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Autore: Vago    03/02/2018    3 recensioni
Questo mondo è impazzito ed io non posso farci nulla.
Non so cos'hanno visto in me, ma non sono in grado di salvare chi mi sta vicino, figurarsi le centinaia di persone che stanno rischiando la vita in questo momento.
Sono un allenatore, un normale allenatore, non uno di quegli eroi di cui si parla nelle storie sui Pokémon leggendari.
Ed ora, isolato dal mondo, posso contare solo sulla mia squadra e sulle mie capacità, nulla di più.
Sono nella merda fino al collo. No, peggio, sono completamente fottuto.
Non so perchè stia succedendo tutto questo, se c'entrino davvero i leggendari o sia qualcosa di diverso a generare tutto questo, ma, sicuramente, è tutto troppo più grande di me.
Hoenn, Sinnoh, due regioni in ginocchio, migliaia di persone sfollate a Johto dove, almeno per ora, pare che il caos non sia ancora arrivato.
Non ho idea di come potrò uscirne, soprattutto ora che sono solo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Rocco Petri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Videogioco
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Un paio di mani mi toccarono il fianco, scuotendomi dal mio torpore.
La mia testa, per la prima volta dopo giorni, non mi pulsava.
Aprii lentamente gli occhi, assaporando il senso di benessere che per un attimo mi abbracciò. Le palpebre faticarono a lasciarsi andare per far entrare nelle mie pupille la fredda luce dei neon che mi sovrastavano.
Quanto tempo avevo dormito?
Ore, probabilmente, ma anche se avessi dormito per giorni non me ne sarebbe fregato nulla.
Stavo fottutamente bene.
Riuscii finalmente a mettere a fuoco il mondo e i suoi colori.
Il dannato viso di Loren mi occupò il campo, facendomi trasalire. Provai a divincolarmi dalle sue mani, ma il braccio destro sembrò non volermi obbedire, tanto lo sentivo appesantito.
Abbassai lo sguardo sul mio arto, con il cuore che tentava di aumentare i suoi battiti.
Ero lucido, ne ero quasi certo, o, per lo meno, molto più lucido di quanto non lo fossi stato nei giorni precedenti. Quello non era un brutto scherzo del mio cervello.
Un ago collegato a una cannula trasparente mi penetrava la pelle. Segui con gli occhi terrorizzati il tubicino, fino ad imbattermi in un grosso flacone pieno di quella che poteva sembrare acqua, se solo non fosse stata così sospettosamente per uso medico.
Cercai di prendere fiato, ma tutto ciò che riuscii a fare fu un’ispirazione frammentata.
- Loren. – cercai di dire, ma la lingua intorpidita mi fece incespicare.
Dovevo stare calmo, nessuno dei presenti mi avrebbe mai fatto nulla di male. Dovevo solo convincermi di questo.
Mi inumidii le labbra, cercando ancora di calmarmi.
- Loren, - ripresi – perché cazzo ho un’ago nel braccio? –
- Vedi, Nail… è arrivata quella tua amica e ci ha ordinato di non svegliarti… poi ti ha piantato quel coso nella pelle e ci ha messi tutti al lavoro su quei computer, non appena ha scoperto cosa ci hai portato. –
Mary. Mary è arrivata e lei mi ha fatto questo.
Mi sentivo incredibilmente sollevato che fosse opera sua e non di uno di questi sopravvissuti.
- Va bene. Quanto ho dormito? E avete scoperto qualcosa? Ah, giusto, quanti sono alla fine i ragazzi in grado di muoversi? –
Il mio cervello stava cominciando ad ingranare la giusta marcia, cominciando a tempestarmi di ragionamenti e domande a cui non potevo trovare una risposta da solo.
- Sei rimasto a letto per quattordici ore e, al momento siamo in sette in grado di gestire questo posto. Due di noi però stanno dormendo perché hanno finito un’ora fa il loro turno di guardia. –
- Allora puoi andare. Mi chiameresti Mary? E anche Karden, se può. –
Loren scappò via con la coda tra le gambe, chiudendosi alle spalle con un botto la porta del dormitorio.
Lasciai ricadere pesantemente la testa sul cuscino, sospirando.
Quello poteva decisamente essere uno dei tre peggiori risvegli della mia vita. Per una volta che Darkrai non interrompeva il mio sonno, doveva mettercisi Loren.
Quattordici ore di sonno.
Se fosse successo qualcosa di grosso mi avrebbero svegliato prima.
Quanto tempo era passato dalla mia fuga dal Monte Camino? Più di ventiquattr’ore, sicuramente.
Forse una trentina.
Dove sarà andato quello stronzo con Arceus?
Non credo sia rimasto in quel cratere, a cosa starà puntando, quindi, il bastardo?
L’apertura della porta mi riportò alla realtà.
Mary entrò zoppicante nel dormitorio, con il suo enorme e roseo pokémon leggendario al seguito.
Un’ombra nera le sgusciò tra le gambe, balzando sul letto per atterrarmi in pesantemente in grembo.
Accarezzai la testa del mio Umbreon, sorridendogli.
Avevo di nuovo la mia squadra al completo.
- Come stai? – chiesi, anticipando qualunque cosa potesse dire la Custode – Che ti sei fatta alla gamba? –
- Nulla. – mi rispose, avvicinandosi al flacone per controllarne il contenuto – Ho preso una storta. –
- Alla stessa gamba che ti ha ferito quel Toxicroak? –
Un sospetto si insinuò nei miei pensieri.
- Sfortuna. – tagliò corto.
- Per che cosa è questa flebo? – continuai, mettendomi faticosamente a sedere sul bordo del letto.
