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Autore: Jules Blackwell    07/02/2018    0 recensioni
Akir Bouvier viveva la sua classica, monotona vita, fino a quando gli occhi di qualcuno si posarono su di lui.
Il mistero si infittisce, le risposte diventano sempre più vaghe, la persona davanti a lui sembrava sempre più qualcuno di diverso, di anormale.
Cosa si cela veramente dietro ad Akir?
Cosa sta nascondendo Ryochi?
Chi sono veramente?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il giorno successivo fu per Akir difficile da cominciare. La sveglia gli martellava nelle orecchie con il suo forte trillo, gli ci vollero almeno dieci secondi prima di decidersi a spegnerla, cosa che fece imprecando sonoramente, e sparito il fastidioso suono, si accasciò sul letto, si sentiva come se un treno l'avesse investito. Aveva un gran mal di testa, lo stomaco scombussolato, ricordava di aver bevuto, ma poi cos'altro?

Qualche secondo dopo, fattosi improvvisamente sveglio, si sollevò mettendosi seduto, con gli occhi spalancati, mentre nella sua mente scorrevano i ricordi di ciò che era successo la sera prima, dentro il sottoscala, con Ryochi. Si portò le mani al viso che a ogni secondo diventava sempre più rosso mentre la vergogna gli fece salire un'improvvisa nausea.

"– Era un anno che aspettavo questo momento...–" 

Era un anno che aspettava di baciarlo? Perché?







Una ventina di minuti dopo Akir era seduto al bar dell'hotel, guardava fuori dalle ampie finestre mentre mescolava distrattamente il cappuccino, accompagnato da due brioches. Non riusciva a fare a meno di pensare a Ryochi, a ciò che gli aveva detto e fatto. Non era stupido, l'anno prima aveva notato e associato il comportamento di Ryochi nei suoi confronti come quelli di qualcuno che ci stava provando, ma pensava fosse solo un semplice flirt. 

Sospirò, mentre inzuppava un pezzo della brioche nel cappuccino, spostò lo sguardo, e come se i suoi intensi pensieri riguardo Ryochi avessero deciso di prendere forma, il francese lo vide entrare nel bar. Girò subito la testa, trattenendo un sussulto. Fece finta di non averlo visto, continuando la propria colazione.

– Akir, buongiorno. –

"Merde!"

Il francese girò un po' la testa verso Ryochi, in piedi vicino a lui. 

– Buon..giorno.. – mormorò, si fece nervoso quando vide il giapponese sedersi accanto a lui, posando sul tavolino il proprio cappuccino.

– Tutto bene? – chiese tranquillamente, come fingesse che ciò che era successo il giorno prima fosse stato tutto un sogno di Akir. Probabilmente era meglio cosi.

– Più o meno.. –

– Bevuto troppo ieri sera? – ridacchiò.

"Fosse solo quello il motivo."

– Probabilmente.. –

– Allora che ne dici se dopo la colazione ci facciamo un giro per il bosco? Respirare un po' d'aria fresca ti farà sicuramente bene – sorrise lui, mentre gli rubava un pezzo della brioche e se la mangiava.

Akir esitò un momento. Poi annuì semplicemente. Continuarono la colazione insieme, parlando poco, davvero come se tra loro due non fosse successo nulla. Non c'era traccia di malizia negli occhi di Ryochi, era naturale, il solito tipo allegro. Forse l'alcool ieri sera aveva dato troppo alla testa ad entrambi.







– Oggi è una giornata davvero stupenda, non mi dispiacerebbe farmi un bagno al lago. – disse Ryochi mentre tra le mani si rigirava gli occhiali da sole.

– Ma è gelido... – 

– Stavo scherzando, Akir – sorrise il giapponese. 

Dopo aver fatto colazione si erano diretti in uno dei sentieri che portavano dentro il bosco, camminavano per la maggior parte del tempo in silenzio, entrambi persi ad ascoltare i rumori del bosco, il fruscio dei sassi sotto le loro scarpe, i cinguettii, i rami degli alberi mossi da un leggero venticello.

– Si sta cosi bene.. – disse Ryochi, mentre si metteva gli occhiali in testa, assicurandosi che non si incastrassero tra i capelli, tenuti sciolti in quel momento.

– Per uno che vive in una città rumorosa e frenetica la pace della montagna è piuttosto strana, immagino. – 

– Ti dirò che sono piuttosto abituato a vivere in luoghi silenziosi, invece –

– Ma non vivi a Tokyo? – il francese spostò lo sguardo su Ryochi, confuso.

– Si, ma solo periodicamente. –

– Non me l'hai mai detto.. –

– Nemmeno tu mi hai mai detto dove sparisci d'estate. – I loro sguardi si incrociarono solo per un attimo, perché Akir abbassò subito il proprio.

