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Autore: Gargo e Pozza    01/02/2018    1 recensioni
Non appena iniziate le vacanze di Natale, le famiglie dei Digiprescelti decidono di incontrarsi per una rimpatriata. Tutto sembra perfetto come sempre, fino a quando però i loro digimon cadono improvvisamente ed inspiegabilmente in uno stato di freeze che poi li porta a svanire. 
Grazie alla sua abilità con il computer, Izzy riesce a salvare i partner dei loro figli, così i bambini decidono di andare nel mondo digitale per capire cosa è successo e portare nuovamente sulla Terra tutti i Data e i Vaccini. Sfortunatamente scopriranno che le forze oscure a Digiworld sono più forti che mai e che questa volta restare uniti sarà la parte più difficile del combattimento ed al contempo la più importante.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Koushirou Izumi/Izzy, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Un po' tutti, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Questa è una storia scritta a quattro mani e che attualmente sta venendo anche pubblicata settimanalmente sottoforma di manga in inglese.
Se doveste trovare difficoltà con questo primo capitolo (i personaggi sono tanti e quindi necessariamente presentati schematicamente) vi consigliamo di farvi aiutare dalla parte grafica, che potete trovare ai seguenti link:
- digimonadventure04.tumblr.com
- www.instagram.com/digimonadventure4.0

Buona lettura :)



22:54:11
 

 

Non era raro che il gruppo dei digiprescelti si riunisse e trascorresse del tempo insieme per andare cinema, al ristorante o semplicemente stare in casa a chiacchierare. Anzi, a dire il vero era cosa piuttosto comune e frequente, ma quel giorno era speciale siccome finalmente li aveva raggiunti anche Davis – ormai trasferito negli Stati Uniti.  Per festeggiare avevano quindi raggiunto il prato dove andavano ogni primo Agosto e insieme a loro c'erano immancabilmente anche i figli e i propri digimon partner, come sempre entusiasti di incontrare i loro amici e giocare. Il momento dello svago, infatti, arrivò in pochi minuti: il tempo di qualche veloce raccomandazione ai bambini da parte dei genitori, che quelli erano già partiti, correndo tutti insieme verso una piccola dunetta.
«Ragazzi! Che ne dite di una bella gara?» urlò Samuel, il figlio di Davis, mentre accelerava il passo. A quella proposta tutti gli altri si bloccarono, poco propensi a gareggiare. Finché si trattava di una corsetta con gli amici era un conto, ma a doversi impegnare in una gara nessuno pareva molto disposto e così il gruppetto ben presto si disperse, dividendosi principalmente in coppie. «...chi arriva ultimo fa penitenza...» tentò di concludere il ragazzo evidentemente deluso dal fatto che nessuno gli desse corda. O meglio, nessuno tranne uno.
«Sam, se siamo in due direi niente penitenza. Ma accetto la tua sfida» sorrise Kam, infilandosi nella maglietta il fischietto che gli aveva regalato la madre, Kari, in modo che non gli desse fastidio durante la corsa.
«Non avevo dubbi! Arriviamo fino a quell'albero!» ridacchiò spavaldo il ragazzo con gli occhialetti da aviatore mettendosi in posizione e controllando che il suo "eterno rivale" gli si affiancasse. «Pronti... partenza... via!» urlò infine Samuel, iniziando a correre più forte che potesse. Era sicuro di vincere, ma questa sua convinzione svanì in fretta, poiché poco prima che raggiungesse il suddetto albero, Kam lo sorpassò senza troppa fatica.
«Ho vinto. Di nuovo» sorrise il figlio di Kari poggiando delicatamente la mano sulla corteccia dell'albero e tirando fuori il suo fischietto, facendolo quindi tornare al suo posto. Non c'era malizia nell'espressione del vincitore, ma Sam ne fu comunque piccato.
«E capirai. La prossima volta ti straccio. Se non ti faccio vincere qualche volta, poi ti lamenti...» mentì palesemente, voltandosi ed incrociando le braccia al petto.
«Che fai, metti il broncio ora?» rise il rivale, ma l'altro si limitò a rispondere con uno sbuffo.

Nel frattempo Isie, la figlia di Matt e Sora, aveva preso un pallone e facendolo rimbalzare con una mano si era avvicinata gioiosa al fratellino.
«Ti va di giocare?» chiese entusiasta.
Toriko la guardò storcendo la bocca e poi sorrise, correndo ad abbracciarla.
«No dai, coccolami» propose con voce tenera. «Non ci vediamo da un po'».
«I maschi non si coccolano, Troy» rispose un po' seccata la sorella, anche se l’uso di quel diminutivo faceva già intuire che si stava lasciando corrompere.
«Ma noi possiamo! Solo per questa volta...» la pregò il più piccolo.
Isie con un sospiro fece cadere la palla sul prato e strinse il fratello fra le braccia, poggiando poi una guancia sulla sua testa mentre manteneva un'espressione vagamente imbronciata. Vedendo rotolare il pallone, Upamon saltellò verso di loro seguita da Salamon, DemiVeemon, Tsunomon, Yokomon e JJ, che era stato spinto dal padre Joe a cercare di aprirsi di più con gli altri bambini.
«Facciamo una partita!» esclamò il partner di Samuel, invogliato dall’aver visto il ragazzo gareggiare, mentre Isie e Troy venivano separati dai propri digimon, messisi in mezzo a loro per attirarne l’attenzione. Il piccolo Troy si girò scocciato a guardarli tutti, ricevendo in risposta occhi e sorrisi angelici. La sorella Isie invece, felice, raccolse il pallone e con un calcio invidiabile diede il via alla sfida.

