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Autore: Myra11    05/02/2018    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 36
 
- «Se davvero tutto questo è grazie a me, forse dovrei sedere io su quel trono.»-
 
Vedere nuovamente Ardyn fu come una boccata d’aria fresca dopo aver rischiato di annegare.
Non c’erano mai stati problemi con lui, sia da vivo che da morto aveva sempre uno scopo chiaro: distruggere Lucis e tutto ciò che rappresentava. Farlo andare fuori di testa era stato un bonus.
Nyx ricordava perfettamente quando, mentre si dissanguava lentamente nella cella, Ardyn avesse giocato con la sua mente, e ricordava anche quella strana, strisciante sensazione di leggerezza che aveva provato nell’ascoltare le sue allucinazioni, il pensiero di non avere paura di deludere nessuno, perché nessuno era con lui.
«Ce ne hai messo di tempo.»
«Lo so.» Confessò con un sorriso, parlando al vuoto, ma subito dopo una voce alquanto seccata richiamò la sua attenzione. «Non abbiamo ancora finito, Generale.»
In quella stanza, così tanti anni prima, Luna era stata la sua ancora alla sanità mentale.
Fu con un sorriso divertito che notò un’ombra di paura nello sguardo del re quando si voltò.
«Hai ragione. Non abbiamo ancora finito.»
«Papà…» Crowe provò ad avvertirlo, a supplicarlo di non fare nulla di avventato, e lui le sorrise.
«Rilassati bambina. Quando il giorno sarà finito, riavrai tuo marito.» Si strinse nelle spalle con aria innocente. «Non so se tutto intero, ma ci sarà.»
La sua velata minaccia sembrò far infuriare il re. «Non osare minacciarmi, Ulric. Resto sempre il tuo sovrano.»
Nyx fece un passo avanti, estraendo lentamente i fedeli kukri dai foderi: in tutti quegli anni, quelle armi erano l’unica cosa che non era mai cambiata. «Non ti sto sfidando, Altezza.» Sogghignò, imprimendo volutamente una sfumatura sarcastica al titolo nobiliare. «Tuo nonno si è guadagnato il mio assoluto rispetto con facilità. Tuo padre l’ha guadagnato con un paio di costole incrinate, all’inizio. Tu, invece…»
Regis fece un passo avanti, scostando la moglie che cercava di fermarlo, e nella sua mano comparve la spada alata. «Io cosa, Generale?»
Nyx digrignò i denti osservando la spada. «Tu non meriti né quella, né il mio rispetto.»
Crowe, sebbene fosse consapevole che era un’impresa quasi impossibile, si rivolse a lui. «Qualsiasi cosa ti stia passando per la testa papà, non farla. Regis non voleva offenderti…»
«Oh no bambina, nessuna offesa. D’altronde, la mia barriera e la mia magia sono rimaste nonostante io non ci fossi, come tuo marito ha detto, ha costruito questo regno sulla mia presenza.» Distese le spalle, lasciando che l’energia di Bahamut gli scorresse nelle vene; anche la dea non era contenta, ne percepiva le emozioni come un sapore amaro sulla lingua.
«Non deludermi di nuovo, Nyx, dai.» Ardyn sorrise sornione, e Nyx piegò le labbra in un mezzo sorriso di ricambio. «Non sto facendo questo perché sono offeso, Regis, sappilo. Lo sto facendo perché sia Regis che Noctis ti sputerebbero in faccia se potessero vedere il re che sei diventato. Se davvero tutto questo è grazie a me, forse dovrei sedere io su quel trono.»
Fu una bella sensazione, ammise Nyx a sé stesso, provocare deliberatamente qualcuno fino a farlo scoppiare, e quando Regis gli corse incontro l’adrenalina gli scoppiò nelle vene.
Il primo assalto gli sembrò quasi pigro, e lo parò facilmente.
Da quando il mondo intero era diventato così lento?
«Oh andiamo, puoi fare di meglio.» Sogghignò all’espressione furiosa del re.
«Papà!»
