Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender
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Autore: DonutGladiator    31/01/2018    0 recensioni
Raccolta di brevissime oneshot (max 700 parole) slegate tra loro che avranno per protagonisti diversi.
[1: Hunk vuole finire il suo progetto, ma Lance non sembra pensarla allo stesso modo
4: Una piccola Pidge fa un regalo al fratello maggiore
5: Lance si è beccato una terribile malattia, ma Keith ci crede poco
8: Sheith preKerberos al crepuscolo
9: Momenti di affetto familiare passato (SPOILER S5)
10: Lotor è degno della fiducia di Allura? (SPOILER S5)]
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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L'influenza dello spazio


Sarebbe stato più facile infilarlo dentro una di quelle capsule per un minuto, lui l’aveva detto fin da subito, Coran però si era opposto alla cosa e Allura era stata dalla sua parte, dicendo che per una simile cosa le capsule non erano adatte e tutti si erano schierati con loro, dato che nessuno conosceva il loro esatto funzionamento. Quando poi Keith aveva spiegato che intendeva metterlo in una capsula per finta, gli altri lo avevano persino guardato storto, come se avesse detto una delle cose più cattive al mondo, persino per uno come lui. Solo Pidge aveva accennato a una risata, subito smorzata per via della visione delle facce degli altri.
Alla fine però non erano Coran e Allura che si era ritrovati a essere la balia di Lance, ma con suo enorme sconforto, lui.
Il ragazzo si trovava a letto con quello che aveva descritto come un male atroce allo stomaco e che Keith aveva semplicemente liquidato come troppi frullati ingurgitati che avevano scombussolato il metabolismo del cibo dello spazio.
Aveva dato il cambio a Pidge e Hunk che prima di lui avevano badato che Lance non avesse bisogno di niente ma per suo enorme rammarico, si era ritrovato in una situazione che avrebbe volentieri evitato.
All’inizio, entrando nella stanza la malattia di Lance gli era sembrata essere più grave di quanto avesse all’inizio sospettato, il ragazzo si era arrotolato nella coperta e aveva semplicemente alzato un po’ la testa quando aveva sentito la porta aprirsi.
-Keith.- aveva sussurrato con una voce che non sembrava nemmeno la sua, come se tutta la sua forza fosse stata risucchiata.
-Ti serve qualcosa Lance? Come stai?- gli aveva chiesto, stranamente preoccupato per lui.
-Malissimo.- aveva risposto l’altro con anche troppa enfasi, che aveva allertato il paladino rosso, iniziando a insospettirlo.
Keith si però era avvicinato al letto e gli aveva passato il bicchiere d’acqua che aveva richiesto.
-Ti hanno mandato a dirmi che sto per morire, vero?- aveva chiesto, con voce lamentosa e melodrammatica.
-Lance, non stai per mo- ma Lance non gli aveva dato il tempo di concludere la frase che aveva ripreso a parlare.
-Non mentire. Ho preso l’influenza dello spazio, lo so! Non avete voluto farmi entrare nella capsula nel momento del bisogno. Non deve esserci più speranza ormai per me.- da zero a dieci in un nanosecondo, Lance era riuscito a sparare anche troppe cazzate, persino per lui.
-Lance!- urlò Keith spazientito, interrompendolo: -Non stai per morire e non hai l’influenza. Uno con l’influenza non è così attivo, tra le altre cose. Hai preso un’indigestione, sicuramente a causa di tutti quei frullati.-
-Mi avete avvelenato per sbarazzarvi di me.- la voce si era di nuovo ridotta a un sussurro e per avvalorare quelle parole si era portato la coperta sulla testa per rifugiarsi sotto di essa, come se si trovasse in un bozzolo.
-Ma che? Nessuno ha fatto una cosa del genere!- Keith non sarebbe riuscito a sopportare un altro minuto in compagnia di un Lance che aveva intenzione di comportarsi come un bambino a cui fosse caduto il leccalecca per terra.
Irritato, si avvicinò alla porta e fece per uscire, avendone abbastanza di quel comportamento e stando bene con se stesso in quanto aveva svolto il compito di portare quel bicchiere d’acqua.
E diciamocela tutta, a Lance non serviva qualcuno che guardasse come stava, anzi, forse sarebbe stato più utile qualcuno che gli tirasse un pugno quando iniziava a dire quelle stupidaggini, piuttosto che qualcuno che badasse a lui.
Proprio mentre la porta si apriva, la voce flebile dell’altro lo chiamò.
-Keith…-
-Cosa?-
-Mi porteresti un frullato? Ho fame.-
   
 
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