«Connie, Upamon è scappata...» constatò Kyle, il figlio di TK, mantenendo lo sguardo fisso sul piccolo digimon unitosi sorprendentemente alla partite – al contrario del suo Tokomon, che invece dormiva beato sull'erba.
«Lasciala andare, non importa» replicò la figlia di Cody facendo spallucce; era troppo impegnata a concentrarsi affinché la collana di fiori che stava facendo riuscisse bene per preoccuparsi di dove andasse la sua compagna digitale. «Piuttosto, mi stavi dicendo?» chiese sinceramente curiosa.
«Ah, sì. Papà sta scrivendo un altro libro sui digimon, sai? Ha già buttato giù cinque o sei pagine» informò il biondo con un sorriso enorme. A quell'affermazione Connie alzò gli occhi e li puntò in quelli azzurri di lui, leggermente perplessa.
«Scusa, ma... dopo le avventure a Digiworld di cui ha già raccontato non ce ne sono state altre. Cosa sta scrivendo?» domandò confusa. Kyle, allora, le mostrò un sorriso ancor più grande del precedente mentre raccoglieva qualche fiore da passarle per completare la sua collana.
«Vuole intitolarlo "Digimon Tamers", pare!» dichiarò entusiasta. «Siccome ha visto che, comunque, storie sui digimon vendono molto – anche se ormai sono cosa comune – ha pensato di scrivere un seguito, ma stavolta inventato. E forse ne farà anche altri, chissà!» esclamò contento. Kyle voleva bene a suo padre, era ovvio, ma c'era da dire che era anche davvero fiero di lui.
«Caspita...» commentò Connie prendendo il fiore passatole dal ragazzo e riprendendo a lavorare. «E ha già tutto in mente?» indagò ancora.
«Ecco... tutto tutto no...» ridacchiò Kyle grattandosi la testa. «Ma vedi, ha iniziato a scriverlo solo qualche giorno fa, dagli tempo» le disse fiducioso. «Intanto, so solo che vuole ambientarlo in un mondo dove i digimon esistono solo come cartone animato, fumetto... Non so, deve decidere. E poi diventano reali grazie ad un... digivice speciale, se non sbaglio» annuì. «Naturalmente ci saranno diversi riferimenti al loro vero viaggio! Ad esempio si è appuntato qualcosa sugli occhialetti di Tai e voleva citare anche i digimon e i loro partner umani» affermò allegro.
«Tuo padre è un genio, è un'idea bellissima» la figlia di Cody abbozzò un sorriso, pur rimanendo rivolta con il viso verso il suo gioiello floreale. Appena immobilizzò le mani alzò maggiormente gli angoli della bocca e si voltò verso l'amico, infilandogli la collana. «Te la regalo!» ridacchiò, lasciando di stucco l'altro.
«G-grazie!» replicò Kyle dopo un leggero balbettio dovuto allo stupore causato dal gesto inaspettato. La ragazza non fece in tempo a chiedergli se gli piacesse, che tra i due, quatto quatto, sbucò Max – il figlio di mezzo di Yolei e Ken – cercando di imitare il verso di un dinosauro e... la sua goffaggine. Quest'ultima gli riuscì meravigliosamente, poiché non appena si fu alzato di scatto saltando con il suo Minomon, ricadde in avanti insieme a lui. In questo modo il digimon colpì Connie, che non trattenne un lamento, mentre il ragazzino cadde su Kyle, rompendogli accidentalmente la collana di fiori con una mano. Il biondo rimase a fissare allibito i fiori che pian piano si separavano gli uni dagli altri cadendo in terra, indeciso su cosa dire. Alzò gli occhi prima su Max, che rideva sguaiatamente sdraiato per terra, per poi guardare Connie: era immobile. Dischiuse la bocca per tentare di dire qualcosa, ma fu preceduto da uno schiocco di lingua della fanciulla.
«Ma ti pare il modo di comportarsi?!» rimproverò furibonda. «Ci avevo messo tanto impegno e tu hai rovinato tutto! Questa è pura maleducazione!» ringhiò e quando notò che Kyle stava di nuovo per aprire bocca lo anticipò una seconda volta. «E tu potresti anche arrabbiarti! Reagisci!» si lamentò alzandosi in ginocchio, così da potersi allungare fino a raccogliere ciò che rimaneva della sua creazione.
«Scusa, è che...» il biondo cercò qualcosa per giustificarsi, ma non trovò nulla. «Max, in effetti dovresti stare più attento...» gli disse, ma il giovane Ichijouji roteò gli occhi, tirandosi a sedere e poi facendo un saltello per tornare in piedi.
«Che pizza... Come vi pare, ci si vede» sbuffò facendo per andarsene, ma venne bloccato da Connie che lo afferrò per la manica.
«No! Tu hai fatto il danno e tu rimedi! Adesso stai seduto qui zitto e buono finché non ne faccio un'altra. E anzi, dovrai essere tu a portarmi i fiori più belli, chiaro?» ordinò senza accettare repliche. Max si vide costretto a fare ciò che gli era stato comandato, sedendosi pesantemente e controvoglia vicino ai due.
«Ho fatto di tutto per evitare quella rompiscatole di mia sorella, e mi ritrovo con quest'altra...» sospirò.