– Ancora con questa storia?.. – sospirò.

– Perché non vuoi dirmelo? – il tono di Ryochi si fece più serio.

– Perché semplicemente non voglio. –

– Riuscirò a scoprirlo prima o poi, a costo di seguirti ovunque vai. – il tono che Ryochi aveva usato era minaccioso, ma poi sorrise.

– Allora buona fortuna... –

Attraversarono un buon pezzo di foresta, chiacchierando ancora un po', pian piano Akir si rilassò, dimenticandosi o almeno cercando di non pensare a quello che era successo, e si accorse di gradire la compagnia di Ryochi, nonostante avesse un carattere totalmente diverso dal suo, non era pressante nei suoi confronti, cosa che chiunque altro nei suoi confronti invece era. Si accorse che anche lui si era un po' più aperto, gli piaceva ancora la propria solitudine, ma con Ryochi riusciva a mettere almeno un po' da parte i suoi difetti. Non era la prima volta che gli succedeva. Anche con qualcun altro si sentiva nello stesso modo, qualcuno che lo aveva fatto uscire dal suo duro guscio. 

– Jean... – mormorò tra se e se.

– Chi? – lo guardò Ryochi.

– Nulla, stavo solo pensando. –

L'aveva fatto uscire dal suo guscio, poi l'aveva ferito e umiliato. Il suo corpo si irrigidì. Ryochi avrebbe fatto lo stesso? Stava cercando di farlo uscire dal suo guscio per poi usarlo fino a quando non si sarebbe stufato e poi lasciarlo?  Era questa paura che lo aveva reso cosi? Era per questo che non riusciva più a fidarsi? Cosa doveva fare con Ryochi?

– Akir. – sentì una mano del giapponese posarsi sulla sua spalla.

– Cosa? – il tono della sua voce uscì involontariamente freddo.

La mano di Ryochi si spostò al suo mento, alzandoglielo. Poco lontano da loro, c'era una piccola cascata, alta una ventina di metri, l'acqua cadeva su un piccolo laghetto, e scorreva lungo un fiume che attraversava il percorso e scendeva lungo un pendio roccioso. Era cosi perso nei suoi pensieri che non era nemmeno riuscito a sentire il rumore dell'acqua?

– Che bello, eh? – si avvicinarono un po' di più, fino a sedersi sopra ad un grande sasso, sulla riva del piccolo laghetto, il terreno era tutto di ciottoli.

– Non avevo mai visto una cascata – mormorò Ryochi, osservando l'acqua cadere.

– Mai? –

– Mai.. fa un bel suono rilassante – il giapponese chiuse gli occhi, ascoltando silenzioso.

– Si.. – 

Qualche secondo dopo, Ryochi sentì una mano di Akir raccogliergli una ciocca di capelli, vicino alla nuca. Non si mosse, all'inizio pensava li stesse semplicemente accarezzando, ma poi capì che stava facendo altro. Aveva un tocco delicato.

– Akir..cosa stai facendo? – sussurrò.

– Una piccola treccia. –

– Sai intrecciare i capelli? – 

– Me l'ha insegnato la mia migliore amica.. –

– Capisco.. – dopo poco più di un paio di minuti, Akir spostò la piccola treccia, che Ryochi toccò.

 – E' davvero molto piccola. E mi sembra sia venuta pure bene – la osservò, poi spostò lo sguardo su Akir, che già lo guardava. – Mi dona? –

– Si, è bella.. Se la sposti indietro quasi non si nota in mezzo al resto dei capelli –

– Grazie Akir – sorrise Ryochi, in un gesto istintivo appoggiò la mano sulla mascella di Akir, vicino al suo orecchio, e gli alzò il viso. Notò subito l'espressione del francese cambiare, farsi più nervosa. Allora conosceva già le sue intenzioni. Si sporse verso di lui con il viso, ma prima che le loro labbra si sfiorassero, si spostò e gli baciò la guancia, poi lo guardò. Akir aveva un'espressione confusa, molto. 

– Pensavi che stessi per baciarti?.. – mormorò, a bassa voce. I loro visi erano ancora vicini.

– ..Si – 

– E non ti sei tirato indietro.. –

Akir non rispose, ma la confusione della sua espressione venne sostituita dall'imbarazzo di chi era stato appena scoperto.

– Allora non sei poi cosi etero come pensavo.. – ridacchiò. – Dalle tue reazioni spaventate pareva davvero che lo fossi.. Stavolta ho sbagliato io i miei calcoli, neh.. – 

Il francese non disse nulla nemmeno stavolta. Aveva le farfalle allo stomaco, mille pensieri per la testa. 