Ignorando sia lei che l’altra Crowe, Nyx lanciò il secondo pugnale al di sopra del trono, vi si proiettò, e poi si lasciò cadere sulla seduta di pietra, tutto nel giro di pochi secondi.
Si appoggiò allo schienale e dedicò un sorriso beffardo all’uomo stupefatto sotto di lui. «Mi piace. Potrei abituarmici.»
Fu una questione di secondi, e Nyx si ritrovò con la spada alata ad un soffio dal viso, e la proiezione di Regis che strappava riflessi al sole. «Uuuh Altezza. Questo si chiama barare.» Sorrise, poi raccolse le gambe al petto e le allungò all’improvviso, scagliando il re oltre la seduta rialzata del trono.
Lasciò che crollasse al suolo con un gemito, e Crowe gli fu subito accanto.
Quando i suoi occhi, specchio identico dei propri, lo fulminarono, si sentì quasi in colpa.
Quasi.
«Sei andato fuori di testa?! Avresti potuto spaccargli la schiena!» Lo rimproverò, poi ordinò al nipote senza parole di andare a chiamare un medico.
Nyx si alzò con calma dal trono, ritirò i kukri e sorrise. «Dopo tutti questi anni dovresti saperlo, Crowe. Se avessi voluto ucciderlo, sarebbe già morto.»
Lei si asciugò velocemente le lacrime rabbiose che le scorrevano sul viso, sorreggendo il marito stordito sul pavimento. «Perché sei tornato?» Sibilò guardando il padre, sentendo come se non lo conoscesse: dov’era l’uomo comprensivo che aveva sempre avuto pazienza, e dolcezza?
Nyx schioccò le dita e saltò giù dalle scale. «Giusto. È il mio anniversario di matrimonio.»
«Il tuo…E hai pensato di festeggiarlo interrompendo il mio matrimonio?!» Lo rimproverò Crowe, e lui pensò che non l’aveva mai vista così arrabbiata, prona a difendere il marito quasi, e inarcò un sopracciglio.
«Un re dovrebbe saper affrontare qualsiasi cosa. È ora che questo regno la smetta di reggersi sul supporto degli dei.» Fu un pensiero fugace, e seppe che Bahamut era d’accordo, che era stufa quanto lui, che ne aveva abbastanza della dinastia reale che s’innalzava e crollava.
«Non vorrai…Non puoi…» Boccheggiò Regis, massaggiandosi il petto.
Nyx piegò la testa di lato, pensando che forse, sarebbe stato meglio se sua figlia avesse sposato qualcun altro, qualcuno con più cervello, e meno avventato. «Voglio, e posso. La Barriera è annullata.»
Fu come se un fulmine si fosse schiantato sul tetto del Palazzo, un suono roboante e immenso che scosse le pareti, e Nyx immaginò l’esterno, il cielo che si spaccava in milioni di pezzi simili a cristallo, e ogni guardia cittadina che, prima o poi, avrebbe scoperto la dura verità.
«La magia è sparita.»
«Esatto. Ora dovrai imparare a difendere il tuo regno da solo.» Decretò Nyx, oltrepassandoli, ma quando stava per uscire una mano si chiuse sul suo polso, trattenendolo.
«Papà…»
«Tornerai, vero?»
Le sembrò di vedere il conflitto interiore farlo a pezzi.
Quando pensava che lui non avrebbe più risposto, parlò.
«Tornerò sempre.»
«Cosa?» Le domandò, senza voltarsi. Perché era tornato? Perché non era semplicemente sparito dalla faccia della terra, lasciando integro il ricordo che i suoi conoscenti avevano di lui?
Perché aveva promesso, si rispose con un sospiro, e si voltò verso la figlia.
Sembrava confusa, e ferita, e lui cedette. Allungò una mano a sfiorarle il viso.
«Le assomigli così tanto…» Sussurrò, ignorando le porte che si aprivano lasciando entrare i medici per controllare la salute del re. «Mi dispiace bambina. Ho perso il controllo.»