In effetti in quel momento la figlia maggiore di Ken e Yolei, Ariel, stava a sua volta importunando qualcuno. Aveva infatti visto Moto, il figlio di Mimi ed Izzy, seduto in disparte sotto un albero. Il suo volto era completamente rilassato, con occhi chiusi per assaporare meglio il suono della musica che stava ascoltando dalle cuffiette del suo mp3.
«Come sei adorabile...» disse piazzandosi davanti a lui. «Magari avessi te come fratellino al posto di quello stupido Max».
Il bambino continuò a tenere le palpebre abbassate e cominciò ad ondeggiare lievemente la testa.
«Agli Izumi non dispiacerà se ti adotto, vero?» continuò, accucciandosi per stare con la faccia alla stessa altezza del ragazzino. Moto in quel momento aprì gli occhi e sobbalzò contro il tronco alle sue spalle.
«Da quando sei qui?» domandò togliendosi una cuffietta. Ariel sorrise. «Ma stavi parlando con me?» chiese non ricevendo risposta. La ragazza continuò a guardarlo con gioia e poi, rialzandosi, lo prese in braccio stringendolo a sé. «Ehi, ma che fai?!» urlò cercando di divincolarsi. «Ho già una sorella, sparisci! Yokoooo!».

L'invocazione d'aiuto però fu vana siccome non giunse alle orecchie della gemella che si trovava parecchi metri più in là, accovacciata in modo da vedere quasi sul suo stesso piano i due piccoli digimon di cui stava studiando il comportamento: Motimon e Koromon. Accanto a lei, nella stessa posizione, si trovava Lucas – ossia il figlio di Tai – che però osservava i due mostriciattoli senza tutto l'interesse che mostrava la bambina, sembrando anzi piuttosto annoiato. «Ma che stai facendo?» le chiese gonfiando le guance.
«Sto appuntando cosa fanno Motimon e Koromon. Voglio vedere come cambia il loro comportamento rispetto a quando sono soli» spiegò, senza staccare gli occhi dai due piccoli esseri digitali. Ridacchiò appena quando Motimon iniziò a tirare le orecchie di Koromon, approfittando del fatto che quello, a differenza sua, non avesse le braccia.
«Ma è una noia» borbottò il bambino poggiando il mento sulle ginocchia e spostando lo sguardo sull'amichetta, che però non ricambiò.
«Luke, non devi mica farmi compagnia. Se ti annoi, vattene» rispose lei, ovvia. Non ottenne alcuna risposta dato che il castano sbuffò e bofonchiò qualcosa di incomprensibile rivolgendo di nuovo lo sguardo ai digimon. Dopo un paio di minuti, però, spinse Yoko abbastanza forte da farle perdere l'equilibrio e farle dare una botta con il fondoschiena. La giovane tentò di mantenere la calma limitandosi a respirare profondamente mentre si rialzava, ma la scena aveva divertito i genitori dei due ragazzini: Izzy e Tai erano infatti seduti su una panchina poco più in là a chiacchierare in totale tranquillità.
«Che belli che sono. Sai quelle scene in cui al bambino piace la bambina...» ridacchiò Izzy indicandoli all'amico, che annuì.
«E lui è così tonto da tentare di attirare la sua attenzione facendole i dispetti e dandole fastidio» concordò Tai sorridendo ai due bambini. Nonostante li avesse sentiti, Yoko fece finta di nulla raccogliendo il quadernino che le era caduto, mentre Luke avvampò, iniziando ad agitare un braccio.
«Ma siete scemi?! Non è vero!» sbottò nervoso.
«La negazione è una prova» lo schernì il padre, divertito.
«Ma... ma non può piacermi! Lei... è brutta! E antipatica! E... E... racchia! E...» Lucas iniziò a cercare tutti gli insulti che potessero venirgli in mente, non badando allo sguardo sempre più seccato che Yoko gli rivolgeva. «E poi è stupida!» aggiunse con tono deciso; come si suol dire, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Non mi interessa se mi consideri carina o meno, ma stupida non me lo puoi proprio dire! Semmai è il contrario!» si lamentò la rossa, inacidita. Quel suo scatto improvviso fece sobbalzare Luke, che reagì gridandole uno "zitta" imbarazzato e dandole un pugno che la fece quasi cadere di nuovo. «Ti sei rincitrullito?!» piagnucolò lei asciugando una lacrima che le era sfuggita.
«Lucas!» lo rimproverò Tai facendo per alzarsi insieme a Izzy, ma prima che i due adulti potessero farlo i rispettivi figli erano già corsi ad abbracciarli.
«È lei che ha cominciato...» si lamentò il ragazzino facendo sgranare gli occhi a Yoko.
«Luke... non si devono dare i pugni alle bambine, però» sospirò Izzy accarezzando la testa della figlia, che guardò torvo il castano.
«Infatti» concordò Tai, voltandosi subito dopo verso l'amico, riflettendo. «Però in effetti anche io ti ho colpito diverse volte, da piccoli» ridacchiò al ricordo.
«...Tai, innanzitutto non avresti dovuto farlo nemmeno tu. E comunque, io ero un maschio, Yoko è una femminuccia» commentò Izzy guardandolo con sguardo rassegnato. Ormai aveva trentotto anni e aveva ancora certe uscite... era incredibile. Prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa, la piccola si staccò dal genitore e si avvicinò a Luke, tirandogli un potente pugno sul braccio per poi andarsene, piccata.
«...Se è per questo, tu non rispondevi. Lei sì» constatò Tai guardando stupito la bambina mentre si allontanava; Izzy e Luke condividevano la sua espressione sbalordita.