– Beh, meglio cosi. – disse Ryochi, e a sorpresa di Akir, si allontanò da lui e si alzò, per poi scendere giù dal masso su cui stavano seduti. – Cominciamo a tornare indietro, tra poco riprendono le gare.  –

Akir restò fermo per qualche secondo, spaesato, poi annuì. – Si, andiamo –







Nonostante l'allenamento e l'impegno di Akir, alla fine delle gare fu lo stesso Ryochi a qualificarsi al primo posto. Akir si classificò secondo con 353 punti su 360, Ryochi 355. Era riuscito a batterlo sul suo campo, la montagna. 

– Maledetto.. – sbuffò, mentre guardava la medaglia d'argento, diretto all'hotel a piedi dopo le premiazioni. L'avevano fermato un po' di persone chiedendogli una foto, o complimentandosi con lui. Non immaginava già di avere chi lo seguiva e tifava per lui, qualcuno veniva pure da città poco lontane dalla sua.  Durante il resto di quella giornata non vide più Ryochi, sapeva che era rimasto anche lui intrappolato per un po' tra i suoi tifosi, poi era sparito. Che fosse insieme alla ragazza con i capelli rossi?







– Quindi torni in Francia domani mattina? – disse Ryochi, mentre lanciava un sasso dentro il lago. 

Akir il giorno prima era rimasto poco in giro, rintanandosi in camera sua poco dopo aver cenato. Ryochi gli aveva scritto un messaggio il giorno dopo, di pomeriggio, chiedendogli se aveva voglia di andare al lago con lui. Nemmeno quella mattina Akir l'aveva visto, aveva notato la ragazza con i capelli rossi tornare dal sentiero che andava al bosco, ma era sola. 

– Si, tu quanto tornerai in Giappone? – il francese osservava Ryochi lanciare i sassi, comodamente seduto su una panchina di legno. Ryochi aveva ancora la piccola treccia che gli aveva fatto il giorno prima, riusciva a notarla in mezzo alla chioma in quel momento legata in una coda alta. Nonostante fossero legati, gli coprivano  metà della schiena.

– Oh, giusto... Non torno in Giappone. – ridacchiò, nel vedere l'espressione perplessa di Akir. – O almeno non subito... Ho intenzione di visitare un paio di città italiane con mia cugina.  –

– Cugina? –

– La ragazza con i capelli rossi, l'hai mai notata? Bassina, pallida.. – fece un segno con la mano per segnare circa l'altezza della cugina, che a vista non superava il metro e sessanta.

– Si, l'ho notata... –

"ecco chi era allora.."

– Però non ha tratti orientali, e soprattutto ha i capelli rossi ma non di quelli tinti – continuò Akir.

– Perché.. è inglese – Ryochi lanciò l'ultimo sasso, poi si sedette accanto ad Akir, prendendo dalla tasca della felpa un pacchetto di sigarette dalla sigla giapponese. 

– E' inglese? Quindi i tuoi genitori.. – Akir era sempre più perplesso.

– Mia madre è inglese e mio padre giapponese – sfilò una sigaretta dal pacchetto e l'accese.

Akir restò svariati secondi in silenzio. Ecco perché Ryochi non aveva i classici tratti orientali, o almeno non cosi pronunciati.

– Non ... me l'hai mai detto. – abbassò lo sguardo.

– Non ci avevo pensato, e non lo trovavo essenziale da dire. – Astutamente, Ryochi circondò le spalle di Akir con un braccio,  facendolo poggiare a se. – Perché non mi dici anche tu qualcosa che non so? Per esempio.. –

– Ancora insisti?! – 

– Non riesco a capire perché non vuoi dirmelo. – si mise la sigaretta in bocca e girò il viso di Akir, in modo da poterlo guardare. Restò agganciato ai suoi occhi per quasi dieci secondi, poi Akir spostò la testa e abbassò lo sguardo. Forse ora sarebbe riuscito a farselo dire. Si tolse la sigaretta dalle labbra, soffiando fuori il fumo di un lungo tiro che aveva fatto.

– Io... – mormorò Akir, stringendo la stoffa della propria maglia.

– Mh? –

– Faccio parte di un'organizzazione. –

– Un'organizzazione? – rispose confuso Ryochi.

– E per tre mesi ogni anno sono nel luogo dove c'è questa organizzazione. –

– Un'organizzazione di cosa? –

– E' un culto. –

– Fai.. parte di un culto? – disse perplesso Ryochi, mentre guardava Akir, che aveva sollevato la testa guardando distrattamente il lago.

– Si. –

– E per tre mesi andresti in questo luogo di culto? Ma perché? – 

Akir non rispose. Ryochi continuò a guardarlo, più confuso che mai. Akir faceva parte di un culto? Un culto religioso? E perché? Era stata una sua scelta?

