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Autore: __roje    08/02/2018    1 recensioni
Ren Tomomi è popolare, è il capitano della squadra di calcio della Kuromiya e si è fatto un nome. E' conosciuto da tutti, ha degli amici fidati e vive la sua vita scolastica in maniera normale ma un giorno, finito il campionato interscolastico, incontra un ragazzo dal profumo buonissimo e ne diventa ossessionato, Nao, il quale sarà un suo nuovo compagno di classe. Ma la conoscenza tra i due sarà tutt' altro che semplice, proprio perchè Nao disprezza i ragazzi come Ren, essendo lui riservato e secchione, ma dovrà affrontare la tenacia di Ren che le proverà tutte per diventare suo amico.
違い [chigai] significa letteralmente differenze. La storia ruota appunto intorno alla differenze sociali nell'ambito scolastico, ma cosa accade se due mondi diversi, due caratteri all'opposto si incontrano?
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo [4]

“Ciao, sono Ren Tomomi e da oggi in poi sarò tuo amico.”
La faccia di Nao era di chi era incredulo di aver sentito tali parole, e immediatamente balzò in piedi per andarsene. Ma senza esitazioni iniziai a seguirlo ovunque sarebbe andato. Lo seguivo a ruota saltellando contento, ormai più nessuno dei suoi insulti mi avrebbe scalfito. Ero una persona testarda, avrei raggiunto il mio obiettivo e sarei diventato suo amico come avevo desiderato dall’inizio.
“Sei veramente stupido o cosa? Sparisci capra.”
“Mi chiamo Ren. E comunque io ho fame, quindi scegli velocemente dove pranzeremo” sorrisi.
Nao mi fissò preoccupato, quasi consapevole del fatto che non avrei lasciato perdere seguendolo ovunque. Capendo ciò Nao si vide costretto a cercare un nuovo posto, sempre lontano da altre persone e nascosto. Si recò sul retro della scuola, in un punto dove vi erano degli alberi e vi si sedette in mezzo ignorandomi.
“Ah quindi è qui che sei venuto l’altra volta quando mi ha ceduto il posto sulle scale.”
Osservai il luogo e lo trovai adatto a lui. La cosa mi fece sorridere, perché si manteneva coerente alla sua persona. Sembrava voler portare avanti un personaggio, il ragazzo schivo dagli occhi bui che nascondeva le proprie espressioni dietro gli occhiali e che se ne stava per le sue.
Mi accomodai accanto a lui, Nao mi gettò un occhiata rapida e si allontanò un po’. La cosa mi fece ridere, ma non lo diedi a vedere, pensai piuttosto al mio pranzo e cominciai a mangiare mettendo in bocca bocconi grossi, facendolo velocemente e rumorosamente.
Nao mi guardò schifato, smise di mangiare e parve annoiato dalla cosa.
“Sei anche un maiale oltre che una capra.”
“Come?” pronunciai con la bocca piena di cibo.
“Sei disgustoso...”
E si allontanò ancora un po’ frapponendo tra di noi altro spazio. Andava bene così però, era un inizio. Diversamente dalla scorsa volta non era andato via, o almeno ci aveva provato ma si era arreso e ora stavo pranzando insieme a lui come due buoni amici. Sentivo che poteva esserci una qualche speranza.
Non ci rivolgemmo altre parole e finito il suo pranzo Nao fu il primo ad alzarsi ignorandomi completamente. Fui io a seguirlo, sapendo che stava tornando in classe, e più volte cercai di affiancarlo ma aumentò il passo per lasciarmi indietro. La cosa cominciò a divertirmi stranamente.
Così fu per tutto il resto della settimana, cercava di nascondersi nell’orario del pranzo ma ormai avevo capito che se ne andava sempre nei posti più isolati ed era sempre li che lo trovavo. La cosa cominciò ad innervosire Nao che ormai non faceva che sgridarmi dicendomi di andare via ma io lo ignoravo, mi sedevo accanto a lui e molto tranquillamente consumavo il mio pasto.
Trascorse un altra settimana e Nao sembrava sempre più rassegnato alla mia presenza, anzi quando mi vedeva arrivare sollevava appena gli occhi per guardarmi. Aveva smesso di insultarmi, forse qualcosa stava lentamente cambiando ma la mia illusione durò poco.
“Farai ancora a lungo così?” domandò un giorno.
Masticai il boccone che avevo in bocca, “Ehi oggi mi rivolgi la parola per primo?” sorrisi, e Nao in tutta risposta mi lanciò un occhiataccia zittendosi di colpo.