Intanto Sora si era messa comoda su una sdraio assieme alle sue amiche. Tutte quante parlavano del più e del meno mentre guardavano con amore i figli e i digimon che giocavano insieme in mezzo a quella distesa verde così familiare che ormai chiamavano "punto di ritrovo". Però proprio mentre la donna si era distratta nell'ammirare a distanza la risata di Tai, la conversazione si fece più animata e la coinvolse in prima persona.
«Che hai detto, scusa?» chiese voltandosi verso Mimi, dato che l’aveva sentita fare il suo nome.
«Eh, l'amore» disse Yolei con aria sognante mentre cullava la sua bambina.
«Ti ho proposto di venire ad assaggiare una mia nuova ricetta, domani. Le altre vengono».
«Oh, sarebbe fantastico» rispose con un sorriso a trentadue denti. «A casa mia non c'è una persona che sappia cucinare decentemente, rifarsi il palato ogni tanto è d'obbligo».
«Non so davvero come tu faccia a cucinare per tutte noi tra il lavoro ed i figli» osservò Kari. «Io ho solo Kam ed a malapena trovo il tempo per stargli dietro».
«Basta organizzarsi bene e avere un marito meraviglioso che sa sempre come aiutare» confessò Mimi con gli occhi che brillavano. «Inoltre bisogna lasciare spazio anche per se stesse e le amiche».
«Avere Matt che faceva l'astronauta è stata una manna, in effetti. Altrimenti bisogna chiudere i maschi in uno sgabuzzino per riuscirci!» esclamò Sora, provocando una risata generale e diverse frasi scherzose d'assenso.

L'uomo tirato in ballo non era troppo distante dalle uniche quattro donne presenti; a fargli compagnia si trovava Cody, che osservava il suo digimon passare allegramente il tempo con i suoi compagni "veterani". «Allora... con Sora come va? Siete rimasti in buoni rapporti?» domandò il moro, voltandosi a guardare l'amico. Quello dapprima fu preso un attimo in contropiede dalla domanda, ma poi si limitò ad annuire pacatamente.
«Direi di sì. Temevo che il nostro divorzio potesse in qualche modo spezzare gli equilibri del gruppo, ma...» lanciò una rapida occhiata a tutti i suoi ex compagni d'avventura e non nascose un sorriso. «Sono contento di vedere che i miei timori fossero infondati. Naturalmente, è merito tuo se è filato tutto liscio come l'olio, anche con Isie e Troy... Non ti ringrazierò mai abbastanza» confessò leggermente in imbarazzo. A quelle parole il più giovane ricambiò il sorriso e scosse la testa, dandogli una pacca sulla spalla.
«Yamato, ti ho già detto mille volte che non devi ringraziarmi. Siamo diventati piuttosto amici durante questi anni e mi pare superfluo ribadire per l'ennesima volta che per qualunque cosa di cui avessi bisogno, io ci sono» gli ricordò.
«E naturalmente è valido anche il contrario. Certo, non per questioni burocratiche, ma...» Matt indicò Connie, che ancora non aveva liberato il povero Max. «Quando lei crescerà ed avrà migliaia di spasimanti, potrai venire a sfogarti con me» lo rassicurò.
«Sì, speriamo solo che non diventi come te» ridacchiò allora l'avvocato, ma a quella frase Matt esternò un sospiro pesante e non celò un'espressione sinceramente dispiaciuta.
«Già... Mi auguro non finisca con il rubare il ragazzo della sua migliore amica» sorrise amaramente al pensiero. Cody lo guardò, ora serio, e gli posò una mano sul braccio in segno di supporto. «Sai, mi sono davvero pentito di aver fatto soffrire così Tai. Credo che con Sora non abbia funzionato proprio perché non ho mai smesso di portarmi dentro il senso di colpa... E lei, in fondo, credo che abbia sempre provato la stessa cosa» confessò.
«Yamato... Non hai fatto nulla di sbagliato. Al tempo non erano fidanzati e non erano a conoscenza dei sentimenti l'uno dell'altra, almeno da quanto mi ha raccontato Jyou allora» tentò di consolarlo.
«Vero, ma noi altri sapevamo. Era palese» si rimproverò stringendo leggermente pugni ed occhi. «Ma ammetto che non è stato totalmente un errore. Non mi pento affatto della famiglia che abbiamo creato, anche se adesso è divisa» confessò alzando lo sguardo su Isie e Troy.
«Bravo, così si parla» sorrise Cody, per poi mettere le mani in tasca. «Comunque, intendevo "speriamo che non diventi come te" in fatto di ammiratori. Anche se al tempo non parlavamo, non credere che non sapessi di tutte le ragazzine che ti giravano intorno» sospirò. «Però sarebbe ancora peggio se diventasse come tuo fratello, visto che ne aveva pure più di te!». Il biondo rimase un attimo interdetto all'inizio, ma poi mostrò un sorriso sghembo.
«Peccato, amico. Credo che quello sarà inevitabile».

