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Autore: jorgemysmile    05/02/2018    0 recensioni
[Cast Violetta]
Martina è una ragazza complicata, cresciuta in un orfanotrofio dall'età di dodici anni, quasi non ricorda più cosa significhi la parola affetto. Pochi mesi dopo aver compiuto il suo sedicesimo compleanno alle porte dell'orfanotrofio diretto dalla signora Carmen si presenteranno Cecilia e Alvaro Blanco, una coppia con l'intenzione di adottarla. Ma i fantasmi del passato torneranno a tormentarla molto presto, facendole rivivere uno dei suoi peggiori incubi, il nome di quell'orribile incubo? Alejandro Stoessel.
Tratto dalla storia:
"Martina, Martina adesso ascoltami. quando ti dico corri, tu ti devi alzare da qui e correre più forte che puoi, più lontano che puoi. Mi hai capito?" spesse lacrime rigano le mie guance mentre nego più volte con il capo. Non lo abbandonerò mai qui.
"N-non...non posso Jorge, io non posso. Non ce la faccio" un forte singhiozzo si libera nella mia gola, mentre il ragazzo che amo allunga a fatica la mano destra per potermi sfiorare la guancia con la punta delle dita.
"Non permetterò mai più che ti faccia del male, mi hai capito?" e lui non poteva immaginare di cosa in realtà fosse capace mio padre.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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1. l'adozione
​"Tini, Tini, c-c'è una coppia che ti vuole incontrare" urla Mercedes, irrompendo nella nostra stanza violentemente. Mi alzo a sedere sul materasso su cui ero sdraiata fino a pochi secondi fa e metto da parte il libro che stavo leggendo.
"Adesso calmati e respira" le dico con la fronte corrucciata, non avendo minimamente capito cosa lei intenda. Mi mordo il labbro inferiore, convincendomi del fatto che ormai qualcuno non può essere qui per volermi adottare. Ho sedici anni ormai e qualsiasi coppia varchi la soglia di quest'istituto è alla ricerca di un bambino piccolo, al massimo di quattro o cinque anni. Mercedes è la figlia di Carmen, la rettrice di quest'istituto, anzi, ad essere sinceri, di quest'orfanotrofio. Lo chiamo istituto perchè trovo orribile la parola orfanotrofio, poichè mi ricorda ogni istante che non ho nessuno che mia ami al mondo.
"Una-una coppia è qui, ha le carte in regola per adottarti e hanno chiesto di te, Tinita" strabuzzo gli occhi, deglutendo nel tentativo di sciogliere il nodo che mi si è formato in gola. Ormai avevo perso la speranza. Avevo visto migliaia di coppie passarmi davanti senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, avevo addirittura imparato a fingere di non vederle,  tutte quelle future famiglie felici. Nessuno si era mai fermato a guardarmi fare qualcosa in lontanza, con un grande sorriso stampato sulle labbra e gli occhi pieni di uno strano luccichio, come invece spesso accadeva per i bambini più piccoli che venivano osservati da lontano mentre giocavano con i loro peluche. Ero abituata ad essere io quella che guardava le persone ammirare in lontanza la loro nuova ragione di felicità, ero io quella che se ne stava in un angolino a guardare come tutte le persone si guadagnavano la loro felicità, come vivevano la loro vita.
"Sarà di sicuro uno sbaglio...A-avranno sbagliato nome quando gli hanno chiesto-" cerco di razionalizzare la cosa, non voglio iniziare a credere che dopo tutto quello che ho passato ho ancora la possibilità di avere una famiglia, o qualcosa che le assomigli. Mio padre non merita di essere inserito nella mia famiglia, nemmeno merita di esistere per quanto mi riguarda.
"Nessuno sbaglio Tini, sono venuti un paio di giorni fa a farci visita e oggi si sono presentati da mia madre dicendole che ti volevano nella loro famiglia" il mio cuore si stringe a quelle parole, anche se la malsana idea che quelle persone a me sconosciute possono avere cattive intenzioni mi si presenta davanti agli occhi. "Vogliono incontrarti adesso Tinita, come fai a non capirlo?" deglutisco ancora una volta, alzandomi dopo pochi istanti dal mio letto. Con le mani spingo il tessuto della mia gonna verso il basso, cercando in qualche modo di farlo sembrare perfettamente dritto.
"Di-dici che così vado bene? " dico mordendomi il labbro inferiore e guardando la punta delle mie scarpe. Vedo Mechi annuire con la coda dell'occhio. Lei è l'unica persona, assieme a Carmen, che mi abbia mai amato dopo quello che mi ha fatto mio padre. Loro sono le uniche  a sapere e le uniche che per un certo verso mi possono capire.
"Tu sei sempre perfetta, Tini. Non hai bisogno di niente per essere più bella di quanto già non sei. "sorrido lentamente per la prima volta dopo mesi, mentre pettino velocemente i miei capelli castani con la spazzola che si trova sul cassettone.