«Come avresti dovuto fare anni fa.» Commentò Ardyn, in apparenza deluso.
«L’ho…immaginato. Stai bene, papà? Non è da te comportarti così.»
Quella frase gli strappò un sorriso. «Crowe, tesoro, purtroppo ci sono cose di me che non sai. Cose di cui tua madre era a conoscenza. Io…non ero un granché come persona, quando lei mi ha conosciuto, e ora probabilmente sono anche peggio.»
«E senza di lei…Ho capito.» Concluse la figlia per lui con un sospiro rassegnato. «Vado a vedere come sta Regis, ma stasera parleremo, va bene?»
Nyx annuì. «D’accordo.»
«Cerca di non fare fuori nessuno nel frattempo, va bene?»
L’uomo sogghignò mentre la figlia si allontanava. «Non posso prometterlo.»
 

 
«Sono stato al Ravatogh all’inizio, per pochi mesi.» Si abbassò, evitando il fendente, e allungò una gamba cercando di farle perdere l’equilibrio, ma lei lo evitò abilmente.
«Poi?»
«Vediamo…Ho occupato una base imperiale, ma non era un granché.»
Parò il fendente con una torsione del polso. «Poi mi sono spostato a Galahd per un paio d’anni, a Tenebrae per un po’, perfino ad Altissia. Nessuno di quei posti faceva per me.»
«Nemmeno Galahd?»
Bloccò l’ennesimo colpo.
Avevano ballato, quella prima sera nella cucina, su una musica che solo loro sentivano.
Estrasse l’altro kukri quando lei impugnò anche la daga, e la bloccò ad un soffio dal suo corpo.
Mentre la luce strappava riflessi argentati dai suoi capelli, lei aveva sorriso. «Non sapevo che un grande soldato cattivo come te ballasse.»
Lasciò che la daga gli aprisse un taglio sottile nella stoffa del fianco, e ne approfittò per bloccarle il braccio con il proprio.
Era stato uno sfiorarsi di labbra, una tensione che nessuno dei due ammetteva esistesse. «Ci sono tante cose che non sai di me, Principessa.»
Le torse il braccio dietro la schiena così forte da strapparle un gemito e farle lasciare la daga, e le posò il kukri sulla pelle del collo. «Nemmeno Galahd.»
«Nonno…e poi? In dieci anni ne avrai visti di posti.» Lo incoraggiò Aulea, cercando inutilmente di liberarsi dalla sua presa.
La sua curiosità lo fece sorridere mestamente. Lucis intero era un inno alla sua vita con Lunafreya, e in dieci anni non aveva fatto altro che ripercorrere quel tempo, senza mai fermarsi perché il passato diventava troppo pesante da sopportare. «Dopo Altissia sono andato a Galdin. Piccolo, sconosciuto, sul mare. Sono rimasto là negli ultimi anni.»
«Interessante.» Commentò Aulea in un tono che gli fece tendere i nervi.
E a ben vedere, perché lei gli piantò una testata improvvisa, spingendolo a liberarla, e poi si voltò con una piroetta, pronta ad attaccare e vincere, ma lui fu più rapido.
Appoggiandosi ad una mano, le sferrò un calcio al gomito – senza spezzarglielo per un pelo –e la spada che lei usava volò oltre metà cortile con un tintinnio macabro.
«Non te la prendere.» Sorrise Nyx puntandole entrambi i pugnali contro. «Esisteva solo una persona in grado di mettermi in difficoltà, ed è morta tanto tempo prima della tua nascita.»
Rimasero un attimo così, e poi, lentamente, Aulea si mise a ridere, e lui abbassò i pugnali.
«Beh complimenti. Per un vecchietto te la cavi molto bene.»
Nyx inarcò un sopracciglio, sorridendo, sinceramente divertito.
Erano passati anni da quando aveva incontrato qualcuno che gli faceva gustare una lotta, e non solo qualcuno che non aveva chiaramente speranze contro di lui. «Grazie, credo.»