TK li guardava da lontano, percependo che qualcosa in Matt non andava. Era tentato di raggiungerlo per chiedere come stava o anche solo distrarlo, ma un braccio di Davis circondò le sue spalle mentre barcollava per le troppe risate come un ubriaco.
«E quindi quello mi ha puntando la pistola contro..» continuò scompisciandosi.
«Non mi sembra molto l'American Dream, questo» osservò Joe strabuzzando gli occhi.
«In effetti... non hai paura a crescere Sam in un posto del genere?» chiese Ken preoccupato.
«Ma no, mio figlio è mezzo statunitense, è di tempra forte!» rispose con tono da mafioso: sembrava si fosse trasferito a Little Italy.
«Sì...» disse TK poco convinto liberandosi dalla presa dell'uomo. «Dopo questa perla, io vado eh» e con tali parole si allontanò dal gruppetto, per andare a recuperare suo figlio Kyle.



«Dovremo fare più spesso possibile questi raduni, oggi si stava davvero bene» sorrise Sora tenendo gli occhi puntati sulla strada e le mani ben ferme sul volante. «Voi che ne dite, bambini?» chiese, e come risposta ottenne un sonoro "sì" da Luke e un timido cenno d'assenso da parte di Toriko.
«Anche se Lucas poteva evitare un certo gesto...» rimbeccò Taichi, voltandosi quel tanto che bastava per vedere con la coda dell'occhio il figlio seduto sul sedile di dietro, il quale gonfiò le guance indispettito.
«Ma quindi è vero che ha tirato un pugno a Yoko?» chiese sbigottita la sua compagna. «Le ragazze non si sfiorano nemmeno con un fiore!» disse e il bambino roteò gli occhi.
«Sì, sì, l'avete già detto in tre...» sbuffò quello stringendo a sé Koromon e poggiandovi la testa.
«Potevi anche evitare tutti quegli insulti. Per fortuna lei è intelligente e non si è offesa, ma se facessi così anche con le altre bambine...» gli disse rassegnato il padre, per poi alzare gli occhi al cielo, pensieroso. «Comunque, secondo me Yoko non è brutta. Anzi, la trovo molto carina» ammise.
«Certo che lo è» borbottò allora il piccolo Yagami affondando la faccia sul suo digimon. A quelle parole, che non era sicuro di aver sentito, Tai drizzò le orecchie, voltandosi stavolta in modo da vedere bene il figlio.
«Che cosa? Ripeti un po'?» sorrise sornione l'uomo, facendo nuovamente avvampare Lucas che per la foga tirò le orecchie al suo piccolo partner rosa.
«Ho detto che la trovi carina solo perché sei un padre, ecco!» abbaiò, per poi tornare a stringere forte forte il suo digimon, deciso a non dire più niente e limitarsi a guardare fuori dal finestrino.
Tai l'osservò qualche altro secondo e poi si risedette per bene, stavolta guardando la donna accanto a sé. «...Sora. Ho un figlio stupido» decretò.
«Eh...» sospirò lei facendo finta di nulla. «Siamo arrivati» cambiò in fretta discorso, fermando l'auto. Non appena scesero tutti e quattro, la rossa si affiancò ai due bambini e sorrise loro. «Per togliere quel brutto broncio vogliamo fare una bella merenda?» domandò e, senza cambiare espressione imbarazzata e seccata, Luke annuì. La donna allora si voltò verso Toriko e gli porse una mano. «Andiamo?» domandò, ma quello, stringendo il suo Tsunomon, fece di no con la testa. «Troy, non fare i capricci, andiamo» ripeté, ma la risposta non cambiò.
«Sora... vorrà andare di nuovo al parchetto qui accanto. Lascialo fare, vuole solo giocare» intervenne Taichi in sua difesa. Con un mezzo sbuffo, la donna annuì rassegnata.
«D'accordo... ma torna per pranzo, mi raccomando» gli disse storcendo le labbra. Dopo essersi raccomandata un'altra volta e poi un'altra ancora, Tai riuscì a trascinare in casa la compagna e il figlio, lasciando solo il piccolo Toriko.
«A cosa vogliamo giocare?» domandò Tsunomon appena il bambino, senza dire una parola, si diresse verso il parchetto. L'umano fece spallucce e, una volta arrivato, si guardò intorno; non aveva voglia di scatenarsi, quindi optò per l'andare semplicemente a sedersi su un'altalena, dondolando appena. «Troy... Sorridi...» disse mogio il mostriciattolo, ma il ragazzino non fece altro che stringerlo più forte in un abbraccio. Tsunomon decise di rimanere in silenzio e dargli tutto l'affetto che poteva e di cui aveva bisogno in quel momento, ma a rovinare i suoi piani giunsero ben presto dei compagni di scuola di Troy leggermente più grandi di lui.
«Toriko? Ma sei sempre qui?» schernì uno avvicinandosi al più piccolo. «Ma non hai una casa?» lo prese in giro.
«Certo che ce l'ha» replicò un altro. «Solo che non vuole tornarci perché lì ci abita la sua mamma, ma il suo papà non c'è» rise.
«Vero. Da quel che so, abiti con lo... "zio", vero?» intervenne l'ultimo. «Non crederai davvero a questa storia, mi auguro».
«Certo che no» rispose prontamente l'altro scuotendo la testa. «So benissimo che lui non è il mio vero zio, ma solo un amico di mamma e papà» borbottò, ma gli altri bambini lo guardarono inarcando un sopracciglio.
«...No, non intendevamo questo. Praticamente è come se fosse tuo padre» commentò acido un ragazzino e a quelle parole il rosso scattò in piedi, scuotendo con foga la testa.
«No! Gli voglio bene, ma lui non sarà mai il mio papà, non lo sarà mai!» sbottò. «Il mio unico papà è Matt!».
I ragazzini ridacchiarono, come se sapessero tutto quel che si nascondeva dietro la storia di Toriko – anche se in realtà, ovviamente, non sapevano un bel niente.

