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Autore: Myra11    01/02/2018    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 35
 
 -Sentì il profumo del sole, le risate dei gemelli in lontananza, la madre che li richiamava, un sussurro dolce accanto a lui, la sensazione di essere nel posto giusto, al momento giusto.-
«Immaginavo che saresti tornato, oggi.»
«Dovevo.»
«…Quando ti ho conosciuto non avrei mai immaginato che avresti potuto amarla così tanto.»
La risata di un cuore spezzato nel vento.
«Quando l’ho conosciuta, non sapevo che l’avrei amata così tanto.»
«Ti manca, vero?»
«Ogni giorno di più. Chi dice che il tempo guarisce le ferite è un bastardo.»
«Per una volta siamo d’accordo su qualcosa.»
Sguardi che si incrociano, brevi sorrisi amari, intrisi di ricordi. «Sei così vecchio che sembri una mummia, te l’hanno mai detto?»
«Senti chi parla.»
«Io non…»
«Non invecchi, lo so. Ma non si diventa vecchi solo nel fisico.»
«Stai facendo il saggio con me?»
Un’altra breve risata, la carezza del profumo dei fiori. «Non oserei mai.»
«Lei vorrebbe che io tornassi, vero?»
«Secondo te? C’è una guerra in corso.»
Un’esitazione, un pensiero fugace. «Lei amava questo mondo. Ha sempre lottato per salvarlo, e le ho promesso che avrei continuato a farlo.»
«Allora non deluderla.»
«Hai ragione.» Le corolle di fiori sembravano un po’ più forti, ora che aveva deciso. «Non avrei mai pensato di dirlo, ma hai ragione.»
Una stretta di mano, lampi di una vita passata insieme, e un cuore spezzato condiviso.
«Grazie, amico mio. È stato un onore conoscerti.»
«…Figurati. L’onore è stato mio.»
Un silenzio pacifico, una rassegnata, sofferta accettazione.
«Ci vediamo, Ravus.»
«Lo sai che non è vero, Nyx.»
Un addio senza parole.
 

 
Parò il colpo senza fatica, e piantò un calcio sulla spalla dell’avversario, che lo fece crollare all’indietro. «Ho vinto di nuovo, Clarus. Devi impegnarti di più.»
Lo rimproverò posandogli la spada alla gola, e lui le gettò un’occhiata seccata. «Hai barato.»
Lei inarcò le sopracciglia, divertita. «E avrei barato anche negli ultimi dieci anni?»
I loro sguardi s’incrociarono, e alla fine scoppiarono a ridere.
«Te lo concedo, Aulea. Non credo che riuscirò mai a vincere.»
«Rassegnati dolcezza.» Lui accettò la mano che lei gli tendeva, lasciando che lo aiutasse ad alzarsi, e ne approfittò per attirarla a sé.
«Ho vinto il tuo cuore, però.» Sussurrò sulla sua gola, e lei lo spinse indietro, arrossendo come un pomodoro.
«Ti piacerebbe, Amicitia.» Lo schernì con un sorriso divertito, ma entrambi sapevano che aveva ragione.
«Aulea. Dovresti smetterla di perdere tempo qui.» La voce vellutata di Drautos interruppe la loro conversazione, e la donna si girò verso l’uomo.
«Non sto perdendo tempo. Sto insegnando a Clarus ad essere un ottimo Scudo.»
«Lo sai che non ha speranze contro di te.» Le concesse il soldato, facendola sorridere di fierezza. «Nessuno ce le ha.»
Fu un fruscio a malapena udibile, una stonatura nell’aria fresca della primavera.
E il cortile fu invaso dai riflessi argentatati e viola della proiezione.
Nyx piegò le labbra in un mezzo sorriso. «Posso fare un tentativo?»
Clarus scattò in piedi, terrorizzato da quell’apparizione improvvisa, ma il generale ebbe tutto il tempo di notare le somiglianze con il padre; aveva perfino un tatuaggio a forma di aquila intorno al braccio destro.
«Zio.»
Fu così improvviso da fargli girare la testa.
Sembrava che il suo passato si fosse materializzato davanti a lui, che Libertus gli stesse sorridendo con aria incredula, e durò solo un secondo prima che la verità gli si schiantasse contro.
Libertus è morto.
«Drautos. Sei…cresciuto.»
L’espressione del ragazzo mutò da incredula a severa. «Beh, te ne sei andato da dieci anni. Per alcuni di noi il tempo passa.»