La schernì mentre si allontanavano dal cortile degli allenamenti, sotto i portici.
Stava per parlarle di nuovo quando la sua attenzione fu catturata da uno scintillio bianco.
Si affacciò alla finestra, e rimase senza fiato.
Il giardino era ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, il prato, le rocce, perfino i fiori blu s’intravedevano sotto quella cortina gelata.
Eccezion fatta per la panchina accanto all’aiuola, sembrava un pezzo di inverno onnipresente.
«Nonno…» Aulea si affiancò a lui, studiando il suo viso stupefatto.
Quando vide quanto amore, e quanto dolore c’era nei suoi occhi, le venne da piangere. «Nessuno…è mai riuscito a scongelarlo, anche provandoci.» Mormorò, senza sapere perché glielo stesse dicendo.
Abbassò lo sguardo, e vide le sue dita strette sul davanzale di marmo.
Quando la pietra si sfondò sotto la sua stretta, sobbalzò.
«Non posso.» Mormorò Nyx tra sé e sé, allontanandosi da quella visuale. «Non sarei mai dovuto tornare.»
Si allontanò a grandi passi, e Aulea lo seguì di corsa. «Nonno! Ma che stai dicendo? Aspetta!»
Ma lui non diede segno di averla sentita, anche se lei lo sentì parlare come se stesse conversando con qualcuno, e continuò a camminare verso l’ala medica del Palazzo.
Si muoveva come se conoscesse il posto a memoria, e la donna che lo inseguiva si chiese quante volte, nella sua eterna vita, vi fosse stato.
«Nonno non fare pazzie, aspetta!» Cercò di farlo ragionare, ma quando lui la ignorò di nuovo, decise di lasciargli fare qualsiasi cosa avesse in mente, e cambiò strada di corsa.
Trovò Cor nella biblioteca del Palazzo.
Il fratello inarcò le sopracciglia vedendola entrare di corsa ma lei, come al solito, non ebbe bisogno di parlare: respiravano, vivevano e pensavano sulla stessa lunghezza d’onda.
Si alzò velocemente appena incrociò il suo sguardo, e si lasciò guidare verso l’ala del Palazzo dove Nyx era sparito.
Non ebbero nemmeno tempo di entrare perché Nyx ne uscì, quasi scardinando le porte.
Aulea lasciò che il fratello la tirasse lontano, ma percepì comunque l’aria pesante intorno al nonno, carica di qualcosa di più di semplice magia.
«Papà! Maledizione, aspetta!»
Crowe corse fuori, inseguendo il padre, e al suo richiamo il Generale si fermò per un istante, senza voltarsi. La regina si mise una mano sul petto, recuperò fiato, e gettò un’occhiata preoccupata ai figli prima di parlare.
«Conosci Regis, papà, lui è…avventato, impulsivo e imprudente. Non voleva farmi del male, ha problemi a gestire la rabbia, e il tuo comportamento non l’ha…»
«Basta.»
Aulea, semi nascosta accanto al gemello, sentì lo stesso brivido che scuoteva il suo corpo espandersi nel suo, perché la voce che aveva zittito la regina era vibrante, e vecchia, e potente.
«Sei fortunata che non abbia tagliato la gola a tuo marito e non l’abbia lasciato a dissanguarsi.» Nyx parlò in tono calmo, eppure Cor notò la madre soffocare un singhiozzo, e un moto di orgogliosa protezione verso di lei lo spinse a rivolgersi al nonno.
«Che razza di padre sei a parlare così a tua figlia?»
«Cor…»
«Va tutto bene mamma.» Si allontanò da Aulea e afferrò il nonno per una spalla; solo in seguito avrebbe capito che non avrebbe dovuto farlo, ma in quell’istante lo fece, e l’attimo dopo aveva il pugno di Nyx nello stomaco e una scossa elettrica che gli attraversava il corpo.
«Papa!» Sia Crowe che Aulea corsero verso di lui, impedendogli di crollare a terra, ma fu la sorella a trascinarlo in infermeria, voltandosi spesso per controllare la situazione.