Ad esserne al corrente era invece Kam, che infatti faceva sempre una gran fatica per tenere nascoste al più piccolo alcune verità che l'avrebbero potuto ferire. Spesso gli capitava anche di impallarsi a riflettere sulla questione, facendo preoccupare suo padre Ryo come in quel momento.
«Ehi piccoletto, ti va una partita a biliardino Akiyama contro Akiyama?» propose quindi l’uomo, nel vederlo un’altra volta assente, così da ripristinare la sua solita energia. Il ragazzino infatti accettò entusiasta, riportando fuori tutta la grinta che lo caratterizzava.
La madre intanto era al telefono con Takeru, ad intrattenersi mentre aspettava che il pranzo finisse di cuocersi.
«Mi ha fatto davvero piacere rivedere Davis, oggi. Ne era passato di tempo» confessò Hikari.
«Attenta, fai ingelosire il marito» l'ammonì l’amico dall'altro capo del telefono.
«Dai, tra noi due non c'è mai stato niente di importante... Piuttosto è geloso di te, in realtà: anche se gli ho detto che siamo solo grandi amici non può farne a meno» rispose abbassando la voce.
«Ha ragione, ci eravamo presi una bella cotta» rise TK.
«Shh» lo rimproverò. «Ryo questo non lo sa».
«Ahahah non mi ti aspettavo così» ammise Takeru. «Adesso comunque ti saluto, a breve tornerà Mitsuyo, quindi conviene che metta l'acqua sul fuoco».
«D'accordo» disse Kari, un po' dispiaciuta. Le avrebbe fatto piacere continuare la conversazione ma doveva pur lasciare al suo migliore amico il tempo di dedicarsi alla famiglia. TK infatti veniva spesso rimproverato perché quando iniziava a scrivere perdeva la cognizione del tempo; per una volta che stava facendo il suo dovere di padre, non l'avrebbe certo trattenuto oltre. Anzi, per quei pochi minuti di chiacchierata il biondo si ritrovò ugualmente in ritardo sulla tabella di marcia, venendo quasi rimbeccato dal figlio. Fortunatamente però qualcuno suonò alla porta, distraendo il bambino.
«Isie!» esclamò Kyle aprendo e trovandosi la cugina davanti agli occhi. «Come sei carina, oggi. Prima mi ero scordato di dirtelo» aggiunse, facendo arrossire la bambina e seccandola.
«Ti va di giocare mentre aspetti di mangiare?» gli propose. Era una cosa piuttosto frequente dato che abitavano in appartamenti vicini.
«Oh, Isie, mi dispiace tanto, davvero... ma devo sistemare la mia stanza».
«Perché, sei in punizione?» chiese quella confusa.
«No, no! Però i libri non sono in ordine alfabetico, non lo sopporto. Poi lo sai che se progetto di fare una cosa mi dà fastidio vengano cambiati i piani... Scusa».

Isie, delusa da quella risposta della quale si era vendicata dando un colpetto con il piede alla gamba del cugino, tornò subito a casa, evidentemente scocciata.
«Papà... Kyle non ha voluto giocare per riordinare i libri...» informò Yamato ancor prima che quello avesse il tempo di chiederle cosa c’era che non andava. Lui la accolse quindi con un sorriso, finendo di portare in tavola il pranzo che aveva appena finito di preparare.
«Meglio così. Ti avevo detto che era praticamente pronto, non avreste avuto tempo di fare nulla» le disse invitandola a sedersi e la bambina eseguì subito. Il pasto venne consumato piuttosto velocemente da entrambi, cosa che permise alla piccola di correre a buttarsi sul divano, rotolandovisi un poco.
«Però uffa, io volevo giocare con Kyle..!» si lamentò iniziando a scalciare l'aria con le gambe ed agitando anche le braccia. «Uffa, uffa, uffa..!» piagnucolò sotto gli occhi divertiti del genitore. Questi la lasciò sfogare un altro paio di minuti per poi alzarsi ed andare a sedersi sul bracciolo del sofà, bloccando un arto della figlia con la mano.
«Kyle, Kyle... Perché, giocare con papà non ti piace?» le chiese, chinandosi su di lei e iniziando a farle il solletico. Appena le sue dita la sfiorarono, Isie cominciò a dimenarsi più di prima, ridendo come una forsennata.
«Aaahhh! Certo che mi piace, però... basta solletico, t-ti prego!» supplicò tra una risata e l'altra. L'uomo, unendosi alle sue risate, non sembrò propenso ad accettare la proposta della bambina, che – riuscendo in qualche modo a darsi lo slancio – saltò al collo del padre, stringendolo più forte che poteva. «Ti voglio bene» gli disse piano.
«Ma come. Prima non hai detto a tuo fratello che "tra maschi" non ci si coccola?» la canzonò premendole piano un dito sul fianco.
«Ma è diverso, tu sei il mio papà!» ridacchiò la bionda stringendolo più forte.
Il padre trattenne una risatina felice mentre le accarezzava la testa, per poi spalancare gli occhi ed allontanarla da sé, sollevandola e mettendola sulle proprie ginocchia. «Aspetta! Ma questa è la maglietta che ti ha regalato la mamma per i tuoi sei anni!» le disse con finta aria sbalordita. «Mi ero quasi scordato che eri diventata così “vecchia”. Non sei troppo grande per chiedere ancora le coccole?» le pizzicò una guancia. Alla sua frase la piccola arrossì appena, facendogli una linguaccia.
«Non è vero! Non sono vecchio per niente!» sbuffò scherzosa.