Non avevo ancora detto il mio nome nemmeno una volta, a stento mi rivolgeva la parola se non per mandarmi via. Ero armato di pazienza, ma era piacevole pranzare assieme a lui e volevo in qualche modo conoscerlo meglio. Guardandolo da vicino avevo scoperto che faceva parte di un club interessato alla chimica, insieme ad un'altra ragazza oltre lui, nessun altro iscritto e tutto ciò che facevano erano esperimenti in provetta di cui io non ne capivo la natura.
Era un pomeriggio come tanti, era arrivato il momento delle nuove selezioni per rimpiazzare i ragazzi andati via l’anno prima. Era una cosa noiosa, restare li tutto il pomeriggio e osservare chi potesse essere il migliore, non amavo giudicare il prossimo e decidere certe cose: chi meritava e chi no.
Visti i traguardi raggiungi dalla squadra l’anno prima, il club di calcio era quello più seguito e la richiesta di iscrizione fu abbondante. Quel pomeriggio si presentarono come minimo una cinquantina di ragazzi col desiderio di entrare a far parte del team e la cosa mi avvilì. L’unico ad esserne felice era il mister, un uomo brizzolato sulla quarantina.
“C’è il pienone! Proprio come avevo previsto!” esultò infatti guardando l’enorme gruppo di ragazzi.
Io e Take gettammo un occhio verso di loro, ci scambiammo un occhiata annoiata sapendo che ci sarebbe voluta una vita per giudicare tutti loro, ma al vecchio questo non interessava visto il budget alto che avevamo ottenuto quell'anno.
“E’ ovvio che ce ne siamo così tanti, tutti vogliono essere come Tomomi-senpai!” dal nulla apparve Edo, con la sua lista di nominativi e lo sguardo da invasato rivolto verso di me.
Take ridacchiò “Questo ragazzo è innamorato di te.”
“Smettila non è divertente, inizia a farmi seriamente paura” gettai un’altra occhiata verso il numero enorme di ragazzi venuti per il provino, “l’anno scorso eravamo pochissimi e guarda ora, sembra la nuova moda.”
“La nostra squadra è la più citata nei giornali scolastici, e il tuo nome è sulla bocca di tutti. Tutte le scuole delle prefetture vicine sanno del prodigio che porta avanti la Kuromiya.”
“Prodigio eh.”
Non mi sentivo come tale. Tutto ciò che avevo fatto era stato giocare, allenarmi e dare tutto me stesso nelle partite. Mi ero impegnato, avevo dato tutto ed era andata bene. Forse dovevo godermi quella piccola gloria, vivermi il momento ma l’idea che il mio nome fosse sulla bocca di tutti non mi rendeva felice, non facevano altro che fomentare ancora di più un prodigio che loro avevano creato e non io.
“Tomomi vieni qui!” mi chiamò il mister. Lo affiancai, sapendo perfettamente cosa mi avrebbe chiesto di fare, non ero nessuno per decidere chi era forte e chi no, ma a quell’uomo poco importava. “Ragazzo mio oggi formeremo una squadra formidabile che ci aiuterà a vincere prima la gara tra le prefetture e poi le nazionali, ma ho bisogno del tuo aiuto, dovrai giudicare con me chi secondo te ha talento.”
Sospirai “Mister le ho detto mille volte che non si può decidere chi ha il talento e chi no, non spetta a me farlo e nemmeno a lei in tutta franchezza.”
“Sisi è come dici” afferrò un grosso megafono “OK! RIUNITEVI TUTTI STIAMO PER COMINCIARE CON LE SELEZIONI, A GIUDICARE LA VOSTRA PRESTAZIONE SAREMO IO E TOMOMI REN.”
Al suono del mio nome cominciò un chiacchiericcio e quasi tutti gli occhi furono puntati su di me. Non sapendo che fare, o come affrontare quella situazione imbarazzante decisi di sorridere e di salutare con un cenno di mano.
“IL NOSTRO MANAGER PASSERA’ TRA DI VOI E VI DARA’ UN NUMERO, QUANDO SARETE CHIAMATI DOVRETE GIOCARE PER 10 MINUTI CON UNO DEI NOSTRI RAGAZZI E NOI VI GIUDICHEREMO. SPERO DI NON RIPETERMI!” gridò, e un suono stridulo si sentì dal megafono.
Edo passò tra i ragazzi distribuendo degli adesivi con dei numeri, sorrideva a tutti fiero del suo compito. Il mister nel frattempo andò a sistemare le ultime cose, piazzò una grossa sedia a bordo campo, tanto da sembrarmi un trono e al suo fianco ne piazzò un altro per me. Era così imbarazzante tutto ciò.