Nyx abbassò lo sguardo sulla propria mano ancora stretta, la testa che rimbombava della risata di Ardyn, dei rimproveri dell’altra Crowe, e di Bahamut, che sembrava indecisa se appoggiarlo o meno.
«Non sarei mai dovuto tornare.» Mormorò tra sé e sé, ma un movimento ai lati del suo campo visivo lo spinse ad alzare lo sguardo. Crowe era furiosa, e a buon rendere, ammise, ma lui aveva perso il controllo davanti a Regis, e alla sua inettitudine, e al fatto che le avesse fatto del male, e alla grande, opprimente verità che presto anche lei se ne sarebbe andata.
Lo schiaffo che lei gli piantò sulla faccia fu atteso, e meritato, ma non servì a rimettere le cose a posto. «No, infatti.»
Era cresciuta, ammise con uno strano moto d’orgoglio nel vederla raddrizzare le spalle nonostante le lacrime rabbiose che le scorrevano sul volto. No, non cresciuta: invecchiata.
Irrigidì la mascella, incrociando quegli occhi che erano specchio dei suoi, quel viso così familiare, e pensò che aveva ragione, come lui stesso aveva pensato.
Tornare era stata la scelta peggiore della sua vita.
Voltò le spalle alla figlia, ai nipoti e a tutto ciò che quel palazzo, e quella città rappresentavano per lui, e non perse tempo a comportarsi come una persona normale.
Non era più umano della dea che aveva nel cuore, tanto valeva che non cercasse di nasconderlo.
Aprì la prima finestra che si trovò davanti, saltò sul davanzale e ricordò un’altra vita, un’altra donna in lacrime alle sue spalle.
Esitò un solo istante, e seppe che lei stava facendo lo stesso, perché la sentiva come se fosse un pezzo di sé stesso, ma erano troppo orgogliosi, troppo testardi e troppo stupidi per tornare indietro.
«Avresti dovuto ascoltarmi…»
Mandò mentalmente al diavolo Ardyn – anche se sapeva che era nel giusto, che se avesse ucciso a sangue freddo tutti coloro che conosceva la sua vita sarebbe stata diversa – e saltò giù dalla finestra.
Fu Bahamut ad aprire le ali per lui, fu sempre lei a muoverle per evitare che si sfracellasse al suolo, e fu sempre lei a portarlo in alto, lontano, nel cielo dove non esisteva nulla.
Non aveva famiglia lassù, pensò inspirando l’aria gelata tra le nuvole.
Non c’erano persone da deludere, da amare e da veder morire.
Non c’era Regis, e la sua assurda e nauseante contrarietà a tutto ciò che suo padre e suo nonno avevano rappresentato e difeso.
Non c’era il ricordo di quando lui stesso era una persona migliore.
Piegò le ali e si voltò a guardare Insomnia quando era poco più di una macchia scura in lontananza.
Non c’era nemmeno più la Barriera.
Quell’assenza quasi totale di qualsiasi cosa lo invase all’improvviso, e lui si sentì stranamente leggero.
C’erano solamente lui, e i suoi demoni.
 

 
La guerra era scoppiata esattamente un anno dopo, e andava avanti da due.
Nyx, per tutta risposta, era tornato a Galdin, forse l’unico posto nel quale il passato non tornasse a tormentarlo, e là era rimasto mentre una sempre più disperata Lucis cercava di sopravvivere all’assalto di un Impero tecnologicamente più avanzato, e più determinato.
«Se Regis non fosse stato un completo deficiente avrebbe evitato tutto questo.»
«Tu hai tolto la Barriera, non Regis.» Commentò Crowe, a braccia incrociate contro la ringhiera del balcone.
Nyx si strinse nelle spalle. «Lo so. Non pensare che non mi preoccupi. C’è sempre mia figlia laggiù, e purtroppo è sposata ad un idiota.»
Lo spettro si accigliò. «E allora che ci fai qui?»