- Contiene solamente integratori, non ti preoccupare. Visto il tuo stato mentale quando ti ho lasciato, volevo essere sicura che fossi più lucido per il secondo round. Oh, già, avevo aggiunto un po’ di calmanti per farti riposare meglio. –
- Grazie. Karden? –
- È di là. Stava leggendo della roba quando quel tipo è venuto a chiamarci. –
- Che ne pensi di quello che ho trovato? –
- Non capisco come quei documenti possano essere passati inosservati per tutto questo tempo. Là dentro c’è praticamente l’essenza di ogni Custode. –
- Sai, - dissi, voltandomi per guardarla negli occhi scuri – forse ho un piano, ma vi devo tagliare fuori. Non voglio mettere in pericolo Darkrai e Cresselia, non sono pokémon… normali. –
- Vuoi veramente buttarci via così? –
- No, voglio proteggervi. Mi avete salvato il culo tutti e due, vi sono debitore a vita, praticamente, e non ho intenzione di far morire due leggendari o voi due perché non sono un allenatore bravo a sufficienza. –
- Cosa vuoi fare? –
- Non te lo posso dire. Fidati però di me. Ho solo bisogno di prepararmi un paio di cose, prima di partire, poi sarò pronto per affrontare Arceus. Dimmi, hai mai perso una lotta? –
- No, perché non ne ho mai fatta una seriamente, non con Cresselia, per lo meno. –
- Non importa. Posso levarmi quest’affare dal braccio? –
- Ci penso io. –
Le dita sottili di Mary si appoggiarono sul mio avambraccio, stringendolo, mentre con l’altra mano sfilava l’ago.
Qualche goccia di sangue uscì dal buco, ma, ben presto, si interruppe.
- Purtroppo non ho del cotone, ti verrà un livido lì. –
- Non importa. Mary, riesci a trovarmi dove è finito quello stronzo? Io faccio un viaggio veloce per la regione e ritorno. –
- Posso provarci, sempre ammesso che il dio dei pokémon incasini il mondo con la sua sola presenza. –
- Grazie. Tornerò il più presto possibile e, per favore, dì a Karden di restare anche lui qui, al sicuro. –
La Custode lasciò la stanza, lasciandomi da solo con i ragazzi che ancora non si erano ripresi.
Feci uscire Gardevoir dalla sua sfera, guardandola fissa negli occhi.
Dovevo aver ben presente dove sarei voluto andare, in modo da non girare a vuoto.
Prima di tutto il cratere, se c’era anche la minima possibilità che Rocco fosse ancora vivo non volevo perderla.
Poi le principali città.
Verdeazzupoli, sicuramente.
Il centro commerciale di Porto Selcepoli era una tappa obbligata.
E Porto Alghepoli, con un po’ di fortuna qualcosa là si era salvato.
Dovevo depredare tutto quello che potevo, se volevo avere una possibilità di vittoria contro quel colosso. Dopotutto è solo un pokémon.
Solo un fottuto pokémon.
In tutto sarebbero stati cinque viaggi per Gardevoir. Avrei dovuto farla riposare non appena fossi tornato.
- Forza, torniamo un’ultima volta nel cratere del Monte Camino. –
La coscienza del mio compagno mi sfiorò la mente un istante prima che la sua mano prendesse la mia.
Il pavimento, le pareti, il soffitto e le luci che questo ospitava  divennero oleosi, come se una mano pesante li avesse dipinti su una tela liscia senza badare a definirne i bordi.
Dovevo essere pronto a qualunque cosa potesse aspettarmi su quella cima.
La scura pietra lavica si materializzò all’improvviso sotto i miei piedi.
Gardevoir mi aveva portato al limite del pianoro ospitato dal cratere.
Non c’era anima viva.
Il macchinario sorgeva imponente in mezzo a quella distesa di roccia, silenzioso e vuoto.
Una dozzina di sfere erano sparse per terra, assieme a una parte dei pokémon esanimi che, supponevo, erano di Rocco.
Mi avvicinai al cumulo di rocce in cui mi era parso di intravedere il corpo dell'allenatore durante la mia prima visita in quel luogo.
Era lì, coperto di polvere e granelli di terra. I capelli grigi che gli ricadevano pesantemente sul volto graffiato.
Le braccia e le gambe erano innaturalmente piegate attorno i suoi fianchi e, sparsi per terra, alcune confezioni vuote di iperpozioni  rimanevano immobili.
Merda.
Sarei tornato, mi ripromisi, o, almeno, avrei mandato qualcuno a prendere il suo corpo, se fossi sopravvissuto.
Mi chinai sulla sua borsa da viaggio, cercando di non far cadere il mio sguardo sul suo volto smunto.
Presi tutto quello che c’era dentro, qualunque cosa potesse tornarmi utile divenne mia. Afferrai quindi la mano di Gardevoir, chiudendo le palpebre.
- Andiamo a Verdeazzupoli. –
Mi costrinsi a diventare un ladro, entrando nel market di Verdeazzupoli e di Porto Alghepoli, così come nei resti di quello che fu il centro commerciale di porto Selcepoli. Presi tutto quello che mi pareva utilizzabile. Revitalizzanti, pozioni, ricariche totali, funi di fuga. Tutto.
Non lasciai nulla tra quelle pareti lugubri.
Il mio piano stava per iniziare. Avrei pregato Arceus per la mia buona riuscita, se solo non fosse stato lui il mio avversario.




Comunicazione di servizio:

Manca davvero poco alla conclusione di questa storia.
Un paio di capitoli, tre al massimo.
Non è di questo di cui, però, voglio parlarvi.
Per me questo è un periodo davvero caldo nella vita reale e la prossima settimana non riuscirò a pubblicare.
Ci rivediamo sabato 17 febbraio.
Vago
   
 
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