Nyx incassò la frecciatina stoicamente, anche se gli aveva fatto più male di ciò che aveva dato a vedere. Quando spostò lo sguardo sulla nipote, si chiese cosa si fosse perso della sua vita, se ci fossero mai stati momenti nei quali lei aveva sperato che lui ci fosse.
Poi lei gli fu addosso, e lui ricordò qualcosa che pensava aver dimenticato.
Sentì il profumo del sole, le risate dei gemelli in lontananza, la madre che li richiamava, un sussurro dolce accanto a lui, la sensazione di essere nel posto giusto, al momento giusto.
«Nonno! Sei tornato!» Aulea si allontanò, asciugandosi velocemente le lacrime di gioia che erano sfuggite al suo controllo. Era identica alla madre, ad eccezione dei capelli dorati.
Cosa si era perso nella vita della sua famiglia?
«Mi dispiace di essere stato via così a lungo.»
La donna scosse la testa. «Non importa. L’importante è che tu sia a casa, ora.»
Casa.
Quella parola gli scosse il cuore, e riaprì una ferita che non era mai del tutto guarita.
Lui non aveva più una casa, pensò, perché lei non c’era più, e si era portata via il suo desiderio di una vita normale.
Cosa restava, ora?
«Rilassati, Nyx. Sei ad Insomnia, concediti un po’ di tempo.»
Sorrise al commento dello spettro che lo fissava da dietro i nipoti. 
Era tornata ad essere la sua onnipresente, sarcastica ed invisibile compagna quando era tornato a Galahd, otto anni prima.
«Dov’è Crowe?» Chiese, sentendo il cuore stringersi dolorosamente.
Drautos, che aveva notato il suo gesto, si diede una rapida occhiata alle spalle prima di rispondergli.
«Al cimitero, credo.»
«…Giusto.»
«Ci vediamo più tardi, magari, nonno. Devi sempre provare a battermi.» Lo provocò Aulea, e così lui si congedò con una risata.
Davanti ai grandi cancelli del cimitero, però, si scoprì essere più nervoso di ciò che si aspettava.
«Rilassati, mio cuore. È sempre la tua bambina, capirà.»
«Lo so. Lo spero.» Deglutì a fatica, inspirò a fondo, si disegnò un sorriso sul volto e spalancò il cancello. Camminare tra le lapidi, con tanti, troppi nomi che conosceva, lo faceva sentire come tentare di camminare contro vento in una tempesta.
«Avevo detto che non volevo visite a patto che non fosse urgente.» La voce severa della donna focalizzò all’istante la sua attenzione, e per un attimo gli sembrò di vederla là, pronta a sorridergli in quella timida maniera speciale che lo faceva sentire in grado di conquistare il mondo. Ma non era lei, si disse, lei era morta, era lontana ed irraggiungibile.
Crowe, invece, era lì.
«La visita di un padre è una questione abbastanza urgente?» Domandò, divertito, e si godette ogni secondo di cosa successe dopo.
A quella domanda, la regina alzò lo sguardo dalla lapide che aveva di fronte e si voltò.
I suoi occhi grigi si spalancarono lentamente, in un misto di sorpresa e spavento.
Nyx rimase lì, fermo, lasciando che lei lo osservasse, e vide i suoi occhi scivolargli addosso, fino alla grande ombra alata che la luce proiettava dietro di lui.
«Sei…sei…»
Cedette di fronte alla sua espressione commossa.
«Vero? Perché non vieni qui a scoprirlo?»
Aprì le braccia, e lei non se lo fece ripetere due volte. Gli si avvicinò in fretta e si lasciò abbracciare, la testa posata sulla sua spalla.
Lui inspirò a fondo, cercando di scacciare quella sensazione di dolce dolore che gli impediva di respirare. «Ciao bambina.»
Crowe scoppiò a ridere tra le lacrime, perché lui era lì, sempre uguale, e lei era invecchiata, e lui aveva mantenuto la promessa, ed era tornato.
Si allontanò da lui senza lasciarlo andare e, tenendogli le mani, sentì la sua fede sfregarle sulla pelle. «Ciao papà. Sono troppo vecchia perché mi chiami così, lo sai?»
«Sciocchezze. Punto primo, sono comunque molto più vecchio di te, e punto secondo, sei e resterai sempre la mia bambina.»
Sorrise Nyx, ma qualcosa dentro di lui stava urlando nel buio.
