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Autore: MadAka    03/02/2018    1 recensioni
Jim Kirk e Leonard McCoy sono seduti uno di fronte all'altro, un bicchiere davanti, il silenzio intorno.
Un racconto è l'ultima cosa che i due si sono scambiati, che ripercorre gli ultimi nove mesi sull'Enterprise.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Montgomery Scott, Nuovo Personaggio, Spock
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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«E poi lo capisci benissimo anche tu. Quando ti capita qualcosa come quella che è successa a noi due, è difficile che dopo tutto ti scivoli oltre. Rimanere isolato su un pianeta alieno per un’intera notte – più o meno – finisce per farti legare con la persona a cui è capitata la tua stessa sfortuna.»

 

 

 

Pianeta Ummei

Data:24 Luglio 2264

 

 

Eve raggiunse di corsa Bones e gli si inginocchiò accanto. Analizzò la situazione, il cuore che le batteva così forte da sembrare intenzionato ad abbandonare il suo corpo. Il medico era ancora carponi, ansimante per il dolore. Sulla sua schiena, all’altezza della spalla, era conficcata una grossa punta, simile a uno spesso aculeo d’istrice.

«Oh mio Dio» mormorò fra i denti la ragazza appena vide la ferita dell’uomo. «Dobbiamo fare qualcosa.»

«Qualsiasi cosa sia, toglila!» esclamò Bones, alludendo a ciò che lo aveva colpito. La ferita fresca gli faceva visibilmente male e avere l’arma ancora conficcata nel corpo contribuiva solo ad accrescere il dolore.

«Io non...» esordì titubante Eve. «Ho paura di peggiorare la situazione» ammise. Cominciò a sentire il panico diffondersi ampiamente dentro di lei. Si era trovata in una simile situazione solo durante  le esercitazioni all’accademia e si rese conto che dal vivo era tutto più spaventoso.

McCoy la guardò. Si mise a sedere a fatica, piegato in due a causa del dolore.

«Afferrala con una mano e toglila» le intimò. «Se non si fa nulla allora sì che la situazione peggiora.»

Eve guardò l’uomo e capì che aveva ragione.

«E per l’emorragia?» gli chiese.

Bones strinse i denti, sapendo che la ragazza aveva ragione. Prima che potesse rispondere, però, Eve si ricordò della piccola sacca per il pronto soccorso che Scott le aveva preparato insieme all’attrezzatura. Corse a prenderla e tornò immediatamente dal medico, allungandogliela.

Bones frugò in fretta il contenuto, stringendo i denti. Passò un compatto rotolo di garza alla ragazza e le disse: «Questa andrà benissimo, mi farò medicare sull’Enterprise, per ora è importante che il sangue si arresti.»

Eve afferrò la garza e annuì all’uomo.

«Ora levami questa roba!» urlò Bones, al limite della sopportazione. 

Lei gli si avvicinò, strinse la mano intorno alla punta conficcata nella spalla di McCoy e si fece forza. Sentiva il corpo dell’uomo fremere per il dolore ed era terrorizzata all’idea di complicare tutto e di fare ancora più male al medico.

«Allora?» sbottò Bones.

«Non so se sono in grado. Ti farò del male.»

Eve si sentiva sempre più angosciata. Aveva ormai iniziato ad agitarsi più del dovuto e McCoy lo aveva capito alla perfezione. Non gli importava del dolore, voleva solo uscire da quella situazione. E ancora dall’Enterprise non giungevano notizie.

«È ovvio che mi farai male!» esclamò lui. «Ma tu fallo! Un colpo secco, con forza, poi mi togli questa maledetta tutta e medichiamo la ferita.»

Bones aveva appena terminato la frase quando sentì un forte dolore. Tentò di soffocare senza successo un urlo e strinse i pugni fino a farsi male. Eve aveva trovato la forza per comandare al proprio corpo di obbedire e, con un gesto deciso, aveva sfilato la punta dal corpo di McCoy, mentre questi non se lo aspettava.

«Che mi dice? L’effetto sorpresa ha funzionato?» chiese retorica Eve. Iniziò ad abbassare la zip della tuta di McCoy presente sulla schiena, pronta per medicare la ferita, che aveva preso a sanguinare copiosamente.

Il medico riuscì a reprimere un’imprecazione, sebbene una parte di sé pensò che, in circostanze differenti, la frase della ragazza sarebbe risultata piuttosto comica – magari se il soggetto fosse stato qualcun altro e non lui.

Sentì la ragazza abbassargli la tuta con delicatezza, attenta a non toccare la zona della spalla sinistra ferita. Bones non sentiva quasi più il proprio braccio, intorpidito per il dolore. 