“Take salvami da tutto questo...” commentai notando che il mio amico mi aveva raggiunto, e se la rideva di gusto..
“L’asso della squadra è forse a disagio?” rise.
Da lontano il mister chiamò chiaramente il mio nome e fui costretto a prendere posto, sotto le occhiate divertite di Take che decise di farmi diverse foto per prendermi in giro anche in futuro. Da parte mia lo maledicevo, mormoravo a bassa voce che lo avrei ucciso ma quest’ultimo continuò a scherzare così.
I provini ebbero inizio, uno dopo l’altro presero parte a quella scenetta organizzata. Molti erano negati, sembravano non aver mai calciato un pallone, mentre altri erano mediocri e pochi invece passabili. Passarono così due ore, guardando facce tutte uguali intimorite dal dover affrontare uno dei nostri e a mio parere quello non era il metodo migliore per far uscire il meglio di una persona. Era sbagliato.
Ad un certo puntò fu chiamato in campo il numero 44, e l’adesivo era sulla pettorina del ragazzo che il primo giorno si era presentato dicendomi che non vedeva l’ora di partecipare ai provini: Urie.
“Sono Urie Edojima, seconda sezione del II anno.”
Si presentò al mister e subito mi lanciò un occhiata strana facendomi l’occhiolino. La cosa mi lasciò spiazzato, da quel primo giorno non ci eravamo più rivolti la parola e ora come promesso stava tentando di entrare in squadra. Incuriosito dal personaggio, dai suoi modi, guardai il suo test con maggiore attenzione rispetto a quelli precedenti e con sorpresa si rivelò un vero talento riuscendo a togliere la palla ad uno dei nostri, e tirò in porta una vera bomba che andò a segno. Vedendo ciò il mister balzò giù dalla sua sedia felice di aver visto un tale spettacolo, così come si riempì di stupore la piccola platea che c’era intorno al campo.
Urie consapevole del suo talento sorrise compiaciuto e si passò una mano tra i capelli nocciola poi si rivolse ancora una volta verso di me ma stavolta mi mostrò un ghigno di scherno. Aggrottai la fronte, confuso del perché di un simile atteggiamento, lo guardai lasciare il campo sotto i complimenti di altri ragazzi e il mister che sembrava aver trovato un altra gemma preziosa. Qualcosa mi diceva che quel ragazzo sarebbe stato tutt altro che un piacevole acquisto.
Quell’interminabile pomeriggio ebbe fine, ci segnammo chi ci aveva colpito e in maniera onesta dovetti ammettere che Urie era il migliore in campo quel giorno, tuttavia la decisione finale sarebbe arrivata solo dal mister e per questo si doveva aspettare ancora qualche giorno.
Lasciato il campo, e raccolte le nostre cose io insieme a Yuuki e Take ci rifuggiamo in una piccola caffetteria della zona per fare il resoconto della giornata ma anche per distrarci un po’.
“Edojima mi preoccupa, è un attaccante che gioca da punta e potrebbe essere una minaccia per te Ren” osservò Take un po’ scontento del provino.
“Io l’ho trovato bravo” si inserì Yuuki che ne capiva molto poco di calcio.
“Zitto tu, qui si parla di cose serie! Che ne pensi Ren?”
“Niente.”
“COME NIENTE?!”
“E’ bravo Take, il migliore che c’era oggi a quei provini e se puo’ aiutare la squadra allora per me merita di entrare e di giocare anche come punta.”
Poggiai il mento su una mano, Take fu scontento delle mie parole e divenne rosso per l’irritazione, “Accidenti Ren ma che fine ha fatto il ragazzo che l’anno scorso voleva giocare a tutti i costi? Vorrei parlare con lui.”
“E’ stanco! Non ne può più di essere usato come l’immagine della squadra.”
“Sei il capitano!! E’ normale che tu sia l’immagine della squadra, senza di te non avremmo nemmeno vinto l’anno scorso. Hai faticato tanto per questa posizione da titolare e ora te ne lamenti.”
Yuuki ci osservò preoccupato che la cosa potesse sfociare in un litigio, e mentre il povero ragazzo cercava di calmarci, sia io che Take ci guardavamo dritti negli occhi, entrambi irritati per le parole dell’altro.
“Anche tu sei titolare eppure non devi beccarti nomignoli strani o il peso di scegliere chi merita di entrare in squadra e chi no. Io voglio giocare a calcio non diventare la Fiamma della Kuromiya!”