"Adesso andiamo, ti staranno di sicuro aspettando. - esordisce- mia madre mi ha detto di correre a chiamarti"aggiunge, spiegandomi finalmente perchè sia qui lei a darmi questa supefacente notizia.
"Aspetta! Co-Come mi dovrei comportare? Cosa dovrei dire?"  chiedo, bloccando la sua mano che stava già abbassando la maniglia della porta dell'ufficio di Carmen. Non so come funzionino queste cose, dal momento che nessuno si è mai interessato a me. Ero troppo grande, come molti avevano detto a bassa voce a Carmen durante alcune visite.
"Non dire niente, semplice. Se ti fanno qualche domada tu rispondi, o al massimo, presentati e di qualcosa su di te, servirà sicuramente a fare colpo su di loro"  annuisco lentamente, memorizzando e ripetendo nella mia mente ciò che Mechi mi ha detto. "Adesso vai, io non posso entrare" annuisco, anche se vorrei che anche lei entrasse con me. Ho così tanta paura che tutto questo sia un grande malinteso che non ho quasi voglia di entrare.
Abbasso con estrema lentezza la maniglia e apro la porta, chiudendola subito dopo alla mie spalle. Do una rapida occhiata alle spalle dei due individui che sono seduti davanti alla scrivania di Carmen, per poi abbassare lo sguardo dritto sul pavimento.
"Martina, ti stavamo giusto aspettando. Vorrei presentarti Alvaro e Cecilia, sono una coppia davvero fantastica che vorrbbe tanto accoglierti nella loro casa" rimango in silenzio mentre sento le sedie scricchiolare e due paia di occhi fissarmi intensamente. "Vi lascio un po' soli, allora" sento Carmen dire, alzo di scatto lo sguardo pietrificata, non so come comportarmi.
"Tu devi essere Martina, tesoro" inizia a dire la donna, che mi pare si chiami Cecilia, quando Carmen è finalmente uscita dalla stanza. Annuisco titubante, quasi non sicura che questo sia il mio stesso nome.
"Noi siamo Alvaro e Cecilia, viviamo qui a Buenos Aires da più di venticinque anni e abbiamo due figli, Lodovica e Jorge. Quando ti abbiamo vista per la prima volta, mentre eri occupata a far giocare tutti quei bambini...ci siamo accorti di voler qualcuno come te nella nostra famiglia" fisso il viso bellissimo di quella donna stupefatta, non posso credere che fra tutti i bambini presenti qui abbiamo scelto proprio me, la più grande ed inutile di tutte.
"E' stato un enorme sollievo per noi sapere che nessun altro in questo momento aveva presentato le carte per la tua adozione" annuisco, mentre volto lo sguardo sull'uomo che ha appena pronunicato queste parole.
"Due figli..." sussurro, non accorgendomi di averlo detto più forte di quanto pensassi. E se a loro non piacessi? Magari si aspettano un piccolo marmocchio da portare al parco il pomeriggio o...o qualcosa di molto diverso da me.
"Si, esatto. Sono sicura che piacerai anche a loro tanto quanto sei piaciuta a noi. Sono stati davvero felici quando hanno saputo che non avevi tre anni, sai, Lodovica ha la tua stessa età e Jorge qualche anno in più"  esordisce Cecilia, facendomi inevitabilmente ridacchiare.
"Prima di firmare qualsiasi carta, però-"  si intromette l'uomo in tono serio, facendo irrigidere anche me, "...vogliamo sapere se ti piacciamo, se tu vuoi far parte della nostra famiglia" dicono entrambi in coro, intrecciando le dita delle loro mani, facendole sembrare una cosa sola. Mi mordo il labbro inferiore non sapendo cosa dire. E' tutto così fantastico e surreale...Come potrei dire di no? Avrò finalmente una VERA famiglia, è praticamente il sogno della mia vita.
"Io...s-si" sussurro in tono basso. Mi sembrano una coppia davvero fantastica e solare, in più Cecilia assomiglia incredibilmente alla mia mamma...
"Oh Dio, che bello! Non pensavamo davvero avresti accettato. Avevo una così tremenda paura di farti una brutta impressione che-" sorrido inevitabilmente, negando con il capo.
"E-ero io quella che aveva paura" dico semplicemente, facendo qualche passo verso la donna che adesso si è alzata in piedi. Proprio mentre sta per fare qualche altro passo verso di me, la porta della stanza si apre di nuovo e Carmen con un aria piuttosto dispiaciuta fa il suo ingresso.
"Mi dispiace dover già terminare l'incontro, ma ho bisogno di una risposta definitiva subito, se volete portarvela a casa oggi stesso" strabuzzo gli occhi, a quanto sapevo, da quando una coppia iniziava le pratiche per l'adozione passavano molti mesi prima che potessero effettivamente prendersi il bambino.
"O-oggi? No-n ci vuole molto più tempo?" chiedo con lo sguardo confuso rivolta a Carmen. Lei sorride semplicemente nella mia direzione negando con il capo.