Eve si macchiò le mani con il sangue dell’uomo, ma non fece una piega; per lei la parte peggiore era passata. Dalla piccola borsa per il pronto soccorso estrasse un pezzo di stoffa bianco, sterile e lo usò per tamponare la ferita. Lo permette sulla pelle di McCoy e iniziò a srotolare la garza così da ultimare la medicazione. Non stava dicendo più nulla, era concentrata sul lavoro. Bones sentiva solo il suo respiro sfiorargli la pelle. L’aiutò a tendere la fasciatura come poteva, usando il braccio destro che non gli faceva alcun male. Appena Eve ebbe finito risistemò la tuta del medico, tornando a chiuderla, convinta che anche l’indumento avrebbe contribuito a rallentare l’emorragia.

«Come sta?» domandò poi a Bones.

«Un po’ meglio, grazie.»

La ragazza gli sorrise, poi si guardò intorno. Sapeva che non potevano rimane fermi in quel punto; se il nativo fosse tornato, magari non da solo, la situazione si sarebbe certamente complicata.

«Hai un tocco delicato per essere un meccanico» le disse il medico dopo poco.

Eve la guardò e si strinse nelle spalle. «Non sono Scott» rispose, divertita. Tuttavia tornò subito seria. «Non possiamo rimanere qui.»

«Sì, lo so.»

«Riesce ad alzarsi?»

Bones annuì. Si alzò in piedi non senza fatica, aiutato dalla ragazza. L’emorragia alla spalla lo aveva indebolito, ma era ancora in grado di reggersi perfettamente in piedi.

Cercando di fare silenzio i due si spostarono dal punto in cui era avvenuto lo spiacevole incontro. Trovarono rifugio diversi metri più avanti, nel vano di una possente pianta cava. Lì la ragazza aiuto McCoy a sistemarsi con la schiena appoggiata all’albero e si sedette accanto lui. Guardò la trasmittente che aveva ancora in mano, infastidita da quella situazione.

«Eve a Enterprise, mi ricevete?» tentò. Non ottenne alcuna risposta e provò di nuovo: «Eve a Enterprise, mi ricevete? Il dottor McCoy è ferito.»

Sospirò, affranta.

«Dev’essere successo qualcosa» osservò il medico; aveva appoggiato la testa contro il legno alle sue spalle e fissava assorto davanti a sé.

«I sistemi devono essere offline. Non può essere solo un’interferenza» disse la ragazza.

«Quanto pensi possa volerci?»

«Impossibile saperlo con esattezza. Dipende dalla causa del problema.»

Il medico non disse nulla, limitandosi a un lieve cenno del capo.

«Come fa a essere così calmo?» volle sapere Eve poco dopo. Lei si stava sentendo completamente mancare mentre Bones, seduto lì accanto, sembrava prossimo a entrare in uno stato di trance. 

Lui posò lo sguardo su di lei, serio. «Se mi agitassi non farei altro che peggiorare la situazione. La pressione aumenterebbe e ciò farebbe solo sanguinare di più la ferita.»

La ragazza gli diede ragione e lui riprese a parlare: «Sono finito in situazioni peggiori da quando sono sull’Enterprise. Ancora non capisco perché non mollo Jim» sbottò, sebbene nella sua voce fosse percepibile una lieve nota di comicità. «Almeno questa volta abbiamo un phaser» concluse, alludendo a una precedente avventura che Eve non avrebbe potuto comprendere.

Di tutta risposta, lei sollevò il phaser davanti al volto di Bones. «Questo modello non ammazzerebbe neanche un canarino» lo informò, sebbene il medico lo sapesse perfettamente.

«Però riesce comunque a scacciare gli alieni. È già qualcosa» McCoy si lasciò sfuggire un sorriso alle sue ultime parole, ma durò poco. Sentì una forte fitta alla spalla e tornò ad abbandonarsi contro la pianta. Qualunque cosa stesse succedendo, sperò che dall’Enterprise si sbrigassero a recuperarli.

«Posso farle una domanda?» chiese dopo diversi secondi di silenzio Eve. Stava osservando il profilo del medico, per poi spostare gli occhi sulle mani dell’uomo, sporche di sangue ma, soprattutto, di terra.

«Sì, puoi smetterla di darmi del lei» replicò subito lui.