«Non posso tornare, Crowe. Non voglio tornare. Insomnia non ha bisogno di me, e la mia bambina non ha bisogno di vedere suo padre per com’è ora. Che mi ricordi per come sono stato.»
Crowe aprì la bocca per parlare, ma il telefono di Nyx squillò all’improvviso, sorprendendoli entrambi. «Beh? Rispondi no?»
Fu con esitazione che prese l’apparecchio, e con altrettanta esitazione che rispose.
«Pronto?»
«Salve, uomo dagli occhi d’argento.»
Nyx si accigliò, confuso, ma in suo soccorso venne Ardyn. «L’imperatore che hai preso a calci, ricordi?»
Non riuscì a trattenere un ghigno; certo che ricordava, il ragazzino incerto che era stato abbastanza stupido e abbastanza coraggioso da attaccare la sua città. «Altezza.»
La voce dall’altra parte del telefono ignorò il suo tono sarcastico. «Lieto di vedere che ti ricordi di me, Generale.»
«Io non…»
«Silenzio, per favore. Ho una cosa per te, uomo-dio.» Un fruscio, un’imprecazione e poi una voce che riconobbe perfettamente.
«Papà qualsiasi cosa ti dica non venire è una trappola!»
Un altro movimento brusco, e poi di nuovo la prima voce. «Immagino che l’avrai riconosciuta. Hai due giorni per venire qui, e prestarmi giuramento, o tua figlia morirà.»
Nyx irrigidì la mascella, sentendo il cuore battere a mille. «Torcile solo un capello, e sei un uomo morto.»
«Tic toc, Generale. Chi morirà prima?»
La linea cadde, e Nyx non riuscì a trattenersi, e spedì il cellulare a schiantarsi in briciole contro il muro della stanza. Si appoggiò alla ringhiera, le mani affondate tra i capelli.
«Cosa devo fare?» Domandò al vuoto in un ringhio esasperato, e il vuoto gli rispose.
«Lo sai. È nostra figlia.»
Si voltò di scatto, e lei era là, bellissima come il primo giorno in cui l’aveva incontrata.
«Luna…» Crollò in ginocchio davanti alla visione, ogni fibra di vita sparita. «Se vado, se giuro, mi userà per distruggere tutto ciò che abbiamo costruito.»
Lei avanzò di un passo, e il profumo dei dolci fiori blu di Tenebrae lo invase, facendogli girare la testa. «Tu la salverai, Nyx. Io mi fido di te.»
Erano anni che non sentiva le lacrime pungergli gli occhi, si rese conto, ma lei era là, vicina e irraggiungibile, e lui si sentiva esplodere il cuore. «Vi ho deluse, vero? È tutta colpa mia, se non avessi tolto la Barriera…»
«Shh.» Quando lei gli sorrise, gli sembrò una scarica elettrica dritta nel corpo, che lo spinse ad alzarsi. «Non ha senso ripensare al passato, ricordi?»
Annuì piano, e lei chiuse la distanza che li separava. Quando sollevò una mano a sfiorare il ciondolo a forma di mezzaluna che ancora portava, gli sembrò quasi di sentire la sua carezza.
«Salva nostra figlia, eroe.»
Non potè fare a meno di sorriderle quando lei lo chiamò così, ma quando alzò una mano verso di lei, la visione scomparve, e la cosa gli fece più male di quello che avrebbe creduto possibile.
Chiuse gli occhi un istante, conservando quell’ennesima allucinazione, o apparizione – non le distingueva più ormai – come un ricordo prezioso, e la sua voce gli echeggiò ancora nella mente.
«Nyx…Il mio Nyx…»
Spalancò le ali così repentinamente da tagliare quasi in due il balcone. «Bahamut, sei pronta?»
«Qualsiasi cosa, mio cuore.»
«Bene.
Si alzò in volo, il profumo di fiori nel naso e una nuova determinazione nel cuore.
Ignaro che il suo gesto si sarebbe rivelato l’errore più grande che aveva mai commesso.
  
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