"I signori cercano già da molti mesi un bambino da accogliere nella loro famiglia, hanno già dimostrato di avere tutte le carte in regola per adottare qualcuno e quindi non ci sono davvero problemi. Manca solo la loro firma sui documenti ufficiali" annuisco lentamente, capendo meglio tutta la situazione.
"Credo sia meglio che tu vada a preparare le valigie, cara. Noi non ci metteremo molto" mi informa Carmen con un sorriso gentile, io annuisco velocemente.
"A dopo, allora" mi sorride caldamente Cecilia. Rispondo allo stesso modo prima di lasciare la stanza. Non mi hanno fatto molte domande, ma credo non lo abbiano fatto perchè anche loro sembravano tesi almeno quanto me. E' stata una prima volta per entrambi. Loro hanno due figli...uno è un ragazzo e-e dovrò passare del tempo con lui, cosa che mi terrorizza a dir poco, mentre-mentre la seconda è una ragazza. Potrei trovare una nuova amica, finalmente.
Quando arrivo più o meno a metà del corridoio mi accorgo di star piangendo e che le mie mani tremano senza controllo, in lontananza noto Mechi appoggiata alla porta della mia stanza. Quando mi vede corre verso di me, stringendo forte le braccia attorne al mio collo.
"Mi dispaice se è andata male, Tini, mi dis-" la blocco, spingendola leggermente indietro dalle spalle, giusto il tanto per poterla guardare dritto negli occhi.
"Mi hanno adottata, Mechi! Mi hanno adottata e non ci posso credere!" urlo iniziando a saltare, con un enorme sorriso dipinto sulle labbra. Anche lei scoppia a piangere, stringendomi più forte.
"Me-me ne devo andare fra poco e-e non ho neppure fatto le valigie, capisci?"  dico non ancora del tutto convinta, facendo sorridere la mia amica. Lei sa da quanto aspettavo questo momento, credo che nessuno lo sappia meglio di lei. Per tutti questi anni lei e la madre sono state la mia seconda famiglia, la mia ancora di salvataggio durante gli anni più burrascosi della mia vita.
"Mi mancherai davvero tanto, lo sai? Come farò senza di te? Potrei morire." ridacchio alle sue parole piuttosto melodrammatiche. Sappiamo entrambe che sono io quella che non potrebbe sopravvivere neppure un giorno da sola.
"Continueremo a vederci, vero?" chiedo in tono basso, sorridendo quando la vedo annuire.
"Ovio che si, non ti sbarazzerai di me tanto facilmente cara"  mi dice "e adesso muoviti, dobbiamo andare a fare le valigie"aggiunge.
--
"Alvaro, togli tu i bagagli di Martina dal bagagliaio?" sento dire da Cecilia quando improvvisamente l'auto si ferma. Alzo la testa da contro il finestrino di scatto, dando una rapida occhiata alla larga strada che si trova davanti a me. Quando volto lo sguardo alla mia destra, proprio mentre Cecilia apre la portiera dal mio lato dell'auto, vedo una grande villetta presentarsi davanti ai miei occhi. Ha un'aria molto semplice e ben curata, la veranda decorata con qualche tocco di colore dato dai fiori e due sdraio a riempire lo spazio vuoto da un'angolo. Davanti ad essa c'è un piccolo prato verde, privo di recinzioni o steccati, l'unica cosa che lo divide è una piccola stradina in sassolini bianchi che porta alle scale della veranda.
"Ti piace, Martina?" mi chiede Cecilia entusiasta non appena metto piede fuori dall'auto.
"E' fantastica" esordisco con aria sbalordita, assomiglia molto ad una di quelle case che si vedono nelle copertine delle riviste. "vi prego, chiamatemi Tini, è così che mi chiamano le persone a cui voglio bene" vedo entrambi sorridere maggiormente a quelle parole, mentre Cecilia mi guarda un po' titubante.
"Posso darti un abbraccio?" a quelle parole mi irrigidisco. Il contatto fisico con le persone mi spaventa. Deglutisco lentamente, abbassando subito dopo lo sguardo.
"Carmen mi ha detto che hai questo piccolo problema e...sappi che nessuno di noi ti giudicherà per questo, noi ti capiamo" annuisco lentamente, leggermente più rassicurata dal fatto che a loro non sia dato fastidio. Per me questo è davvero un problema. Pagherei oro per potermi comportare come una qualsiasi ragazza di sedici anni, che va alle feste con i suoi amici, si diverte, ha un ragazzo e che soprattutto non ha questo tipo di paura. Paura di essere anche solo sfiorata.
"G-Grazie, da-davvero" dico, tirando un piccolo sorriso. Avrei voluto che questo momento non fosse mai arrivato.
"Adesso entriamo, di sicuro Lodovica e Jorge ci staranno aspettando impazienti"  annuisco velocemente, spero di piacere anche a loro.
   
 
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