Stava gridando che non sarebbe dovuto tornare, che ora che era lì non sarebbe più riuscito ad andarsene, e che sarebbe stato costretto a seppellire sua figlia, oltre che sua moglie.
Cercando di scacciare quella sensazione terrificante, cambiò argomento. «Sei venuta a salutarla?»
Gettarono un’occhiata alla lapide insieme, e a Nyx sembrò quasi di sentire il proprio cuore sbriciolarsi di nuovo.
Lunafreya Ulric.
«E tu?» Crowe ritorse la domanda contro di lui, alzando un sopracciglio.
Nyx esitò un attimo, perso tra il passato e il presente, incapace di distogliere lo sguardo dai fiori che, in tutto il cimitero, crescevano solo davanti a quel blocco di pietra.
«Avevo una promessa da mantenere.»
 

 
Era strano, pensò.
Era sempre suo padre, con gli stessi lineamenti, le stesse cicatrici che conosceva a memoria.
Lo stesso sorriso, lo stesso sguardo.
Eppure, era diverso.
Era come guardare qualcosa che conoscevi bene, ma di notte, e percepire quella strisciante sensazione di inquietudine nel cuore causata dal buio.
Gli aveva raccontato cos’era successo negli ultimi dieci anni, di come Cor e Aulea fossero cresciuti, e di come quest’ultima avesse sviluppato un particolare talento per la lotta, e un particolare interesse per il figlio maggiore di Gladio. Mentre parlava, però, ogni tanto lo vedeva inclinare la testa di lato, lo sguardo perso in un punto in apparenza casuale e un lieve sorriso sul volto, come se stesse ascoltando qualcun altro parlare.
«Victoria è…»
«Morta, papà. Mi dispiace.»
Lo osservò abbassare lo sguardo, incassando l’ennesimo colpo.
Stava bene sul serio, si chiese?
Sembrava sempre lui, ma come se fosse stato fatto a pezzi e rimesso insieme.
Intero, ma non del tutto.
«Ok.»
Crowe inarcò un sopracciglio. «Tutto qui?»
Nyx si strinse nelle spalle guardandola con un breve, vuoto sorriso. «Cosa dovrei fare, bambina? Non mi è rimasto molto nel cuore, dopo la morte di tua madre.»
Fu schietto, quasi brutale, e Crowe sentì la gola stringersi di lacrime. «Non…non intendevo questo, papà.»
«Lo so.»
«Solo che…sei sempre tu, ma sei anche così diverso, e sono passati solo dieci anni…»
Nyx sollevò lo sguardo su di lei, facendola rabbrividire.
Erano i suoi occhi che la guardavano, e allo stesso tempo non lo erano.
C’era qualcosa di arcano dentro, in quel colore così rassicurante, una nota buia.
Era vecchio, si rese conto all’improvviso.
Lei stessa aveva ormai sessant’anni, e l’uomo davanti a lei ne aveva centonove.
Per quanto lei fosse contenta di vederlo, pensò, lui non avrebbe dovuto essere lì.
«Lo so, bambina. Lo so meglio di chiunque altro.» Lo osservò distendere le spalle, e ciò fece muovere le grandi ali della sua ombra. Le aveva riconosciute subito, perché erano ovunque nel palazzo, e perché lei stesse portava il simbolo delle guardie reali in onore al padre.
Erano le ali di Bahamut, e il fatto che fosse lì senza esserci la spinse a chiedersi a quale livello di fusione fossero arrivati in tutti quegli anni.
«Ora…» Riprese a parlare Nyx, spostando lo sguardo da un punto vicino a lei a lei. «Dov’è Regis?»
Crowe ci mise un attimo a registrare la sua domanda, persa nei propri pensieri.
Scosse la testa e gli indicò il palazzo. «Lui e Cor dovrebbero essere nella sala del trono.»
«Bene. Andiamo allora.»
Nyx s’incamminò per primo, le mani affondate nelle tasche, e la mano della figlia sul proprio braccio. Camminare in quel modo gli ricordò quanto era stata liscia la sua pelle anni prima, mentre l’aveva accompagnata all’altare; ora era rugosa, debole.
Anche lei gli stava scivolando via, e lui non poteva fare nulla per impedirlo.
Si allontanò da lei solo per spalancare le grandi porte della sala del trono.
La stanza era stata ridipinta e ricostruita dopo tutti i disastri ai quali era stata costretta ad assistere, e i Giorni Bui, i dieci anni di oscurità, erano dipinti sull’alto soffitto.