Sempre per ragioni di età si stava lamentando Max, che assisteva all'entusiasmo della madre e della sorella che organizzavano la festa per i tredici anni di quest'ultima. Mancavano circa due mesi al compleanno di Ariel, eppure per entrambe sembrava di vitale importanza pensare a tutto già da allora ogni volta che ne avevano tempo: si prospettava un party davvero unico, colorato ed emozionante.
«Per i miei sei anni non avete organizzato niente di speciale...» disse corrucciato.
«Tredici anni è un'età importante; sei no» gli fece notare Miyako.
«Vero. Come direbbe Davis, presto tua sorella sarà una teenager!» esclamò Ken.
«Capirai... E comunque Isie la festa l'ha avuta spettacolare».
«Questo perché Matt non aveva altri compleanni per cui pagare» sussurrò la madre.
«Che?» domandò Max, non avendo captato.
«Niente, tesoro, intendevo che noi abbiamo tre figli da mantenere. Comunque avrai il compleanno dei tuoi sogni quando diventerai anche tu un teenager» rispose per citare nuovamente l'amico che in effetti, in quel momento, stava proprio parlando in inglese.
Daisuke infatti era intento a fare merenda mentre conversava col figlio nella loro lingua di tutti i giorni. Samuel intanto giocava alla play, non prestando attenzione al digmon suo ed a quello del padre che chiacchieravano poco lontano.
«Non vedo l'ora di digievolvere! Perché ancora non ci riesco?» piagnucolò DemiVeemon saltellando come se quel gesto potesse aiutarlo nel suo intento. Veemon, vicino a lui, strinse i pugni e gli si avvicinò con espressione entusiasta.
«Ovvio, sarai un Veemon bellissimo, proprio come me!» esclamò contento. «E dopo ancora, sarai uno splendido ExVeemon!» rise di gusto dalla gioia – immotivata – mentre gettava le braccia al cielo con uno slancio.
«Ooohh... è così fantastico digievolvere?!» chiese estasiato il digimon allo stadio evolutivo più basso saltellando appena verso il più grande.
«Certo, è una sensazione meravigliosa!» confessò l'altro, per poi alzare il dito indice della mano ed assumere un'espressione seria. «Però non dimenticarti le Armor Digievoluzioni, quelle che si fanno con le digiuova!» si raccomandò; DemiVeemon che pendeva dalle sue labbra.
«Quante digiuova ci sono? Quale avrò io?» domandò allora il più piccolo, sempre più interessato.
«Non saprei! Davis ha quelle dell'amicizia e del coraggio! Poi conoscenza... e... amore...» pian piano che andava avanti con l'elenco, il digimon rallentava ed abbassava il tono di voce, realizzando che di digiuova sicuramente ce n'erano undici e probabilmente erano le uniche.
«...ce ne saranno anche per me, vero?» chiese il piccolo essere digitale inclinando la testa di lato con espressione preoccupata e dispiaciuta. Vedendola, Veemon sobbalzò, iniziando ad annuire e cercando di darsi un tono.
«Ovvio! Solo che devi trovarle tu con Sam! Da solo!» tossicchiò. «...da qualche parte» concluse, vago. A quelle parole, comunque, DemiVeemon iniziò nuovamente a saltellare.
«Evviva! Se lo dici tu, ci credo!» esultò sinceramente contento.
Tirato un sospiro di sollievo, il mostriciattolo più grande si voltò verso il suo compagno non sentendolo più parlare ed inclinò la testa, perplesso. «Sei pensieroso, Davis?» gli domandò avvicinandosi. Sentendosi chiamare, l'umano scosse rapidamente la testa come per uscire da un sogno ad occhi aperti ed annuì.
«In effetti sì. Stavo pensando che è un peccato che Ryo mancasse. Certo, non fa parte a pieno titolo della nostra "combriccola", ma mi avrebbe fatto piacere rivederlo» ammise stringendosi nelle spalle ed aggiungendo un "sarà per la prossima volta".
«Concordo!» esclamò allora Veemon, appoggiandosi alle gambe del partner. «Però dovremmo mantenere i contatti anche con gli altri, tipo Willis. Mi piacerebbe tanto giocare di nuovo con Terriermon!» dichiarò.
«Non cresci mai» sospirò rassegnato l'uomo, ricevendo una linguaccia come risposta. «Piuttosto!» gli diede un colpetto in testa. «Se sono riuscito a trasferirmi con facilità negli USA è grazie a Willis, ok, ma... è grazie a Izzy che ho potuto contattarlo!» esclamò. In effetti durante il loro viaggio in Colorado da bambini, lui e l'americano avevano legato molto, ma non si erano scambiati né numeri di telefono né indirizzi e-mail, mentre invece Willis si sentiva regolarmente con il compagno di Tentomon da parecchio più tempo. «...L'ho ringraziato a dovere... vero?» domandò al digimon, che però non rispose. Come se lui ricordasse...
Inviò allora un messaggio a Koushirou, che infilò subito la mano in tasca per leggerne il contenuto.
«Chi è?» gli domandò Mimi, seduta accanto a lui.
«Davis...».
«Ringrazia?» rise la moglie. Erano parecchie le volte in cui l'amico scriveva a suo marito promettendo di chiamarlo per mostrargli come si deve la sua riconoscenza.
Izzy annuì e poi sollevò lo sguardo dal telefonino, notando che vicino a loro Tentomon si stava ingozzando ininterrottamente da ore. «Non cambi mai, sempre a mangiare».
«Non posso farne a meno, Mimi cucina così bene!» si giustificò il digimon.
«Mi stai usando solo come scusa...».
«Ma no, amore. Cioè, non solo: sei davvero bravissima» la rassicurò il marito abbracciandola dolcemente.
«Un abbraccio anche per Tentomon!» esclamò quello svolazzando sulle loro teste, rovinando il momento. Ma tanto a breve sarebbero stati interrotti ugualmente: nella stanza accanto Moto e Yoko avevano preso a fare uno di quegli stupidi, inutili e tipici litigi tra fratelli che Palmon stava disperatamente cercando di arginare. Non riuscendoci chiamò Mimi e quella fu subito in grado di separare i due gemelli.
«Evitate i soliti "ha cominciato lui" e fate i bravi» li ammonì la madre dall'altra stanza.
«Che noia, non si può neanche scherzare con questa...» disse Moto, per dare comunque la colpa alla sorella.
«No, sei tu che sei infantile» rispose quella facendogli la linguaccia.
«Mimiii!» avvertì nuovamente Palmon.
Koushirou sospirò: «Non mi sarei mai immaginato una famiglia così caotica...».