Akir restò in silenzio, poi parlò di nuovo. – Che città italiane vuoi visitare? –

– Beh.. Venezia, poi decideremo se andare in Sardegna o in Sicilia. – guardò per un attimo Akir, poi sospirò, accettando il cambio d'argomento. Un leggero sorriso spuntò sulle sue labbra. – Poi verrò a Lione. –

– Cosa? – Akir alzò lo sguardo.

– Si, non vuoi? –

– Non ho detto questo.. – 

– Mi piacerebbe visitarla, e passare del tempo con te fuori dalle gare..  –

– Verrai con tua cugina? –

– No, lei tornerà a casa.. Cosi mi puoi ospitare – disse Ryochi, con una nota maliziosa nella voce, mentre spegneva la sigaretta.

– Ti autoinviti a casa mia? –

– Posso prenotarmi una stanza se non vuoi.. –

– Basta che non mi disturbi la notte. –

– Ci proverò.. – ridacchiò Ryochi, prima di stringersi contento Akir a sé.







"Quindici minuti e dovrei arrivare. Sei già in stazione?"

"Si, ti aspetto al binario."

"♥"

Akir si trovava alla stazione dei treni, stava da una decina di minuti seduto su una delle panchine del binario dove sarebbe sceso Ryochi. Il giapponese era rimasto con la cugina in Italia per due settimane e mezzo, avevano visitato Venezia, erano stati al mare in Sardegna e poi avevano visitato pure un paio di posti in Sicilia. E ora Ryochi stava arrivando da lui, mentre la cugina era ripartita per tornare in Inghilterra.

Sarebbe rimasto a casa sua per cinque giorni. Era emozionato, doveva ammetterlo. Si era fermato spesso a pensare, a pensarlo. Qualche volta si chiedeva cosa stesse facendo in quel momento, a cosa stesse pensando. E ne rimaneva spaventato. Tutte queste emozioni lo confondevano, Ryochi stava cominciando a piacergli?

'Train en provenance de Milan Centrale est en arrivee sur le quai numero trois'  disse la voce automatica, sovrastando la musica che proveniva dalle cuffie di Akir, che fermò, togliendosi poi le cuffie e mettendole in tasca. Dopo quasi un minuto, il treno arrivò al binario. 

Aperte le porte, Akir sperò di poter individuare Ryochi, ma non riuscì nell'intento a causa della grande quantità di persone che riempivano il binario, allora si piazzò all'inizio di questo, aspettando. Quando lo vide, un sorriso spuntò da solo sul suo viso. 

Camminava tranquillo portandosi dietro la valigia azzurra, aveva i capelli legati in una disordinata coda alta, il suo sorriso si allargò ulteriormente quando Ryochi, dopo averlo visto alzò una mano per salutarlo. Non seppe perché, probabilmente fu l'istinto, ma si ritrovò a correre verso di lui. 

Ryochi mollò la valigia e fece ancora un paio di passi, allargando le braccia, quando si abbracciarono sollevò Akir da terra per qualche secondo, e dopo averlo posato lo strinse a se, non riuscendo però a eguagliare la forza della stretta di Akir, che gli aveva circondato la schiena e poggiato la fronte sul suo petto. Un attimo prima, quando l'aveva visto correre verso di lui, l'aveva visto sorridere nel modo più bello del mondo. Improvvisamente, spinto dall'istinto, prese con una mano il viso di Akir e lo baciò. Lo baciò con prepotenza, premette le labbra contro le sue, in un attimo i rumori della stazione, le voci e i passi della gente sparirono. Scoppiò la stessa passione dell'ultima volta. Si baciarono e il tempo parve fermarsi, si baciarono con una disperata foga, stretti fra di loro, rubandosi l'uno il fiato all'altro.

Quando si staccarono, lentamente il paesaggio della stazione e i suoi rumori cominciarono a riapparire a Ryochi.

– Ciao Akir.. – mormorò a voce bassa, mentre scorreva lentamente il pollice sulla guancia del francese, che lo guardava con l'espressione un po' spaesata, rapita. Sorrise.

– Ehi.. – nessuno dei due pareva voler sciogliere l'abbraccio e distruggere il momento che si era creato. 

– Sei cresciuto in altezza? –

– Forse sei tu che ti stai abbassando.. – sorrise il francese, e lentamente sciolsero l'abbraccio. Ryochi recuperò la valigia, abbandonata ad un metro da lui, e si diressero fuori dalla stazione, nessuno dei due in grado di disfarsi dell'ebete sorriso che gli era apparso in viso dopo quel bacio.
   
 
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