Nyx camminò con lo sguardo all’insù, soffermandosi su quel magnifico affresco, e una scossa lo attraversò quando vide sé stesso e Noctis nel cortile in una pozza di sangue, e accanto…
«Tu!»
Abbassò lo sguardo in tempo per vedere un Regis furioso venirgli contro a passo di marcia.
Aveva ancora gli stessi, straordinari capelli rossi della madre, e nonostante fosse anziano, dai suoi movimenti sicuri si capiva che si era tenuto in forma, e si era allenato spesso.
«Ti rifai vivo dopo dieci anni?!»
Non se lo aspettava, lo ammise.
Non se lo aspettava, e non riuscì ad evitarlo.
Il pugno fu ben piazzato, dritto sulla massa di cicatrici da ustione sulla sua guancia, e così forte da fargli piegare il viso.
Crowe si mise in mezzo, parandosi davanti al padre. «Regis! Non osare incolpare lui per i tuoi errori!»
Nyx spostò lo sguardo sul re, massaggiandosi la mascella con un sorriso beffardo. «Anche tu mi sei mancato.»
«Avevi un dovere verso il tuo re, e verso la tua patria, e invece sei fuggito!»
«Taci! Non sai perché se ne sia andato, non hai diritto di giudicarlo!» Rispose Crowe, sostenendo l’imponente presenza fisica del marito con uno sguardo severo. Era una discussione già avvenuta, comprese Nyx, perché quella rabbia era repressa da tanto tempo, non era uno scoppio improvviso.
«Spostati, Crowe. Questo codardo deve affrontare ciò che ha fatto.» Ordinò Regis, secco e, quando lei scosse la testa, il re la prese per un polso, facendo il gesto di tirarla via.
Nyx gli fu addosso così in fretta che né Crowe, né Cor si resero conto che si era mosso.
Lo sbattè contro il muro tra le scale che portavano al trono e lo sollevò finché non toccò più a terra.
«Papà!»
«Nonno!»
Sua figlia e suo nipote lo chiamarono nello stesso momento, e lui li ignorò entrambi.
Gli occhi di Noctis lo stavano osservando con aria di sfida.
«Prova a costringere mia figlia a fare qualcosa contro la sua volontà di nuovo, e me ne frego che sei il re, chiaro?» Sibilò ad un soffio dal suo viso. «E secondo, si può sapere che diavolo ti ho fatto?»
Arretrò di un passo e lo lasciò andare, sinceramente incuriosito.
Nei dieci anni in cui aveva lasciato la città, non era mai stato troppo a lungo nello stesso posto, più che altro perché metà del regno era intrisa dei ricordi di una vita passata, migliore e perduta.
Regis boccheggiò in cerca di aria, e Nyx quasi si pentì del suo gesto impulsivo quando Crowe venne ad aiutarlo a rialzarsi. «Cos’hai fatto? Quando il Nuovo Impero ha scoperto che il mio generale era sparito dalla faccia della terra hanno ricominciato la costruzione di armi magitek, di aeronavi, e hanno quasi dichiarato guerra alla capitale, di nuovo.»
«Ma cosa…» Nyx arretrò ancora, confuso, e Regis terminò la sua spiegazione.
«Ho costruito le basi di questo regno su di te, sulla paura che provavano per te, e tu ci hai abbandonati.»
Nyx si voltò, dando le spalle sia alla figlia che al sovrano, e sollevò lo sguardo.
Come aveva fatto a finire al centro del mondo?
E perché in nome del cielo c’erano sempre persone che contavano su di lui?
Si passò una mano fra i capelli, sbuffando.
Perché doveva soffrire ancora, di continuo?
«Avresti dovuto ascoltarmi, non saresti qui.»
Fu una sensazione strana, un misto di incredulità, gioia e disgusto che lo fece scoppiare a ridere.
«Nonno…tutto bene?» Cor si avvicinò cautamente, indeciso sul da farsi, ma Nyx gli fece un cenno con la mano, pensando che era assurdo che lui fosse proprio lì, in quella stanza dove l’aveva ucciso.
«Non preoccuparti, Nyx. Questa volta sono davvero solo un’allucinazione.»


Note dell'autrice:
Devo decidermi a finire questa storia xD Ma ogni volta che mi dico "ok, scrivo l'ultimo capitolo", esce fuori qualcosa che mi fa scrivere un capitolo in più, per far capire meglio la fine, ma questo la sta rendendo chilometrica xD scusate >.<

 
  
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