Diversamente dalla sua, la famiglia di Iori era decisamente tranquilla, sia perché i membri che la componevano erano sempre pacati e composti, sia perché erano solo due: padre e figlia. In quel momento erano intenti entrambi a leggere seduti sulle due poltrone del loro bel salotto; lui in vestaglia, Connie indossando un bel vestitino nonostante lo considerasse semplicemente "da casa". Spesso si ritrovavano così, in silenzio, immersi in una piacevole e tranquilla lettura – o coinvolti in un'altra attività della stessa risma – dopo essersi raccontati come avevano passato la giornata ed aver chiacchierato per diverso tempo. Entrambi consideravano un piacere stare insieme in maniera così spontanea e lo facevano ogni giorno volentieri, accompagnando i loro racconti con della musica tradizionale giapponese, che Cody adorava. Quella volta non faceva eccezione, poiché alla lettura era affiancato il delicato suono di un enka che conciliava il massimo rilassamento. In quella casa si respirava sempre un'atmosfera perfetta, quasi fiabesca.
Passarono diversi minuti, forse un'oretta, prima che Iori chiudesse il libro che teneva in mano e distendesse appena i muscoli della schiena. Con un lieve sorriso rilesse il titolo del tomo che teneva poggiato sulle gambe e rivolse uno sguardo oltre la finestra. «Joe è stato davvero gentile a prestarmi questo libro. Devo dire che è veramente bello» si disse, alzandosi per andare a metterlo sul tavolino vicino alla porta d'ingresso. Era uno dei libri preferiti dell'amico, gliel'avrebbe riportato il giorno successivo. Jyou però non si ricordava di averglielo prestato e così lo stava disperatamente cercando. Solo dopo aver messo a soqquadro mezza libreria si diede una pacca sulla fronte, realizzando finalmente il perché non lo trovasse.
«Che smemorino che sei... JJ doveva pur aver preso da qualcuno, del resto» lo prese in giro la moglie Chireyo.
«Ma che dici, è un caso! Tu invece scommetto che non ricordi neppure come ci siamo conosciuti» la sfidò lui con un sorrisetto.
«Per favore... Come posso dimenticare il mio primo pensiero su di te» rispose quella ricambiando il sorriso. «Credevo che fossi pazzo» disse scoppiando a ridere, rovinando le aspettative romantiche di Joe.
«Oh, grazie» s'indispettì lui.
«Be' che volevi aspettarti? Mi hai inseguito per avere la mia bici, non è una cosa normale. Poi però, quando siamo andati alla baia... ti sei rivelato per quello che sei davvero. Non ti avrei dato il mio numero e non ti avrei chiesto di uscire se non mi fossi piaciuto da subito. Praticamente subito» si corresse Chireyo prendendo una mano del marito.
«Ti adoro» ridacchiò Jyou avvicinando la fronte a quella della donna. Lei poi lo baciò, accarezzandogli il volto.
«Qui siamo di troppo, Pun» disse JJ rivolgendosi alla sua Bukamon. Quella però non rispose e restò immobile: sembrava paralizzata. Il bambino allora provò a scuoterla, a chiamarla più forte, e due grosse lacrime scesero dai suoi occhi nel vedere che le sue attenzioni non sortivano alcun effetto. «Papà!» chiamò disperato, senza sapere più cosa fare.



E sul finale ecco che si introduce una novità: anche i nuovi digimon hanno un nome!
Abbiamo sempre trovato freddo che venissero chiamati dai partner in base al loro stadio evolutivo; inoltre, considerato che ormai tutti sulla Terra hanno un digimon, abbiamo pensato che una scelta del genere fosse quasi obbligata per permettere alle persone di non generare confusione.
Dal prossimo capitolo scoprirete anche come si chiamano gli altri ;)
A presto ~
   
 
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