“E’ troppo tardi per questo quindi smettila di lamentarti della tua posizione e fa il tuo dovere di capitano.”
La discussione terminò così, con Take non aveva affatto capito cosa mi desse così fastidio. Era mio amico da anni, avevamo coltivato insieme la passione per il pallone ma ora sembrava non capire che quel mio amore lo stavano trasformando in qualcosa di quasi mediatico. Per pubblicizzare il club di calcio avevamo usato il mio nome, tutti non facevamo che guardarmi manco avessero Ronaldo davanti, era qualcosa che non mi piaceva.
Il giorno seguente, nella pausa del pranzo lasciai un po’ perdere il mio solito gioco con Nao, sentivo il bisogno di stare da solo e con Take ancora non riuscivo a parlarci visto il modo in cui mi aveva parlato. Lui la faceva facile, con chiunque parlavo ero un dio del pallone e non un ragazzo come tanti che voleva solamente giocare.
Quella faccenda mi rendeva nervoso tanto che non riuscii più a trattenermi, e lontano dall’edificio principale e da occhi indiscreti mi lasciai andare.
“AAAAAAAH!”
Gridai preso dall’esasperazione, e vedendo qualche sasso sparso qua e là caricai diverse volte per darvi un calcio per sfogare così l’irritazione che avevo. Tutte le piccole pietre volarono come razzi, lentamente cominciai a sentirmi meglio fino a stancarmi decidendo di fermarmi.
“L’ho detto che sei una capra che sa solo tirare calci.”
Quella voce familiare mi scosse e nel guardarmi alle spalle vi trovai Nao in piedi e severo, con i suoi occhiali e un libro sotto al braccio. L’ultima persona che avrei pensato di vedere.
“Non è il momento adesso...”
Con la mano indicò il piccolo edificio poco lontano da dove eravamo entrambi, non capii in quel momento.
“I tuoi dannati sassi arrivano fino al muro della biblioteca, se la smetti è meglio.”
Non mi ero reso conto della direzione che avevano preso, mi sentii uno stupido per aver fatto una cosa del genere, “Mi dispiace...” borbottai con poca voce.
Nao non aggiunse altro e andò via, in quel momento allora decisi di seguirlo e lo vidi entrare nell’edificio di prima, si aprì davanti a me una piccola biblioteca decadente senza custode, nessuno che vi andasse dentro e i vetri delle finestre rotti. Lo stato dell’interno poi era pietoso, sporco, foglie ovunque e gli scaffali gettati a terra con cataste di libri sparsi ovunque. Una tale visione mi lasciò basito.
“Questo posto è decadente.”
Raccolsi da terra uno dei libri e il suo stato era pietoso: le pagine erano consumate, la copertina distrutta.
“Non sorprendertene tanto.”
Nao sistemò un paio di libri su uno scaffale, “Perché è in questo stato. Eppure questa è la biblioteca scolastica, perché non ci viene nessuno?”
“Mancanza di fondi.”
“Impossibile. Proprio una settimana fa abbiamo avuto il budget più alto di tutti i tempi per il team, non è possibile che manchino i fondi.”
A quel punto, rispetto al suo fare mansueto Nao scattò e mi piombò addosso afferrandomi per il colletto della camicia. La sua forza fu tale da farmi mancare il fiato, mi spinse fino alla parete di quell’edificio, la testa contro i muro e i suoi che mi fissavano in cagnesco.
“Impossibile dici? Come potresti capirlo visto quanto sei stupido. E’ normale che abbiate avuto un budget tanto alto, visto che è stato tagliato a tutti gli altri club considerati inferiori. Si è dato priorità alla moda che tu hai lanciato.”
Sgranai gli occhi per tutto ciò, “N-non è vero...”
Nao mi rise in faccia “Ah no? Chiedilo allora al preside e agli altri idioti che l’hanno fatto” finalmente mi lasciò andare e il punto in cui mi aveva tenuto faceva male, “guardati bene intorno perchè tutto questo è a causa tua.”
Il numero di iscritti, l’enorme budget avuto aveva ridotto così quella biblioteca, e forse anche altri club erano ridotti all’osso, proprio come diceva Nao. Che magari mentisse? Non ne vedevo il motivo francamente, Nao era sempre duro nelle sue parole ma non sembrava essere un bugiardo e la cosa mi colpì al punto da farmi odiare ancora una volta ciò che avevo fatto, non ero più fiero di giocare a calcio se ciò doveva penalizzare altro. Quella era la prima volta che mi veniva messa davanti una dura verità.

  
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