L’affermazione improvvisa fece ridere la ragazza, soprattutto per il tono con cui era stata pronunciata. Leonard McCoy era un nome abbastanza pronunciato fra le file del personale dall’Enterprise, sebbene non quanto quello del capitano Kirk o di Spock. I membri dell’equipaggio della nave di tanto in tanto parlavano dei modi di fare diretti del medico e Eve aveva sempre dovuto ammettere di essere affascinata da quella figura. Seduta accanto a lui in quel momento, non poté fare a meno di notare di esserlo davvero.

«D’accordo» acconsentì, in risposta all’affermazione di Bones. «Quello che vorrei chiederti, in realtà, è un po’ diverso» proseguì, riuscendo a mettere da parte le formalità.

«Del tipo?»

«Beh» esordì, con una lieve incertezza. «A bordo dell’Enterprise sono praticamente tutti a conoscenza della tua repulsione verso lo spazio. Perciò mi chiedevo solo...come mai, nonostante tutto, tu continui a imbarcati? Un medico con le tue capacità sarebbe fondamentale anche su una qualche base o sulla terra. È per il capitano Kirk, vero?»

La lieve incertezza iniziale era completamente scomparsa e la ragazza formulò la domanda tutta d’un fiato, quasi sorprendendo Bones.

Quest’ultimo inspirò un po’ d’aria prima di rispondere. «Si vede che non hai un divorzio alle spalle.»

Eve lo guardò perplessa, senza capire dove volesse andare a parare e Bones ricominciò a parlare: «Ti auguro di non averlo mai. La mia ex moglie mi ha portato via tutto e io ho dovuto decide che cosa fare della mia vita. La Flotta Stellare mi è subito parsa come un’ottima possibilità, dopotutto, sufficientemente distante dalla Terra. I medici sono sempre richiesti in simili ambienti.»

«Oh, eccome» confermò la ragazza, lanciando d’istinto un’occhiata alla spalla ferita dell’uomo.

«E sfortuna vuole che abbia conosciuto Jim» concluse lui, con una risata. Venne imitato da Eve.

«Ho letto tutti i rapporti riguardanti l’Enterprise mentre studiavo in accademia. Ho sempre desiderato di imbarcarmi su questa nave. È incredibile quello che avete fatto. E il capitano Kirk. Sono contenta che mi abbia scelta per fate parte del suo equipaggio» si strinse leggermente nelle spalle a quelle parole, come in imbarazzo sotto allo sguardo di Bones.

«Sì, Jim» borbottò il medico, come se stesse parlando a se stesso. «Testardo come un mulo. Ma forse non mi sarei imbarcato di nuovo se non ci fosse stato lui in plancia.»

«Questo significa molto» gli fece notare Eve.

McCoy non rispose, si limitò a stare in silenzio, pensieroso. Poi, però tornò a rivolgersi alla ragazza. Parlare con lei lo stava aiutando a non sentire più dolore e, oltretutto, gli piaceva l’idea di avere finalmente la possibilità di conoscerla meglio rispetto al banale rapporto medico-paziente.

«E tu invece?» Le chiese. «Cosa ti ha portato fino dall’Enterprise?»

La ragazza abbassò lo sguardo. «Era quello che volevo, tutto qui» esordì. «Mio padre è un meccanico, ripara macchine agricole. Mi ha sempre affascinata il suo lavoro, così crescendo ho imparato anche io guardandolo lavorare. Poi quando ho scoperto che si potevano mettere le mani su qualcosa di molto più affascinante di un mezzo agrario, ho deciso di provarci.»

«Ne sarà stato contento, immagino.»

La supposizione di McCoy fece amaramente sorridere Eve, cosa che consentì al medico di capire che la situazione era molto diversa. Lei, infatti, confermò il suo sospetto. «Niente affatto. I miei genitori non volevano che mi arruolassi. Non volevano neanche che facessi il meccanico, in verità. Avevano previsto per me una vita molto più semplice. Un matrimonio con un bravo ragazzo, dei figli. Una vita che io non volevo. Così ho iniziato a mettere da parte dei soldi e appena ne ho avuti a sufficienza me ne sono andata e mi sono iscritta all’Accademia. I miei genitori non l’hanno capito. E non l’hanno accettato.»

Fece quella confessione quasi tutta in un sol fiato, sembrava volersi liberarsi di un ingombrante peso, come se non lo avesse mai detto a nessun altro prima di allora. Bones l’ascoltò. Sapeva che nel passato di ognuno si nascondevano dei fantasmi, trovò quasi normale che vi fossero anche in quello di Eve.

«E non li hai più sentiti? Nemmeno per dire loro fin dove sei arrivata?» le chiese, nel modo più garbato possibile.

