarebbero bastati a farla desistere dal suo intento:
con un colpo secco chiuse la cerniera e si tirò in piedi,
rivolgendo
un ultimo sguardo alla stanza per controllare che tutto fosse al suo
posto.
“Arrivo!
– disse poi, uscendo di corsa dalla stanza – Non
avete idea di
cosa ho trovato, secondo me Icy fa a pezzi la gente lì
dentro.”
“Ma
non dire balle.” le rispose Musa, lasciandosi andare ad una
risata
a cuor leggero. Anche Aisha rise della sua affermazione, scuotendo la
testa e facendo qualche commento riferito alla sua smisurata
fantasia.
“Non
hai toccato niente, vero? Stiamo per andarcene, se sanno che siamo
state qui salta tutto.” sussurrò con
un'espressione più seria
l'asiatica, mentre si avviava con Bloom in direzione delle scale.
“No,
no, ma figurati.” mentì la diretta interessata,
sistemandosi la
borsa con nonchalance: fortunatamente fu abbastanza convincente da
non attirare su di sé altre domande.
Anche
se la candida anta del guardaroba, rimasta aperta, sarebbe bastata a
dimostrare il contrario.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Per
una volta non dirò che questa storia fa schifo: nossignore,
nella
sua mediocrità mi è piaciuta. L'unica cosa brutta
è che mi stuferà
dopo poco, spero che non succeda anche a voi.
Ho
cercato di essere più descrittiva, sempre lasciando un
qualche alone
di mistero accompagnato da parecchi perché, ma spero in
questo modo
di essere stata più chiara.
Spero
inoltre che vi abbia comunicato le emozioni che volevo trasmettere,
che non sia un qualsiasi testo piatto di sei tizie che oooh scoprono
cose irrilevanti.
Non
so perché sono così salty con me stessa al
momento.
In
ogni caso eccoci ad Imbolc, chiamata Santa Brigida dai Cristiani ed
in altro modo Candelora/Candlemas (da non confondere con la band
svedese, anche se sono bravissimi). Credo sia abbastanza chiaro che
le protagoniste di questa festa sono appunto le candele, accese
durante la notte del trentuno di gennaio ed a cavallo del primo di
febbraio (nel neopaganesimo è anche festeggiata fra il primo
ed il
secondo di febbraio) a festeggiare la luce, l'allungamento delle
giornate ed il conseguente accorciamento delle notti.
Nell'antichità
era di usanza bere latte ovino appena munto e mangiare il citato
pasticcio di code mozzate di agnelli per resistere agli ultimi
attacchi del freddo invernale. Perciò ho deciso di lasciar
protagoniste le candele ed una casa vuota atta ad ospitarle, cercando
di dare una svolta alla vicenda di fondo che di base, fino ad ora,
sembrava troppo composta da episodi frammentari.
Spero
che vi sia piaciuta e vi auguro a tutti buon Imbolc, nell'attesa
della primavera.
(Che
amerei se non fossi allergica al polline ma, dettagli)
Mary