Lei scosse la testa. «No. E loro non hanno cercato me.» Sollevò le spalle. «Magari alla mia prima medaglia. Potrei tornare da loro e dire “Avete visto?”. Credo che, insomma, alla fine si possa essere soddisfatti di una figlia con un riconoscimento, cosa ne pensi?»

Il medicò rifletté un momento. «Se avessi una figlia non le avrei mai impedito di fare ciò che vuole» disse, con una schiettezza disarmante. 

Eve si sentì schiacciare da quell’affermazione, nonostante dentro di sé sapeva fosse vero. I problemi con la sua famiglia non erano mai stati un mistero e il suo arruolamento nella Flotta Stellare non aveva fatto altro che frantumare una situazione già incrinata. Non le riuscì di replicare in alcun modo e rimase in silenzio, un silenzio che durò a lungo.

«Scusami» mormorò McCoy.

«Per cosa? È la verità. Non recupererò mai i rapporti con la mia famiglia, forse è meglio così. In un paio di mesi a bordo dall’Enterprise sono stata mille volte meglio di tutta la mia precedente vita a casa» lanciò un’occhiata indecifrabile a Bones. «Vorrà pur dire qualcosa, no?»

Detto ciò provò nuovamente a contattare la nave attraverso la ricetrasmittente, ancora senza successo.

«L’equipaggio dall’Enterprise è la tua famiglia, adesso.»

McCoy spezzò il silenzio. A Eve non le riuscì di rispondere prontamente. Si limitò a sorridere, senza però guardare il medico.

Da quel momento in poi parlarono sempre. Si raccontarono reciprocamente passioni comuni e interessi. Bones espose alcune delle missioni affrontate e concluse dall’Enterprise e dal capitano Kirk. Le descrisse con la sua caratteristica vena contrariata e sarcastica, pur non riuscendo a mascherare completamente il fatto che, dopotutto, lui lì si trovasse a suo agio. Eve lo ascoltò con interesse; rimase colpita da ciò che l’uomo le stava raccontando, di cui le piacevano i modi un po’ rozzi di descrivere le vicende, i suoi "dannati" e "maledetti" posti qua e là nel discorso, come ad accrescerne l’intensità. Infine le piaceva la sua voce, profonda e rassicurante.

Le ore passarono inesorabili e dalla nave ancora non giungevano notizie. La luce cominciò a venire meno, come le forze di Bones. La ferita non aveva smesso di sanguinare per tutto quel tempo, aveva solo rallentato l’emorragia. Eve si rese conto della debolezza del dottore, ma non sapeva cosa poter fare. Si fissò le mani, ancora sporche del sangue di McCoy, ormai incrostato. Il freddo cominciava a farsi sentire e, per quanto potesse servire, si avvicinò all’uomo portando il suo corpo a contatto con quello di Bones. Quest’ultimo si mosse appena quando la sentì, senza scomporsi e senza dire nulla.

Eve cercò qualcosa da poter dire, ma non le venne in mente nulla. Osservò di sottecchi il profilo del medico e si accorse che faticava a rimanere sveglio. Forse un po’ di riposo gli sarebbe stato d’aiuto, ma non era certa che in simili circostanze si sarebbe potuta dimostrare una buona idea. Affermò la ricetrasmittente in mano, indispettita dalla situazione. Perché ci stavano impiegando tanto a recuperarli?

Aveva appena formulato quel quesito che sentì il proprio corpo farsi leggero. Si voltò verso Bones e quando riuscì a vederlo nitidamente l’ambiente intorno a loro era cambiato. Si trovavano sulla piattaforma di teletrasporto, finalmente sull’Enterprise; davanti a sé vide Scott e Kirk. La ragazza lasciò da parte il sollievo per essere finalmente arrivata in un posto sicuro, si alzò di scatto ed esclamò: «Il dottor McCoy è ferito! Ha bisogno di cure urgenti.»

L’espressione preoccupata che rabbuiò il bel volto di Jim fece capire a Eve che Kirk non era solo il capitano altruista che Bones le aveva dipinto, ma era anche un amico sincero. Jim scattò subito verso il dottore, si inginocchiò accanto a lui e provò a chiamarlo, ma senza successo.

«Qualcuno vada subito a chiamare un’infermiera e un medico, presto» ordinò e uno degli addetti al reparto corse subito fuori. Nessuno si preoccupò più di Eve, illesa. Quando il personale sanitario arrivò, tutte le attenzioni erano solo per il dottor McCoy. La ragazza era ancora ferma sulla piattaforma del teletrasporto e osservava tutte le precauzioni prese per Bones e continuò a guardare finché lui non venne trasportato fuori dalla sala, d’urgenza.

 

 

 

 

  
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